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Musei e social networks: i diversi livelli dell’engagement





Un interessante articolo di Natalia Grincheva, “How Far Can We Reach? International Audiences in Online Museums Communities” [1], analizza il metodo per rilevare in che modo i musei, attraverso i social networks, riescono a ottenere il coinvolgimento non solo del pubblico più vicino ma anche di quello internazionale.
Nella sua analisi, l’autrice compie una “scomposizione” del concetto di “engagement” suddividendo questo processo in vari livelli [2]: coinvolgimento, partecipazione, interazione, intimità, e influenza. 
In questa sede si focalizzerà l’attenzione sulla descrizione di tali livelli.

Coinvolgimento

Il “coinvolgimento” è il livello iniziale del rapporto che il pubblico instaura con un museo. In questa fase la partecipazione avviene a livello generale e rappresenta l’interesse che il pubblico esprime riguardo il contenuto, le attività e le collezioni del museo. Il coinvolgimento può essere monitorato e controllato in base ai dati quantitativi offerti dal web, ovvero attraverso il numero delle visite, il numero di pagine viste, il tempo di permanenza su ogni pagina,  la frequenza delle visite e le connessioni stabilite con il museo sui siti di social network (ad esempio Facebook, Flickr, YouTube, e Twitter).

Partecipazione

La “partecipazione” rappresenta un livello più alto dell’engagement e si riferisce a tutte quelle azioni che portano il pubblico a stabilire una relazione o a connettersi con il museo. Si evidenzia in base agli eventi cui le stesse persone danno un loro contributo con propri contenuti creativi, scrivendo commenti o partecipando a sondaggi, richiedendo ulteriori informazioni su mostre o progetti, iscrivendosi ai feed RSS, via newsletter o e-mail, o acquistando biglietti per il museo on-line. La misura della partecipazione si ottiene attraverso la presenza di una serie concreta di azioni che le persone compiono: per esempio conversazioni che si svolgono sui blog, il caricamento di foto e video, i contributi sui social media, compresi quelli di propria creazione, i “like” e i commenti.

Interazione

L'"interazione" è un livello dell’engagement che rappresenta come gli individui all'interno di una comunità sono collegati tra loro e se questi collegamenti sono abbastanza forti per sostenere la comunità online che si è formata intorno al museo. L’ interazione si misura attraverso i dati qualitativi e quantitativi che indicano se gli individui si scambiano informazioni, contenuti e opinioni attraverso attività di collaborazione o interattive. Questi dati si basano sul numero di collaborazioni che si sono create tra i partecipanti, sul numero di contributi realizzati in collaborazione, sul numero e sui contenuti dei messaggi che queste persone si scambiano tra loro, e infine sul numero e sul significato dei commenti lasciati ciascuno sui post degli altri.

Intimità

L'”intimità” rappresenta la componente emotiva dell’engagement ovvero i sentimenti (positivi o negativi) che gli spettatori hanno verso un dato museo. La misurazione dell’”intimità”, dunque, va oltre la quantificazione delle interazioni e misura, piuttosto, lo stato emotivo o il sentimento che il pubblico mostra verso il museo o nei riguardi di eventi specifici, collezioni e progetti. Questa misurazione si basa sulla raccolta e sull'analisi di tali dati qualitativi quali opinioni, sensazioni e stati emotivi nei confronti del museo, che possono essere espressi attraverso il linguaggio (la scelta di determinate parole) e il contenuto/significato dei messaggi provenienti dal pubblico.

Influenza

L'”influenza” indica la capacità che alcuni individui hanno nel promuovere il museo ad un pubblico più ampio. Per un museo, quindi, è importante identificare gli "influenzatori" tra il pubblico e misurare la portata della loro influenza attraverso la grandezza e la diversificazione delle loro reti personali e  il tipo di azioni svolte al fine di promuovere il museo. Quantitativamente, l’influenza può essere evidenziata, dunque, nel numero di tali "influenzatori", nella frequenza delle loro azioni promozionali a favore del museo, e nel numero di followers che essi hanno. Qualitativamente, invece, esse si evidenzia nel linguaggio e nel contenuto dei messaggi che essi sollecitano nell’ambito della più ampia comunità. L'influenza è una componente determinante dell’engagement perché indica se il museo, nell’ambito della sua  comunità, ha dei sostenitori che agiscono per conto del museo per attirare nuovi simpatizzanti e in questo modo moltiplicano la portata e l’efficacia dei messaggi originati dal museo.






[1] The International Journal of Technology, Knowledge and Society, Volume 7, Issue 4, Champaign, Illinois, USA, 2012
[2] Questa analisi è stata effettuata dall’autrice combinando due differenti punti di vista: da una parte il concetto espresso da Brian Haven, un ricercatore in social computing della Forrester University, (Haven, Brian. 2007, Marketing’s New Key Metric: Engagement. Forrester. http://www.adobe.com/ engagement/pdfs/marketings_new_key_metric_engagement.pdf (accessed October 08, 2010); dall’altra il concetto sviluppato da Nina Simon, autrice del libro The Participatory Museum, (Simon 2007, www.participatorymuseum.org).

LONDRA: OPEN CULTURE 2013

Ricercatori e professionisti GLAM uniti per realizzare la piena partecipazione del pubblico alla cultura



Lo scorso luglio si è svolto a Londra il convegno OpenCulture 2013, un evento che si svolge annualmente e che è incentrato prevalentemente su temi come la partecipazione collettiva alla cultura, la partecipazione attraverso gli strumenti digitali e il management culturale.
Quest’anno l’argomento su cui si è discusso è stato: “Pratiche partecipative: come possono i ricercatori universitari e i professionisti GLAM migliorare la partecipazione del pubblico alla cultura?”, dove GLAM è l’acronimo di Galleries, Libraries, Archives and Museums.
Una corretta pratica partecipativa, si legge nella pagina web di Historyworks (una società, partner dell’evento, impegnata nel colmare il divario tra conoscenza e impegno pubblico), dovrebbe permettere al pubblico di modificare o di creare da zero il materiale culturale. Ciò richiede che vi siano queste tre condizioni indispensabili: la condivisione delle conoscenze, la creatività e gli strumenti che consentono di realizzare tutto ciò. Le collezioni presenti nelle nostre GLAMS sono gli elementi culturali su cui lavorare: un ricco, sedimentato accumulo di milioni di oggetti, ciascuno dei quali è “alla disperata ricerca” di una nuova generazione cui donare nuove storie.
Come possono collaborare i ricercatori universitari e i professionisti GLAM per favorire il loro impegno pubblico ed essere partner attivi nel raggiungimento di questo obiettivo, cioè la partecipazione del pubblico ai progetti culturali? 
Indiscutibilmente molte competenze si possono trovare all’interno delle università, soprattutto nell’ambito della ricerca sociale, necessaria per identificare le varie categorie di pubblico e per capire il modo migliore per coinvolgere il pubblico chiave, in particolare quello meno affezionato alle GLAM.
I professionisti GLAM - oltre ad essere i depositari e i principali esperti delle loro collezioni – possiedono la formazione e l’esperienza necessaria per comprendere come sviluppare le forme di apprendimento più appropriate per le diverse fasce di età - ma anche per fidelizzare la propria comunità di riferimento per esempio attraverso progetti che includano “ricercatori volontari”. E in questo i professionisti GLAM hanno una maggiore facilità a reperire ricercatori “ad altezza d'uomo", esterni alle istituzioni, ed anche a trovare connessioni tra gli oggetti e le narrazioni con la ricerca dei non esperti.
Questi tre elementi - la conoscenza culturale, le competenze nella ricerca sociale e la capacità di coinvolgimento - se sommati possono diventare molto efficaci per il coinvolgimento del pubblico. Si potranno così affrontare sfide uniche e - grazie alla collaborazione tra i professionisti - si potranno anche migliorare le modalità di svolgimento di tutte queste attività nel loro complesso.
I primi passi sono già stati fatti con la creazione dello spazio web "Supporting Practice in Participation" cui tutti possono contribuire con l’inserimento di nuovi contenuti, progetti e idee.

A tal fine è possibile scrivere al Project Manager Helen Weinstein, via historyworks@gmail.com

Il pubblico è morto, parliamo invece di partecipanti

di Jim Richardson


Il pubblico è fondamentale per gran parte di ciò che un museo fa, ed i sondaggi sui visitatori e la segmentazione del pubblico, nel corso degli ultimi dieci anni, hanno migliorato la nostra comprensione delle persone che varcano le nostre porte di ingresso. Se definiamo pubblico i destinatari di una prestazione o un servizio, allora ‘pubblico’ non sembra il modo migliore per descrivere il consumatore moderno di un museo. Queste sono persone che vivono una vita sempre più digitale, in cui non sono spettatori, ma partecipanti attivi, positivamente impegnati attraverso programmi e progetti di sensibilizzazione. Anche se è improbabile che l’uso della parola ‘pubblico’ cambierà, penso che sia utile per noi pensare delle persone che scelgono di interagire con i musei in modo digitale o facendo una visita come ‘partecipanti’. Sia che stiate progettando una nuova mostra, sito web o piano di marketing, pensare a come interagire con i ‘partecipanti’ del museo piuttosto che con il ‘pubblico’ vi darà una mentalità diversa.

Marketing per i partecipanti

Nel febbraio del 2011, un gruppo di musei e gallerie nello Yorkshire, in Inghilterra, ha lanciato una campagna di marketing per promuovere le collezioni d’arte esposte in 35 sedi in tutta la loro contea. La campagna ha scelto di non puntare su quanto sia grande l’arte in questi musei e gallerie, ma ha invece chiesto al pubblico di partecipare alla campagna, condividendo le loro storie sui dipinti preferiti. La campagna Yorkshire’s Favourite Painting ha offerto un premio unico, l’opportunità di vincere una copia del dipinto preferito, e in sei settimane oltre 400 persone hanno avuto l’opportunità di partecipare al concorso. Le storie sul perché la gente amava questi dipinti sono state diverse, da un commovente racconto di una madre che aveva perso suo figlio nel conflitto in Afghanistan e un dipinto di Lowry gli faceva venire alla mente il figlio, ad un bambino di sei anni a cui ‘piacevano le belle ragazze ‘in un dipinto di sirene e una signora che voleva vincere una copia di un’opera di suo padre, un famoso artista. Mentre 400 persone hanno scritto racconti, molti altri hanno partecipato in altri modi, condividendo le storie attraverso i social media, lasciando commenti e votando per le storie. Il sito web ha attratto decine di migliaia di visitatori, ma la campagna ha avuto una risonanza ulteriore, con i partecipanti online che sono diventati i visitatori del mondo reale.

Siti web per i partecipanti

Mentre i musei stanno creando opportunità per il pubblico per partecipare online attraverso il loro uso di Facebook e Twitter, la maggior parte di loro non ha integrato questo tipo di interazione nei loro siti web. Il Teylers Museum, il più importante ed antico museo olandese è uno di questi. Il suo sito web offre al pubblico tutte le informazioni pre-visita di cui potrebbero avere bisogno, ma non sembra dare al pubblico la possibilità di partecipare in modo significativo. Tuttavia, il Museo Teylers ha un altro sito, costruito con lo strumento di social network NING , che rompe i confini e da al museo una nuova vita, al contrario del suo sito principale. Il sito invita chiunque a partecipare, iscrivendosi a questo mini social network di curatori, soci e amici del museo. Herman Voogd del Museo Teylers spiega ‘Abbiamo iniziato ad utilizzare NING per dare a tutti i fans del museo Teylers ed al nostro personale l’opportunità di lasciare foto e messaggi sul museo. ‘Ci piace l’idea di avere un sito web tradizionale ed un’altro che è più aperto. Un blog, un foto-album in cui ogni membro del personale ha più libertà. Sul nostro sito NING non importa se una foto non è limpida o se il filmato è amatoriale. ‘La regola è di non spendere un sacco di tempo ma condividere un sacco di conoscenza sul museo e sulle collezioni’. L’utilizzo di NING come piattaforma dà al pubblico l’opportunità di partecipare non solo commentando il contenuto aggiunto al sito web del museo, ma anche avviando delle conversazioni e condividendo il suo punto di vista sul museo. In definitiva, credo che tutti i siti web dei musei debbano dare al pubblico la possibilità di partecipare in questo modo. Questo approccio richiede più tempo e fatica di un sito tradizionale, e molti possono preoccuparsi delle risorse che una tale comunità online richiederebbe. Ma se un museo non ha il tempo di partecipare a conversazioni con il suo pubblico (anche online) allora penso che deve ristabilire le sue priorità.

Mostre per i partecipanti

Un altro modo per coinvolgere il nostro pubblico in maniera partecipativa è attraverso la co-creazione di una mostra. Penso che questa sia una straordinaria opportunità che alcuni musei stanno appena iniziando ad esplorare. Questo tipo di co-creazione può assumere molte forme; potrebbe essere una mostra storiografica plasmata dai contributi di persone che hanno vissuto l’evento; una mostra d’arte pubblica creata con i visitatori oppure chiedendo ai visitatori di scrivere nuove etichette per i dipinti. Un esempio recente viene dal CCCB di Barcellona , dove una mostra di fotografia del 20° secolo del fotografo spagnolo Josep Brangulí è stata affiancata da un vero progetto del 21° secolo. Dei Fotografi contemporanei sono stati invitati a rispondere ai temi della mostra (ed al lavoro di Josep Brangulí) attraverso un bando che ha attirato la fiorente comunità Flickr di Barcellona che ha fornito oltre 2.000 contributi in un mese. Un’immagine che riflette i diversi temi della mostra sarà esposta insieme all’opera di Josep Brangulí, mentre tutte le altre immagini inviate verranno visualizzate in una proiezione. In questo caso i social media non vengono utilizzati per sfruttare una tendenza, ma per fornire uno spettacolo migliore attraverso la partecipazione pubblica, e facendo questo CCCB fa in modo che gli individui che vogliono essere coinvolti pensino profondamente ai temi della mostra e al mondo che cambia, per come viene percepito sia nelle immagini di Brangulí che in quelle contemporanee. Questo tipo di partecipazione riconosce che il pubblico ha una voce valida all’interno del museo, e che questi individui hanno un contributo da dare.

In conclusione

Quello che queste forme di partecipazione hanno in comune è che riconoscono che il pubblico ha una voce valida all’interno del museo, e che questi individui hanno qualcosa con cui contribuire, rendendo spesso le mostre migliori di come potrebbero essere senza la partecipazione del pubblico. E’ forse ingenuo pensare che le migliori competenze esistano sempre e solo all’interno di un museo. Il nostro pubblico non è composto da spettatori passivi. Essi si aspettano sempre di più che i musei offrano loro esperienze di partecipazione e questa dovrebbe essere riflessa dal modo in cui il museo moderno si avvicina a loro. Non considerare le persone che entrano all’interno del museo o interagiscono con te on-line come un semplice pubblico; pensa a ciò che puoi può fare per i tuoi partecipanti.
 Tratto da MuseumNext

 Cari amici, in questi anni in cui ho svolto l’incarico di direttore scientifico del Museo Civico “Ferrante Rittatore Vonwiller”, dal 2019 a...