Comunicazione vera o apparente?



Quando parliamo di musei e di comunicazione sui social media, "non è sempre tutto oro quel che luccica", soprattutto se la comunicazione e il rapporto sul web con il pubblico sono affidati totalmente a società in house

Se non c'è alcun coinvolgimento da parte dello staff del museo, in realtà il dialogo è solo apparente, e se non si può dire che si tratta di un bluff però è evidente che tra il museo e i visitatori virtuali è stata posta una barriera.

Nel settore del marketing la questione è già stata approfondita e uno degli aspetti fondamentali di una buona strategia è la capacità di interagire in prima persona.

A tale proposito, così si è espressa Carlotta Petracci, esperta italiana di storytelling e di comunicazione, fondatrice dello studio creativo White

La prima cosa che facciamo noi, quando un marchio ci affida la gestione della sua pagina o dei suoi profili, è fare un piano editoriale che sia contemporaneamente di approfondimento (anche se in pillole) e di intrattenimento. Raramente ci sostituiamo ai marchi nelle risposte perché riteniamo che quello sia un lavoro molto personale e che un marchio, come una persona fisica, debba prendersi la responsabilità della costruzione della propria reputation online. E' una questione di autenticità. Noi possiamo sviluppare piani, campagne, contenuti visivi e di copy, ma non possiamo e non vogliamo sostituirci alle persone. Le conversazioni sono una cosa preziosa e devono essere vere".
(Dal magazine "Uomini e donne della comunicazione")

Forse è per questo che i piccoli musei (o i grandi musei che dimenticano di essere tali) raggiungono il cuore delle persone più in fretta? 

Riforma della cultura: «Una macelleria» per Antonio Paolucci




Tratto da INSIDEART  del 29/07/2014


«A me, come ad altri, ha colpito questo colpo di mano senza che i vari soprintendenti e gli storici dell’arte, cioè coloro che hanno il polso della situazione, siano stati in qualche modo partecipati, come sarebbe logico pensare. Il risultato è che con la scusa della spending review sono state proposte cose che potrebbero tradursi in vera macelleria culturale». Così, in una intervista ad Avvenire, Antonio Paolucci, storico dell’arte già ministro dei Beni culturali e soprintendente e oggi direttore dei musei Vaticani, critica la proposta di riforma dei Beni culturali lanciata dal ministro Dario Franceschini. In particolare contesta l’accorpamento delle soprintendenze e il puntare tutto su pochi grandi poli museali guidati da manager: il direttore di una grande catena di supermercati deve saper accontentare i clienti di oggi; un soprintendente degno di tal nome lavora anche, se non soprattutto, per gli uomini e le donne che devono ancora nascere. Ma ora ci sono queste mitologie esterofile e ci vuole la fondazione, ci vuole il manager».
Secondo Paolucci il patrimonio culturale prima che a fare quattrini serve a creare i cittadini, a fare degli italiani un popolo con una propria identità e specifiche caratteristiche culturali: «Questa è la vera nostra forza». E rispetto a esempi come il Louvre e l’Ermitage commenta: «Da noi non esiste questa tipologia di grande museo generalista. Da noi il museo è in ogni luogo. L’Italia è un museo diffuso all’ombra di ogni campanile. È il riflesso della nostra storia fatta di cento capitali. Noi storici dell’arte questo lo sappiamo bene, altri probabilmente non lo sanno e il vero moltiplicatore occupazionale è quello generato dal nostro patrimonio culturale: il bello diffuso che diventa qualità del prodotto italiano».

Il Sindaco di Roma, Marino: i piccoli musei accolgano concerti e sfilate di moda




Nei giorni scorsi, il Sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha dichiarato: "Abbiamo deciso di utilizzare i piccoli musei. Vogliamo renderli maggiormente fruibili, più vivi attraverso una programmazione che comprenda presentazioni di libri, concerti e anche sfilate di moda".(http://www.liberoquotidiano.it/news/cronaca/11647127/Roma--Marino--piccoli-musei.html)".

Quando i politici esprimono un'opinione sui musei, in genere ne parlano come qualcosa di inutile che ha bisogno di essere valorizzato portandoci dentro iniziative che solitamente sono totalmente avulse dai contenuti e dalla programmazione culturale di quei musei. Scatole vuote da riempire, in sintesi. Ma ha senso considerare i musei solo degli "spazi" e non pensare piuttosto a farli diventare dei musei veri, se non lo sono, dotandoli di personale competente e di un minimo di risorse?

Basterebbe osservare ciò che già esiste e che funziona, sia in Italia che all'estero, e ci si accorgerebbe che più che le sfilate di moda e i concerti, ciò che fa funzionare bene quei musei, soprattutto i piccoli musei, è la capacità di comunicare, di relazionarsi con il pubblico, in particolare con i residenti, la passione (e ovviamente la capacità e le competenze) delle persone che li gestiscono.

Solo se esistono queste premesse, allora il museo può anche permettersi di esulare dai suoi contenuti specifici per accogliere tematiche che in determinate circostanze gli consentono di ampliare il dialogo con il proprio pubblico. Ma se il museo è "spento", non saranno certo le sfilate di moda a renderlo vivo.

Meet me at the museum: ricordi da condividere



Una bella iniziativa del Museum of Liverpool, “Meet me at the museum”, è stato sviluppato espressamente per i visitatori più anziani. Consiste nel coinvolgere le persone (ogni settimana per un paio d’ore) a “rivolgere uno sguardo nostalgico” ai ricordi dell’infanzia, in particolare ai giochi che si usavano una volta. L’esperimento è stato molto positivo soprattutto per il clima di condivisione e di amicizia che si è creato tra persone che non si conoscevano prima. E’ stato coinvolto un pubblico vasto ed eterogeneo, dai singoli anziani ai nonni con nipoti e anche alcune famiglie. Si è parlato di giochi "vintage" come la trottola, le bambole di legno e quelle di carta cui si potevano ritagliare e cambiare con differenti abiti, e tanti altri. 
I visitatori, coinvolti e divertiti da questo viaggio indietro nel tempo, si sentono spesso esclamare frasi come: “Mia madre aveva bambola come quella!” oppure “Devo avere un giocattolo simile a quello in soffitta!”. Il tutto avviene in modo informale e in un ambiente accogliente che predispone alla reciproca cordialità. 

Musei brasiliani e Mondiali di Calcio


In occasione dei Mondiali di Calcio FIFA 2014, l’Instituto Brasileiro de Museus(Ibram), l’Instituto Brasiliana e il Núcleo de Cultura Digital del CentroBrasileiro de Análise e Planejamento (CEBRAP) hanno dato vita, dal 30 maggio scorso, al portale MuseuBR, che presenta i 146 musei situati nelle dodici città ospitanti le competizioni della Coppa del Mondo.



Gli utenti potranno avere accesso, per ora, alle informazioni di base in portoghese e in francese, ma nei prossimi anni il progetto sarà ampliato (nei contenuti e nelle informazioni) e aggiornato (nelle funzionalità e nel design) per adattarlo anche ai dispositivi mobili e permettere l'integrazione con i social network.
La creazione del Portale è stata annunciata dal ministro della Cultura, Marta Suplicy già nell’agosto dello scorso anno. Si tratta del primo risultato di un progetto più articolato finalizzato non solo a sviluppare e gestire un portale web per fornire informazioni sui musei brasiliani, ma anche a sostenere le azioni di tutela, recupero e valorizzazione del patrimonio materiale ed immateriale brasiliano e, inoltre, ad ampliare l'accesso del pubblico alla cultura.
Dal 2003, infatti, la politica culturale brasiliana sta puntando a democratizzare l'accesso ai musei e a potenziare le varie forme di comunicazione con il pubblico.
Per quanto riguarda le iniziative nelle singole città, a São Paulo, musei e teatri hanno preparato un programma speciale per gli appassionati di calcio durante la Coppa del Mondo, come, ad esempio, la mostra organizzata dal Museu da Língua Portuguesa che analizza le influenze dello sport nella lingua, aiutando i visitatori a riconoscere il significato di parole come “goleiro leiteria”, “jogador gaveteiro”, “corta-luz”, “fazer cera” e “cavalo paraguaio”.
Il Museu do Futebol, invece, che si trova vicino alle tribune dello stadio Pacaembu, funzionerà a orario prolungato dalle 9 alle 22 pm, con la mostra temporanea Brasil 20 Copas. 



Altre mostre e iniziative analizzeranno i temi più vari, sempre in rapporto con il gioco del calcio: i santi patroni delle squadre saranno oggetto di mostre e workshop promossi dal Museu de Arte Sacra di São Paulo; i calciatori di colore nella storia del calcio brasiliano, saranno i protagonisti della mostra “O Negro no Futebol Brasileiro” del Museu Afro Brasil. Il Museu do Café esporrà le maglie di calcio storiche della squadra brasiliana, utilizzate nelle Coppe del Mondo 1970-2011.
“Ora Bolas!” è il nome della mostra organizzata presso il Museu de Arte Contemporânea de Pernambuco (MAC), a Olinda, che raccoglie una collezione di opere donate da circa 60 artisti provenienti da Pernambuco e da altri Stati, come San Paolo e Rio de Janeiro, oltre ad opere straniere.



Nello Espaço Ciência, nel Complexo de Salgadinho, si svolgerà la mostra “Il calcio è scienza” in cui si risponderà a domande come: "perché la palla è rotonda?" e "perché il prato è verde?". Tra le attività promosse, visitatori vedenti bendati e non vedenti giocheranno insieme al calcio, sperimentando le reciproche sensazioni.

Non si dimenticano, tuttavia, tra le varie e pesanti ombre che hanno oscurato la preparazione di questi Mondiali brasiliani, anche il tentativo di abbattere il Museu do Indio di Rio de Janeiro per effettuare l'ampliamento dello stadio "Mário Filho" e la costruzione di un parcheggio pubblico, nell’ambito delle opere realizzate per i Mondiali di Calcio. Demolizione scongiurata grazie all’occupazione degli Indios, in trincea dal 2006 e recentemente sgomberati con la forza, e alle proteste pubbliche sia dal Brasile che dall’estero, che hanno scoraggiato il governo.





L’Ermitage Italia si sposta da Ferrara a Venezia

Il sindaco di Venezia e il direttore del Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo hanno firmato un accordo di cooperazione tra la Fondazione dei Musei Civici di Venezia e l'Hermitage, uno dei più grandi musei del mondo, con un patrimonio di più 3 milioni di opere d'arte. Sperando di non ripetere il flop di Ferrara.
Fonte: 







Le Maire de Venise et le Directeur du Musée l'Hermitage de Saint-Pétersbourg ont signé un protocole de collaboration culturelle entre la Fondation des Musées Civiques de Venise et l'Hermitage, l'un des plus grands musée du monde avec un patrimoine de plus de 3 millions d'oeuvres d'art de tous les temps.
Venise est une ville où l'antique se mêle au contemporain avec la Biennale d'Art et d'Architecture, la Fondation Guggenheim et la Fondation Pinault. Les Musées Civiques de Venise sous l'impulsion de sa nouvelle directrice l'énergique Gabriella Belli, donnent de plus en plus d'espace aux expositions d'art contemporain dans les nombreux palais Vénitiens pouvant les accueuillir : le musée d'Art Moderne Ca' Pesaro dernièrement complètement rennové, mais aussi à l'intérieur du Palais Correr. Les deux Musées entendent développer des expositions encore jamais présentées au public, centrées principalement sur l'art contemporain.
L'Hermitage Italie prendra place dans les locaux historiques des Procuratie Vecchie de la Place Saint-Marc, de propriété des Assurances Generali, siège d'un Centre d'Etudes et de Recherches sur l'Art Italien à l'Hermitage et de projets à réaliser dès 2015.
Dans un premier temps, le Centre d'Etudes l'Hermitage à Venise commencera par offrir six nouvelles bourses d'études - en plus des 100 déjà attribuées les années passées - à des chercheurs dans le but de compléter des études en cours sur les rapports historico-artistiques entre la Russie et l'Italie.
Dans un deuxième temps, les dites recherches seront publiées en Italien et en Russe, à commencer par la catalogation de la sculpture italienne à l'Hermitage du XVII au XVIII ème siècle : 316 œuvres, « de Bernini à Canova » qui sortira cet automne, suivi par la catalogation de la peinture italienne du XVIII, XIX et XX ème siècle puis par la « Peinture Vénitienne de la Renaissance » à l'Hermitage.
Les expositions suivront en 2015, débutant par une exposition dédiée à Mariano Fortuny (collection du Palais Fortuny de Venise) au Musée de l'Hermitage, suivie par l'exposition au Palais Franchetti « Glasstress 2015 Gotika  » à Venise avec une sélection d'oeuvres historiques de l'Hermitage et d'artistes contemporains russes.
Les potentialités sont énormes : toutefois il faudra toute la vigilance de Gabriella Belli, une main de fer dans un gant de velours, pour éviter un autre potentiel nauffrage comme celui survenu au premier Hermitage Italie installé à Ferrare de 2007 à 2013 qui s'est réduit à une unique exposition réalisée en cinq ans d'activité et une ardoise de 2 millions d'euro.

Il mio museo ideale: colorato, istruttivo ma anche divertente come un videogioco!


Intervista al giovanissimo blogger Marco Mameli


di Caterina Pisu


Il 18 novembre scorso, Jake McGowan-Lowe, il ragazzo scozzese di 11 anni autore del blog Jake's Bones, era stato protagonista di un mio post con la sua personale visione del museo ideale. 

Ma Jake non è l'unico ragazzino autore di un blog culturale. In Italia il suo omologo è Marco Mameli, giovanissimo autore del blog http://marco-mameli.blogspot.it/.

Una notte al Museo, Cagliari, maggio 2014


Marco ha 10 anni, frequenta la quinta elementare a Cagliari, adora i videogiochi, fare calcio e scautismo. Il suo film preferito è Harry Potter; il libro più amato: la storia di Dragon Ball. Adora fare foto e cantare e la sua canzone preferita è Uncle Grandpa canta i classici.

Oltre che con il suo blog, Marco è attivo anche su Instagram

Avendo saputo che Marco è stato molto attivo, ultimamente, soprattutto durante Monumenti Aperti (la manifestazione nata in Sardegna per riscoprire la cultura come valore primario), gli ho chiesto di concedermi un'intervista per sapere come immagina il suo museo ideale. 
Marco ha tratteggiato molto bene un museo in cui non sia difficile imparare e non sia necessario leggere lunghi testi noiosi, ma dove ci si possa divertire e conoscere cose nuove anche con l'aiuto di disegni e spiegazioni audio. 
I ragazzi di oggi sono abituati a giocare con i videogiochi e quindi è quel tipo di interazione e di comprensione intuitiva che si aspettano anche da un luogo come il museo. Hanno bisogno di ambienti che sappiano trasmettere emozioni e infatti Marco vorrebbe vedere musei più colorati e meno freddi, dove non solo vista e udito ma perfino l'olfatto siano tutti coinvolti nell'esperienza di visita. 



Ecco l'intervista di Marco:

Marco, quando hai deciso di aprire il tuo blog e perché?

Quando avevo 5 anni mio padre ha deciso di aprire un blog per me. A 8 anni me ne sono aperto uno mio.

Nel tuo blog ho letto che hai partecipato a varie manifestazioni che riguardano, in particolare, i musei o le aree archeologiche, per esempio, Una Notte al Museo e Monumenti aperti. Che cosa ti è piaciuto di più di queste manifestazioni?

Una Notte al Museo sono andato a guardare i giganti e invece gli altri ho partecipato attivamente: Monumenti aperti con la mia classe come guide all'Anfiteatro Romano di Cagliari. Mi è piaciuto di più fare foto e catturare reti WiFi per condividere le foto con Instagram. E ovviamente un pochino anche giocare!

C’è un museo o un luogo culturale che preferisci tra quelli che hai visitato fino ad oggi? E perché ti è piaciuto?

No, è ingiusto fare preferenze.

Entrando in un museo che emozioni ti piacerebbe provare sempre e che cosa, invece, ti infastidisce o non ti piace?

Mi piacerebbe poter avere dei videogiochi riguardanti i contenuti del museo a disposizione dei visitatori in più lingue. Non mi piace leggere tutti i testi che compaiono nel museo: sarebbe molto meglio avere una sintesi di alcune cose e voci registrate.

Immagina di essere il direttore di un museo: quali sono le prime 3 cose che faresti?

1) farei fare i videogiochi dedicati ai contenuti del museo;
2) farei disegnare le spiegazioni del museo da bravi disegnatori;
3) farei colorare i muri, mettere musiche di sottofondo e profumi nelle sale.

Grazie, Marco!


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   Ringrazio Ilenia Atzori, collega dell'APM, Coordinatrice regionale Sardegna, che ha reso possibile questa intervista mettendomi in contatto con il padre di Marco, il Dott. Andrea Mameli. 

Fotografando Cagliari


Raccontare il museo che nasce

Quando la comunicazione 2.0 aiuta il dialogo tra musei e comunità: il Museo San Paolo di Monselice


Nel mio post del 4 maggio scorso, "Quando il museo chiude per restauri: i tanti vantaggi del buon uso dei social media" avevo descritto il caso del Museo di Storia Naturale di Oxford i cui responsabili, in concomitanza con il periodo di chiusura per restauri, si erano ingegnati per non interrompere il dialogo con la propria comunità e con i visitatori, realizzando un apposito blog e mantenendosi attivi sui social media. 
Un altro caso studio, questa volta tutto italiano, è quello del Museo San Paolo della città di Monselice, in provincia di Padova. Per raccontare giorno per giorno i lavori di allestimento dell'area degli scavi dell'ex chiesa di San Paolo e del Museo della città, è stato creato un blog. Non solo, è stato messa a disposizione di chiunque desideri rivolgere delle domande allo staff, un indirizzo di posta elettronica. Al blog è associata, inoltre, l'attività su Facebook, su Pinterest e su You Tube
Attraverso i social media, lo staff potrà raccontare e spiegare le scelte museologiche ed espositive che saranno fatte e la comunità potrà partecipare attivamente. Un museo che si può definire realmente "of the city, by the city, for the city" (David Fleming).

#smallmuseumtour: visitiamo virtualmente un piccolo museo



Il 90% dei musei italiani è di piccole e piccolissime dimensioni. Spesso si tratta di patrimoni quasi sconosciuti ma che meriterebbero di essere valorizzati e usufruiti da tutti perché “il viaggio in un piccolo museo è un viaggio verso l'autenticità” (Giancarlo Dall’Ara).
Non sempre, però, per le ragioni più disparate, è possibile muoversi per raggiungere questi luoghi: il lavoro, la salute, i costi di un viaggio, impediscono a molti di godere di questo svago culturale.
Alcuni grandi musei sono riusciti a superare queste difficoltà grazie, per esempio, a soluzioni web avanzate che consentono di effettuare visite virtuali, ma un piccolo museo che non ha le stesse risorse finanziarie come può risolvere il problema? L’aiuto viene dai social media e, in questo caso particolare, da Twitter.
L’Associazione Nazionale Piccoli Musei ha così deciso di lanciare una nuova iniziativa su Twitter, #smallmuseumtour, una serie di visite guidate virtuali che, nel corso di un’ora, permetteranno a tutti coloro che lo desiderano, di conoscere un piccolo museo attraverso otto “tappe”, con la guida dei curatori. Ogni “tappa” corrisponde all’immagine di un oggetto o di un angolo del museo, di una postazione, di qualsiasi dettaglio che il curatore riterrà utile per condurre la sua visita guidata. Sarà possibile interagire con i curatori, porre domande e dialogare, esattamente come si farebbe durante una visita reale.

Il primo degli 11 appuntamenti previsti fino alla fine di luglio, sarà lunedì 12 maggio. Dalle ore 15.00 alle 16.00 tutti “sintonizzati” su Twitter per visitare virtualmente il Museo del Bottone di Santarcangelo di Romagna, in compagnia del suo direttore, Giorgio Gallavotti. Ogni settimana sarà possibile visitare un museo diverso. Il giorno e l’ora potranno variare, ma se ne darà notizia in largo anticipo. Basta tenere d’occhio l’hashtag #smallmuseumtour.

Altre informazioni:

Quando il museo chiude per restauri: i tanti vantaggi del buon uso dei social media


Foto tratta da http://seamsandstitches.files.wordpress.com


Quando si dice che i social media possono essere molto utili alla comunicazione museale, si pensa, solitamente, a situazioni di routine. Ma è proprio nei momenti non usuali che i nuovi mezzi di comunicazione possono essere un’ancora di salvezza. Ecco che cosa è successo al Museo di Storia Naturale di Oxford quando lo scorso anno è stato chiuso per restauri.
Poco prima della chiusura, lo staff ha cominciato a preoccuparsi che la gente si dimenticasse dell'esistenza del museo. I social media sono sembrati l’unica soluzione per “restare vivi”. Si poteva continuare a mantenere il contatto con la gente e contemporaneamente mostrare il lato più giocoso del museo? Valeva la pena tentare.
Per prima cosa è stato creato un apposito blog per il periodo di chiusura, Darkened not Dormant, che dimostrava che stavano accadendo tante cose anche se il museo era chiuso: per esempio rivelando il mistero dei graffiti in stile vittoriano ritrovati durante i lavori di restauro del tetto; oppure seguendo i programmi outreach dello staff educativo.
Dopo il blog, il secondo obiettivo è stato Twitter: è stato scelto l’account @morethanadodo che ha riscosso subito successo assicurando un buon numero di followers. Quando, il 15 febbraio, è stato riaperto il museo dopo 14 mesi di restauri, si è avuto un incremento di followers su Twitter ed è stato lanciato anche un account Instagram. Il blog è stato archiviato ed è iniziato il lavoro per il nuovo blog, More than a Dodo, che non servirà soltanto per promuovere programmi ed eventi, ma soprattutto per raccontare nuove storie e per spiegare come funziona il museo.

Che cosa sarebbe successo senza l’aiuto dei social media? Sicuramente il museo avrebbe dovuto interrompere o ridurre notevolmente il suo dialogo con la comunità e, una volta riaperto, ci sarebbe voluto del tempo per tornare alla condizione precedente la chiusura. Il periodo occorso per i restauri, invece, non solo non ha inibito la comunicazione del museo, ma l’ha addirittura incrementata, procurando molti altri  followers su Twitter.
Ci sono abbastanza spunti per riflettere e per convincere i responsabili di musei ancora reticenti ad aprirsi finalmente ai nuovi mezzi di comunicazione facendone un uso intelligente e vantaggioso.

Il caso studio è tratto da un articolo di Rachel Parle, interpretation and education officer presso l’Oxford University’s Museum of Natural History, Museum Practice, 15.04.2014

 Cari amici, in questi anni in cui ho svolto l’incarico di direttore scientifico del Museo Civico “Ferrante Rittatore Vonwiller”, dal 2019 a...