Sulla pagina Facebook dell'Associazione Nazionale Piccoli Musei ho pubblicato la nota seguente tentando di replicare con gli argomenti che sono di mia competenza all'articolo di Federico Giannini, "La (pessima) ricerca di Repubblica sui siti web dei musei. E una proposta". Lo "scambio" di vedute è scaturito da un'inchiesta di Repubblica, curata da Giuseppe Borello.
Ho esaminato con attenzione il
post di Federico Giannini su Finestre sull'Arte. La critica che è
stata rivolta ai giornalisti di Repubblica è stata quella di superficialità, ma
leggendo la sua disamina posso dire che quello che ho letto ha un’impostazione
troppo tecnica e una visione prevalentemente “accademica”. Giannini, infatti, è
laureato in Informatica umanistica ed è specializzato in tecnologie web per i
beni culturali. E’ logico che lui abbia preso in considerazione quasi
esclusivamente gli aspetti tecnici, addirittura sminuendo altri aspetti della
visita museale che per noi museologi non sono affatto marginali. Da parte mia,
quindi, io posso esprimere un parere da museologa e da comunicatrice, mentre
non entro in ambito tecnico. Dal mio punto di vista, io giudico un sito per la
sua capacità di attrarre l’attenzione e di instaurare subito, già attraverso lo
stile della comunicazione, un rapporto amichevole con i lettori. Ci sono delle
regole per riuscire in questo intento e basta studiare i siti web di musei
inglesi e americani per capire quali sono, dato che in Italia gli esempi del
genere sono davvero pochi; cerco, qui, di riassumerle, ricordando che si stanno
prendendo in considerazione gli aspetti connessi alla comunicazione: evitare lo
stile “freddo”, da trattato accademico; evitare la staticità delle immagini
nell’intestazione; ovviamente aggiornare in continuazione le news; creare la
possibilità di interazione non solo attraverso i social network collegati al
sito ma, per esempio, anche creando dei blog nel sito stesso.
Posso fare tre esempi pratici di
siti stranieri di musei “importanti” che rispettano queste regole, intendendo
con il termine “importanti” musei noti a livello internazionale, e li metterò a
confronto con il sito web del Polo museale degli Uffizi, così come ha fatto
Giannini.
Primo esempio: Victoria & Albert Museum. Innanzitutto
l’intestazione è dinamica e colpisce subito l’attenzione del lettore; il corpo
della pagina è occupato interamente dal menù delle varie mostre in corso, cui
si accede cliccando sulle immagini che già introducono al tema dell’esibizione
corrente. In basso, il “piede” della pagina consente di accedere a tutte le
altre informazioni possibili e immaginabili che permettono al visitatore di
avere un quadro chiarissimo di tutti i servizi di cui potrà usufruire: dagli
orari di apertura alla possibilità di usufruire di fasciatoi per i bambini
piccoli, orari del bar in cui è specificata perfino la possibilità di usare i
seggioloni, la riduzione a metà prezzo dei pasti per i bambini, la presenza di
un distributore d’acqua gratuita, la presenza di una mappa che indica come
visitare il museo con passeggino al seguito sapendo già quali sono le sezioni
dove non sarà possibile entrare, ecc.; sono indicati anche i servizi per i
disabili, in particolare i colloqui per i non vedenti, i servizi per non
udenti, ecc. La precisione di queste informazioni è veramente eccellente. Vi
sono poi: mappe interattive con possibilità di accedere alle schede di singoli
oggetti, fotografie o altro delle varie mostre. Nella sezione Eating &
Drinking, il visitatore saprà in anticipo anche quali sono le specialità
proposte. Ci sono, poi, tutte le informazioni sulla biblioteca, sui dipartimenti,
sulle Study Rooms, ecc. e si può
accedere anche ad ulteriori contenuti in base alle tematiche.
Un’altra caratteristica importante è la presenza dei blog amministrati
dai curatori del museo. Questo è un aspetto fondamentale perché il visitatore può
entrare in contatto con chi lavora nel museo, il quale non rimane una figura
per lo più nascosta, che opera nell’ombra, dietro le quinte, ma una persona
riconoscibile che instaura un dialogo con il pubblico.
Secondo esempio: The Metropolitan Museum of Art. Come si può
vedere, anche in questo sito si evita la staticità e si sceglie l’impostazione
dei testi e delle figure sullo stile di un magazine. La sidebar di sinistra riunisce
tutte le informazioni pratiche e la possibilità di acquistare i biglietti on
line. La traduzione è possibile in ben dieci lingue. Nella sezione centrale
sono raccolte le informazioni sugli eventi, sulle mostre in corso, sui
programmi speciali per disabili, per i sostenitori del museo e per le famiglie;
la sidebar di destra permette di accedere ai blogs: ancora una volta si
sottolinea la scelta da parte dei curatori di non restare dietro le quinte o di
non essere conosciuti solo in un ristretto ambito accademico, ma da tutto il
pubblico.
Il footer del sito permette di
accedere ad altre risorse: materiale audio e video nella sezione Met Media, una
sezione dedicata ai programmi speciali per i bambini e le famiglie, la sezione
Community che introduce alle attività del Met sui social media. A proposito,
hanno raggiunto un milione di like su Facebook!
E infine la sezione dedicata all’offerta
del Museum Shop, che secondo Giannini sarebbe paccottiglia, ma che in realtà ha
anch’essa la sua importanza. L’acquisto, lo sappiamo, serve per conservare il
ricordo della visita, crea un legame affettivo con quel luogo e con quella
esperienza. C’è, ovviamente una differenza tra un museum shop e l’altro per
quanto riguarda la qualità, ma è comunque giusto che il sito web del museo
metta in evidenza anche la presenza di un museum shop e la possibilità di
effettuare gli acquisti anche on line.
Terzo esempio: National Museums Liverpool. Mi è già capitato di citare questo sito web forse perché
sono una grande estimatrice del lavoro di David Fleming. Il riferimento mi è molto
utile per il confronto con il sito web del Polo museale fiorentino, in quanto
anche in questo caso si tratta di un sito unico che riunisce tutti i musei
nazionali di Liverpool. Per la terza volta si può notare che l’aspetto della
home page è molto simile a quella di un magazine a colori. L’intestazione è,
anche in questo caso, dinamica, con immagini che scorrono e attirano
l’attenzione del lettore sulle varie mostre in corso. Anche da questo sito si
può accedere al materiale video e ai blogs, ma l’aspetto più interessante è che
cliccando sui nomi dei vari musei di Liverpool non si accede ad una schermata
con le principali informazioni sul singolo museo di nostro interesse, ma si viene
introdotti ad un altro sito web completo, in cui si può accedere, poi, ad altre
risorse, al blog, a tutte le informazioni necessarie e che, naturalmente, è
collegata con i vari social network.
Vediamo ora il sito del Polo museale fiorentino.
L’aspetto che mi colpisce
maggiormente di questo sito web è la parte che riguarda le informazioni. Abbiamo
appena visto che i musei inglesi e americani cercano di facilitare in ogni modo
la visita, informando sui minimi dettagli e predisponendo ogni tipo di servizio
per tutte le categorie di pubblico. Guardiamo come il sito web del Polo museale
fiorentino accoglie i “potenziali” visitatori. Leggo l’intera sezione inerente la Galleria degli Uffizi, sono 14
righe:
ORARI
Da martedì a domenica, ore 8,15-18,50
Da martedì a domenica, ore 8,15-18,50
Chiusura: tutti i lunedì,
Capodanno, 1° maggio, Natale.
La biglietteria chiude alle 18.05
Le operazioni di chiusura iniziano
alle 18.35
REGOLAMENTO
Si pregano i visitatori di attenersi ad alcune regole di
comportamento (vedi di seguito il pdf scaricabile) e si ricorda alle guide
turistiche e agli insegnanti che i gruppi non possono superare le 25 unità.
E qui è data la possibilità di scaricare le regole di
comportamento. Un pessimo modo di accogliere i propri visitatori! Per quanto
riguarda la conoscenza del personale responsabile, dal sito è possibile
scaricare l’intero curriculum del direttore che, per carità, può essere
interessante ed è in linea con le norme sulla trasparenza, ma certamente è
insufficiente per conoscere una persona e il lavoro che questi svolge
all’interno del museo, e non è di certo paragonabile ai blog gestiti dai
curatori dei musei stranieri appena esaminati.
I disabili sono informati che
esiste un ascensore, e questo è l’unico servizio che possono permettersi. Ora
qualcuno potrà obiettare che questo non è un giudizio sul sito web. E’ vero,
però evidentemente se i siti web dei musei stranieri esaminati hanno così tante
informazioni, risorse e materiali è perché dietro quel sito web c’è un museo
che è attento innanzitutto alla soddisfazione del proprio pubblico. Ciò che
salta agli occhi è che in quei siti è il pubblico ad avere una posizione
centrale e tutto ruota intorno al suo bisogno di informazioni, che vengono
fornite con uno stile amichevole e rassicurante, ma anche di conoscenza, perché
quei siti hanno anche un alto valore didattico in quanto sono attenti che i
contenuti siano comprensibili per tutti. Non si può pretendere, però, che un
sito web esprima ciò che in realtà non c’è! Ed evidentemente la scarsità di
informazioni è direttamente proporzionale alla scarsità di servizi. Passiamo,
poi, ai singoli musei che fanno parte del Polo museale. Se proviamo a cliccare,
non compare un altro sito web come succedeva cliccando sui singoli musei di
Liverpool, ma compare una pagina di informazioni, statica, senza altre risorse,
se non l’acquisto dei biglietti on line. Gli archivi digitali sono senza dubbio
una risorsa importantissima ma riguardano gli studiosi e il pubblico con un
grado di specializzazione più avanzato. Linguaggio tecnico, stile accademico,
schede descrittive che sono state lasciate così come erano negli archivi della
soprintendenza senza alcun tentativo di semplificazione: tutto questo è una
barriera posta tra il museo e il grande pubblico. Non mi meraviglia che la
pagina Facebook del Polo museale degli Uffizi conti 3055 like e che quello del
Met ne conti un milione! La causa sarà il diverso modo di comunicare?
Se vogliamo che i siti web dei musei italiani siano più soddisfacenti,
dobbiamo fare in modo che prima di tutto i musei stessi siano più accoglienti.
Non entro nel merito dello stile di comunicazione utilizzato nei social
network, che quasi sempre sono pagine niente affatto “social” ma esattamente
come i siti web: istituzionali e distanti, senza possibilità di interazione. Ma
questo è un altro argomento e lo si potrà affrontare in una differente
occasione.
Caterina Pisu
La controreplica di Federico Giannini di Finestre sull'Arte può essere visionata qui: http://www.finestresullarte.info/91n_ancora-sui-siti-web-museali-risposta-a-caterina-pisu.php
RispondiEliminaDa parte mia, nell'assicurare la piena disponibilità a collaborare ad un progetto comune in cui siano definiti gli standard tecnici ma siano anche messi a punto, per chi lo desidera, alcuni suggerimenti per attuare una efficace strategia comunicativa, vorrei qui esprimere solo una breve considerazione riguardo un passaggio della controreplica del collega Federico Giannini. Il considerare la collezione l'aspetto principale e quindi, da quanto ho capito, l'unica cosa veramente importante e intorno alla quale tutto deve ruotare, rappresenta una sua visione personale del museo, che naturalmente rispetto, ma che non posso condividere. Un museo che non si preoccupa della gente è un museo freddo, inospitale. In questi ultimi mesi ho ripetuto varie volte una frase di Stephen Weil che per me è diventata una sorta di motto (forse per altri un tormentone): "Senza valore sociale il museo è nulla". E quindi poco importa che un museo sia stracolmo di opere d'arte o di testimonianze dell'antichità. Alla fine, se non serve alla gente, è un'istituzione senza vita. E i siti web di cui abbiamo parlato ho paura che riflettano proprio questo tipo di museo. Federico ha definito i siti web italiani eleganti; a me, invece, sembrano freddi e distaccati. Quando visito il sito del Victoria & Albert Museum, le pagine che vedo mi mettono di buon umore e mi incuriosiscono. Non credo che sia solo una questione di gusti, penso, invece, che le strategie comunicative che sono state scelte riescano a coinvolgere un alto numero di persone, molto eterogeneo, e questo è di grande importanze per un museo che vuole rivolgersi a tutti. Un sito web, forse esteticamente più elegante, ma che non prende vita, è statico, molto "accademico", non può interessare lo studioso come il bambino, il laureato come l'illetterato. Come diceva un altro grande museologo, Kenneth Hudson, "il museo didattico, quello che si ripropone di istruire, è sostanzialmente non democratico. Nel migliore dei casi è autocratico e arrogante". E Hudson è appunto colui che suddivideva i musei in due categorie, quelli che sanno trasmettere calore e quelli freddi. Ecco, il museo freddo, è quello che si concentra esclusivamente sugli oggetti. A mio avviso il successo maggiore di un museo (e del suo sito web) non è avere tanti visitatori, ma fare in modo che i propri visitatori tornino a vederlo tante volte perché sono stati bene!