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GENERAZIONI DIPINTE

A partire da "Autoritratto con Anna" di Carlo Mattioli



E’ stata inaugurata lo scorso 18 settembre, la mostra Generazioni dipinte. A partire da “Autoritratto con Anna”, curata da Federico Fischetti, Nunzia Lanzetta e Marcello Toffanello, allestita presso la Galleria Estense, Modena, in collaborazione con l’Archivio Carlo Mattioli Parma, in occasione del Festival della Filosofia.
Un solo, importante dipinto contemporaneo, qual è Autoritratto con Anna, che riprende la tela di Carlo Mattioli esposta agli Uffizi, è la chiave di volta di percorsi a raggiera nelle collezioni della ritrovata Galleria Estense di Modena. Riaperta al pubblico il 29 maggio, dopo tre anni di chiusura forzata a causa del sisma del 2012, la Galleria accoglie questo “ospite illustre” fra i capolavori esposti nelle sue sale e ne fa il punto focale di piste di lettura che incrociano, attraverso una selezione di trenta opere, il tema delle generazioni: dalla dimensione familiare e genealogica – testimoniata in particolare dai ritratti degli Estensi – a quella sociale e religiosa, scandita da riti di passaggio che ritmano il ciclo della vita, per finire con quella particolare forma di trasmissione generazionale che è l’eredità artistica.

L’esposizione sarà aperta fino al 30 settembre.


Dal 21 al 30 settembre l’esposizione segue gli orari di apertura al pubblico della Galleria Estense: domenica e lunedì:ore 14.00 - 19.00; da martedì a sabato: ore 8.30 - 19.00.

Santi ed eroi. Pittura sacra e profana a Civitanova

24 luglio 2015, ore 19.00-Civitanova Marche Alta



"Santi ed eroi. Pittura sacra e profana a Civitanova" non è una delle tante rassegne d'arte, ma una esposizione di significativa importanza, sia per lo studio e la conoscenza degli artisti trattati e dei temi figurati nei dipinti, sia quale modello per altre rassegne del genere che si dovrebbero promuovere in molte città della nostra regione detentrici di un patrimonio di grande qualità, il più delle volte poco conosciuto e poco valorizzato.
La mostra  nasce da un'attenta indagine dell'ingente patrimonio pittorico disseminato nei palazzi pubblici, nelle ex chiese ed ex nei conventi di Civitanova Marche.
Tele di  soggetto sacro e profano, databili fra il XV secolo e i primi anni  dell'Ottocento, per la prima volta vengono offerte al pubblico godimento e studiate da un affermato gruppo di storici dell'arte come: Stefano Papetti, Università di Camerino; Silvia Blasio, Università di Perugia; Mario Alberto Pavone, Università di Salerno; Enrica Bruni, Direttore Pinacoteca civica Marco Moretti; Giuseppe Capriotti, Università di Macerata; Gabriele Barucca, Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio delle Marche.

Inaugurazione venerdì 24 luglio 2015, ore 19:00
Auditorium di Sant'Agostino
Civitanova Marche Alta (MC)

Ulteriori informazioni sul sito: http://www.pinacotecamoretti.it/santieroi.asp

A TAVOLA AL TEMPO DELLA PALAFITTA. 4.000 ANNI FA NEL VILLAGGIO DI MEZZANO

In occasione di un evento di portata mondiale come EXPO' 2015 "Nutrire il pianeta, energia per la vita", il Museo della Preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese invita alla mostra "A tavola al tempo della palafitta. 4.000 anni fa nel villaggio di Mezzano".




Decenni di ricerche archeologiche in tutta la penisola hanno permesso di raccogliere una notevole quantità di informazioni che, integrate con dati scientifici, ci consentono oggi di ricostruire, in buona parte, i gesti della vita di ogni giorno e le disponibilità alimentari durante la preistoria.

Nella mostra di Valentano si presenta, in particolare, quanto è emerso a riguardo dagli studi preliminari e ancora in corso nell'insediamento palafitticolo dell'età del Bronzo del Lago di Mezzano, oggi completamente sommerso dalle acque.

Saranno presentati quindi particolari reperti ceramici e vasellame, fin'ora inedito, legati alle attività di cucina, si conosceranno le varietà agricole attestate, i sistemi di coltivazione ipotizzati, le strategie di sussistenza e altre attività legate al cibo.

La mostra è accompagnata anche da una istallazione sensoriale, tattile e olfattiva, e da alcune curiosità e ricette da riprodurre a casa propria, cogliendo spunto da quello che mangiavano gli antichi abitanti del Lago di Mezzano circa 4.000 anni fa!


Mostra a cura di:
Museo della Preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese - Valentano (VT)
Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell'Etruria Meridionale - Roma

Luogo:
Museo della Preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese
Piazza della Vittoria, 11  01018 Valentano (VT)

Periodo:
20 giugno 2015 - 31 ottobre 2015

Inaugurazione:
Sabato 20 giugno 2015, ore 17.00



Informazioni:

Museo della Preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese
tel. 0761/420018
e-mail: museo.valentano@alice.it

BRIXIA. Roma e le genti del Po

Un incontro di culture. III-I sec. a.C.
9 maggio 2015 - 17 gennaio 2016
Brescia, Santa Giulia, Museo della Città
Dal 9 maggio 2015 al 17 gennaio 2016 al Museo di Santa Giulia di Brescia, promossa dal Ministero per i Beni e le Attività culturali e il Turismo, Regione Lombardia, Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei, che attraverso 500 eccezionali reperti esposti, racconta della grande vicenda che ha portato, tra il III e il I secolo a.C., all'unione tra la Roma repubblicana e le genti del Po. Con l'obiettivo di illustrare questo processo di unione, in un racconto per immagini della straordinaria trasformazione storica e culturale che fu qui attuata tra fasi di conflitto e integrazione, la  mostra Roma e le genti del Po
Un incontro di culture III-I sec. a.C. ricostruisce, sullo sfondo della pianura del Po, area estesa tra gli Appennini e le Alpi e favorita in antico da una posizione privilegiata e dalla presenza di un grande fiume, la fisionomia sorprendente di un luogo d’Italia, che divenne vero laboratorio di integrazione tra etnie e culture diverse e cassa di risonanza del confronto fra cultura romana ed ellenismo. La mostra sarà anche un viaggio emotivo, con installazioni interattive e multimediali, adatte al pubblico adulto e giovane, che faranno rivivere situazioni e atmosfere di quei tempi lontani.  
Insieme verrà inaugurato Brixia. Parco archeologico di Brescia romana, il più esteso parco archeologico a nord di Roma: su un'area di circa 4.200 mq, esso comprende gli edifici più antichi e significativi della città: il Santuario di età repubblicana (I sec. a.C.) - che dal 9 maggio sarà aperto per la prima volta al pubblico -, il Capitolium (73 d.C.), il teatro (I-II sec. d.C.), il tratto di lastricato del decumano massimo, la vista su piazza del Foro, che conserva vestigia della piazza di età romana (I sec. d.C.). Nel parco archeologico il visitatore avrà modo di fare un incredibile viaggio nel tempo, dall’età preromana al rinascimento, partendo dai livelli più antichi al di sotto del Capitolium, sino ai palazzi nobili che, reimpiegando i resti degli antichi edifici, cingono ancora oggi la zona.  
Il Parco archeologico da maggio sarà completato da tutti i servizi necessari, come una nuova area di accoglienza dedicata, con biglietteria, bookshop, guardaroba. Oltre ai consueti servizi didattici forniti dal Museo, l’area - già dotata di una suggestiva istallazione interattiva realizzata, all’interno del Capitolium, da Studio Azzurro - metterà a disposizione dell'utente un innovativo sistema di video e ricostruzioni immersive che grazie al 3D e alle più avanzate wearable technology propone un'esperienza unica. Novità unica nel panorama delle aree archeologiche italiane, è infatti la possibilità di vivere un’esperienza di visita in realtà aumentata grazie a dispositivi indossabili Epson messi a punto dalla società Art Glass, che permetteranno di rivedere, dopo 2000 anni, gli edifici e la città come si presentavano dal III secolo a. C. al I secolo d. C. Il visitatore, muovendosi liberamente nell’area, avrà la possibilità di vedere ricostruiti i suoi monumenti più antichi e le trasformazioni avvenute dopo il suo abbandono.
LA MOSTRA
Nel 295 a.C. a Sentino, in una vallata nel cuore delle Marche, l’esercito di Roma e dei suoi alleati sconfiggeva in una battaglia incerta fino all’ultimo la coalizione di popoli italici guidata da Sanniti e Galli Senoni. Con quella vittoria Roma non solo affermava il suo dominio incontrastato sulla penisola, ma si apriva la via per la valle Padana. E’ di pochi anni dopo la sottomissione del territorio senone e la fondazione della colonia latina di Rimini. Nei due secoli successivi si avrà prima la definitiva conquista militare, nei primi decenni del II secolo, poi il graduale inserimento dell’Italia settentrionale nel sistema politico romano, concluso nel 49 a.C. con la concessione della cittadinanza.
La mostra di Brescia vuole narrare questa vicenda uscendo dallo schema tradizionale dello scontro tra Roma e popolazioni locali considerate semibarbare e da integrare nella civiltà classica per mostrare invece la realtà di un confronto che aveva molteplici sfaccettature. Le popolazioni che abitavano la valle Padana avevano alle spalle storie molto diverse.
Le tribù celtiche (Insubri, Cenomani, Boi.) avevano ereditato le civiltà dei popoli che abitavano i territori sui quali dominavano: Etruschi, Umbri, Liguri, Celti di ceppo ancora più antico; ne avevano assimilato i costumi e costituivano un’élite politico-militare organizzata. I Veneti erano di provenienza assai antica, con una cultura urbana elaborata e comuni origini con i Latini; al contrario i Liguri, che si consideravano a ragione una stirpe autoctona, erano ancora organizzati sul modello tribale. Ciascuna di queste popolazioni ebbe una propria politica nei confronti di Roma: alcuni furono alleati stabili (Veneti, Cenomani) altri ostili (Boi, Insubri) o divisi al proprio interno (Liguri). Ma neppure la strategia della Repubblica nei loro confronti fu mai univoca: a seconda che prevalessero le ragioni del partito “popolare” o di quello “senatorio” fu attuata una politica aggressiva per guadagnare nuove terre da assegnare a coloni italici disposti a trasferirsi o di collaborazione “amichevole” con i ceti dirigenti e aristocratici locali. Sono i reperti archeologici presenti nei musei dell’Italia del nord, rinvenuti negli scavi anche recentissimi che ci consentono di ricostruire un quadro così complesso e vivace, di cui le fonti antiche ci illustrano soltanto gli elementi essenziali.
Il filo dell’esposizione segue il racconto secondo una sequenza cronologica e rispettando la logica del confronto. Vengono presentate le diverse popolazioni padane nel IV e III secolo a.C.: i reperti significativi e simbolici dei corredi funerari e anche ciò che esce dagli scavi delle loro città. Ne esce l’immagine di civiltà complesse, con capi che esaltano ora il loro livello culturale ora il ruolo guerriero e un’organizzazione politica avanzata, con l’uso della scrittura e l’introduzione della moneta. A fronte sono esposti i reperti contemporanei della colonia di Rimini e di centri come Ravenna sotto il controllo diretto di Roma. Seguono gli anni delle guerre. L’imponente frontone di Talamone celebra la disfatta dell’ultima offensiva celtica nel 225 avvenuta sul promontorio toscano; la risposta di Roma porta alla prima conquista della val Padana e alla vittoria di Casteggio. Infine Annibale passa le Alpi e attraversa la pianura nell’incendio dell’insurrezione di Boi e Insubri, che appoggiando la sua impresa mettevano in gioco la loro indipendenza. Di quegli anni sono esposte le armi degli eserciti contrapposti recuperate nei corredi funerari e rappresentate nei monumenti e nei reperti votivi, ma anche l’esito della penetrazione culturale e politica di Roma, con l’impianto di santuari di tipo italico già alla fine del III secolo, i cui reperti si confrontano con quelli dei contemporanei luoghi di culto locali.
Con il II secolo le principali colonie latine e romane così come le città alleate presentano da Rimini a Bologna o Piacenza, così come a Aquileia, Padova, Brescia o Milano, caratteristiche comuni. Si illustrano le mura, le porte urbiche, le strade, gli edifici civili, come il foro, le basiliche o, nel caso di Bologna, uno dei più antichi teatri stabili. I grandi templi come il Capitolium, i santuari urbani e del territorio sono testimoniati da resti architettonici fittili figurati di tipo italico ed ellenistico e da statue di culto, per lo più acroliti in marmo. Vengono introdotti nuovi culti, italici e orientali, che spesso riflettono gli orientamenti delle diverse personalità politiche romane, ma vengono anche confermati e assimilati i culti locali, come ben dimostra il caso emblematico di Brescia. La ricchezza crescente della Cisalpina in età repubblicana è verificabile non solo negli edifici pubblici e religiosi, ma anche nel livello delle case private. In mostra sono esposte soprattutto le pavimentazioni, che evolvono da modesti laterizi e semplici battuti in cementizio a pavimenti decorati con motivi geometrici e a mosaico, ma non mancano decorazioni parietali e reperti di lusso rinvenuti negli scavi a seguito di episodi di abbandono o di tesaurizzazione. Le planimetrie mostrano nel I secolo l’adesione delle classi dirigenti al modello della casa ad atrio.
Tutto riflette l’aumento progressivo di ricchezza dell’Italia settentrionale, dovuto certamente allo sfruttamento agricolo del territorio, ben organizzato grazie al controllo delle acque e alla distribuzione funzionale delle terre (la centuriazione), ma, come dimostrano i resti archeologici, dalla nascita di manifatture locali (vasellame bronzeo, tessuti, laterizi, ceramiche, carpenteria) e dallo sfruttamento di risorse naturali, come le riserve aurifere della Bessa. Il confronto tra le popolazioni locali e i coloni è affidato in questa fase soprattutto alle sepolture; per la prima volta vengono esposti insieme reperti (corredi ma anche stele funerarie) dello stesso periodo attribuibili a romani (in Emilia Romagna e Aquileia) a Veneti, Cenomani, Insubri, Liguri. E’ così possibile confrontare l’apparato funerario di un notabile romano sepolto presso Piacenza con il letto funerario in osso di fattura centro-italica e tradizione ellenistica, con la sepoltura del capo cenomane di Zevio con resti del carro e vasellame bronzeo della medesima provenienza. Così dall’intesa tra le classi dirigenti e da un confronto virtuoso tra le diverse aree culturali nasceva la provincia della Gallia Cisalpina, centro propulsore delle conquiste di Cesare e futuro baluardo della civiltà classica contro le invasioni germaniche (testo a cura di Luigi Malnati).
V. anche

La rosa di fuoco. La Barcellona di Picasso e Gaudí

Ferrara, Palazzo dei Diamanti, 19 aprile – 19 luglio 2015
La rosa di fuoco era il nome con cui era chiamata Barcellona negli ambienti anarchici di inizio Novecento. Un appellativo che evoca, allo stesso tempo, il fermento che a cavallo del secolo infiammava la vita politica, sociale e culturale della capitale catalana, ma anche i violenti attentati dinamitardi e i conflitti sociali di cui fu teatro la città.




Antoni Gaudí

Chiesa della Colònia Güell, esterno, 1908-10

Carboncino, acquerello e gouache su carta eliografica, mm 610 x 475
Collezione María del Carmen Gómez Navarro


A siglare l’ascesa di Barcellona era stata nel 1888 l’Esposizione Universale, che celebrava il vertiginoso sviluppo economico e urbanistico della città e contribuiva a diffondere idee di rinnovamento. S’impongono nuovi stili di vita, nuovi valori e nuove visioni creative, contagiati dall’euforia della vita moderna che si respirava nelle capitali della Belle Epoque. Contemporaneamente, sulla scena artistica, si afferma un movimento animato dalla sete di sperimentazione, il modernismo catalano, che prende a modello la Parigi Art Nouveau, la Secessione Viennese e le altre grandi correnti europee del rinnovamento culturale. La crescita culturale ed economica della capitale catalana fu però accompagnata da tensioni sociali che nel luglio del 1909, durante quella che sarà definita la “settimana tragica”, sfociarono in un violento conflitto tra popolazione civile e militari e in una dura repressione che decretò la fine di questa stagione irripetibile.


Pablo Picasso

Autoritratto, 1899-1900

Carboncino e gessetto su carta, mm 225 x 165

Barcellona, Museu Picasso. Dono dell’artista, 1970
© Succession Picasso, by SIAE 2015


Di questi anni fecondi e inquieti, e dei talenti che li animarono, dà conto La rosa di fuoco, la grande mostra organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, a cura di Tomàs Llorens e Boye Llorens, affiancati da un comitato di esperti di chiara fama. La rosa di fuoco, ovvero l’arte e le arti a Barcellona tra 1888 e 1909, rispecchia perfettamente la cifra culturale di Palazzo dei Diamanti: mostre accuratamente selezionate, approfondite, mai banali. Rassegne che presentano in Italia artisti straordinari ma poco frequentati (tra i tanti Reynolds, Chardin, Zurbarán...) o snodi fondamentali della storia dell’arte da prospettive inedite. Il taglio di questa esposizione offre, infatti, un punto di vista particolare su quel periodo aureo dell’arte e della cultura catalana, presentandolo sullo sfondo dello scenario storico-sociale per metterne in risalto la fisionomia complessa quanto affascinante. In questa ottica i grandi protagonisti della storia dell’arte appaiono sotto una luce non scontata: è il caso del giovanissimo Picasso che nel giro di qualche anno conquista la scena artistica catalana e parigina, con il tratto graffiante del suo precoce talento. Due testimonianze folgoranti sono l’Autoritratto del 1899-1900, con il suo sguardo magnetico da enfant prodige, e il Ritratto di Gustave Coquiot del 1901, sorprendente nello stile quasi espressionista. O ancora invenzioni originalissime del genio di Antoni Gaudí, come il progetto per la chiesa della Colònia Güell, di cui viene offerta una visione ravvicinata grazie a un allestimento spettacolare. Accanto a nomi celeberrimi, vengono proposte le opere di artisti meno noti ma di grande statura, come Ramon Casas, Santiago Rusiñol, Hermen Anglada Camarasa, Isidre Nonell o Julio González. Il racconto della mostra delinea un ritratto a forti contrasti delle varie anime del modernismo, che espressero il loro immaginario attraverso una pluralità di stili. Si parte dall’eclettismo degli architetti che tra Otto e Novecento cambiarono il volto della città all’insegna della sperimentazione e del recupero della tradizione romanica, gotica e mudéjar.

Pablo Picasso

Donna a teatro (Le Divan japonais), 1901

Acquerello e gouache su cartone, cm 39 x 53

Collezione privata
© Succession Picasso, by SIAE 2015
Si passa poi alle estrose istantanee della vita moderna sul modello dei naturalisti e degli impressionisti, tra le quali spiccano Scena domestica all’aria aperta di Casas e Le Grand bal di Rusiñol, del 1891. Ci si addentra quindi nell’atmosfera equivoca dei caffè e dei ritrovi notturni, grazie alle femmes fatales e agli impasti cromatici iridescenti che resero celebre Anglada all’inizio del Novecento, per chiudere sulla dominante blu dell’ultima sala della mostra. Picasso e Isidre Nonell, infatti, scelsero questo colore per esprimere il dolore e la solitudine che il progresso si lasciava dietro nella sua marcia trionfante. Nascono così capolavori assoluti, quali Dolores di Nonell e Ragazza in camicia di Picasso, icone immortali della dignità umana. L’allestimento della mostra è stato studiato per mettere in dialogo tecniche e materiali diversi: dipinti, disegni, manifesti, fotografie, gioielli, modelli architettonici e teatrali, ceramiche e sculture, oltre 120 opere testimonieranno come tutte le arti siano state percorse da un medesimo fuoco di rinnovamento.
Un programma di iniziative culturali accompagnerà la mostra, sotto il titolo di Barcellona modernista: città dei prodigi. Un ciclo di conferenze organizzato dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Dipartimento di Architettura in collaborazione con la Pinacoteca Nazionale porterà a Ferrara esperti di levatura internazionale che offriranno un punto di vista ravvicinato sui differenti ambiti e le varie personalità attraverso cui si è espressa quella temperie culturale. La collaborazione con il Conservatorio “G. Frescobaldi”, la Fondazione Teatro Comunale e l’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio offrirà ulteriori suggestioni sull’universo musicale e sulla poetica di Gaudí. Infine, per il pubblico dei più giovani, la Fondazione Ferrara Arte ha in programma una novità. Una proposta di laboratori “en plein air” riservati ai centri estivi della città e della provincia metterà nelle mani dei più piccoli quel tesoro di immaginazione, curiosità e sperimentazione che è la straordinaria eredità della “rosa di fuoco”.
Informazioni

LA ROSA DI FUOCO. La Barcellona di Picasso e Gaudí Ferrara, Palazzo dei Diamanti 19 aprile – 19 luglio 2015

A cura di Tomàs Llorens e Boye Llorens Organizzatori Fondazione Ferrara Arte e Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara La realizzazione della mostra è stata possibile grazie alla fondamentale collaborazione del Museu Nacional d’Art de Catalunya

Orari di apertura
Dal 19 aprile al 31 maggio: 9.00 – 19.00
Dal 1 giugno al 19 luglio: 10.00 – 20.00
Aperto anche 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno
Aperture serali straordinarie fino alle 23.00: 25 aprile, 1 e 22 maggio, 1 giugno, 17, 18 e 19 luglio

Informazioni e Prenotazioni Mostre e Musei tel. 0532 244949, diamanti@comune.fe.it www.palazzodiamanti.it
Ufficio stampa Studio ESSECI, Sergio Campagnolo tel. 049 663499,   info@studioesseci.net www.studioesseci.net
Dopo La rosa di fuoco
Dopo l’apertura il 19 aprile della rassegna La rosa di fuoco. La Barcellona di Picasso e Gaudí, la Fondazione Ferrara Arte ha in cantiere una serie di appuntamenti di alto profilo scientifico che hanno un particolare significato per la città di Ferrara, poiché si focalizzano su alcuni momenti cruciali della sua storia artistica e culturale.
Dal 14 novembre 2015 al 28 febbraio 2016, la mostra De Chirico a Ferrara, 1915-1918. Pittura metafisica e avanguardie europee celebrerà il centenario dell’arrivo di Giorgio de Chirico nella città estense e racconterà la nascita e lo sviluppo di una delle più importanti correnti artistiche del Novecento: la pittura metafisica. Organizzata in collaborazione con l’Archivio dell’Arte Metafisica e con la Staatsgalerie di Stoccarda e curata da Paolo Baldacci e Gerd Roos, l’esposizione ricostruirà il percorso di Giorgio de Chirico nei tre anni trascorsi a Ferrara, che determinano profondi cambiamenti nella sua opera. De Chirico infatti trova ispirazione nelle atmosfere sospese della città emiliana: scorci urbani e interni si popolano di manichini, di oggetti scoperti nelle vetrine del ghetto, di dolci e forme di pane tipiche della tradizione locale che, accostati l’uno all’altro, liberano nuovi e misteriosi significati. La pittura ferrarese di De Chirico ha avuto un’influenza cruciale non solo sull’arte italiana, ma anche sulle avanguardie europee. Per questa ragione ai dipinti metafisici realizzati dell’artista in questi anni faranno eco le opere di alcuni dei suoi compagni d’avventura, come Carlo Carrà, Filippo de Pisis e Giorgio Morandi, e alcune dei capolavori dei più importanti artisti dadaisti, come Man Ray e Raoul Hausmann, e surrealisti, come René Magritte, Max Ernst e Salvador Dalí.
Dal 24 settembre 2016 Palazzo dei Diamanti dedicherà una nuova e affascinante esposizione a uno dei capolavori della letteratura occidentale, l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, per celebrare i 500 anni della prima edizione. La mostra, a cura di Guido Beltramini e Adolfo Tura, si prefigge di andare oltre la semplice dimensione documentaria o di analisi della fortuna figurativa del libro, e si propone come un inedito, coinvolgente viaggio nell’universo ariostesco. Attraverso una selezione di splendide opere, alcune delle quali dei grandi artisti nominati dall’Ariosto nel poema – da Bellini a Mantegna, da Dosso a Leonardo, da Raffaello a Sebastiano del Piombo, da Michelangelo a Tiziano –,
l’esposizione condurrà il visitatore tra le pagine del Furioso, facendo rivivere il fantastico mondo cavalleresco che nutrì l’immaginario del suo autore. Dipinti, sculture, disegni, incisioni, arazzi, armi, libri, manoscritti e manufatti di straordinaria bellezza, evocheranno le battaglie, i tornei, gli amori e le imprese dei paladini ariosteschi, offrendo al tempo stesso un suggestivo spaccato della Ferrara in cui fu concepito il poema e raccontando giochi, sogni, desideri e fantasie di quella società delle corti italiane del Rinascimento di cui Ariosto fu cantore sensibilissimo.
Nel solco della consolidata attività di promozione della conoscenza di Ferrara e di quei fenomeni artistici e culturali germogliati in città che hanno avuto grande respiro internazionale, la Fondazione Ferrara Arte è promotrice anche dell’apertura, nell’autunno 2015, di una mostra dedicata a Michelangelo Antonioni: l’EYE Filmuseum di Amsterdam ospiterà infatti dall’11 settembre al 29 novembre 2015, la quarta tappa della mostra dedicata al maestro ferrarese e al patrimonio del Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara-Museo Michelangelo Antonioni, dopo gli appuntamenti a Palazzo dei Diamanti, al Centre for Fine Arts di Bruxelles e alla Cinemathèque Française di Parigi.

FEDERICO GORI / COME AFFERRARE IL VENTO


Pistoia, Palazzo Fabroni 9 maggio / 26 luglio 2015

Inaugurazione venerdì 8 maggio 2015, ore 18
con aperitivo in terrazza e apertura fino alle 22
Inaugurerà venerdì 8 maggio p.v., alle ore 18.00, a Palazzo Fabroni (Pistoia, via Sant’Andrea 18) la mostra FEDERICO GORI/COME AFFERRARE IL VENTO. Promossa e organizzata dal Comune di Pistoia/Palazzo Fabroni, e curata da Marco Pierini, la mostra è un’iniziativa realizzata con la collaborazione del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci nell’ambito del progetto regionale “Cantiere Toscana Contemporanea”. È sponsorizzata da Publiacqua.
Progettata interamente per le sale del secondo piano di Palazzo Fabroni, l'esposizione si lega al contesto architettonico e storico dell’edificio in maniera organica, in un equilibrio compositivo pensato ad hoc per gli spazi del museo, in modo che il tutto appaia come un’unica, grande installazione composta però, al suo interno, da opere differenti per natura, dimensioni e materiali. Si tratta della prima, grande mostra personale che Federico Gori, che vive e lavora a Pistoia, tiene in un istituto museale pubblico.
Ulteriori informazioni:

"ROMAGNANO: VOCI DELLA GRANDE GUERRA"

Inaugurazione della mostra, Sabato 9 maggio 2015 - ore 16.00, presso il Museo Storico
Etnografico della Bassa Valsesia, Villa Caccia - Romagnano Sesia (NO), Viale Antonelli 3

Interviene il prof. Enrico Pagano, Direttore dell'Istituto Storico della Resistenza di Biella, Vercelli e Valsesia

Una storia diversa da quella che i libri sono soliti scrivere.Una sfida, per portare alla luce, non solo gli eventi, ma le persone, ciascuna con le sue debolezze, le sue emozioni ed i suoi sogni. Dopo cento anni, queste voci tornano a farsi sentire attraverso le lettere dei combattenti, gli oggetti d’epoca, i libri, le spiegazioni degli esperti e le interpretazioni teatrali.
Una lente di ingrandimento sulla storia locale inserita nel contesto mondiale.
Un’iniziativa pensata per i giovani, così che possano conoscere questo aspetto del conflitto, ma anche per chi, questi racconti, li ha ascoltati dalla bocca dei nonni.
Mettere in luce l’umanità in una fase storica dove ciò che è prevalso è stato il disumano, per comprendere cosa ha realmente significato questa guerra, per chi l’ha vissuta e per tutti noi.
 
La mostra resterà aperta dal 9 maggio al 12 luglio, negli orari di apertura del museo.
Per informazioni:
tel/fax  0163.827237
            347.5391441
            393.2776391
e-mail 
info@museostoricoromagnano.it

Visitare i musei al cinema: libertà di sognare

Su Il Fatto Quotidiano dello scorso 5 novembre, Augusto Sainati, professore universitario e critico cinematografico, ha espresso il suo parere sulla nuova moda di diffondere, attraverso il cinema, occasioni culturali non direttamente legate al cinema, come è il caso di Musei Vaticani 3D, proiettato per un solo giorno lo scorso 4 novembre.
Personalmente non sono del tutto contraria perché se da una parte concordo certamente con Sainati riguardo il fatto che spesso si tratta di realizzazioni che basano il proprio successo quasi esclusivamente sull'impatto emotivo, sulla suggestione delle immagini in 3D e quindi sul confezionamento di un prodotto molto commerciale e limitatamente culturale nel vero senso della parola, dall'altra, però, bisogna considerare che questi documentari hanno il merito di portare nei grandi musei del mondo, persone che nella loro vita probabilmente non vi potranno mai entrare per lontananza fisica o per altri motivi.
Se una immagine 3D non produrrà le stesse sensazioni di una visita dei Musei Vaticani dal vero, tuttavia non priviamo le persone della possibilità di sognare. E in questo il cinema e le nuove tecnologie possono essere di grande aiuto.
 
 

I MOOCs applicati ai musei: le nuove frontiere della fruizione museale

di Caterina Pisu



Leggendo un post di David Greenfield dal suo blog View from a Blog, mi sono molto interessata all’applicazione degli ultimi sviluppi dell’e-learning all’ambito museale. David Greenfield inizia con la considerazione che le visite ai musei sono sempre un’esperienza molto coinvolgente. Che si tratti della visita di una mostra temporanea o di una galleria, che si segua un percorso proposto dai curatori o dagli operatori didattici, o che si compia autonomamente, costruendo, in tal modo, un nostro personalissimo modo di vedere quella esposizione, in ogni caso ne trarremo sempre grandi vantaggi. Quando si ha la possibilità di vedere i luoghi e gli oggetti nelle proprie reali dimensioni, dal vivo, potendo osservare materiali e dettagli, l’intelletto e la curiosità dei visitatori sono catturati e affascinati molto più che dall’osservazione sul web di immagini ridimensionate. In ogni caso, per facilitare l’esperienza di visita, i professionisti museali cercano di progettare e ottimizzare i siti web anche per la realizzazione di pre-visite, che aiuteranno poi la visita reale, offrendo dei punti di riferimento e delle conoscenze preliminari.
Ma non tutti potranno prendere parte alla visita reale: costi e distanze possono creare ostacoli difficili da superare a molti potenziali visitatori dei musei. Questo rappresenta uno dei punti critici da risolvere.
Un aiuto può venire dai recenti progressi del web: il continuo sviluppo e l'integrazione dei media digitali, ovvero l’uso del web e dei social network, possono fornire alcune soluzioni interessanti e innovative a questo problema o almeno possono cercare di ricreare alcune delle condizioni che si verificano durante lo svolgimento di una visita guidata. Durante queste visite, per esempio, coloro che vi partecipano creano delle comunità temporanee nelle quali viene condivisa la prospettiva di interpretazione delle opere o, più in generale, dell’allestimento, così come proposto dalla guida, aggiungendo, però, anche il proprio punto di vista o sollevando questioni. Si crea, così, un dialogo tra la guida e i visitatori che consente lo scambio di informazioni, osservazioni e la ricerca di risposte alle proprie curiosità.
La domanda è: può essere attuato il trasferimento di un tipo di esperienza analogo anche alle visite on-line? Si è accennato al fatto che alcuni musei stanno già sviluppando strumenti web che funzionano come pre-visita. Sebbene questo sia un importante servizio messo a disposizione dei migliori siti web dei musei, bisogna dire che in realtà questo non supera tutte le limitazioni alla fruizione del museo che penalizzano i potenziali visitatori impossibilitati a raggiungere fisicamente il museo.
La proposta, dunque, è quella di utilizzare le possibilità offerte dai MOOCs (Massive Open On-line Course) che consentono la partecipazione interattiva su larga scala e l’open access attraverso il web. In pratica i MOOCs sono capaci di integrare i punti di forza dei social media (web 2.0) e del web semantico (3.0).
Per comprenderne meglio l’utilizzo, dobbiamo collocare questo strumento nell’ambito dell’e-learning, di cui il MOOC è l’ultima frontiera che si traduce, appunto in “massive open online course”, cioè corsi online gratuiti e aperti a tutti. Da poco tempo è possibile accedere a questi corsi gratuiti, online, da molte università in tutto il mondo. Su You Tube è disponibile un video che spiega molto chiaramente il funzionamento dei MOOCs:


In Italia, l’Università La Sapienza di Roma è il primo ateneo ad essere entrato nel progetto Coursera, lo spin off universitario nato nell’aprile del 2012 su iniziativa di due docenti dell’Università di Stanford, Daphne Koller e Andrew Ng, con l’obiettivo di creare uno spazio sul web dove chiunque possa partecipare a corsi on-line gratuiti su diverse materie. 
Rispetto a corsi online di tipo tradizionale, un MOOC si basa sul presupposto che il grande numero di partecipanti costituisca il punto di partenza per lo sviluppo di elevate connessioni e interazioni, elemento fondamentale per la divulgazione dell’apprendimento. Inoltre i MOOCs, che sono gratuiti, richiedono una partecipazione attiva nella produzione e nel repackaging di contenuti. E questo richiama moltissimo il funzionamento degli attuali social media.

E i musei? In ambito museale si possono utilizzare le potenzialità del MOOC per creare un ponte tra le esperienze reali e quelle on-line: in tal senso, esso può essere usato come sito stand-alone (cioè capace di funzionare in modo indipendente) per emulare l’esperienza di una visita guidata. I visitatori connessi on-line avrebbero la possibilità di esplorare, condividere, interpretare e creare dei contenuti all'interno di una comunità di persone con i loro stessi interessi.
Il MOOC può anche essere utilizzato come piattaforma per la creazione di mostre virtuali che, oltre agli evidenti vantaggi economici, permetterebbe, per esempio, di mostrare quelle opere che sono conservate nei magazzini, offrendo ai visitatori ulteriori approfondimenti della produzione di un artista, di uno stile o di un determinato periodo. Si possono creare, inoltre, mostre di opere d’arte o manufatti che sono disseminati in tanti musei, in varie parti del mondo, che altrimenti difficilmente potrebbero essere viste simultaneamente. Si possono anche formare dei sotto-gruppi, all’interno di una comunità, per coloro che sono interessati a discutere argomenti ancora più specifici, per esempio determinate opere o movimenti artistici, storici, ecc. ecc. Le possibilità di utilizzo sono veramente illimitate.
Forse la visita di una mostra on-line potrebbe non essere così appagante come l'esperienza reale, ma le funzioni del MOOC, per mezzo delle connessioni e delle interazioni su cui si basa il sistema, sono in grado di ricreare ciò che avviene durante una visita reale, quando si formano comunità temporanee tra le persone che vi partecipano; e questo è il primo passo per rendere la visita on-line più vicina a quella on-site.
Mi viene in mente l’esempio citato da Umberto Eco nel suo articolo “Il museo nel terzo millennio”: l’idea di un museo trasportabile, fatto non di opere originali, ma di immagini proiettate dei capolavori dei più importanti musei del mondo, per permettere a tutti di vedere ciò che probabilmente non potranno mai raggiungere fisicamente. Un’idea concepita dall’architetto Konrad Wachsmann, condivisa da Eco, per il quale il museo del terzo millennio sarà “sempre inedito, sempre capace di offrirmi nuove sorprese”. E forse questo è l’obiettivo che si potrà raggiungere con le nuove tecnologie, grazie al superamento delle distanze e alla possibilità di mettere in connessione tra loro milioni di persone.


 Cari amici, in questi anni in cui ho svolto l’incarico di direttore scientifico del Museo Civico “Ferrante Rittatore Vonwiller”, dal 2019 a...