Musei da podio?

La mania delle classifiche nei media e nei blog di tutto il mondo


Ogni tanto compaiono sul web alcune classifiche: i dieci migliori musei del mondo, i musei più social, i migliori blog museali.

Ecco una lista:
http://edition.cnn.com/2014/06/16/travel/world-top-museums/; http://www.telegraph.co.uk/travel/10062522/The-worlds-best-museums-a-guide.html; http://jonaslund.biz/works/the-top-100-highest-ranked-curators-in-the-world/; http://museummedia.nl/links/100-best-curator-and-museum-blogs/;
http://shortyawards.com/category/6th/museum; http://www.repubblica.it/speciali/arte/gallerie/2014/08/06/foto/i_10_musei_da_vedere_sono_i_pi_belli_del_mondo-93274206/1/;
http://www.tgcom24.mediaset.it/viaggi/2014/notizia/musei-ecco-i-piu-belli-del-mondo_2068118.shtml.

Personalmente non amo le classifiche perché somigliano tanto ai concorsi di bellezza, si basano molto sull'apparenza e poco sulla sostanza. Sembra che non si possa fare a meno di eleggere il "migliore" o i "migliori", ma in realtà le cose, come sempre, sono molto più complesse e superano la rigidità di questi schemi. Per esempio, sulla base di quali criteri si può giudicare un museo migliore di altri? Perché ha una ricca collezione? Molti visitatori? Un ottimo ristorante? Buoni servizi aggiuntivi? Perché è molto presente sui social? Nel primo caso, il più delle volte si tratta di una condizione non prodotta ma "ereditata"; cioè, in genere, chi dirige il museo ha ricevuto l'onore e l'onere di gestire una importante collezione e se è vero che per farlo ci vogliono adeguate capacità, tuttavia questo non è propriamente un merito ma un requisito necessario, o almeno così dovrebbe essere. Avere tanti visitatori, lo sappiamo, è un dato quantitativo ma non qualitativo: un museo può essere molto visitato per un insieme di ragioni, a volte del tutto indipendenti dalla capacità dello staff che lo gestisce o dall'efficacia dei servizi che offre. In tutti gli altri casi si può dire che un museo è ben organizzato, che ha un ottimo staff, ecc., ma questo non li rende "migliori" nel senso più alto del termine. Soprattutto da quando mi occupo di "piccoli" musei, ho compreso che tutti coloro che uscendo da un museo possono esclamare "Che bello, siamo stati veramente bene qui dentro!", in genere sono stati colpiti da qualità che non sono mai considerate in queste classifiche e che riguardano, il più delle volte, le sensazioni umane che quella visita ha prodotto.
A mio avviso, pertanto, sarebbe opportuno fare un po' meno ricorso alle classifiche che dipingono un panorama culturale più povero di quello che realmente è, nonostante nelle intenzioni si perseguano, forse, obiettivi opposti. Sarebbe preferibile, invece, mettere in luce, di volta in volta, le buone pratiche che spesso non ricevono adeguato spazio mediatico e che, talvolta, sono poco note anche nello specifico settore professionale.

Un patrimonio culturale che sa parlare alla comunità


Visitare i musei al cinema: libertà di sognare

Su Il Fatto Quotidiano dello scorso 5 novembre, Augusto Sainati, professore universitario e critico cinematografico, ha espresso il suo parere sulla nuova moda di diffondere, attraverso il cinema, occasioni culturali non direttamente legate al cinema, come è il caso di Musei Vaticani 3D, proiettato per un solo giorno lo scorso 4 novembre.
Personalmente non sono del tutto contraria perché se da una parte concordo certamente con Sainati riguardo il fatto che spesso si tratta di realizzazioni che basano il proprio successo quasi esclusivamente sull'impatto emotivo, sulla suggestione delle immagini in 3D e quindi sul confezionamento di un prodotto molto commerciale e limitatamente culturale nel vero senso della parola, dall'altra, però, bisogna considerare che questi documentari hanno il merito di portare nei grandi musei del mondo, persone che nella loro vita probabilmente non vi potranno mai entrare per lontananza fisica o per altri motivi.
Se una immagine 3D non produrrà le stesse sensazioni di una visita dei Musei Vaticani dal vero, tuttavia non priviamo le persone della possibilità di sognare. E in questo il cinema e le nuove tecnologie possono essere di grande aiuto.
 
 

Nel cuore dei musei

Il 7 novembre inizia su Twitter il secondo ciclo di #smallmuseumtour
Dopo la sperimentazione della scorsa estate, dal 7 novembre riprende #smallmuseumtour, l'iniziativa cui l'Associazione Nazionale Piccoli Musei ha dato vita su Twitter per creare un dialogo tra gli utenti del social network e i curatori dei musei che aderiscono a #smallmuseumtour.
Le modalità do svolgimento non cambiano: otto immagini che saranno "twittate" nel tempo di un'ora o qualcosa di più, inframezzate dal commento e dalle spiegazioni dei direttori o di altri professionisti museali oppure dei responsabili di associazioni, di fondazioni o di istituzioni che gestiscono i musei.
Immagini tratte dal sito http://www.zazzle.co.uk/museum+conservator+gifts
Otto immagini possono sembrare poche per conoscere un museo, ma sono solo lo spunto per alimentare una fitta serie di domande e risposte che animano immancabilmente ogni tour. Ed è questa la finalità di #smallmuseumtour: parlare del museo con chi lo conosce dal di dentro e lo vive ogni giorno, potendo così trasmettere al pubblico l'anima stessa di quel museo.
Immagini tratte dal sito http://www.zazzle.co.uk/museum+conservator+gifts

Per il secondo ciclo sono stati previsti inizialmente 9 tour ma molto probabilmente sarà necessario prolungare il calendario fino a febbraio. Hanno già confermato la propria partecipazione: l'Area archeologica di Massaciuccoli Romana, che inaugurerà il nuovo ciclo; il Museo Civico Archeologico del Distretto minerario di Rio nell'Elba; il Museo delle Maschere Mediterranee di Mamoiada; il Museo Archeologico Virtuale di Ercolano; il Museo delle Palafitte di Fiavè; il Museo "Ignazio Cerio" di Capri, a gennaio. In occasione del tour di quest'ultimo museo, il Presidente del Centro Caprense "Ignazio Cerio", il Prof. Filippo Barattolo, sarà affiancato dagli studenti del Corso di Laurea in Cultura e Amministrazione dei Beni Culturali dell'Università di Napoli Federico II.
Attendiamo conferma da altri musei della Puglia, della Sicilia, e ancora dalla Toscana e dalla Sardegna. Sarà rappresentata tutta l'Italia come nel primo ciclo.
Di seguito, gli appuntamenti di novembre:


L'auspicio è che #smallmuseumtour sia ancora una bella occasione per parlare tutti insieme di musei, per conoscerne tutti gli aspetti, anche quelli che solitamente non emergono durante una visita tradizionale, e per scoprire quei musei di cui si parla poco ma che hanno tanto da raccontare e da offrire. 
Vi aspettiamo venerdì 7 novembre, ore 15. Seguiteci su Twitter attraverso l'hashtag #smallmuseumtour e i nostri account @piccolimusei e @piccolimusei2.
Immagini tratte dal sito http://www.zazzle.co.uk/museum+conservator+gifts


#smallmuseumtour: meeting the museum on Twitter









by Caterina Pisu


Virtual Visits and Access


A museum may be visited in various ways, either alone or together with a party of others or virtually. Technology today makes this possible and visitors have the opportunity to visit museums from their own home.

Visiting museums on the web may be very useful in preparing for the real visit, but the spirit of a work of art as described in a museum may be lacking in spite of HD technology resembling closely reality as we know it. 

Yet sometimes this is the only way for some of us to be able to visit a museum ! Having “access” to a museum means efficient technology to overcome barriers which may prevent access to visitors who are unable to reach a museum physically. This would greatly reduce differences and is sometimes the only possible solution for some art lovers and museum visitors.



Virtual visits: creating interaction


The inevitable limit of virtual tours is the lack of a certain atmosphere and emotion created by being there, and the personal and social interaction. The great difference between visiting a museum really and visiting it virtually, is the lack of human interaction.

The human element cannot be reproduced by virtual reality, unless the idea of virtual is adapted to new kinds of communication used by the social media. This is the idea at the root of the #smallmuseumtour project which simulates a museum visit throughTwitter. Its main feature is not high definition images, but the emphasis on dialogue within a virtual community interacting exactly as if each member virtually visiting the museum on site in different locations were all one party. The social aspect is perhaps the most important feature when it comes to overcome obstacles and inequalities. Bearing this in mind, we also considered institutions for the disabled, prisons and the like, while we worked on this project. 



Museums staff and Visitors : two worlds meet


Overcoming barriers was not the only target of #smallmuseumtour. The formality between the public and staff attracted our attention. Excepting certain special occasions, in some museums the only staff in touch with visitors was Security staff. Thus, the “behind the scenes” was hidden or left to the imagination.

Yet whoever has visited a museum and conversed with the museum curator or other qualified staff would agree that they gained deeper knowledge and made new discoveries that otherwise would not have been made in an ordinary visit. Only rarely does close contact occur, and this is where we step in to offer precisely that kind of interaction through the medium of the social network on the web. We aim to create a close and exciting relationship with museums and the marvelous treasures they contain.



The #smallmuseumtour project


#smallmuseumtour has devised to this effect a plan to promote museums through dialogue and social interaction. The first of its cyclical virtual visits which took place May 12th to July 28th 2014on a weekly basis ; we involved twelve museums of various kinds and different forms of ownership. We avoided ‘tweet’ counts and other web statistics which usually determine the "success" of a hashtag, because our aim in fact, was to perfect virtual museum visits rather than create a web trend. We aimed at creating as closely as possible the reality of a visit to a museum, especially for those who were physically unable to admire real life collections and at creating a dialogue with museum curators, staff and followers.

Other opportunities have been introduced on the Web in various forms, as for example #AskACurator day, but #smallmuseumtour offers exclusively and for the first time, a virtual visit to one single museum at a time. Thus, closer attention is given to a further dialogue between curators and followers. 



#smallmuseumtour  step by step


In order to achieve the best results in terms of a virtual museum tour using Twitter as a social network, certain rules had to be applied: virtual visit duration is 60 minutes; eight pictures are chosen by the curators for each visit, and under special circumstances according to advice from the museum curators themselves, the number may be more. During visits, the Twitter accounts of National Association of Small Museums act as curators “assistants”, tweeting pictures at regular intervals. Museum curators commented each picture and answered questions put by the followers at that very moment. In some cases the tour takes on a livelier turn by adding quizzes and video.


Future Prospects

A second cycle of virtual tours is planned at November 2014.


@piccolimusei @piccolimusei2

#SMALLMUSEUMTOUR, SECONDO CICLO: 3 NOVEMBRE 2014 - 23 GENNAIO 2015

Ci stiamo preparando al secondo ciclo di #smallmuseumtour e abbiamo bisogno della collaborazione di altri 9 musei che desiderano mettersi a disposizione del pubblico di Twitter per far conoscere le collezioni, le attività, la vita e la missione del museo. Chi desidera può prenotarsi e richiedere informazioni anche via e-mail a piccolimusei@hotmail.com. Ricordo che #smallmuseumtour è una sorta di visita virtuale dei musei che si svolge in otto "tappe": ogni tappa è costituita da una immagine o da un video: può trattarsi di un oggetto del museo o di un ambiente o di una attività in svolgimento. #smallmuseumtour è soprattutto uno strumento per mettere in contatto i curatori (o altre figure professionali del museo) con il pubblico, in modo speciale con coloro che, per vari motivi, non hanno la possibilità di raggiungere fisicamente il museo, ma con tutti, in generale, anche in preparazione di una visita futura. Le "visite" si svolgeranno, come si è detto, su Twitter, e avranno la durata di un'ora, un'ora e un quarto al massimo, con cadenza settimanale; un museo diverso ogni settimana. Sono disponibili le settimane del 3-7 novembre, 10-14 novembre, 17-21 novembre , 24-28 novembre, 1-5 dicembre, 8-12 dicembre, 5-9 gennaio, 12-16 gennaio , 19-23 gennaio. E' possibile scegliere un giorno a piacimento, dal lunedì al venerdì. L'orario previsto per ciascun "tour" è dalle 15.00 alle 16.00, salvo altre specifiche richieste.
Per rivedere quanto è stato fatto durante il primo ciclo di #smallmuseumtour e quanto se ne sia parlato anche dopo: https://tagboard.com/smallmuseumtour/search

 

Standards sì o no?

L'interessante punto di vista di Giovanni Pinna che alcuni anni fa commentava l'utilità dell'imposizione di norme o della standardizzazione anche delle professioni museali, soprattutto in relazione alle caratteristiche specifiche dei musei del nostro Paese.

Nel primo articolo di questo numero di Nuova Museologia, Maurizio Maggi contrappone due approcci al museo mutuati dalla biologia, un approccio riduzionista, che considera il museo immutabile e tende a identificare le regole che stanno alla base della sua natura e quindi del suo funzionamento, e un approccio che interpreta invece il museo come un sistema complesso, in equilibrio instabile poiché in continua interazione con l’ambiente. Il favore di Maggi va al museo inteso come struttura complessa, ed egli ne deriva da un lato la convinzione che sia più utile chiedersi “non cosa sia un museo ma cosa faccia un museo”, dall’altro l’inutilità di predeterminare meccanicisticamente il suo futuro con l’imposizione di norme, quali standard museali e codificazioni delle professioni.
Io ho più volte espresso l’idea che i rapporti complessi esistenti fra il museo, il territorio sociale, la pluralità di forze intellettuali interne all’istituzione fanno sì che ogni museo sia strutturalmente e culturalmente diverso da ogni altro museo e che non possa dunque esistere un modello standard di museo. Inoltre ho sempre sostenuto che anche la professione museale non è standardizzabile, non può cioè essere insegnata a priori, e che la professionalità viene acquisita all’interno del museo, nei rapporti quotidiani con le collezioni, con i colleghi e con il pubblico. È dunque naturale che io condivida l’approccio non riduzionista al museo di Maggi e che sia portato a minimizzare l’importanza di documenti, quali le norme di indirizzo e la recente carta delle professioni prodotta dalle associazioni museologiche nazionali, il cui pericolo consiste nella loro applicazione acritica, cosa che ho già visto apparire qua e là nel mondo delle amministrazioni pubbliche.
La carta delle professioni in particolare mi induce ad alcune riflessioni. L’ICOM Italia e alcune altre associazioni professionali hanno prodotto una proposta indubbiamente completa, costata fatica e applicazione, ma non priva di alcune debolezze di fondo, prima fra tutte il fatto che essa non è il risultato di una riflessione sulla specificità della realtà museale italiana, ma il tentativo di applicare ai nostri musei il modello anglosassone. Ciò porta all’inapplicabilità quantitativa e qualitativa: in Italia non esistono infatti strutture museali complesse che necessitino di una estrema separazione dei compiti come quella ipotizzata dalla proposta; la nostra realtà è invece fatta di musei di medie dimensioni – inoltre tradizionalmente carenti di personale – nei quali le diverse professionalità museali devono assumere in se stesse una pluralità di compiti. L’analisi dei compiti previsti per le 20 diverse figure professionali proposte rende evidente che la carta non è la summa di esperienze dirette nella gestione di musei complessi pluridisciplinari ma il prodotto di una compilazione teorica, e che non ha alla sua base una verifica sperimentale. Non si spiegherebbe altrimenti l’esistenza di figure professionali le cui responsabilità si accavallano e possono generare così conflitti di competenza.
Il lavoro museale è un lavoro articolato che prevede azioni importanti, quali tutela delle collezioni, creazione del patrimonio culturale e comunicazione dei suoi significati, azioni che non possono essere suddivise fra personalità professionali diverse senza andare incontro al rischio di una frammentazione dell’azione complessiva del museo: la grandezza culturale del modello italiano e di altri Paesi dell’Europa continentale risiedeva proprio nella riunione di tutte le funzioni principali del museo nell’unica figura del conservatore, cui si vuole ora sostituire la frammentazione del modello anglosassone. Se il fine è l’abdicazione dei nostri modelli, allora si vada fino in fondo: nella carta nazionale delle professioni museali manca l’ethics adviser, che nel museo è colui che veglia affinché la manipolazione dei resti umani e degli oggetti di culto sia conforme alle regole morali delle diverse confessioni ed etnie.
G. Pinna, "Il dio della museologia genera mostri" in Nuova Museologia, n°14, giugno 2006

Musée-Oh!

Claire Casedas, autrice del seguitissimo blog francese Musée-Oh! ha pubblicato il mio articolo "Libre de photographier mais pas de "participer", dandomi l'opportunità di continuare il confronto tra la situazione italiana e quella francese su questo tema.
"Questa è la prima volta" - scrive Claire -  "che il blog pubblica un contributo esterno. L'opportunità non si era ancora presentata! Grazie a Caterina Pisu per questa bella iniziativa e per questo articolo molto istruttivo sull'annoso dibattito: le foto al museo, in questo caso con riferimento soprattutto all'Italia".
In fondo al mio scritto, Claire ha inserito il link a un articolo di Marlèn Duretz, "Clics et déclic photographiques", pubblicato su Le Monde lo scorso 10 luglio.
Si tratta di un tema che inizia a diventare "caldo": lo scorso luglio Salvatore Settis scrive a questo proposito il suo articolo "Se troppo successo fa male al museo", Nina Simon lo ha fatto dal suo blog, Museum 2.0. Il dibattito è ancora aperto e sicuramente si avrà l'opportunità di tornare ancora sull'argomento.
Foto Le Monde

Musées (em)portables: musei nel cellulare.

Anche nel 2015 si svolgerà il concorso Musées (em)portables organizzato dalla società francese museumexperts sas .
Come ricordato già in occasione delle due edizioni precedenti che hanno avuto come partner l'Associazione Nazionale Piccoli Musei, si tratta di un concorso creativo rivolto sia a chi opera nell'ambito dei musei sia ai visitatori, in forma individuale o in gruppo (classi scolastiche, ecc.). La particolarità di questo concorso è che i filmati devono essere realizzati con un cellulare o con altri dispositivi di ripresa non professionali. La durata non deve essere maggiore di tre minuti. I soggetti possono essere vari purché riguardino i musei oppure le attività che si svolgono all'interno dei musei, i "dietro le quinte" etc.; inoltre possono essere "seri" o "divertenti", senza limitazioni alla fantasia o al senso dell'arte di ciascuno.



L'aspetto che più mi piace di questo concorso è che invita a "pensare", non è la solita foto davanti all'opera d'arte ma è un lavoro in cui è necessario esprimere creatività e senso artistico. Può essere un modo per lanciare un messaggio oppure per mostrare il proprio modo di vedere i musei.
C'è chi ha realizzato perfino dei veri film per il cinema con un cellulare, perciò si vuole anche dimostrare che non sono le tecnologie sofisticate quelle che fanno un bel film, ma è l'idea che c'è dietro. In tre minuti si possono dire tante cose. Chi vuole cimentarsi in questa prova, ha l'occasione per farlo!
I premi, che consisteranno in piccole somme in denaro ma soprattutto nella soddisfazione di aver presentato una bella creazione, saranno assegnati alle opere selezionate da una giuria di vari esperti che operano nell'ambito della cultura, in particolare dei musei, e della comunicazione. La premiazione è prevista a Parigi, presso il Carrousel du Louvre, mercoledì 4 febbraio 2015, alle 12.00.
Per altre informazioni è possibile visionare il regolamento del concorso. Ricordo che il termine ultimo per l'invio dei filmati è il 12 dicembre. Spero che la partecipazione italiana sia notevole anche quest'anno e che possa portare all'assegnazione di un premio a un concorrente italiano come l'anno scorso, con il premio come "miglior film straniero" (ricorda tanto gli Oscar!) a Raffaele Gentiluomo per il suo bellissimo video sul Museo Archeologico Virtuale di Ercolano, Vesuvius Making of.
I filmati devono essere inviati su CD o DVD o chiavetta USB in formato .avi al seguente indirizzo:
Museumexperts / musei (em) Portable
18 rue de la Michodière - 75002 Parigi
unitamente ai moduli che è possibile scaricare a questo link .

Grazie per i piccoli musei!


In questi giorni mi sono soffermata su una breve nota di Frederick A. Johnsen, già direttore dell'Air Force Flight Test Museum, pubblicato sul sito Museumerica, che mi ha molto colpito per il suo pensiero così vicino a noi che studiamo i piccoli musei e che ne mettiamo in evidenza i punti di forza oltre, ovviamente, alle problematicità.
E' chiaro che chi lavora con passione ed entusiasmo trasmette gli stessi sentimenti alle altre persone con cui entra in contatto; succede in qualsiasi altro mestiere o professione. Talmente logico che, fa notare Johnsen, non c'è niente di più semplice di questo.
Senza nulla togliere ai musei che utilizzano tecnologie avanzatissime o altri effetti spettacolari, non posso non essere d'accordo sul fatto che un piccolo museo può trasmetterci altrettanta bellezza e può farci meravigliare allo stesso modo, se non per un dinosauro che improvvisamente prende vita, per la gioia contagiosa di chi ci sta raccontando la propria storia per pura passione.
Vi riporto, di seguito, uno stralcio dello scritto di Frederick A. Johnsen, dal titolo " Grazie per i piccoli musei come il Baker Heritage Museum".


Durante un recente viaggio, tra un museo e l'altro, mi sono fermato presso il Baker Heritage Museum a Baker City, nell’Oregon. Situato all’interno dell’ex piscina comunale del 1921, il museo è il risultato di un restauro veloce effettuato nel 1970 dalla Baker County Historical Society per salvare la struttura, destinata alla demolizione.

Spesso l'utilizzo di un impianto già esistente è una necessità finanziaria, più che una scelta, per un museo. La città ha affittato l’ex piscina alla società storica senza alcun costo, in cambio dell’impegno della società a fondarvi e a gestirvi essi stessi un museo. Il progetto museale cui hanno dato vita è una serie di collezioni che spaziano dai minerali alle diligenze d'epoca locali, diorami della fauna selvatica, e reperti archeologici della zona.

Due cose mi hanno colpito durante la mia visita: il piccolo staff che gestisce il museo e la squadra di volontari che con passione ed entusiasmo raccontano ai visitatori la storia della regione, e che, soprattutto, lo fanno senza utilizzare nessun tipo di tecnologia o costosi apparati espositivi.

Il Baker Heritage Museum esemplifica la gioia dei musei, puri e semplici. Le sua esposizioni e i diorami sono la prova che apprendimento e divertimento si possono trovare anche nei piccoli musei delle più piccole comunità. La mia visita mi ha ricordato di non trascurare musei come questo durante i miei viaggi attraverso il Paese.

Il Baker Heritage Museum è sostenuto da una fondazione senza scopo di lucro. In una brochure del museo si legge: «La creazione, il sostegno e il continuo sforzo dei volontari a favore di questo museo dimostra la dedizione e la determinazione dal popolo di Baker City affinché la propria storia sia condivisa per sempre con i visitatori». Un concetto profondamente semplice e semplicemente profondo: l’obiettivo apertamente dichiarato del museo è “per sempre” e si lavora per questo.

(…)
Foto tratta da http://www.woodallscm.com/wp-content/uploads/2012/02/Wally_Byam_Display_Baker_Heritage_Museum_Baker_City_OR_r-2-copy-copy-300x199.png
Foto tratta da
http://sierranevadaairstreams.org/destinations/oregon/eastern-oregon/2011jul02-sat-p1000374-museumdisplay.jpg



Un mio contributo al blog francese Option Culture

http://www.option-culture.com/?p=6864

Option Culture, il blog di Jean Michel Tobelem, docente dell'École du Louvre, ha accolto un mio contributo che tenta di analizzare la contraddizione del momento attuale in materia di fruizione dei musei: da un lato si aboliscono finalmente alcuni divieti, come quello di fotografare, e si cerca di attrarre il maggior numero di visitatori in poche occasioni speciali; dall'altra, molti musei continuano ad essere luoghi isolati, lontani dalla comunità, capaci di ravvivarsi solo per un giorno, per una Notte al Museo o per una Invasione Digitali, in qualche modo "imposta" dall'esterno o dettata dalle "mode". Come fare affinché i musei possano diventare davvero "democratici", propositivi e aperti alla società, per usare un'espressione di David Fleming?

 Cari amici, in questi anni in cui ho svolto l’incarico di direttore scientifico del Museo Civico “Ferrante Rittatore Vonwiller”, dal 2019 a...