Aggiungi un senso all'arte: doniamo la gioia di "vedere" un capolavoro!
Particolare de La Fornarina di Raffaello |
In vista della Giornata Internazionale dei diritti delle persone con disabilità (3 dicembre) vorrei invitarvi a contribuire alla campagna di raccolta fondi “Aggiungi un senso all’Arte”, promossa dalla Fondazione CittàItalia per realizzare il bassorilievo tattile del dipinto La Fornarina di Raffaello, che permetterà ai non vedenti e ipovedenti di ammirare questo capolavoro.
Il bassorilievo sarà collocato
accanto all'opera originale nella Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo
Barberini a Roma. Un’idea meravigliosa e un gesto di grande generosità e
civiltà da parte di chi vorrà contribuire. Il miglior dono che si possa fare a
chi non ha la gioia di godere dell’arte con il bene della vista. Ma possiamo
fare qualcosa per permettere loro di “vedere” con il tatto. E non è poco. E' importante fare in modo che i musei possano dotarsi di modelli tattili dei grandi capolavori affinché una parte del pubblico non ne sia esclusa dalla fruizione.
L'esperienza tattile aiuta non vedenti e ipovedenti a "vedere" con l'opera d'arte con le proprie mani. |
Per riuscire nell’intento è necessario
raccogliere la cifra di 15.000 euro. Finora ne sono stati raccolti 7.467. C’è
bisogno, quindi, di altri gesti generosi! “L’Arte è di tutti e deve essere di
tutti!" Si legge nella pagina di Retedeldono dedicata al progetto e non si può non essere d'accordo.
Per
inviare le vostre donazioni potete utilizzare il conto corrente bancario
intestato a Fondazione CittàItalia presso Monte dei Paschi di Siena - codice
IBAN IT69C0103003200000015000089 oppure potete collegarvi al sito
www.fondazionecittaitalia.it nella sezione dona
on line. Per informazioni: Numero verde 800 00 17 22
Grazie!!!L'inchiesta di Repubblica è davvero pessima? Una replica a Federico Giannini
Sulla pagina Facebook dell'Associazione Nazionale Piccoli Musei ho pubblicato la nota seguente tentando di replicare con gli argomenti che sono di mia competenza all'articolo di Federico Giannini, "La (pessima) ricerca di Repubblica sui siti web dei musei. E una proposta". Lo "scambio" di vedute è scaturito da un'inchiesta di Repubblica, curata da Giuseppe Borello.
Ho esaminato con attenzione il
post di Federico Giannini su Finestre sull'Arte. La critica che è
stata rivolta ai giornalisti di Repubblica è stata quella di superficialità, ma
leggendo la sua disamina posso dire che quello che ho letto ha un’impostazione
troppo tecnica e una visione prevalentemente “accademica”. Giannini, infatti, è
laureato in Informatica umanistica ed è specializzato in tecnologie web per i
beni culturali. E’ logico che lui abbia preso in considerazione quasi
esclusivamente gli aspetti tecnici, addirittura sminuendo altri aspetti della
visita museale che per noi museologi non sono affatto marginali. Da parte mia,
quindi, io posso esprimere un parere da museologa e da comunicatrice, mentre
non entro in ambito tecnico. Dal mio punto di vista, io giudico un sito per la
sua capacità di attrarre l’attenzione e di instaurare subito, già attraverso lo
stile della comunicazione, un rapporto amichevole con i lettori. Ci sono delle
regole per riuscire in questo intento e basta studiare i siti web di musei
inglesi e americani per capire quali sono, dato che in Italia gli esempi del
genere sono davvero pochi; cerco, qui, di riassumerle, ricordando che si stanno
prendendo in considerazione gli aspetti connessi alla comunicazione: evitare lo
stile “freddo”, da trattato accademico; evitare la staticità delle immagini
nell’intestazione; ovviamente aggiornare in continuazione le news; creare la
possibilità di interazione non solo attraverso i social network collegati al
sito ma, per esempio, anche creando dei blog nel sito stesso.
Posso fare tre esempi pratici di
siti stranieri di musei “importanti” che rispettano queste regole, intendendo
con il termine “importanti” musei noti a livello internazionale, e li metterò a
confronto con il sito web del Polo museale degli Uffizi, così come ha fatto
Giannini.
Primo esempio: Victoria & Albert Museum. Innanzitutto
l’intestazione è dinamica e colpisce subito l’attenzione del lettore; il corpo
della pagina è occupato interamente dal menù delle varie mostre in corso, cui
si accede cliccando sulle immagini che già introducono al tema dell’esibizione
corrente. In basso, il “piede” della pagina consente di accedere a tutte le
altre informazioni possibili e immaginabili che permettono al visitatore di
avere un quadro chiarissimo di tutti i servizi di cui potrà usufruire: dagli
orari di apertura alla possibilità di usufruire di fasciatoi per i bambini
piccoli, orari del bar in cui è specificata perfino la possibilità di usare i
seggioloni, la riduzione a metà prezzo dei pasti per i bambini, la presenza di
un distributore d’acqua gratuita, la presenza di una mappa che indica come
visitare il museo con passeggino al seguito sapendo già quali sono le sezioni
dove non sarà possibile entrare, ecc.; sono indicati anche i servizi per i
disabili, in particolare i colloqui per i non vedenti, i servizi per non
udenti, ecc. La precisione di queste informazioni è veramente eccellente. Vi
sono poi: mappe interattive con possibilità di accedere alle schede di singoli
oggetti, fotografie o altro delle varie mostre. Nella sezione Eating &
Drinking, il visitatore saprà in anticipo anche quali sono le specialità
proposte. Ci sono, poi, tutte le informazioni sulla biblioteca, sui dipartimenti,
sulle Study Rooms, ecc. e si può
accedere anche ad ulteriori contenuti in base alle tematiche.
Un’altra caratteristica importante è la presenza dei blog amministrati
dai curatori del museo. Questo è un aspetto fondamentale perché il visitatore può
entrare in contatto con chi lavora nel museo, il quale non rimane una figura
per lo più nascosta, che opera nell’ombra, dietro le quinte, ma una persona
riconoscibile che instaura un dialogo con il pubblico.
Secondo esempio: The Metropolitan Museum of Art. Come si può
vedere, anche in questo sito si evita la staticità e si sceglie l’impostazione
dei testi e delle figure sullo stile di un magazine. La sidebar di sinistra riunisce
tutte le informazioni pratiche e la possibilità di acquistare i biglietti on
line. La traduzione è possibile in ben dieci lingue. Nella sezione centrale
sono raccolte le informazioni sugli eventi, sulle mostre in corso, sui
programmi speciali per disabili, per i sostenitori del museo e per le famiglie;
la sidebar di destra permette di accedere ai blogs: ancora una volta si
sottolinea la scelta da parte dei curatori di non restare dietro le quinte o di
non essere conosciuti solo in un ristretto ambito accademico, ma da tutto il
pubblico.
Il footer del sito permette di
accedere ad altre risorse: materiale audio e video nella sezione Met Media, una
sezione dedicata ai programmi speciali per i bambini e le famiglie, la sezione
Community che introduce alle attività del Met sui social media. A proposito,
hanno raggiunto un milione di like su Facebook!
E infine la sezione dedicata all’offerta
del Museum Shop, che secondo Giannini sarebbe paccottiglia, ma che in realtà ha
anch’essa la sua importanza. L’acquisto, lo sappiamo, serve per conservare il
ricordo della visita, crea un legame affettivo con quel luogo e con quella
esperienza. C’è, ovviamente una differenza tra un museum shop e l’altro per
quanto riguarda la qualità, ma è comunque giusto che il sito web del museo
metta in evidenza anche la presenza di un museum shop e la possibilità di
effettuare gli acquisti anche on line.
Terzo esempio: National Museums Liverpool. Mi è già capitato di citare questo sito web forse perché
sono una grande estimatrice del lavoro di David Fleming. Il riferimento mi è molto
utile per il confronto con il sito web del Polo museale fiorentino, in quanto
anche in questo caso si tratta di un sito unico che riunisce tutti i musei
nazionali di Liverpool. Per la terza volta si può notare che l’aspetto della
home page è molto simile a quella di un magazine a colori. L’intestazione è,
anche in questo caso, dinamica, con immagini che scorrono e attirano
l’attenzione del lettore sulle varie mostre in corso. Anche da questo sito si
può accedere al materiale video e ai blogs, ma l’aspetto più interessante è che
cliccando sui nomi dei vari musei di Liverpool non si accede ad una schermata
con le principali informazioni sul singolo museo di nostro interesse, ma si viene
introdotti ad un altro sito web completo, in cui si può accedere, poi, ad altre
risorse, al blog, a tutte le informazioni necessarie e che, naturalmente, è
collegata con i vari social network.
Vediamo ora il sito del Polo museale fiorentino.
L’aspetto che mi colpisce
maggiormente di questo sito web è la parte che riguarda le informazioni. Abbiamo
appena visto che i musei inglesi e americani cercano di facilitare in ogni modo
la visita, informando sui minimi dettagli e predisponendo ogni tipo di servizio
per tutte le categorie di pubblico. Guardiamo come il sito web del Polo museale
fiorentino accoglie i “potenziali” visitatori. Leggo l’intera sezione inerente la Galleria degli Uffizi, sono 14
righe:
ORARI
Da martedì a domenica, ore 8,15-18,50
Da martedì a domenica, ore 8,15-18,50
Chiusura: tutti i lunedì,
Capodanno, 1° maggio, Natale.
La biglietteria chiude alle 18.05
Le operazioni di chiusura iniziano
alle 18.35
REGOLAMENTO
Si pregano i visitatori di attenersi ad alcune regole di
comportamento (vedi di seguito il pdf scaricabile) e si ricorda alle guide
turistiche e agli insegnanti che i gruppi non possono superare le 25 unità.
E qui è data la possibilità di scaricare le regole di
comportamento. Un pessimo modo di accogliere i propri visitatori! Per quanto
riguarda la conoscenza del personale responsabile, dal sito è possibile
scaricare l’intero curriculum del direttore che, per carità, può essere
interessante ed è in linea con le norme sulla trasparenza, ma certamente è
insufficiente per conoscere una persona e il lavoro che questi svolge
all’interno del museo, e non è di certo paragonabile ai blog gestiti dai
curatori dei musei stranieri appena esaminati.
I disabili sono informati che
esiste un ascensore, e questo è l’unico servizio che possono permettersi. Ora
qualcuno potrà obiettare che questo non è un giudizio sul sito web. E’ vero,
però evidentemente se i siti web dei musei stranieri esaminati hanno così tante
informazioni, risorse e materiali è perché dietro quel sito web c’è un museo
che è attento innanzitutto alla soddisfazione del proprio pubblico. Ciò che
salta agli occhi è che in quei siti è il pubblico ad avere una posizione
centrale e tutto ruota intorno al suo bisogno di informazioni, che vengono
fornite con uno stile amichevole e rassicurante, ma anche di conoscenza, perché
quei siti hanno anche un alto valore didattico in quanto sono attenti che i
contenuti siano comprensibili per tutti. Non si può pretendere, però, che un
sito web esprima ciò che in realtà non c’è! Ed evidentemente la scarsità di
informazioni è direttamente proporzionale alla scarsità di servizi. Passiamo,
poi, ai singoli musei che fanno parte del Polo museale. Se proviamo a cliccare,
non compare un altro sito web come succedeva cliccando sui singoli musei di
Liverpool, ma compare una pagina di informazioni, statica, senza altre risorse,
se non l’acquisto dei biglietti on line. Gli archivi digitali sono senza dubbio
una risorsa importantissima ma riguardano gli studiosi e il pubblico con un
grado di specializzazione più avanzato. Linguaggio tecnico, stile accademico,
schede descrittive che sono state lasciate così come erano negli archivi della
soprintendenza senza alcun tentativo di semplificazione: tutto questo è una
barriera posta tra il museo e il grande pubblico. Non mi meraviglia che la
pagina Facebook del Polo museale degli Uffizi conti 3055 like e che quello del
Met ne conti un milione! La causa sarà il diverso modo di comunicare?
Se vogliamo che i siti web dei musei italiani siano più soddisfacenti,
dobbiamo fare in modo che prima di tutto i musei stessi siano più accoglienti.
Non entro nel merito dello stile di comunicazione utilizzato nei social
network, che quasi sempre sono pagine niente affatto “social” ma esattamente
come i siti web: istituzionali e distanti, senza possibilità di interazione. Ma
questo è un altro argomento e lo si potrà affrontare in una differente
occasione.
Caterina Pisu
Lavorare con i bambini di età inferiore ai cinque anni
In un articolo pubblicato da
Rebecca Atkinson su Museum Practice (15/11/2013), si affronta un tema di grande interesse: i musei possono accogliere i bambini di età inferiore ai cinque
anni? Il preconcetto, tuttora duro a morire, è che i musei siano luoghi
polverosi dove non si può fare nulla, dice Jo Graham, fondatrice di Learning unlimited,
un’organizzazione che aiuta i musei e altre istituzioni culturali a creare
servizi visitor-friendly, mostre, programmi ed altre risorse anche per bambini
piccoli", in modo da ottenere relazioni più a lungo termine con i
visitatori e, in particolare, con le famiglie. Il Museum of London lavora con i bambini al di sotto dei
5 anni, dal 2007. Come molti altri musei, il museo londinese si è reso
conto che l'offerta di programmi per bambini al di sotto dei 5 anni, e per i
loro genitori, è una buona occasione per affezionare un pubblico, quello delle
famiglie, che quando entra in un museo cerca attività che si possano svolgere
insieme con i bambini. "E così si anima anche il museo", dice
Claire Haywood, responsabili dei servizi educativi per i più piccoli. "Ci
siamo allontanati dall'idea che i musei non sono luoghi per i bambini piccoli. Dobbiamo raggiungere e coinvolgere tutti”. La speranza è che i bambini che
visitano i musei già in età così giovane, diventino affezionati visitatori dei
musei per tutta la vita, e che poi, a loro volta, vi conducano i propri figli o
addirittura i nipoti. Molti musei pianificano già programmi di visite
regolari per famiglie con bambini. Bisogna far capire che il museo è un luogo
che chiunque può visitare, dove si può imparare, impegnarsi e divertirsi.
Purtroppo c’è ancora la convinzione che
la presenza di bambini piccoli possa disturbare gli altri visitatori. Secondo Jo
Graham, invece, i musei devono essere condivisi da tutti come qualsiasi altro
spazio pubblico, e se un museo è uno spazio pubblico, bisogna trovare un modo
per consentire che questo spazio sia correttamente condiviso.
I musei usano vari tipi di
approccio quando si tratta di lavorare con bambini al di sotto i 5 anni. Alcune
istituzioni, come la Whitechapel Gallery di Londra, pianificano visite o
programmi di attività per i genitori ed i loro figli al di fuori dei normali
orari di visita. Altri, come il Museum of London, fanno in modo che i
visitatori siano informati del fatto che sono in corso visite e attività con
bambini piccoli. Al Museum
of East Anglian Life (Meal), il learning officer Jo Rooks
riserva un settore del museo alle attività con i bambini, in modo che gli altri
utenti lo possano evitare, se vogliono. "Ma non abbiamo mai avuto una
sola lamentela" dice. "Le persone sono felici, invece, di vedere i
bambini che si divertono".
E’ chiaro che lo staff cui sono
affidati questi programmi di intrattenimento, deve essere adeguatamente
preparato anche ad affrontare eventuali imprevisti. Non ci si può aspettare che
i bambini abbiano lo stesso auto-controllo degli adulti sul loro comportamento.
E’ importante, per esempio, che non vi siano spazi in cui i bambini possono
uscire dal controllo a vista degli operatori. Quando i bambini sono stanchi e
si dimostrano più inclini a svolgere giochi in libertà, meglio lasciarli fare.
E’ importante anche assicurarsi che ci sia abbastanza materiale o giochi per
tutti, in quanto i bambini non sanno condividere le cose tra di loro". Una
volta capito come funzionano le loro menti, è possibile costruire attività specifiche
adatte al loro grado di apprendimento.
L'attuale clima di crisi e il
taglio dei bilanci avrà sicuramente un impatto negativo anche su questo tipo di
progetti. Questa è la preoccupazione dei responsabili dei musei inglesi. E
infatti si è già notato che sta diminuendo il numero di programmi per i bambini
piccoli perché visti non come attività principale dei musei. "Ciò è
comprensibile ", dice Joe Graham. Come sempre tutto si basa sulla
passione e l'impegno dei singoli ma è importante capire che se i musei saranno
più amici dei bambini in tutti gli spazi disponibili - dall'ingresso, al caffè, al museum-shop - ci saranno più possibilità che i genitori tornino a visitare
il museo anche individualmente e che così si avvii un rapporto duraturo con l’istituzione.
E in Italia? Da un primo esame sembra che le attività
didattiche siano prevalentemente proposte per la fascia d’età dai 5/6 anni fino
agli 11/12, quindi già in età scolare, ma ci sono anche molti musei che prevedono
programmi per bambini più piccoli (da non confondersi con altri tipi di servizi, come gli spazi nursery), come il Museo Civico di Storia Naturale di
Milano, in cui opera l’Associazione Didattica Museale che svolge attività anche
per bambini di 2-3 anni; e poi ancora, il Museo Diocesano di Milano (3-5 anni),
il Galata-Museo del Mare di Genova (3-5 anni, ma anche 2-3 anni), il Planetario
di Torino (3-5 anni), la Pinacoteca di Forlì (3-5 anni) ed altri ancora.
Musei e social networks: i diversi livelli dell’engagement
Un interessante articolo di Natalia Grincheva, “How
Far Can We Reach? International Audiences in Online Museums Communities” [1], analizza il metodo per rilevare in che modo
i musei, attraverso i social networks, riescono a ottenere il coinvolgimento
non solo del pubblico più vicino ma anche di quello internazionale.
Nella sua analisi, l’autrice compie una “scomposizione” del concetto di “engagement”
suddividendo questo processo in vari livelli [2]: coinvolgimento,
partecipazione, interazione, intimità, e influenza.
In questa sede si
focalizzerà l’attenzione sulla descrizione di tali livelli.
Coinvolgimento
Il “coinvolgimento” è il livello iniziale del rapporto che il pubblico instaura
con un museo. In questa fase la partecipazione avviene a livello generale e
rappresenta l’interesse che il pubblico esprime riguardo il contenuto, le
attività e le collezioni del museo. Il coinvolgimento può essere monitorato e
controllato in base ai dati quantitativi offerti dal web, ovvero attraverso il
numero delle visite, il numero di pagine viste, il tempo di permanenza su ogni pagina,
la frequenza delle visite e le
connessioni stabilite con il museo sui siti di social network (ad esempio
Facebook, Flickr, YouTube, e Twitter).
Partecipazione
La “partecipazione” rappresenta un livello più alto dell’engagement e si
riferisce a tutte quelle azioni che portano il pubblico a stabilire una
relazione o a connettersi con il museo. Si evidenzia in base agli eventi cui le
stesse persone danno un loro contributo con propri contenuti creativi, scrivendo
commenti o partecipando a sondaggi, richiedendo ulteriori informazioni su
mostre o progetti, iscrivendosi ai feed RSS, via newsletter o e-mail, o acquistando
biglietti per il museo on-line. La misura della partecipazione si ottiene
attraverso la presenza di una serie concreta di azioni che le persone compiono:
per esempio conversazioni che si svolgono sui blog, il caricamento di foto e
video, i contributi sui social media, compresi quelli di propria creazione, i “like”
e i commenti.
Interazione
L'"interazione" è un livello dell’engagement che rappresenta come gli
individui all'interno di una comunità sono collegati tra loro e se questi
collegamenti sono abbastanza forti per sostenere la comunità online che si è
formata intorno al museo. L’ interazione si misura attraverso i dati
qualitativi e quantitativi che indicano se gli individui si scambiano informazioni,
contenuti e opinioni attraverso attività di collaborazione o interattive.
Questi dati si basano sul numero di collaborazioni che si sono create tra i partecipanti,
sul numero di contributi realizzati in collaborazione, sul numero e sui
contenuti dei messaggi che queste persone si scambiano tra loro, e infine sul
numero e sul significato dei commenti lasciati ciascuno sui post degli altri.
Intimità
L'”intimità” rappresenta la componente emotiva dell’engagement ovvero i
sentimenti (positivi o negativi) che gli spettatori hanno verso un dato museo. La
misurazione dell’”intimità”, dunque, va oltre la quantificazione delle
interazioni e misura, piuttosto, lo stato emotivo o il sentimento che il
pubblico mostra verso il museo o nei riguardi di eventi specifici, collezioni e
progetti. Questa misurazione si basa sulla raccolta e sull'analisi di tali dati
qualitativi quali opinioni, sensazioni e stati emotivi nei confronti del museo,
che possono essere espressi attraverso il linguaggio (la scelta di determinate
parole) e il contenuto/significato dei messaggi provenienti dal pubblico.
Influenza
L'”influenza” indica la capacità che alcuni individui hanno nel
promuovere il museo ad un pubblico più ampio. Per un museo, quindi, è
importante identificare gli "influenzatori" tra il pubblico e misurare
la portata della loro influenza attraverso la grandezza e la diversificazione delle
loro reti personali e il tipo di azioni svolte
al fine di promuovere il museo. Quantitativamente, l’influenza può essere
evidenziata, dunque, nel numero di tali "influenzatori", nella
frequenza delle loro azioni promozionali a favore del museo, e nel numero di followers
che essi hanno. Qualitativamente, invece, esse si evidenzia nel linguaggio e nel
contenuto dei messaggi che essi sollecitano nell’ambito della più ampia
comunità. L'influenza è una componente determinante dell’engagement perché
indica se il museo, nell’ambito della sua comunità, ha dei sostenitori che agiscono per
conto del museo per attirare nuovi simpatizzanti e in questo modo moltiplicano la
portata e l’efficacia dei messaggi originati dal museo.
[1] The
International Journal of Technology, Knowledge and Society, Volume 7, Issue 4, Champaign,
Illinois, USA, 2012
[2] Questa analisi è stata effettuata dall’autrice
combinando due differenti punti di vista: da una parte il concetto espresso da
Brian Haven, un ricercatore in social computing della Forrester University, (Haven, Brian. 2007, Marketing’s New Key Metric: Engagement. Forrester.
http://www.adobe.com/ engagement/pdfs/marketings_new_key_metric_engagement.pdf
(accessed October 08, 2010); dall’altra il concetto sviluppato da Nina Simon,
autrice del libro The Participatory Museum, (Simon 2007, www.participatorymuseum.org).
Musei e uguaglianza di genere
Lo scorso aprile, la Sesta Conferenza
Internazionale sul Museo inclusivo, svoltasi dal 22 al 24 aprile presso la National
Art Gallery of Denmark, ha affrontato, fra gli altri temi, la questione
del gender mainstreaming.
Come sono rappresentate le donne nei musei?
Le politiche mondiali hanno
iniziato a prendere in considerazione questo aspetto dal 1995, dopo che la questione
fu affrontata nella Quarta Conferenza mondiale sulle Donne, promossa dalle
Nazioni Unite nell’ambito della United Nations Entity for Gender Equality and
the Empowerment of Women. Le prime normative in materia sono state poi tracciate
dall’UE, nel 1997, con il Trattato di Amsterdam sulle pari opportunità, e dal
Regno Unito, nel 2007, con il Gender Equality Duty Act.
La conferenza di Amsterdam ha rilevato
che, apparentemente, nella maggior parte dei musei si può riscontrare il
rispetto della parità di genere. Ma se si approfondisce l’indagine, in
realtà molte delle politiche applicate in ambito museale, hanno ora bisogno di
un aggiornamento. Si è convenuto che il contributo che l’ingegno delle donne ha
donato alla cultura e alla scienza deve essere visibile in ogni ambito pubblico,
non solo nelle narrazioni e nei soggetti delle mostre, ma nelle stesse opere in
mostra, poiché attualmente le opere di artisti di sesso maschile detengono una
prevalenza numerica schiacciante.
C'è stato consenso sul fatto che l’uguaglianza
di genere non dovrebbe essere una preoccupazione soltanto delle donne ma che
dovrebbe essere affare di tutti e questo imperativo è diventato più urgente se si
vogliono raggiungere gli obiettivi che le Nazioni Unite hanno prefissato per il
2015, e cioè la "promozione dell’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile”.
Quali strategie possono adottare i
musei per realizzare questa rinnovata visione della società? E’ stato stilato
un elenco di tre principali sfide da affrontare e di relative proposte per
riuscire a raggiungere l’obiettivo:
• Quali sono gli indicatori
chiave che mettono in luce la rappresentazione dei generi in tutto il settore
culturale? Si consiglia ai musei di monitorare le storie raccontate da
una prospettiva di genere.
• Come possiamo controllare e
valutare la rappresentazione di genere? Si consiglia ai musei di
lavorare con il pubblico, il personale e sui programmi da una prospettiva di
genere.
• Quali politiche potrebbero
individuare eventuali divari di genere e disuguaglianze, ed eliminare questi
fattori? Si consiglia ai musei di affrontare le relazioni tra sesso,
razza, età e gruppi sociali in modo proattivo.
Queste raccomandazioni sono state inviate al consiglio
esecutivo di ICOM e all'Agenzia Culturale danese per l'approvazione; è previsto
un follow-up per garantire lo sviluppo della discussione.21 modi per rendere un museo "straordinario".
Se volete sapere come un bambino di 11 anni vede "il suo museo
straordinario", potete leggere i consigli che Jake McGowan-Lowe (11 anni e che
cura il suo blog da quando ne aveva sette) ha scritto sul suo blog Jake'sBones. Ho riassunto qui alcuni dei punti, 21 in tutto, con i quali Jake
descrive come dovrebbe essere fatto un museo:
- I musei devono essere gratuiti e aperti a tutti.
Jake ricorda che Sir Richard Owen volle musei aperti a tutti e anche
la sera, in modo che i lavoratori potessero frequentarli.
- I musei devono essere adeguatamente finanziati, dato che sono un
bene pubblico.
Ecco una grande verità che capisce un bambino ma che sembra così
difficile da comprendere per la classe politica! "Che schifo!" -
commenta Jake schiettamente! E aggiunge: "Vorrei che i finanziamenti ai
musei cambiassero con la stessa velocità con cui i parlamentari cambiano i loro
stipendi, aumentati del 35% negli ultimi dieci anni". Sei grande, Jake!
- I musei dovrebbero avere un po' più di fattore "wow"
all'interno.
I musei che piacciono ai bambini sono quelli in cui i curatori hanno
speso un sacco di tempo a pensare ciò che potrebbe far esclamare
"wow!" ai bambini. Un aspetto da non sottovalutare!
- Rendere un museo il più pratico possibile.
Jake ricorda quanto è importante per un bambino che non si crei una
barriera tra lui e gli oggetti esposti, altrimenti questo creerà diffidenza. I
bambini, infatti, sono educati fin da molto piccoli a non toccare le cose
pericolose, ma i reperti non sono cose pericolose, tutt'al più sono fragili! E
allora bisogna trovare il sistema per aiutare i bambini a toccare gli oggetti,
per esempio creando delle copie fatte apposta per questo scopo.
- Non nascondere gli esperti!
Nei musei, dice Jake, spesso lavorano tantissime persone, ma sono
chiusi in luoghi che non sono accessibili ai visitatori. Eppure i bambini
potrebbero fare loro tante domande. Come si può fare? Secondo Jake sarebbe
bello se questi esperti lavorassero nel museo, in pubblico, per esempio una
volta alla settimana, così che tutti possano avvicinarsi e far loro delle
domande. In questo modo, secondo Jake, i bambini capirebbero che nei musei c'è
molto di più oltre la sicurezza e il negozio di souvenir!
- Creare collegamenti tra la vita reale e ciò che è esposto nel museo.
Jake fa riferimento ai musei naturalistici, che sono i suoi preferiti,
ma il concetto può essere esteso a tutti i musei. Riporta l'esempio di un museo
in cui, accanto allo scheletro di pulcinella di mare è trasmesso un video che
mostra questo tipo di uccello vivo, nel suo ambiente naturale.
- Disporre di informazioni per tutti i livelli di conoscenza.
In questo possono essere d'aiuto le moderne tecnologie: informazioni
su i-pad o touchscreen nel museo possono differenziare più facilmente le
informazioni a seconda del livello di conoscenza che si desidera avere.
- Avere links per quando si torna a casa.
L'apprendimento non deve fermarsi quando si lascia il museo, scrive
Jake. Un modo semplice per accedere alle informazioni sulle pagine web del
museo, potrebbero essere i codici QR.
- Fare mostre on-line e utilizzare i social media.
Jake lamenta il fatto che non sempre le collezioni sono fruibili
on-line. Inoltre dice di sapere che il lavoro che i musei svolgono sui social
media è importante quanto le altre attività del museo. Purché questo li renda
davvero interagenti e comunicativi!
- Fare in modo che i musei siano molto amici dei bambini.
Si può iniziare a frequentare i musei già in giovanissima età, così
come ha fatto Jake. E fa l'esempio del Perth Museum and Art Gallery, un museo
piccolo ma uno dei migliori per i bambini. Ha intere aree in cui i miei
fratelli possono giocare con i dinosauri giocattolo, vestirsi da fauna
selvatica, utilizzare il microscopio, ecc.
- Trovare il modo migliore di spiegare le cose!
Bisogna essere bravi per spiegare le cose complicate in modo leggero e
immediato. E' un po' come proteggersi gli occhi con un paio di occhiali da
sole, dice Jake!
- Incoraggiare le fotografie.
E qui Jake sembra un po' arrabbiato. Va bene vietare l'uso del falsh e
del treppiedi, ma perché vietare del tutto fotografie e riprese? Ma un modo per
apprendere e per condividere, come è giusto che faccia la scienza.
Quarto Convegno Nazionale dei Piccoli Musei: una sintesi
Si è concluso il Quarto Convegno Nazionale dell’APM, svoltosi l’11 e
il 12 novembre ad Assisi, presso la Sala della Conciliazione del Palazzo dei
Priori. Segnaliamo con soddisfazione un’ampia partecipazione generale,
nonostante le pessime condizioni meteorologiche; siamo molto gratificati,
inoltre, per il notevole interesse che questo appuntamento riscuote in modo
crescente, ogni anno, tra gli specialisti, i responsabili di piccoli musei e il
grande pubblico.
Tanti i temi discussi: le grandi potenzialità dei piccoli musei, ma
anche le attuali difficoltà, le chiusure, la scarsità delle risorse e gli
evidenti problemi di gestione. Le parole chiave che sono emerse sono state:
esperienza, accoglienza, relazionalità, territorio, comunità locale (intervento
di Giancarlo Dall’Ara). I piccoli musei sono un luogo vicino a noi, dove si
vive un’esperienza leggera, positiva e coinvolgente come parte di un’esperienza
più ampia legata al territorio (Giampaolo Proni); sono istituzioni che lavorano
non solo per la conservazione della memoria culturale collettiva, ma anche per
migliorare le condizioni di vita della comunità (Caterina Pisu). Si è parlato
di come, grazie al web 2.0 e alle tecnologie ad esso legate, si stia affermando
una nuova concezione di “participatory museum” in cui il pubblico può
collaborare alla creazione di contenuti culturali (Elisa Bonacini). Ma un
piccolo museo può esprimere tutte le sue potenzialità soltanto se è aiutato da
una normativa efficace che non lo limita ma che valorizza le sue peculiarità (Anna
Boccioli). Si è quindi focalizzata l’attenzione sul modo di comunicare del
museo anche attraverso le varie forme in cui sono stati progettati il suo
allestimento, alcune parti del suo edificio e l’architettura esterna (Valeria
Minucciani). Come ogni anno, abbiamo dato ampio spazio alle esperienze di
alcuni piccoli musei: dalla Casa Museo di Calimera (Silvano Palamà), che ha
illustrato un museo realmente “diffuso” nel territorio e capace di coinvolgere
i residenti, al Museo delle Necropoli rupestri di Barbarano Romano (Stephan
Steingräber e Roberto Corzani), che promuove il patrimonio archeologico locale
in sinergia con le altre realtà del territorio, a Biddas- Museo dei Villaggi
Abbandonati della Sardegna (Sorso) (Marco Milanese), che non espone oggetti ma
che racconta un problema, quello dello spopolamento, che ha origini antiche, e
lo fa usando parole chiave, cercando di rendere di facile comprensione, anche
per i più piccoli, un contenuto scientifico; infine, i “piccoli” musei di Roma
e i loro problemi, spesso determinati da una normativa non adeguata e dalla
fatica di trovare spazio in una città come Roma che è già un “museo all’aperto”
(Lucrezia Ungaro). Anche quest’anno il nostro socio storico, Giorgio
Gallavotti, ha animato il convegno con un suo intervento sul Museo del Bottone
da lui stesso fondato e che, fin dalla nascita dell’Associazione Nazionale
Piccoli Musei, è stato adottato come modello di piccolo museo accogliente e
dinamico.
Infine, i progetti: il primo, “Angeli per viaggiatori”, ideato da
Stefano Consiglio, è basato sull’idea che i residenti ma, perché no, anche i
piccoli musei locali, possono essere le migliori guide per i turisti; il
secondo, Invasioni digitali, si propone di promuovere il nostro patrimonio
culturale attraverso l’utilizzo di internet e dei social media, e mediante
l’organizzazione simultanea e spontanea di numerosi mini-eventi su tutto il
territorio nazionale (intervento di Fabrizio Todisco e Marianna Marcucci).
Purtroppo, per motivi tecnici, non è stato possibile effettuare il
collegamento via Skype con Pascal Janin, Presidente della Red CIE de Centros de
Interpretaciòn Etnogràfica, finalizzata allo sviluppo della coesione
socio-culturale e al rafforzamento delle economie locali, anche attraverso i
piccoli musei, della provincia di Cadiz, Andalusia, con cui siamo in contatto
per cercare di avviare una collaborazione internazionale.
Il convegno è stato aperto e concluso, come ogni anno, dal nostro Presidente,
Giancarlo Dall’Ara, ed efficacemente coordinato dal Vicepresidente Gennaro
Pisacane.
Un ringraziamento particolare ai rappresentanti dei piccoli musei che sono
giunti ad Assisi per prendere parte al convegno, in particolare Rino Lombardi,
Presidente del'Associazione Museo della Bora di Trieste, Laura Minici Zotti, Direttrice
del Museo del Precinema di Padova e Cristina Vadalà, Responsabile Formazione
della Società Cooperativa Sistema Museo dell'Umbria. Ringraziamo in modo
speciale la Coordinatrice di Icom-Liguria, Fiorangela Di Matteo, che ha voluto
cortesemente essere presente ai lavori del nostro convegno. Ci scusiamo per
eventuali dimenticanze.
Al termine di questa due giorni, ci apprestiamo, ora, ad esaminare le prime
candidature degli enti locali e dei piccoli musei che desiderano ospitare il
Quinto Convegno Nazionale dei Piccoli Musei, nel 2014, in data da stabilire.
Sottoponeteci le vostre candidature, contattandoci all'indirizzo di posta
elettronica apmusei@gmail.com
E' on line il programma definitivo del Quarto Convegno dell'Associazione Nazionale Piccoli Musei. L'appuntamento è per lunedì prossimo, 11 novembre, ore 15.00, presso la Sala della Conciliazione, Palazzo dei Priori, Assisi.
Ricordo che chi sarà impossibilitato a raggiungerci ad Assisi, potrà seguire il live tweeting (@PiccoliMusei).
Se desiderate intervenire su Twitter, vi preghiamo di utilizzare l'hashtag #piccolimusei2013.
Iscriviti a:
Post (Atom)
Cari amici, in questi anni in cui ho svolto l’incarico di direttore scientifico del Museo Civico “Ferrante Rittatore Vonwiller”, dal 2019 a...
-
From: http://chasingaphrodite.com/2012/02/08/robert-e-hecht-jr-leading-antiquities-dealer-over-five-decades-dead-at-92/ Robert ...
-
Attualmente non esiste in Italia un documento che ripartisca tutti i tipi di musei, anche se una classificazione può essere desunta da un...