In attesa del Sesto Convegno Nazionale dei Piccoli Musei



Mancano 32 giorni al Sesto Convegno Nazionale dei Piccoli Musei, il momento più atteso per tutti coloro che seguono l’attività dell’APM perché si tratta di una delle poche occasioni in Italia in cui si pone l’attenzione sulle realtà “minori” e “periferiche” del patrimonio museale nazionale. 
Si parla, però, non di un ambito minoritario, ma del 90% circa dei musei italiani; per questa ragione ci sorprende che di essi si discuta così poco: forse la causa è da individuarsi nel fatto che le politiche culturali sono in genere più orientate verso quelle istituzioni museali che meglio rispondono al bisogno di valorizzazione piuttosto che di tutela, di grandi numeri anziché di conservazione dei patrimoni locali. Allora forse noi siamo in controtendenza ma nonostante questo i nostri convegni attirano ogni anno un gran numero di uditori, fatto che dimostra che in realtà l’interesse intorno ai piccoli musei è molto alto.

Il nostro convegno è un’occasione di reciproco scambio perché non solo si discute di tematiche che riguardano la gestione dei piccoli musei, ma perché si cerca anche di dare voce a chi vi lavora. Conoscere questi che spesso definisco “casi studio” ma che forse sarebbe più corretto indicare come “storie di persone e di comunità”, sempre coinvolgenti e sorprendenti, è essenziale per comprendere la necessità di preservare questi luoghi, importanti non per il numero di visitatori ma soprattutto per la loro missione culturale e sociale.  

Gli esempi sono i più svariati: negli anni passati sono state presentate le esperienze di musei statali, regionali, civici, privati, gestiti da fondazioni e da associazioni; musei dislocati tanto in piccole città quanto in grandi centri. Il concetto di “piccolo museo” può essere applicato in molti casi e proprio su questo tema si sta svolgendo, ormai da due anni, una ricerca interna all’APM che condurrà alla definizione formale di “piccolo museo” e che potrà essere un punto di riferimento per gli studi futuri in questo ambito.

Grazie per i piccoli musei!” ha scritto un ex direttore di un piccolo museo americano, Frederick A. Johnsen, sul sito Museumerica. Si riferiva alla sua visita del Baker Heritage Museum, commentando così il suo entusiasmo: “Il Baker Heritage Museum esemplifica la gioia dei musei, puri e semplici. Le sue esposizioni e i diorami sono la prova che apprendimento e divertimento si possono trovare anche nei piccoli musei delle più piccole comunità. La mia visita mi ha ricordato di non trascurare musei come questo durante i miei viaggi attraverso il Paese”.

E’ lo stesso invito che anche noi dell’APM rivolgiamo a tutti coloro che ci seguono: non trascuriamo questi piccoli luoghi culturali perché molto spesso ci riservano emozioni ed esperienze non inferiori a quelle dei musei più noti e frequentati.

Vi aspettiamo a Massa Marittima, Palazzo dell’Abbondanza, il 2 ottobre dalle ore 15 e il 3 ottobre dalle 9.30.

Il futuro del patrimonio culturale

Che cosa dobbiamo attenderci dalla riforma Franceschini


E’ quanto mai curioso che uno Stato decida di risolvere i problemi degli organi periferici dei propri Ministeri, mi riferisco alle Soprintendenze, non cercando di ridare ad esse nuova linfa - per esempio favorendo nuove assunzioni, razionalizzando le spese, migliorando gli strumenti a disposizione dei funzionari - ma, anzi, impoverendole ancora di più fino a esautorarle del tutto. Sarebbe stato forse più coraggioso decidere di eliminarle d’un sol colpo, ma evidentemente si vuole prima portare all’attenzione dei media quelle che vengono giudicate inefficienze (ma che la maggior parte delle volte sono da attribuire, appunto, alla mancanza di personale e di risorse) in modo da ingrossare le fila di coloro che sono contro le Soprintendenze.
In tal modo la loro eliminazione sarà vista da tutti come il giusto epilogo di una storia fatta di scarsa produttività e pastoie burocratiche. Recentemente Salvatore Settis si è espresso su questo punto affermando, a proposito del Ddl Madia e del recente mega concorso per la direzione dei venti più importanti musei italiani, che “se questa riforma ha al centro i musei – in particolare i venti scelti come più importanti – dall’altro lato impoverisce di personale le soprintendenze territoriali. Quelle di Roma, Firenze e Napoli hanno nove storici dell’arte in tutto: come faranno a tutelare l’immenso patrimonio a loro affidato? Il vero punto per capire se questo governo rispetterà l’articolo 9 della Costituzione è se verranno fatte nelle Soprintendenze territoriali le massicce assunzioni di cui c’è assolutamente bisogno. Di questo si parla troppo poco”.
Anche per Tomaso Montanari il Ddl Madia rappresenta il "più grave attacco al sistema della tutela del paesaggio e del patrimonio culturale mai perpetrato da un Governo della Repubblica italiana perché un potere tecnico (quello delle soprintendenze, una sorta di magistratura del territorio e del patrimonio) che rispondeva solo alla legge, alla scienza e alla coscienza da oggi confluisce nel potere esecutivo. Se il governo vuol fare un’autostrada in un bosco secolare o in un centro storico, lo chiede a qualcuno che è diretto dai prefetti: cioè sostanzialmente a se stesso”.
A che cosa condurrà questa operazione di smantellamento delle Soprintendenze? C’è la percezione di ciò che ci aspetta in un prossimo futuro, anzi, domani stesso, data la velocità con cui si stanno mettendo in atto questi cambiamenti: già si parla dei Grandi progetti beni culturali approvato dal Consiglio superiore del Mibact. Una parte di questi progetti è indubbiamente buona, ma ciò che lascia perplessi, per esempio, sono i 18,5 milioni di euro per il Colosseo e che riguarderanno un intervento di tutela e valorizzazione volto al ripristino dell'arena al fine di consentirne un uso sostenibile per manifestazioni di altissimo livello culturale. I timori sono più che comprensibili, data l'importanza del monumento, anche se il Ministro Franceschini ha dichiarato che non si pensa “alle partite di calcio proposte dal presidente della Roma o ai concerti rock. Ci saranno solo eventi di altissima qualità”.
E’ evidente, in ogni caso, che stiamo assistendo ad una vera e propria corsa alla “valorizzazione”, alla famosa “messa a reddito” del nostro patrimonio culturale, non vista da tutti con simpatia. Andrea Emiliani, per esempio, grande studioso, a lungo soprintendente di Bologna, Ferrara, Forlì e Ravenna, si è espresso piuttosto duramente riguardo gli ultimi avvenimenti. Gli è stato chiesto se avrebbe partecipato al mega concorso voluto da Franceschini ed ha così risposto: “No, perché credo nel vecchio concetto italiano di applicare la competenza al luogo dove l’esperto si è formato. Uno studioso di arte piemontese non può andare in Sicilia. Io, che ho studiato a Bologna, non me la sarei sentita di spostarmi a Roma o a Milano. Sa su cosa si basa tutta la manovra? Sul concetto, falso, idiota, che invero precede Renzi, di “valorizzazione”. Quando se ne parla, si esce dalla storia dell’arte e si entra nello spettacolo. Tutto nasce intorno al 1980 dal liberismo sfrenato di Reagan e della Thatcher. Il mondo si ribalta, e l’Europa va al traino. L’arte-spettacolo ignora la storia; il museo diventa un magazzino, dove si vanno a prendere pezzi per le mostre e li si fa viaggiare, in modo tale da distruggerli nel giro di 50 anni. Mandare Piero della Francesca a Tokyo non esiste! Che senso ha un’esposizione come quella organizzata da Goldin a Vicenza sui notturni da Tutankhamon a van Gogh? Contro l’operazione omologante del ministro si è rivoltato perfino Sgarbi, che è facinoroso ma persona intelligente».

Ascoltare le parole di un uomo di 84 anni che ha lavorato a lungo nelle Soprintendenze non può far male alla politica dei nostri giorni. 

OPPORTUNITA' DI FORMAZIONE

Stage nel Regno Unito: The Open Palace Programme


Dal sito http://www.globalmuseum.org/ dove è possibile reperire le opportunità lavorative nei musei di tutto il mondo, in particolare degli Stati Uniti e del Regno Unito, è estratta la notizia di questo stage presso alcuni importanti luoghi di interesse storico del Regno Unito. Di seguito alcuni dettagli:

Contatti: Marian Coles


Scadenza: 2015/12/31

Indirizzo web: http://openpalace.co/

Dettagli sullo stage

The Open Palace Programme offre la possibilità di:

Osservare da dietro le quinte di alcuni dei palazzi e ville più significativi del Regno Unito, tra cui Hampton Court, Kensington Palace e la Torre di Londra. Imparare dai professionisti che operano nei palazzi come conservare, presentare e interpretare i siti e le collezioni. Prendere parte ad attività accanto agli esperti. Immergersi nella storia. Manipolare manufatti storici e documenti antichi. Acquisire preziose esperienze e nuovi contatti che arricchiranno il proprio curriculum. Soggiornare in alcuni dei luoghi storici più affascinanti dell'Inghilterra come Bath, Brighton, Londra, Stowe, Windsor e Buckingham.

Sono disponibili 4 borse di studio OPP di £ 500 ciascuno.

Possono partecipare candidati da tutto il mondo con buona conoscenza della lingua inglese e che siano:
- studenti universitari neo-laureati o  laureandi su argomenti relativi al patrimonio culturale.
- professionisti emergenti, retribuiti o volontari, già impegnati nel settore dei beni culturali.

Costi:

La tassa d'iscrizione all'intero programma di 21 giorni, da svolgersi la prossima estate 2016 - comprensiva di soggiorno, colazioni, una cena di benvenuto, una cena comune nel Dorset e una cena formale a Stowe, tutti i biglietti d'ingresso, tutti gli input professionale e tutti i viaggi previsti all'interno del programma - è di £ 2450.

Anticipo di £ 500 e saldo di £ 1.950.

Maggiori dettagli sul sito web.

Musei “zombie” in Galles?


Zombie. Così la BBC ha definito i musei locali del Galles che sarebbero entrati in una spirale di grave declino.
Per tentare di risolvere la situazione, lo scorso autunno una commissione di esperti è stata incaricata dal Vice Ministro della Cultura, il laburista Ken Skates, di esaminare la situazione.
Nel loro report è stato evidenziato che i musei locali possono rappresentare una grande risorsa in quanto attirano circa 2 milioni di visitatori l'anno, con un incremento del 24% dal 2004; la metà di questi riceve finanziamenti dagli enti locali; conservano e curano almeno un milione di reperti, sono in grado di stipendiare 1.300 dipendenti e di gestire più di 2.100 volontari.

Nel report, però, si sottolinea anche che molti di questi musei sono mal gestiti mentre pochi sono risultati i “buoni esempi”. Spesso gli standard espositivi sono risultati troppo superficiali e stereotipati, mai rinnovati negli ultimi cinque anni. 

Il vice presidente del National Museum Wales, Haydn E Edwards, che ha presieduto la commissione, ha fatto appello anche ai consigli locali affinché si affrontino le difficoltà finanziarie, si decida il futuro immediato dei musei locali e si lavori per un rinnovo radicale della gestione museale in Galles.  

La commissione ha quindi redatto 10 raccomandazioni che riguardano le seguenti aree:
- elaborazione di nuovi modelli di erogazione dei servizi
- rivedere il ruolo e le responsabilità del governo gallese
- favorire la collaborazione tra le organizzazioni.


C’è anche da dire che i musei sono particolarmente a rischio di tagli finanziari e di chiusura a causa delle attuali circostanze economiche. Si teme addirittura che i finanziamenti per i musei possano essere ridotti allo stesso livello del 1950, quando, però, il numero dei musei gallesi a conduzione comunale era solo un quarto di quello di oggi. 

Kysy museolta: chiedi al museo e otterrai risposta!



Kysy museolta”, “Chiedi al museo” è un’idea messa in pratica in Finlandia cui hanno aderito otto musei disposti a rispondere alle domande dei propri utenti. Tramite un form on-line è possibile soddisfare le proprie curiosità sui contenuti del museo o su qualsiasi altro tema inerente le competenze di ogni singolo museo. Le risposte vengono inviate tramite posta elettronica ma alcune domande, scelte tra le più interessanti, e le relative risposte, sono pubblicate in forma anonima sul sito. 
Un’ottima idea per abbattere quella barriera che solitamente divide chi opera nei musei dal proprio pubblico. 

Nel complesso è molto simile all’iniziativa social #askacurator, ideata da Jim Richardson nel 2010, con la differenza che in questo caso i social network non sono l’ambiente di incontro tra curatori e pubblico e, soprattutto, non si tratta di una iniziativa che si svolge solo in determinati periodi dell’anno, ma di un servizio sempre disponibile.

Varie le domande che pervengono ai curatori. Si chiedono informazioni su oggetti, personaggi storici e molto altro: per esempio c’è chi ha trovato un oggetto antico in soffitta e chiede informazioni al Museo Finlandese dell’Agricoltura su quale fosse il suo utilizzo alcuni decenni fa, oppure viene chiesto al Museo del Teatro chi ha interpretato il ruolo della Bella Addormentata nel 1950 nel Teatro Nazionale Finlandese.


Il servizio è utilizzato con molta frequenza e le risposte sono sempre puntuali e molto esaustive. Anche la pagina web del sito è continuamente aggiornata e questo incoraggia le persone a partecipare attivamente. Mi sembra davvero una bella idea da esportare!

Lavorare nei musei: aggiornamento del 25/08/2015

E' stato effettuato un aggiornamento alla pagina del blog "Lavorare nei musei". Tre nuovi indirizzi aggiunti alla lista.

Foto tratta dal sito: https://www.brooklynmuseum.org/exhibitions/work_of_art_2011





Il Museo del Genocidio Armeno di Yerevan: luogo di incontro tra i popoli

Quando diciamo che i musei possono essere luoghi di incontro e di superamento dei contrasti, delle differenze e delle esclusioni, non siamo utopisti. Lo si comprende quando si leggono notizie come questa, pubblicata sul sito del Museo del Genocidio Armeno riguardo la visita di una delegazione composta da 50 intellettuali turchi, tra docenti e studenti universitari, ai quali il direttore del Museo, Hayk Demoyan, ha illustrato la storia del genocidio armeno. Gli ospiti hanno anche visitato il monumento che ricorda le vittime, dove hanno deposto una corona di fiori.

Foto tratta dal sito: http://online-books.openu.ac.il/english/genocide/images/page%2029_fmt.jpeg

E’ interessante notare che dall'aprile 2015 ad oggi il museo è stato visitato da più di trecento cittadini turchi. Nonostante la posizione rigida del governo turco riguardo l’ammissione dell’avvenuto genocidio che ha provocato accese polemiche proprio pochi mesi fa, il popolo turco evidentemente è cosciente della realtà dei fatti.

Foto tratta dal sito http://heifer12x12.com/2012/09/18/barev-armenia/woman-at-genocide/

Il Museo del genocidio degli Armeni è stato inaugurato nel 1995, in occasione dell’80° anniversario del genocidio del popolo armeno, avvenuto nel 1915. Sorge sull’altura di Tsitsernakaberd, dove è stato collocato un monumento commemorativo alle vittime del genocidio. Conserva una vasta documentazione su questo dramma troppo a lungo ignorato, molte fotografie e documenti che illustrano ogni aspetto della realtà storica dei fatti. Il Museo dispone anche di una biblioteca, di una sala conferenze e di altri ambienti destinati allo studio e alla ricerca.


Una piccola nota personale: ho conosciuto la storia del genocidio degli Armeni fin piccola per una circostanza particolare, in quanto sono stata cresimata da un vescovo cattolico armeno, Mons. Cirillo Giovanni Zohrabian, ora Servo di Dio in attesa di beatificazione. Mons. Zohrabian si salvò dallo sterminio solo perché, durante la Prima Guerra mondiale, essendo già frate cappuccino, ricevette l’ordine dei suoi superiori di lasciare l’Armenia per trasferirsi a Costantinopoli. Si legge nel sito dei Frati Cappuccini che “dal 1916 al 1920 aiutò in tutti i modi i greci del Ponto e dell'Anatolia, perseguitati e angariati: quattro anni di missione nel silenzio dei campi di concentramento turchi, dove c'erano anche molti prigionieri italiani. Il 7 marzo 1923, fu catturato dalla polizia turca, dopo una messa clandestina in una baracca. Qui termina la sua opera in favore dei fratelli perseguitati e incomincia la sua propria testimonianza. Il tribunale di Trebisonda lo condannò a morte per impiccagione. Fu condotto nelle carceri di Costantinopoli sotto scorta armata dove l'11 e il 12 marzo 1923 soffrí la terribile tortura turca del "palahán": cinque volte sessanta colpi di verga sulle piante dei piedi. Poi la sentenza di morte fu commutata in quella di esilio perpetuo”.

Il caso dell’Art Institute of Chicago: fuori tutti i volontari bianchi dal museo

Fonte dell'immagine: The Federalist Negli Stati Uniti, presso l’Art Institute of Chicago (AIC) si è aperto un caso che potrebbe essere d...