Visualizzazione post con etichetta Ellady Muyambi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Ellady Muyambi. Mostra tutti i post

Davide contro Golia

Continua la guerra per salvare il Museo Nazionale dell'Uganda

( ENGLISH TRANSLATION AT THE BOTTOM OF THIS PAGE)

Attraverso questo blog abbiamo dato voce varie volte alla causa di Ellady Muyambi, il direttore esecutivo dell’Historic Resources Conservation Initiative (HRCI) che ormai ben conosciamo, che sta cercando di salvare il Museo Nazionale dell'Uganda dalla demolizione decisa dal Governo ugandese. Oggi ho ricevuto da lui un'e-mail cui ha allegato un interessante articolo del giornale ugandese The Observer, firmato da Edris Kiggundu. Lo pubblico con piacere nel mio blog, augurando a Ellady Muyambi di vincere la sua battaglia che non è soltanto una questione di principio ma è una vera e propria azione di coraggio anche contro la corruzione e lo strapotere politico che, purtroppo, non è soltanto una questione ugandese. Spero che anche i lettori di questo blog vogliano supportare questa causa nel modo migliore, cioè facendola conoscere il più possibile. Grazie fin d'ora per quanto vorrete fare.

Caterina Pisu 


Infuria la guerra sul Museo dell’Uganda


di  Edris Kiggundu

tratto da The Observer 

L'annuncio del governo ugandese, il gennaio dello scorso anno, di demolire l’unico Museo Nazionale dell’Uganda per dare il via alla costruzione di un centro commerciale di 60 piani, ha comprensibilmente causato scalpore.
Attivisti culturali, politici e molta gente comune si sono opposti strenuamente al progetto governativo ed il governo è stato addirittura portato in tribunale. Sedici mesi dopo, la battaglia infuria ancora ma come andrà a finire? Edris Kiggundu analizza gli argomenti pro e contro la demolizione della storica struttura museale. 

Circa un metro e cinquantasette di altezza, Ellady Muyambi non incarna le sembianze di qualcuno che può sostenere una lotta. Tuttavia, una sera, davanti a una bottiglia di soda e tirando un pugno al suo portatile, l'attivista per i diritti culturali dai grandi occhi, era in agitazione.
"Non possiamo permettere che ciò accada. Che cosa diremo ai nostri figli e nipoti?" così rispondeva Muyambi, interrogato in relazione all'imminente demolizione del Museo Nazionale dell’Uganda per fare posto al grattacielo dell’East Africa Trade Centre.
Muyambi è il direttore esecutivo dell’Historic Resources Conservation Initiative (HRCI), un'organizzazione civile che ha come finalità la conservazione della cultura e della natura. E non è un caso che il nostro incontro si svolga presso il Museo dell’Uganda, un luogo che è diventato una sorta di seconda casa per lui.
Lavorando a stretto contatto con altre organizzazioni come la Cross Cultural Foundation of Uganda (CCFU), l’Historic Building Conservation Trust (HBCT) e persone illustri come il giudice della Corte Suprema in pensione, il giudice George Kanyeihamba, Muyambi ha letteralmente messo in gioco la sua vita per salvare il museo.
Questo ha ottenuto a lui e alle altre organizzazioni coinvolte nella causa, il supporto mediatico nazionale e internazionale. I loro sforzi hanno anche catturato l'attenzione della United Nations Educational, Scientific and Cultural Organisation (UNESCO), l'organismo delle Nazioni Unite che sovrintende il patrimonio culturale. Nel mese di aprile 2011, quando la campagna aveva acquistato slancio, Francesco Bandarin, Assistant Director-General for Culture presso l'UNESCO, ha scritto a Kahinda Otafiire, attuale ministro ugandese del Turismo, Commercio e Industria, chiedendo al governo di abbandonare il progetto di demolizione del museo e di trovare alternative per costruire altrove.
"Come sapete, il Museo Nazionale dell’Uganda è il museo più grande e più antico del Paese. Le sue mostre sulla cultura tradizionale, l’archeologia, la storia, la scienza e la natura, sono tra le più importanti in Africa Orientale... Alla luce di tali considerazioni, vi saremmo grati se poteste farci conoscere la posizione ufficiale del vostro governo per quanto riguarda la sorte del Museo Nazionale dell’Uganda", così ha scritto Bandarin il 15 aprile 2011.
Allo stesso modo, l'anno scorso, Merrick Posnansky, che è stato curatore del museo tra il 1958 e il 1962, ha scritto sul The Independent, una rivista settimanale ugandese, che trasferire il contenuto del museo in modo sicuro sarebbe un’impresa difficile.
"Ho visto altri musei limitati dai piani di un edificio multipiano: in genere non funzionano. Un museo ha bisogno di varie sale per mostre diverse; due piani ne limiterebbero i movimenti” ha scritto Posnansky.
Ma la loro lotta resta disseminata di sfide che si alternano a battute d'arresto non facili da superare. Ad esempio, nell'aprile di quest'anno, Muyambi e la sua organizzazione hanno subito un duro colpo quando la Corte ha respinto, per motivi tecnici, le motivazioni della causa intentata contro la demolizione. A quanto pare, durante la presentazione del caso, i loro avvocati non avevano inoltrato una notifica al governo, come richiesto in questi casi. Ma gli attivisti non si sono scoraggiati.
Nel mese di giugno, hanno presentato un ricorso presso la Corte di Appello e l’udienza si svolgerà in tempi brevi.
"Il Museo Nazionale dell’Uganda è un istituto storico che dovrebbe stare da solo, in un suo spazio, e la distruzione è un crimine culturale che equivale a distruggere l'anima stessa dell’Uganda", ha detto la settimana scorsa Muyambi.
Il Governo continua ad inviare segnali contrastanti sulla sua intenzione di demolire o no il museo. Quando gli attivisti hanno citato in giudizio il governo, l'anno scorso, il vicesegretario presso il Ministero del Turismo, James Byenjeru, ha dichiarato che il centro commerciale dovrebbe essere costruito “vicino” e non al posto del museo.
"So che il governo intende costruire l’East Africa Trade Centre accanto all’edificio che ospita il museo e, pertanto, non ha intenzione di demolire il museo", ha detto Byenjeru.
Successivamente, il governo ha detto che il museo sarebbe stato trasferito e avrebbe occupato due piani del centro commerciale, precisando: questo spazio è pari a 6.000 metri quadrati, dieci volte più grande dello spazio che occupa attualmente (600 metri quadrati). Più tardi, Otafiire ha annullato tutto questo quando ha detto al Parlamento che il museo "must go", definendo "arretrati" quelli che si oppongono alla sua demolizione. 

Patrimonio culturale 

Il Museo Nazionale dell’Uganda, che occupa 3.359 ettari (circa 13 ettari), situati sul Plot 5, strada Kira in Kamwokya, ha un disperato bisogno di un lifting. Sebbene sia evidente che l'esterno ha recentemente avuto una mano di vernice, un certo numero di problemi devono ancora essere risolti. Per esempio, le panchine del giardino sono fatiscenti, mentre il parcheggio deve essere ampliato e ripavimentato.
Il museo è stato fondato nel 1908 ed espone manufatti della cultura tradizionale, di archeologia, storia e scienza. Ha varie sezioni interessanti piene di artefatti che animano i diversi aspetti storici della società ugandese. Per esempio, nella sezione “Età della Pietra”, si è in grado di osservare gli strumenti utilizzati dagli uomini dell'età della pietra. Questi strumenti includono pietre, ossa e legno utilizzati per il taglio, la rottamazione e la scheggiatura, e si mostra come si sono evoluti fino agli strumenti moderni che utilizzano gli ugandesi oggi, o che hanno utilizzato nel recente passato.
E’ possibile anche vedere l’evoluzione umana dalla preistoria, cominciando dalle scimmie fino agli esseri umani. La storia è raccontata con immagini, reperti, teschi e ossa che illustrano la storia che si impara a scuola e che così sembra più reale.
Il passato multiculturale e colorato dell’Uganda diventa vivo, così, come se si partecipasse a un viaggio. La sezione sulla Storia e l'età del Ferro descrive i modi tradizionali di vita durante i diversi regni, delle tribù e delle comunità ugandesi. Qui sono esposti suggestivi abiti tradizionali (per lo più confezionati con corteccia e pelle di animale), e si possono vedere le attività di caccia, la storia dei trasporti, la pesca, l’agricoltura, la guerra, la religione, ed anche come i nostri antenati passavano il loro tempo libero (ricreazione tradizionale).
Di notevole interesse è la vetrina che descrive come era amministrata la giustizia in Uganda molti anni fa. Senza codice penale, forze di polizia o dipartimenti investigativi, così come si usa oggi, come si poteva dimostrare chi aveva commesso un crimine e quale pena infliggere? Si viene a sapere che il Madi e il Lugbara erano vasi divini utilizzati per valutare l'innocenza degli imputati.
Tuttavia, nonostante il valore di questo ricco patrimonio culturale, il governo ritiene che il museo sia diventato un peso, non essendo riuscito a generare un fatturato significativo. Un centro commerciale nello stesso luogo, per il Governo, sarebbe molto meglio. Ma il Governo deve anche prendersi parte della colpa, dopo aver costantemente sottofinanziato il museo. Ad esempio, per l'esercizio finanziario 2011/12, sono stati assegnati soli 50 milioni di scellini ugandesi, soldi che certamente non sono sufficienti per soddisfarne le esigenze.
Nel corso degli anni, la gestione del museo ha cercato di trovare dei modi innovativi per aggirare la crisi del finanziamento. Ha, per esempio, concesso in leasing una parte della sua area all’Uganda Wildlife Authority, che ha istituito degli uffici gli sviluppatori privati ​​come il ristorante Ibamba. Tuttavia, le fonti ci hanno detto che il museo non ha alcun controllo diretto sulle risorse generate da queste iniziative.
Per quanto riguarda la gestione delle tariffe ai fini di un aumento delle entrate, fino all'inizio degli anni 2000, gli ugandesi in visita al museo non pagavano nulla, mentre oggi gli adulti pagano Shs 1000 per entrare e i bambini, Shs 500. Il biglietto per gli stranieri è di Shs 3000 per gli adulti e di SHS 1500 per i bambini. I visitatori che hanno fotocamere e videocamere pagano rispettivamente ulteriori SHS 5.000 e 20.000. 

Una causa persa? 

Tuttavia alcuni analisti ritengono che laddove un governo ignora il pubblico sentimento e, in particolare, trattandosi di demolizione di una proprietà pubblica, gli attivisti culturali stanno combattendo una causa persa. Nel 2006, per esempio, il governo ha dato l'assenso alla demolizione della Shimoni Demonstration School per lasciare spazio alla costruzione di un albergo, nonostante le proteste provenienti da varie parti della comunità ugandese.
Gli attivisti sono consapevoli di questo e, per ora, hanno riposto le loro speranze sul fatto di dover essere ancora ascoltati dalla Corte d'Appello. Il vero spettacolo, dice Muyambi, inizia adesso.


War over Uganda museum rages on


by Edris Kiggundu

The announcement by government in January last year that it would demolish the Uganda museum to give way for the construction of a 60-storey trade centre understandably caused a stir. Cultural activists, politicians and many people bitterly opposed the move and even took government to court. Sixteen months later, the battle still rages on, but how will it end? Edris Kiggundu dissects the arguments for and against the demolition of the historical structure.

At about five feet, seven inches tall, Ellady Muyambi does not cut the figure of someone who can sustain a fight. However, on a recent evening over a bottle of soda and punching away at his laptop, the big-eyed, bubbly-cheeked cultural rights activist appeared to be itching for one.
“We cannot allow this to happen. What will we tell our children and grandchildren?” Muyambi queried, in relation to the impending demolition of the Uganda museum by government to give way for construction of the 60-storey East Africa Trade Centre.
Muyambi is the executive director of Historic Resources Conservation Initiative (HRCI), a civil society organisation concerned with preservation of culture and nature. And it is not a coincidence that our meeting takes place within the precincts of the Uganda museum, a place that has become something of a second home for him.
Working closely with other organisations like Cross Cultural Foundation of Uganda (CCFU), Historic Building Conservation Trust (HBCT) and distinguished people like retired Supreme court Judge, Justice George Kanyeihamba, Muyambi has literally staked his life on saving the museum.
This has earned him and other organisations involved in the cause national and international media coverage. Their efforts have also caught the attention of the United Nations Educational, Scientific and Cultural Organisation (UNESCO), the UN body that oversees cultural heritage, among members. In April 2011 when the campaign had gathered momentum, Francesco Bandarin, the Assistant Director-General for Culture at UNESCO, wrote to Kahinda Otafiire, the minister of Tourism, Trade and Industry at the time, urging the government to abandon the move and find alternative land elsewhere.
“As you are aware, the Uganda National Museum is the largest and oldest museum in the country. Its exhibitions on traditional culture, archeology, history, science and natural history are among the most important in East Africa… In light of the above considerations, we would appreciate it if  you could inform us of the official position of your government regarding the fate of the Uganda National Museum,” Bandarin wrote on April 15, 2011.
Similarly, last year, Merrick Posnansky, who was curator of the museum between 1958 and 1962, wrote in The Independent, a Ugandan weekly news magazine, that it would not be ideal to transfer the contents of the museum safely.
“I have seen museums restricted to floors of a multi-storey building. They do not work. A museum needs different rooms for different exhibitions, two floors would restrict some movement,” Posnansky wrote.
Yet their struggle remains strewn with challenges and setbacks that will not be easy to overcome. For instance, in April this year, Muyambi and company suffered a major blow when the High Court dismissed, on technical grounds, a case they had filed against the demolition. Apparently, while filing the case, their lawyers had not provided a statutory notice to government, as is required in such cases. But the activists are not deterred.
In June, they filed an appeal in the Court of Appeal and hearing is scheduled to start soon.
“The Uganda Museum is a historical piece that should stand alone, and destroying it is a cultural crime which is tantamount to destroying Uganda’s soul,” Muyambi said last week.
Government continues to send mixed signals on whether it will demolish the museum. When the activists sued government last year, the Principal Assistant Secretary in the ministry of Tourism, James Byenjeru told court the trade centre would be constructed ‘near’ the museum.
“I know that the government intends to construct the East African Trade Centre next to the building housing the museum and as such, does not intend to demolish the museum,” Byenjeru said.
Thereafter, the government said the museum would occupy two floors on the trade centre building, saying this space amounted to 6,000 square metres, ten times bigger that the space it currently occupies (600 square metres). Later, Otafiire quashed all this when he told Parliament that the museum “must go”, describing those opposed to its demolition as “backward”.

Cultural heritage 

Indeed, the museum, which occupies 3.359 hectares (approximately 13 acres), located on Plot 5, Kira road in Kamwokya, is in dire need of a facelift. Although it is evident that the exterior recently got a fresh brush of paint, a number of things need to be fixed. For instance, the benches in the garden are dilapidated, while the parking yard needs to be widened and repaved.
The museum was founded in 1908 and has exhibits and artifacts of traditional culture, archeology, history and science. It has various interesting sections riddled with artifacts that bring to life the different historical aspects of our society. For instance, in the Stone Age section, one is able to observe physical tools used by Stone Age people. These tools include stones, bones and wood used for cutting, scrapping and chipping, and how they evolved into the modern tools that Ugandans use today, or used in the recent past.
One is also able to see how we evolved from our ancestors, from the pre-historic period through the history of apes and how they evolved into humans. The story is told by the displayed pictures, as well as real tools and bones or skulls that make the history we learn in school seem more real.
Uganda’s multicultural and colourful past comes alive as one tours the History and Iron Age displays depicting the traditional ways of life in different kingdoms, tribes and communities of Uganda. Here one finds striking displays of traditional clothing (mostly bark cloth and animal skin), headdress, hairdressing, as well as hunting, the history of transportation, fishing, agriculture, war, religion, and how our ancestors spent their free time (traditional recreation).
Also of interest is the display that describes how justice was dispensed in Uganda many years ago. With no penal code, police force or criminal investigations department as they exist today, how did people in earlier days know/prove who had committed which crime and what punishment fitted him/her? One would be able to learn that the Madi and Lugbara used divine pots to assess the innocence of the accused.
However, despite this rich cultural heritage value, government believes that the museum has become a liability, having failed to generate any meaningful revenue. A trade centre in the same place, government feels, would perform much better. Yet government must also take part of the blame, having continually underfunded the museum. For instance, for the 2011/2012 financial year, it was allocated a mere Shs 50 million, money that certainly is not enough to meet its needs.
Over the years, the management of the museum has tried to come up with innovative ways to circumvent the funding crisis. It has, for instance, leased part of its land to the Uganda Wildlife Authority, which has established offices and to private developers like Ibamba restaurant. However, sources told us that the museum has no direct control over the resources generated from these ventures.
Management also introduced entry charges to boost the facility’s income. Until the early 2000s, Ugandans visiting the museum were not charged but, today, adults pay Shs 1,000 to enter and children, Shs 500. The entry fees for foreigners are Shs 3,000 for adults and Shs 1,500 for children. Visitors carrying still and video cameras pay an additional Shs 5,000 and Shs 20,000 respectively.

Lost cause?

Yet some analysts feel that for a government that has a history of ignoring public sentiment, particularly where demolition of public property is concerned, the cultural activists are fighting a lost cause. In 2006, the government gave the nod to the demolition of Shimoni Demonstration School to give way for the construction of a hotel, despite protests from various sections of the public.
The activists are aware of this and for now, have pinned their hopes on the case yet to be heard by the Court of Appeal. The real show, Muyambi says, starts now.

Cattive notizie dall'Uganda

di Caterina Pisu

Mi sono appena giunte cattive notizie dall'Uganda, riguardo il caso del rischio di abbattimento dell'unico Museo Nazionale del paese, situato a Kampala, a causa di un'incomprensibile decisione del governo ugandese (su questo blog potete trovare altri articoli). Questa è la lettera che mi è giunta dal Dott. Ellady Muyambi, Executive Director dell'Historic Resources Conservation Initiatives (HRCI):


Dear Caterina,
Just as I had earlier predicted in my last e-mail where I updated you on the Uganda National Museum court case, I do hereby extend to you sad news that the same case has been dismissed. The case has been dismissed on a technical ground that our lawyer did not issue a statutory notice to the government before filing the case. Our lawyer tried to raise some exceptions over this issue but it seems it could not help. He was suggesting of appealing but we believe this may not help us. We are looking at options of filling the case a fresh. We will meet him tomorrow to discuss the way forward.
Best regards,
Ellady Muyambi

Speriamo che si possa trovare presto un'altra soluzione ma a mio parere ci sarebbe bisogno di un maggior supporto internazionale.

News about the campaign to save the Uganda Museum


 

Activists in renewed drive to save museum


In a last minute effort to save Uganda's only national museum, a group of civil society organizations, members of the academia and other stakeholders have renewed the campaign to stop the intended demolition of the Uganda Museum.
The museum faces demolition to pave way for construction of a 60-storey building dubbed the East African Trade Center. Some reports say demolition could be as close as two months away. On Monday, retired Supreme Court judge Prof George Wilson Kanyeihamba, vice chancellor of the International University of East Africa (IUEA), Prof Eric Edroma and maverick Rubaga South MP, John Ken Lukyamuzi, joined the drive to save the museum.
In the renewed campaign, activists plan demonstrations to force government to stop what they describe as "a barbaric demolition" of the museum. They launched car stickers to raise awareness and rally Ugandans to oppose the move. The Save Uganda National Museum campaign is spearheaded by Historic Resources Conservation Initiatives (HRCI), Cross-Cultural Foundation Uganda (CCFU), Jenga Afrika and Historic Buildings Conservation Trust and Heritage.
Launching the stickers on Monday at Ibamba restaurant next to the museum on Kira road in Kampala, Prof Kanyeihamba lambasted government for continuing to harbour intentions of demolishing the museum even when Ugandans have objected to the move.
"How do you demolish our history? It is only primitive and barbaric people that demolish their history" he said.
Kanyeihamba advised government to build the trade centre near Lugogo and spare the museum.
"We have information that government has already awarded two companies tenders to construct [the trade centre]", said Ellady Muyambi, HRCI's executive director.
He said there is suspicion that someone might be trying to grab the 11.5 acre property on which the museum sits. "If there is no foul play, why is the land title missing?" he wondered.
The 2010 Auditor General's report revealed that the museum's land title was missing from the land registry. The Uganda Museum was established to conserve, promote and interpret Ugandaís cultural and natural heritage through research, collections, documentation and imparting knowledge for today and the future. Founded in 1908, the museum is arguably East Africa's oldest. It was first built at Fort Lugard in Old Kampala, where it stayed until 1942 when it was transferred to Makerere University. It was shifted from there to its current site in 1954.
On January 14 last year, the tourism, trade and industry ministry placed an advert in the New Vision for interested bidders to enter into contract with the Government to finance, design and build a proposed 60-storey building on plot 5 Kira road, where the current museum is situated. Construction of the 60-storey skyscraper, whose developer remains anonymous, is planned to take 10 years. It will house the ministry of tourism and two floors will be reserved for the museum, according to government.
In April last year, civil society organizations filed a civil suit in the High Court to stop government's plan to demolish the museum. Although court did not grant the petitioners a temporary injunction, the case is scheduled for hearing on April 18 this year. Several initiatives are already ongoing, including campaigns on social media networks like face book to raise awareness about the matter.

ssekika@observer.ug This e-mail address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it

Extract from: The Observer

News from Uganda National Museum


On 8th November, 2011, the Uganda National Museum court case heard in the High Court of Uganda for the second hearing. I was out of the country (in Burundi) by the time but my team and our lawyer were present. They briefed me as follows:
The hearing started at 2:30pm in the private chambers of Justice Eldad Mwangusya.
Dr. Ephraim Kamuhangire (the former Commissioner, Department of Museums and antiquities, Government of Uganda and currently, the senior presidential advisor on cultural affairs) was the first expert witness to be examined and cross-examined. His testimony was on the history and importance of the Uganda National Museum. He boldly told court that the EA Trade Centre should not be mentioned alongside the Museum as it will deny the people of Uganda their right not only to preserve and enjoy their cultural heritage which is within the museum building but it will also be irresponsible of those advocating for the destruction of the home of that heritage to pave way for the construction of the trade centre.
Dr Kamuhangire also said that denial of a people of their cultural heritage for the 30 years, a period that construction will take, is a denial of their human rights. He further argued that objects in the Uganda Museum since 1954, acquired a new environment which is scientifically managed, whereby, if removed from that environment; the objects will break or get damaged.
He said that the museum as an institution is not transferable though some of its functions can be transferred. According to Dr. Kamuhangire, the current museum space is indeed its befitting home unlike its previous locations at Lugard’s Fort and Makerere College School of Fine Art which were smaller and borrowed facilities respectively.
Dr. Kamuhangire concluded by saying that the museum building itself is in an excellent state-it only needs regular maintenance and repairs and not condemnation.  He also said that EA Trade Centre can be built somewhere else and leave the museum to serve it purpose.
The second expert witness was Robert Baganda (from the environmental perspective). Robert was examined and cross-examined on the environmental dangers of the proposed EA Trade Centre.
Robert argued that the proposed building will affect the land use around the area and that it will also affect the persons enjoying and utilizing the green environment at and around the national museum.
Robert went ahead to argue that the proposed building will change the road network-(the judge was however, not convinced whether Robert, an environmentalist was the most competent person to talk about roads!!)

Robert suggested that: The EIA and the Heritage Impact assessment should be carried out before a project of the EA trade centre magnitude is undertaken. Thorough consultations with relevant stakeholders should be conducted.

After being briefed by my team, I realized the following errors which were committed in court.
·         Robert was partly inside while Dr. Kamuhangire was giving his testimony and this annoyed the Judge.
·         Robert’s testimony could imply that the project will be fine if an EIA or a Heritage Impact Assessment is done. Government might turn around and say that they will do all this since the project is still at proposal level.
·         Some peoples’ mobile telephones were not in silence
·         Very few journalists attended the hearing.
I therefore advised my team as follows;
·         We should follow the court rules while in court-if one is going to be a witness, please stay out when someone else is giving testimony.
·         We should also put our cell phones on silence!!
·         We have to prepare ourselves well before giving our testimonies. We also need to focus on key issues especially those we have all agreed on.
·          The right advice Robert should have given government is to relocate the E.A. Trade Centre since it will be unfit for the local environment around Uganda Museum. He should not have emphasized the need to carry out the EIA.
·         We need proper briefing and preparation by our lawyer so that we do not contravene court procedures or give responses that might weaken our case.
·         We need to involve as many journalists as possible.
What next?
Because the Judge is interested in disposing of the case before the year ends, the next hearing is scheduled for 1st December 2011. The next expert witness will be Kenneth Amunsimire, an architect from the Uganda Society of Architects. However, we should prepare an additional witness from the cultural dimension. We will try to work out this issue with Emily Drani from CCFU and see whether she will be available by the time of the hearing. We will also do whatever it takes to bring journalists on board. This requires some financing as well.
Impending challenge
The Lawyer is demanding his legal fees from us. Any suggestions on how we can move forward on this is highly welcome.


Ellady Muyambi
Executive Director,
Historic Resources Conservation Initiatives (HRCI)

Ultime notizie sul Museo Nazionale dell'Uganda

Continuo ad occuparmi del caso del minacciato abbattimento del Museo Nazionale dell'Uganda  da parte del Ministero del Turismo, del Commercio e dell'Industria ugandese, grazie alle notizie che mi giungono direttamente dall'Uganda tramite Ellady Muyambi, direttore di Historic Resources Conservation Initiatives (HRCI) di Kampala (v. i precedenti articoli http://museumsnewspaper.blogspot.com/2011/05/salviamo-lo-storico-museo-nazionale.html    http://museumsnewspaper.blogspot.com/2011/05/uganda-chiudera-lunico-museo-nazionale.html). Nonostante il fatto che la demolizione del Museo per fare posto a un grattacielo contravvenga alla legge ugandese sui Monumenti Storici del 1967, e sia anche contraria alle Politiche Culturali dell'Uganda, definite nel 2006, alla Convenzione UNESCO del 1972 e alla Costituzione della Repubblica dell'Uganda del 1995, si continua a temere per le sorti del Museo. Contro il progetto di demolizione del Museo si sono espresse l'Assemblea legislativa dell'Africa orientale eda anche alcune importanti organizzazioni come appunto l'HRCI, diretto da Ellady Muyambi, la Bayimba Cultural Foundation, e l'Arterial Network. Attualmente la questione è stata portata davanti ai giudici e il 21 aprile scorso si è svolta la prima udienza. Una seconda udienza, che era prevista per il 29 giugno, non ha invece avuto luogo. Probabilmente bisognerà aspettare il mese di agosto.






Salviamo lo storico Museo Nazionale dell'Uganda

L’edificio che ospita l’unico Museo Nazionale dell’Uganda, ubicato nel centro di Kampala, rischia di essere raso al suolo per fare posto ad un grattacielo. E’ la notizia che giunge dall’Uganda e che in questi giorni è stata evidenziata su alcuni quotidiani e siti web ugandesi, come il Daily Monitor e allafrica.com. Sono stati organizzati anche dibattiti per sensibilizzare l’opinione pubblica, ma al momento è soprattutto la comunità intellettuale a mantenere viva l’attenzione sul caso, in particolare l’organizzazione non governativa Historic Resources Conservation Initiatives (HRCI). Ci siamo rivolti al suo direttore esecutivo, Ellady Muyambi, per avere maggiori informazioni su quanto sta accadendo in Uganda. Abbiamo saputo che il governo dell'Uganda, attraverso il Ministero del Turismo, Commercio e Industria (MTTI), intende dare avvio ad un progetto di costruzione di un modernissimo edificio commerciale di 60 piani che sarà chiamato "East African Trade Centre". Il progetto, che dovrebbe iniziare il prossimo settembre 2011, prevede la demolizione del Museo Nazionale dell'Uganda. Molti si oppongono alla distruzione del vecchio edificio anche perché si tratta di una pratica che in Uganda, e in particolare a Kampala, sta avendo una scellerata diffusione e con il pretesto della modernizzazione si abbattono gli edifici storici della città! Sembra non esistere alcuna attenzione alla tutela e alla conservazione del patrimonio storico e culturale da parte della classe politica e imprenditoriale ugandese. Per giustificare la distruzione dell’edificio che ospita il Museo Nazionale dell’Uganda si è detto che si tratta soltanto di un vecchio palazzo, mentre in realtà ha un suo importante valore architettonico perché è stato progettato più di 60 anni fa dall’architetto e urbanista tedesco Ernst May. La sua opera fu determinante per lo sviluppo della moderna architettura in Africa orientale e uno degli ultimi incarichi da lui svolti prima di rientrare in Germania fu proprio la costruzione del Museo Nazionale dell’Uganda che, tra l’altro, è uno dei suoi pochi progetti rimasti inalterati nel tempo. Il primo nucleo del Museo Nazionale dell’Uganda è del 1908 ed era ubicato a Fort Lugard, poi nel 1954 venne trasferito nella nuova sede costruita dall’architetto May, a Kitante Hill, dove si trova tuttora. Dal 1977 il museo è diventato governativo ed ha assunto anche il prestigioso ruolo di Dipartimento delle Antichità e dei Musei. Ascolta
Trascrizione fonetica
Il più antico museo dell’Africa orientale attualmente contiene un’importante collezione etnografica sulle tribù ugandesi e una collezione di strumenti musicali dell'Africa pre-coloniale. Ellady Muyambi ci ha spiegato che il motivo ufficiale per cui il grattacielo sostituirà l’edificio del Museo nazionale dell’Uganda è che esso dovrà innanzitutto ospitare il Ministero del Turismo, Commercio e Industria, il quale ora è situato in una zona della città ritenuta troppo congestionata. Quindi, ufficialmente si dice che il terreno su cui sorge il Museo dovrà essere utilizzato per l’interesse generale, in quanto, al presente, i costi di locazione degli uffici in cui si svolgono le attività del Ministero del Turismo sarebbero troppo elevati, mentre il museo, che di per sé non è una grande fonte di reddito, occupa, invece, un terreno edificabile di alto valore commerciale che potrà essere utilizzato, dal punto di vista governativo, in modo assai più proficuo. Altre voci, però, parlano anche di considerevoli speculazioni edilizie ben lontane dall’interesse generale. Auspichiamo che tutto ciò non avvenga, ma il tempo è poco e se non saranno trovate delle soluzioni equilibrate, il prossimo settembre dovremo assistere alla distruzione dell’unico, antico Museo Nazionale dell’Uganda. Da parte nostra si continuerà a mantenere viva l’attenzione su questo caso che, al momento, non sembra ancora avere attirato sufficientemente l’attenzione della comunità internazionale.
Caterina Pisu (ArcheoNews, marzo 2011)

 Cari amici, in questi anni in cui ho svolto l’incarico di direttore scientifico del Museo Civico “Ferrante Rittatore Vonwiller”, dal 2019 a...