Musei nel cellulare: parte la seconda edizione di Musées (em) portables




L’Associazione Nazionale Piccoli Musei ha accolto con entusiasmo l’invito rivolto da Museumexperts, ad essere partner internazionale della manifestazione Musées (em)portables, il grande evento che ha lo scopo di avvicinare i visitatori ai musei attraverso i più usuali strumenti di comunicazione: i cellulari.
La comunicazione globale dei nostri tempi, infatti, passa attraverso mezzi tecnologici come i telefoni cellulari, gli smartphone o altro, che ci accompagnano in molti momenti della nostra vita e, perché no, anche durante una visita al museo. Possiamo affermare che i musei stanno cambiando velocemente di pari passo con l’evoluzione della società e quindi anche dei suoi progressi tecnologici. Oggi i musei stanno iniziando ad essere più aperti e sensibili verso le esigenze delle persone; il visitatore è al centro dell’attenzione e tutto è orientato al suo benessere. Come affermava il grande museologo Kenneth Hudson: «Visitando un museo, ci si deve sentire liberi, liberi di esplorarlo a proprio piacimento, liberi di scegliere le cose che si giudicano interessanti, e di ignorare tutto il resto. Non ci si deve sentire costretti a vedere tutto, o a seguire un particolare percorso che attraversa tutta l’esposizione». Questo è il concetto che, in qualche modo, è anche alla base di Musées (em)portables. E’ vero, come affermano, gli organizzatori, che la sicurezza impone le sue regole e spesso non è concesso filmare o fare fotografie nei musei, ma si possono rompere schemi troppo rigidi a vantaggio della libertà e di una maggiore soddisfazione dei visitatori, tenendo conto di poche, semplici regole.
La proposta lanciata da Museumexperts, dunque, è invitare i visitatori dei musei a realizzare un filmato della durata di non più di tre minuti con il proprio cellulare, in un museo a loro scelta. Attraverso questo filmato i partecipanti potranno esprimere il loro “modo” di vedere il museo. Nella scorsa edizione, che si è svolta dal 24 al 26 gennaio 2012, quasi tutti i filmati sono stati realizzati da giovani, soprattutto studenti, e le università di Poitiers e La Rochelle si sono particolarmente distinte. La giuria ha assegnato quattro premi alle opere che hanno mostrato la maggiore originalità. Questi quattro film e tutti quelli preselezionati possono essere visionati collegandosi a questa pagina http://www.simesitem.fr/musees_em_portables/video/. La giuria ha apprezzato l'originalità, l’entusiasmo, il talento dei vincitori; due di loro hanno anche creato la colonna sonora del loro filmato, ma naturalmente non si pretende questo da tutti!
La seconda edizione è attualmente in fase di lancio dallo scorso maggio 2012 e tutti i filmati selezionati saranno presentati in occasione del prossimo SIMESITEM (Salone dei Musei e dei Luoghi di cultura), il 29-31 gennaio 2013, al Carrousel du Louvre. La nuova giuria sarà molto prestigiosa come quella della scorsa edizione e vedrà anche qualche riconferma.
Invitiamo anche i musei italiani ad aderire a questa bella manifestazione e a pubblicizzarla il più possibile. Sul sito web ufficiale di Museumexperts si possono trovare informazioni anche in lingua italiana.
Forniamo qui qualche indicazione di base tratta dal Regolamento che può essere visionato alla pagina http://www.simesitem.fr/musees_em_portables/reglement/:
I filmati possono essere realizzati con il cellulare ma è consentito anche l’uso di una macchina fotografica o di una telecamera compatta. Il soggetto dovranno essere soltanto i musei, ovvero collezioni, mostre, attività culturali o “i dietro le quinte”, cioè tutto ciò che è inerente il funzionamento dei musei nelle varie forme. Come già detto, la durata massima dei filmati è di tre minuti.
La partecipazione è libera e gratuita. Tutti possono inviare un loro filmato e i partecipanti avranno i diritti di utilizzo esclusivi del loro filmato. E’ possibile iscriversi al concorso tramite il modulo disponibile nel sito web: http://www.simesitem.fr. I filmati devono essere inviati in formato CD o DVD per posta all’indirizzo che sarà indicato sul sito web.
Tutti i film selezionati dalla giuria saranno proiettati in continuazione, senza alcun costo per gli spettatori, durante la fiera SimeSitem 2013 al Carrousel du Louvre. Essi saranno poi pubblicati per la visualizzazione sul sito web. La giuria assegnerà premi in denaro ai primi tre.
Vi daremo presto notizia dell’inizio ufficiale del concorso e ulteriori dettagli.
Ci auguriamo che anche i visitatori italiani partecipino numerosi grazie alla disponibilità e alla cortesia dei musei che vorranno promuovere questa manifestazione. Grazie a tutti in anticipo!

IL MUSEO STA CON I GIOVANI


Strategie per attrarre i giovani nei musei: il progetto Junction del Museo di Londra

di Caterina Pisu (pubblicato su ArcheoNews, maggio 2012) 


«Se vivi con i giovani, dovrai diventare anche tu giovane». Chi non ricorda questa frase del famoso discorso di Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo del 2000, pronunciato al campus dell’Università di Tor Vergata? In effetti, ogni ambito della società non può fare a meno dell’apporto delle giovani generazioni, pena il rischio di perdere la capacità di rinnovarsi continuamente, di attingere a nuove idee e, soprattutto, di distaccarsi dal mondo reale. Un’indagine pilota su “I giovani e il Museo”, realizzata nel 1998 dall’Ufficio Studi del Ministero per i Beni e le attività Culturali (condotta su giovani di 19-30 anni di età, residenti in Campania e in Veneto), ha prodotto alcuni dati interessanti anche se, ovviamente, in attesa di ulteriori ricerche, questi non possono essere estesi a tutto il territorio nazionale. Da questa indagine è emerso che, al momento dell’intervista, i giovani che negli ultimi dodici mesi avevano visitato un luogo culturale in Veneto erano il 46% e in Campania, il 42%, mentre i giovani frequentatori sia abituali (cioè da tre a sei volte l’anno o più di sei volte l’anno) che occasionali (da una a tre volte l’anno) superavano di poco il 50% in entrambe le regioni. Certamente le scelte dei giovani sono dettate da vari fattori, culturali, sociali ed economici che condizionano anche la gestione del tempo libero. Quali possono essere, allora, le strategie per attrarre l’interesse dei giovani nei confronti dei musei? Una risposta ci viene da Junction, un progetto per i giovani promosso dal Museo di Londra che non si limita a fare ricerche sui giovani ma dà loro voce affinché siano essi stessi a spiegare quali sono le loro aspettative e le loro esigenze. Secondo i giovani londinesi, gli adulti hanno molti preconcetti su di loro, di conseguenza anche i musei, in quanto specchio della società, possono talvolta essere soggetti a questi stereotipi. In realtà i giovani non vogliono essere “classificati” e l’unico modo per non cadere in questo errore è dialogare. I giovani di Junction, quindi, sono diventati i “consulenti” del museo. Si tratta di ragazzi di età compresa tra i 16 e i 21 anni, cui è affidato il compito di creare progetti, mostre ed eventi per i loro coetanei. I giovani, infatti, amano imparare da soli, a modo loro e con i loro tempi. Il modo migliore per attrarre i giovani verso i musei è quello di far sì che siano altri giovani a portarceli. Per ottenere ciò è necessario che il gruppo che dovrà fare da “traino” sia coinvolto al massimo e che tragga un effettivo beneficio dall’esperienza museale. Nel caso del progetto Junction, il clou sarà la mostra Londinium 2012, un’esposizione la cui inaugurazione è prevista in concomitanza con la prossima apertura dei Giochi olimpici, in cui ai giovani consulenti sarà affidata la rivisitazione di spazi importanti del Museo di Londra, compresa la Galleria di Antichità romane. Secondo gli stessi giovani di Junction, i musei sono spazi in cui si possono cambiare gli stereotipi, ci si può mettere in discussione e si può anche sperimentare. Ecco, allora, come è nata l’idea semplice e, nello stesso tempo, molto intuitiva, che è alla base di Londinium 2012: individuare il significato che ogni oggetto aveva nella società romana cercando di capire se questo, oggi, avrebbe una qualche importanza anche nella vita di un giovane londinese moderno. I musei, infatti, secondo i ragazzi, dovrebbero preoccuparsi non solo del passato ma anche di ciò che sta succedendo ora, cercando di capire quali sono gli argomenti cui i giovani sono realmente interessati. Non ci può essere niente di appassionante da apprendere dal passato se questo non ha nulla a che fare con il nostro presente. Se i musei si sintonizzassero maggiormente sui problemi della società moderna, la gente potrebbe trovare nuove chiavi di lettura per capire il mondo che li circonda. Londinium 2012, per esempio, include alcuni filmati realizzati dai giovani che hanno cercato di capire l'importanza dell’anfiteatro dell’antica Londra e attraverso ciò hanno sviluppato delle riflessioni sulla violenza. Rintracciando le forme di violenza nella cultura romana, i giovani hanno così parlato anche della violenza che essi stessi sperimentano, oggi, nei loro quartieri. Ma i giovani non si sono limitati a mostrare con molta chiarezza il loro modo di concepire il museo, hanno anche fatto conoscere le loro esigenze con altrettanta concretezza: - «c’è un maggiore incentivo a vivere un’esperienza in un museo se non ci sono costi. Le spese per uscire a divertirci sono già abbastanza. Alla fine, se dobbiamo decidere se andare a una mostra o andare a prendere un caffè con un amico, che cosa saremo più propensi a scegliere?». Anche questo è un aspetto importante di cui tenere conto, senza scandalizzarsi se i giovani, posti di fronte a una scelta di questo tipo, probabilmente non preferiranno il museo.

Patrimonio museale da valorizzare

di Antonello Cherchi

tratto da Il Sole 24Ore


Non sarà il 70% rispetto a quello mondiale – dato mai verificato, ma che continua a essere citato – ma di certo l'Italia è tra i Paesi più ricchi di beni storici e artistici. A questa ricchezza non corrisponde, però, la capacità di metterla a frutto, di – ormai si può dirlo tranquillamente senza incorrere nelle ire dei puristi, perché la questione è stata ampiamente sdoganata – produrre reddito.
Ma è una questione più ampia, decisiva, strategica: proprio com'è auspicata nei cinque punti per una "costituente" che riattivi il circolo virtuoso tra conoscenza, ricerca, arte, tutela e occupazione, lanciata dalla Domenica del Sole 24 Ore.
Che abbiamo tesori straordinari nei nostri territori – poco valorizzati - è indubbio. Basta consultare lo studio predisposto da Banca Intesa e università Bocconi, presentato lo scorso autunno e da cui si evince che il fatturato commerciale dei luoghi d'arte italiani vale quello di un solo grande museo Usa. Tradotto in cifre: negli ultimi anni i musei statali nostrani hanno incassato dai servizi aggiuntivi (ristorazione, bookshop, merchandising, strutture di accoglienza) 40 milioni, quanto è riuscito a fatturare da solo il MoMa, quasi la metà di quanto guadagnato dall'altro grande museo di New York, il Metropolitan (72 milioni di euro), e un terzo dei soldi prodotti dallo Smithsonian di Washington (132 milioni).
E non è un problema di visitatori, perché i musei d'oltreoceano raggiungono quelle cifre con numeri assai minori, anche perché relativi a una sola struttura. La questione è che i 5 milioni di visitatori del British museum non "valgono" le stesse presenze del Colosseo, perché a Londra a fine anno si ritrovano con in cassa 21 milioni provenienti dai servizi collaterali, mentre a Roma ne contano solo 6.
È ovvio che la spesa pro-capite dei turisti sia più bassa nei musei italiani rispetto a quanto avviene nei grandi luoghi d'arte stranieri. Ma perché? Uno dei motivi è – come spiega sempre il rapporto di Banca Intesa – di natura strutturale: da una ricerca su 128 musei statunitensi si capisce che la superficie media dei punti vendita è di 145 metri quadrati, mentre in Italia non arriva a 45. È, ovviamente, soltanto un aspetto del divario che ci separa dal resto del mondo. Ma esemplificativo, perché vuol dire che dalle altre parti sulle attività di contorno, in grado (insieme alla vendita dei biglietti) di produrre reddito, ci hanno creduto e investito. Senza nessuna pretesa – elemento anche questo ormai consolidato – di voler finanziare per intero le attività culturali, perché nessun museo riuscirà mai a camminare sulle proprie gambe. Occorrerà sempre un'iniezione di risorse esterne, siano esse di provenienza statale o privata.

Campagna per la presenza dei musei italiani nei social networks.

di Caterina Pisu



Partendo da una ricerca statistica condotta da Jim Richardson (@ sumojim) su Google Docs, Sean Redmond (Litot-es) ha tratto un elenco di musei di tutto il mondo che utilizzano tre importanti social network, Facebook, Twitter e Klout. Ne risulta che tra i primi dodici musei più attivi in rete, ci sono i seguenti:

  1. MoMA The Museum of Modern Art 
  2. The Metropolitan Museum of Art, New York 
  3. Musée du Louvre 
  4. Tate 
  5. Solomon R. Guggenheim Museuem 
  6. Saatchi Gallery 
  7. Centre Pompidou 
  8. Moca Taipei 
  9. British Museum 
  10. MoMA PS1 
  11. Design Museum 
  12. Museo Nacional del Prado


Per i dati rimando a Litot-es. Notiamo che fra i primi 50 non ci sono musei italiani. Bisogna arrivare all'85° posto per trovare Musei in Comune di Roma. E' evidente, quindi, che i musei italiani non utilizzano ancora tutte le potenzialità offerte dai social network e che gli utenti che seguono e partecipano attivamente alla vita dei musei attraverso questi strumenti di comunicazione, sono pochi. E' necessario, allora, da una parte promuovere la presenza dei musei italiani sui social network e, dall'altra, coinvolgere più pubblico possibile, diversificato per età, grado di istruzione, sesso, interessi specifici. Si tratta di un impegno doveroso per essere al passo con i tempi e con il resto del mondo. L'uso dei social network sta cambiando modi e funzioni della comunicazione museale e sta creando nuovi stimoli di ricerca e di studio anche nel campo della museologia. E' importante, allora, dare inizio ad una vera e propria campagna di sensibilizzazione all'uso dei social network da parte dei musei. 
Tali considerazioni hanno spinto l'Associazione Nazionale Piccoli Musei (www.piccolimusei.com) a promuovere una ricerca a livello nazionale che si svolgerà attraverso queste fasi:

  • creazione di un questionario (http://www.scribd.com/doc/96031044/Questionario-musei)
  • invio del questionario ad un campione di musei italiani
  • analisi dei dati raccolti
  • pubblicazione in rete dei risultati
  • presentazione dei risultati durante il 3° Convegno Nazionale dei Piccoli Musei (Amalfi, 5-6 novembre 2012)

La ricerca ha lo scopo non solo di raccogliere dei dati sulla presenza dei musei italiani nei social network, ma anche quello di dare impulso alla presenza dei musei italiani in rete, in particolare dei piccoli musei o dei musei locali in genere.

CALL FOR ENTRIES FOR EMYA 2013







European Museum Forum opens call for Applications for the 2013 European Museum of the Year Award and the Council of Europe Museum Prize.
The EMYA goes to a museum which contributes most directly to attracting audiences and satisfying its visitors with unique atmosphere, imaginative interpretation and presentation, a creative approach to education and social responsibility. 
The EMYA Judging Panel is looking for enterprise and innovation that enhances the public quality of the museum. The judges seek to identify new developments which are likely to have a significant influence in the national and international museum field.



The EMYA 2013 Application Form should be submitted no later than 31 May 2012.

European Museum Forum apre il bando per il premio European Museum of the Year Award – EMYA 2013. 

Il premio EMYA andrà al museo che avrà ottenuto un maggior riscontro tra i visitatori sia per l'originalità, la bellezza e la comprensibilità delle proprie collezioni, sia per la responsabilità educativa e sociale dimostrata.
La scadenza è il 31 maggio 2012. Questi i documenti da scaricare per partecipare alla selezione: 


Cattive notizie dall'Uganda

di Caterina Pisu

Mi sono appena giunte cattive notizie dall'Uganda, riguardo il caso del rischio di abbattimento dell'unico Museo Nazionale del paese, situato a Kampala, a causa di un'incomprensibile decisione del governo ugandese (su questo blog potete trovare altri articoli). Questa è la lettera che mi è giunta dal Dott. Ellady Muyambi, Executive Director dell'Historic Resources Conservation Initiatives (HRCI):


Dear Caterina,
Just as I had earlier predicted in my last e-mail where I updated you on the Uganda National Museum court case, I do hereby extend to you sad news that the same case has been dismissed. The case has been dismissed on a technical ground that our lawyer did not issue a statutory notice to the government before filing the case. Our lawyer tried to raise some exceptions over this issue but it seems it could not help. He was suggesting of appealing but we believe this may not help us. We are looking at options of filling the case a fresh. We will meet him tomorrow to discuss the way forward.
Best regards,
Ellady Muyambi

Speriamo che si possa trovare presto un'altra soluzione ma a mio parere ci sarebbe bisogno di un maggior supporto internazionale.

Io adotto un museo!

di Caterina Pisu 

Jenni Fuchs


Vorrei presentare l'idea di un blog, denominato Museum140, che sta proponendo molti progetti interessanti sui musei e il settore dei beni culturali, basati sui social media. 
L'idea che è stata lanciata dalla scozzese Jenni Fuchs (museologa professionista, appassionata di media e fotografa dilettante recentemente trasferitasi da Edimburgo a Berlino) si chiama "Adotta un museo". Il nome potrebbe far pensare ad una campagna di adozione finalizzata alla raccolta di fondi o qualcosa di simile. Niente di tutto ciò. In questo caso, nessun esborso, nessun tipo di sponsor.
Solitamente - ha notato l'ideatrice del blog - su internet circolano molte "classifiche" di musei: i più interessanti, i più visitati, i più attivi, ecc. ecc., ma si tratta quasi sempre dei "soliti noti". Di tanti bellissimi ma poco pubblicizzati musei, invece, nessuno ne parla. Jenni Fuchs li definisce "gli eroi non celebrati del mondo dei musei".

L'iniziativa Adotta un Museo consiste, quindi, nell'invitare la gente ad "adottare" un museo, cioè a farlo conoscere affinché altri desiderino visitarlo. Ogni settimana, il blog Adopt-a-Museum presenta una nuova "adozione" proposta dai lettori. L'importante è che la candidatura del museo non sia avanzata da chi ci lavora e che il museo sia stato realmente visitato almeno una volta. I lettori, perciò, rispondono ad un breve questionario che viene inviato loro dagli amministratori del blog ed esprimono liberamente la loro impressione sul museo.  
Un'idea semplice ma molto utile. Sto pensando di proporla anche nel mio blog!

Un manifesto dei musei del premio nobel turco Orhan Pamuk: più piccoli e più umani


I grandi musei non rappresentano i singoli individui. I musei dovrebbero diventare sempre più piccoli e locali.

Riporto, di seguito, il pensiero dello scrittore turco, premio Nobel per la letteratura nel 2006 e fondatore del Museo dell’Innocenza, a Istanbul.

Orhan Pamuk


Amo i musei, e non sono l'unico a pensare che ogni giorno che passa mi fanno più felice. Io prendo i musei sul serio e questo a volte mi porta ad arrabbiarmi, ma io non sono una persona che può parlare con rabbia. Quando ero un bambino, a Istanbul, c’erano pochissimi musei: c’erano monumenti storici che si erano conservati oppure, cosa che è abbastanza rara al di fuori del mondo occidentale, musei che avevano un aspetto da uffici governativi. Più tardi, i piccoli musei che ho incontrato nelle strade delle città europee mi hanno portato a rendermi conto che (così come i romanzi) i musei possono anche parlare delle persone. Questo non significa sminuire l'importanza del Louvre, del Metropolitan, del Palazzo Topkapi, del British Museum o del Prado, che sono tutti veri tesori della specie umana. Ma io sono contro il fatto che queste preziose istituzioni monumentali siano utilizzate come modelli per costruire i futuri musei. I musei devono esplorare e scoprire l'universo ma anche l’uomo nuovo e moderno che emerge soprattutto dalle nazioni non-occidentali, sempre più ricche.
Lo scopo delle grandi sponsorizzazioni degli Stati ai musei, invece, è ottenere la rappresentazione dello stesso Stato. Questo obiettivo non è né buono né innocente. 

Vorrei delineare, ora, i miei pensieri al riguardo in maniera ordinata:

1 I grandi musei nazionali come il Louvre e il Museo dell'Ermitage hanno preso forma e si sono votati a finalità essenzialmente turistiche, quando i palazzi reali e imperiali sono stati aperti al pubblico. Queste istituzioni, ora simboli nazionali, presentano la storia di una nazione (cioè la storia) come qualcosa di molto più importante degli stessi individui. Questo è un peccato: le storie delle persone esprimono molto più profondamente la nostra umanità.

2. È facile vedere che la transizione dal palazzo d'epoca al museo nazionale è un processo parallelo a quello dalla narrazione epica al romanzo. L'epica è paragonabile ai palazzi e parla delle gesta eroiche degli antichi re. I musei nazionali, allora, dovrebbero essere come i romanzi, ma non lo sono.

3. Siamo stanchi di musei che cercano di assemblare le narrazioni storiche di una società, di una comunità, di una squadra, di una nazione, di popoli, società o specie. Sappiamo tutti che le storie di vita quotidiana e quelle ordinarie degli individui, sono più ricche, più umane e molto più gioiose rispetto alle storie delle grandi culture.

4 Dimostrare la ricchezza della storia e della cultura cinese o indiana o messicana o iraniana o turca, non è un problema; è necessario farlo, naturalmente, ma non è una cosa difficile da fare. La vera sfida consiste nell'utilizzare i musei per raccontare le storie dei singoli esseri umani che vivono in quei paesi con la stessa luminosità, profondità e intensità.

5. La misura del successo di un museo non dovrebbe essere la sua capacità di rappresentare uno stato, una nazione, una società o un determinato periodo storico. Dovrebbe essere, piuttosto, la sua capacità di rivelare l'umanità degli individui.

6 E’ un imperativo che i musei divengano più piccoli, più individualisti e meno costosi. Questo è l'unico modo che un giorno ci permetterà di raccontare storie a misura d’uomo. I grandi musei, con le porte ad ala di gabbiano, si dimenticano della nostra umanità per abbracciare, invece, lo Stato e accomunare tutti gli uomini in una massa umana indistinta. Ecco perché milioni di persone, al di fuori del mondo occidentale, hanno paura di entrare nei musei.

7. L'obiettivo dei musei presenti e futuri non dovrebbe essere quello di rappresentare lo Stato, ma quello di ricreare il passato dei singoli esseri umani; gli stessi esseri umani che hanno lottato sotto un’oppressione implacabile per centinaia di anni.

8. Le risorse destinate alla creazione di musei monumentali e simbolici dovrebbero essere piuttosto destinati a musei più piccoli che raccontano la storia degli individui. Quelle risorse dovrebbero essere dedicate anche a incoraggiare e sostenere le persone in modo che esse convertano le loro piccole case in spazi espositivi.

9. Se gli oggetti non vengono sradicati dai loro ambienti e dalle loro strade, ma sono collocati con cura e ingegnosità nella propria casa naturale, essi stanno già esprimendo le proprie storie.

10 Gli edifici monumentali che dominano la città e i quartieri non mettono in evidenza la nostra umanità; al contrario, la soffocano. È più umano essere in grado di immaginare modesti musei che trasformino i quartieri, le strade, le case e i negozi intorno, in elementi che fanno parte di una esposizione.

11. Il futuro dei musei è dentro le nostre case.

Il quadro, in realtà, è semplice:

Epica/Romanzo
Rappresentazione/Espressione
Monumenti/Case
Storia/storie
Nazioni/Persone
Gruppi,società/individui
Grande e costoso/Piccolo ed economico

(traduzione di C. Pisu)

Il museo di Istanbul com'era

Apre il Museo dell'Innocenza del premio Nobel Orhan Pamuk

di Marta Ottaviani

Cari Lettori eccoci qui

La notizia è che Istanbul da sabato ha un nuovo museo in più e per giunta unico al mondo nel suo genere. Si tratta del “Museo dell’Innocenza”, pensato e voluto fortemente dal premio Nobel per la Letteratura, Orhan Pamuk, che lo ha presentato personalmente alla stampa.
Il museo è ispirato all’omonimo romanzo del Nobel, pubblicato in Italia nel 2008, anzi, in un certo senso è proprio la sua incarnazione. Il libro parla della storia d’amore infelice fra Kemal e Fusun, sulla sfondo di una Turchia fra gli anni 50 e 90. Una storia fatta di dolore, gioia e forte erotismo. Nel romanzo, lo scrittore descrive con attenzione gli oggetti che fanno parte della vita quotidiana dei due protagonisti. La sede espositiva li racchiude tutti, inclusi I 4123 mozziconi di sigaretta che Fusun si fuma durante il racconto, dalle scarpe gialle della fanciulla, allo spazzolino da denti di Kemal. Il tutto ovviamente accompagnato da foto d’epoca di Istanbul e da contributi audiovideo.
Il Museo si trova nel quartiere di Cukurcuma, nella parte europea, non lontano dal Bosforo e che da anni è meta di una traformazione continua, che l’ha fatto passare da luogo popolare a zona glamour, abitata da stranieri e nella quale sono sorte anche alcune gallerie d’arte. “Quando ho comprato il palazzo dove sorge il Museo – ha spiegato Pamuk alla stampa – era il 1998 e il quartiere era molto diverso da oggi. Era un posto più popolare e somigliava molto alla Istanbul degli anni ‘60”.
La sede espositiva, che è stata ristrutturata e adattata seguendo le indicazioni fornite dallo stesso scrittore, è formata da tre piani, in cui sono contenuti 83 box e vetrine, tanti quanti I capitoli del libro. All’ultimo piano è riprodotta la stanza del protagonista maschile, Kemal e alcune pagine dal manoscritto originale del libro, iniziato da Pamuk a New-York nel marzo 2002.
“Ho scelto personalmente tutti gli oggetti – spiega ancora Pamuk -. Ci sono voluti anni per collezionarli e in alcuni casi mi ha aiutato anche la popolazione del quartiere, che ha accolto molto bene l’arrivo del museo e hanno seguito tutte le sue fasi con grande curiosità”. Gli oggetti sono stati poi ordinati nelle vetrine con l’aiuto di amici, architetti e artisti e per lo scrittore è stata la parte più dura ma anche bella del lavoro.
Dagli anni ’90, ossia dall’acquisto dell’immobile, l’autore è riuscito a lavorarci solo a fasi alterne, per poi concentrarvisi dopo il 2008, dopo l’uscita del romanzo omonino. “Mi sarebbe piaciuto aprire il Museo all’uscita del romanzo, ma quello era veramente troppo ambizioso” continua lo scrittore, che ha anche chiarito la fine della collaborazione con il Comune di Istanbul, che avrebbe voluto l’apertura del Museo per il 2010, anno in cui la megapoli sul Bosforo è stata Capitale Europea della Cultura. “Non volevo che l’apertura del Museo venisse politicizzata, abbiamo restituito tutti I fondi fino all’ultimo”.
E finalmente eccolo qui, il Museo dell’Innocenza, che parla di una storia d’amore infelice e della vita quotidiana di una famiglia turca altoborghese. Ma anche di una città, Istanbul, cambiata vorticosamente nel corso degli anni. Manca solo una cosa, nell’esposizione: la foto dei protagonisti.

“Non le ho messe volutamente – conclude il Nobel – nemmeno sulla copertina del libro. Penso sia giusto lasciare I loro volti all’immaginazione dei lettori”.

Vi devo dire: il museo è delizioso, merita una visita soprattutto per chi vuole cercare di immaginarsi o ritrovare la vita quotidiana a Istanbul qualche decennio fa, prima che la città cominciasse a cambiare. Pamuk mi è apparso sereno e rilassato. Aveva veramente solo voglia di parlare del suo museo e della sua Istanbul. Tuttavia a una domanda sul giornalista, ha dato anche una sua valutazione sulla situazione turca attuale. La parte positiva è che i militari non sono più al potere e che siano stati avviati procedimenti giudiziari che possano finalmente avviare il Paese a chiudere questa pagina dolorosa. Però nello stesso tempo Pamuk ha auspicato che l'attuale governo non mostri atteggiamenti autoritari, non nascondendo la sua preoccupazione per come sta venendo gestita la questione curda e i giornalisti in carcere. Ma questa è stata solo una breve parentesi. Lo stesso scrittore ha detto di non voler vedere politicizzata l'apertura del museo.

Ps. Per chi non ha letto il libro, una buona notizia: Pamuk in persona ha infatti detto che chi lo visitava senza avere letto il testo prima arrivava alla fine del percorso espositivo con maggiore curiosità.

Tratto da: La Stampa.it

Le nuove aspettative dei piccoli musei





L’Associazione Nazionale Piccoli Musei (APM) ha in preparazione, il 5-6 novembre 2012, ad Amalfi (SA), il Terzo Convegno Nazionale dei Piccoli Musei, un incontro tra professionisti del settore museale, amministratori locali e studiosi, che ha come oggetto l’individuazione di modelli di gestione e la formulazione di una “filosofia” specifica, più conforme alla natura e alle esigenze dei piccoli musei locali, dei loro pubblici e delle loro comunità di appartenenza. Nata in tempi recenti, l’APM, che ha già organizzato altri due convegni negli anni scorsi (a Villanova di Castenaso, in provincia di Bologna, nel 2010, e a Battaglia Terme, in provincia di Padova, nel 2011), si prefigge, nel concreto, di valorizzare le specificità dei piccoli musei incoraggiando un forte legame con i territori e, soprattutto, una particolare cura nel rendere la visita ai musei un momento di conoscenza ma anche di ristoro e di incontro con le tradizioni, la storia e la creatività locale. Rispetto ai grandi musei, infatti, i piccoli musei locali hanno la grande opportunità di poter dedicare tempo e attenzione ad ogni singolo visitatore, rendendo la visita un’esperienza unica. Tutto ciò deve realizzarsi, naturalmente, nell’ambito di un servizio altamente professionale, svolto da personale specializzato, come caldamente raccomandato dall’APM. Confrontando un piccolo con un grande museo, pertanto, non è la qualità del progetto museale o dei servizi offerti che cambia ma le modalità con cui ciò viene attuato. Giancarlo Dall’Ara, fondatore e presidente dell’APM, docente di marketing del turismo presso il Centro Italiano di Studi Superiori sul Turismo e sulla Promozione Turistica (CST) di Assisi, definisce questa nuova prassi, la “filosofia dell’accoglienza”. E’ necessario che i piccoli musei non abbiano più i grandi musei come modelli di riferimento e si liberino, pertanto, di ogni complesso di inferiorità, coinvolgendo le amministrazioni che hanno il potere decisionale affinché si comprenda che i musei rappresentano una leva importante anche nel meccanismo di riqualificazione economica dei territori. Secondo Dall’Ara, «i piccoli musei non sono e non vanno visti come una versione ridotta dei grandi e, anzi, proprio l’idea che i “piccoli” siano dei “grandi incompiuti” è il peccato originale che ha impedito a molti di loro di riuscire ad avere un legame più forte con il territorio di appartenenza, di sviluppare un maggior numero di visitatori e, in ultima analisi, di poter svolgere il proprio ruolo». Nel quadro di rinnovamento della visione di sé che i piccoli musei dovranno acquisire, la comunità di appartenenza avrà un ruolo fondamentale e dovrà essere l’oggetto primario degli interessi e delle funzioni del museo. L’organizzazione dei servizi, pertanto, dovrà riservare alla comunità una porta di accesso privilegiata (G. Dall'Ara), diversa da quella principale, doverosamente gratuita per i residenti, e dovrà curare attività specifiche espressamente dedicate ai locali, che siano ispirate dalla cultura e dalle tradizioni del luogo, rappresentando, nel contempo, le aspirazioni future della collettività.
Il prossimo 3° Convegno Nazionale sarà l’occasione per approfondire questi temi e per illustrare casi studio o esperienze locali particolarmente significative. Il programma prevede tre sessioni:

1. Piccoli Musei e Turismo;
2. Esperienze e buone prassi gestionali e di didattica museale;
3. I Musei fuori dai Musei. Esperienze di Rete tra Piccoli Musei e fonti di finanziamento.

I CARABINIERI RECUPERANO AL PATRIMONIO CULTURALE ITALIANO 7 OPERE D’ARTE


__

Washington, USA

Il 26 aprile 2012, alle ore 12.00, locali, presso l’ambasciata italiana a Washington (USA), alla presenza dell’On. Janet Napolitano, ministro dell’Interno USA (Secretary Homeland Security), dell’ambasciatore italiano, dott. Claudio Bisognero, del direttore dell’ICE (Immigration and Customs Enforcement), Mr. John Morton e della stampa italiana ed internazionale, è avvenuta la riconsegna da parte degli Stati Uniti d’America allo Stato italiano, nelle mani del Gen. B. Pasquale Muggeo, C.te del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di sette opere d’arte.
Tutti i beni restituiti quest’oggi erano stati sequestrati e confiscati nel corso di complesse attività investigative condotte dal Comando Carabinieri TPC in stretta collaborazione con l’ICE, poiché giunti illegalmente negli USA con falsa documentazione. L’odierno risultato è il frutto dei proficui e stretti rapporti di cooperazione tra il Comando CC TPC e le Autorità statunitensi.

Nella predetta circostanza sono stati restituiti:
  • un dipinto ad olio su rame, intitolato Leda ed il cigno, del XVI secolo attribuito all’artista Lelio Orsi. L’opera, uscita illegalmente dall’Italia nel 2008, era stata posta all’incanto presso una nota casa d’asta americana per la somma di circa un milione e mezzo di dollari. Le indagini del Comando, avviate già nel 2006, avevano permesso di individuare e disarticolare un sodalizio criminale transnazionale composto da 12 persone;
  • tre pagine miniate su carta pergamenata del 1400 e 1500, trafugate, dalla Chiesa di San Paolo di Pistoia nel 1990 e dall’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore di Asciano (SI) nel 1975. Tutti e tre i capolavori erano stati individuati nell’ambito di controlli eseguiti sulla commercializzazione online e mediante riscontri fotografici comparativi eseguiti nella Banca Dati delle opere d’arte illecitamente sottratte, gestita dal Comando CC TPC.
  • un’erma in marmo gianiforme (Giano bifronte) del I sec. d.C., illecitamente scavata in Italia ed indebitamente esportata all’estero. Il reperto era stato messo all’asta a New York l’11 dicembre 2009 da un cittadino canadese per 20mila dollari. L’opera è stata localizzata in seguito ai riscontri effettuati con la Banca Dati delle opere illecitamente sottratte correlati alle risultanze di altre investigazioni.
  • una pelike attica a figure rosse ed una situla apula, rispettivamente del V e del IV sec a.C., anch’esse illecitamente sottratte al patrimonio storico-artistico italiano, poste in vendita all’asta a NewYork il 3 giugno 2009 e ritrovate in forza di puntuali controlli incrociati fra Banca Dati ed altre indagini in corso.
Comunicato Stampa del Ministero per i Beni e le Attività culturali, 27 aprile 2012

Il caso dell’Art Institute of Chicago: fuori tutti i volontari bianchi dal museo

Fonte dell'immagine: The Federalist Negli Stati Uniti, presso l’Art Institute of Chicago (AIC) si è aperto un caso che potrebbe essere d...