Dal blog dei Piccoli Musei:

Piccoli Musei: L'accoglienza nei musei è un "servizio aggiuntivo"...


"Musei Accoglienti" è il filo conduttore dei Convegni dell'Associazione Nazionale Piccoli Musei. Il prossimo è in programma ad Assisi l'11 novembre pomeriggio, nella sala della Conciliazione nel palazzo del Comune. L'ingresso è gratuito. Vi aspettiamo!

Il live su Twitter del Quarto Convegno Nazionale dei Piccoli Musei



A distanza di sole tre settimane dall'inizio del Quarto Convegno Nazionale dei Piccoli Musei, in programma ad Assisi l'11 e il 12 novembre 2013, ci prepariamo al live su Twitter. Chi non potrà essere presente, ci segua su Twitter, attraverso la pagina di @PiccoliMusei
Raccomando di utilizzare l'hashtag #piccolimusei2013 per partecipare al live e per intervenire con i propri commenti. Vi aspettiamo!

Meet a Museum Blogger: what a good idea!













Ho scoperto una bella iniziativa del blog Museum Minuteleggendo alcune interviste a bloggers italiani, come Marina Lo Blundo Francesco Ripanti.
L’idea, lanciata nel gennaio di quest’anno, si intitola Meet a Museum Blogger ed è molto accattivante: si tratta di un incontro settimanale con Museum Bloggers da tutto il mondo, i quali si presentano alla comunità del blog attraverso una breve intervista.

Aderire all'iniziativa è semplice, basta essere un blogger, occuparsi a vario titolo di musei e, infine, rispondere ad una serie di domande che ci verranno sottoposte. L’intervista sarà realizzata in inglese.

L’obiettivo, ovviamente, non è esaltare se stessi, ma creare una rete di contatti tra i bloggers, far conoscere le buone pratiche, le idee e le singole esperienze professionali di ogni blogger per un reciproco arricchimento. Gli ideatori sperano che questa sezione del blog possa diventare anche un luogo per promuovere la discussione sulle tematiche più attuali che riguardano il mondo dei musei.

Museum Minute è un blog statunitense che si rivolge ai professionisti museali ma anche agli appassionati di musei. Nasce da un’idea di Lindsay Smith, consulente e fondatore della società Exhibitsmith. Con Lindsay Smith collaborano Jamie Glavic ed Heather Stecklein. Dall'estate del 2012, Jamie ha assunto la responsabilità primaria della gestione del blog.

Notizie dal Museo del Bottone

Dopo l'intervista a Giorgio Gallavotti, direttore del Museo del Bottone di Santarcangelo di Romagna, dello scorso 16 giugno, mi piace continuare a seguire questo piccolo, incredibile museo, che è capace di attrarre tanti visitatori da tutto il mondo.
Il direttore, con l'entusiasmo e la passione che lo contraddistinguono, ha scritto un comunicato stampa per far conoscere gli ottimi risultati ottenuti, fino ad oggi, nel corso del 2013, e che mi pregio di pubblicare in questo blog.


MUSEO DEL BOTTONE COMUNICATO STAMPA 10/2013
Nel mese di settembre si è interrotta la seria positiva in crescendo delle visite al Museo del Bottone.
Nel mese di settembre 2012 con un  +37.84% avevamo toccato la rispettabile cifra di 3395 firme.
Quest’anno ci siamo fermati a 3052: -11,24%. Sono venuti a mancare numerosi gruppi dei russi dirottati da Rimini a Pisa ed a Roma.
Nonostante questo, il 2013 continua ad essere un anno d’oro per il Museo. Su base annua abbiamo un +33,58% di firme ed alla fine di settembre 2013 abbiamo superato con oltre tre mesi di anticipo tutte le firme del 2012. Le firme totali dal 10-05-2008 sono 110.717. Provate a fare il conto se teniamo presente che su due persone una solo firma.
Quest’anno la risonanza internazionale ha raggiunto ottimi livelli, oltre il 55% dei visitatori sono stranieri.
Con l’arrivo della stagista Beatrice Morellini siamo ora in grado di fare le visite guidate gratuite in francese, tedesco ed inglese. Abbiamo le informazioni cartacee in russo, cinese, bulgaro, oltre ai tradizionali francese, tedesco, spagnolo ed inglese
Pensate che siamo a conoscenza che almeno una ventina di persone, europee e non, hanno conosciuto il Museo attraverso i mass media o internet, nei loro paesi. Le pubblicazioni tedesche sono diverse; arrivano i tedeschi con il giornale e chiedono se quello che è scritto sul loro giornale è questo Museo.
La notorietà internazionale ha fatto sì che anche i reperti siano aumentati, con i bottoni del 1700-1800 arrivati dalla Polonia, dalla Russia, dal Tibet, dal Giappone e dalla Cina. Dal Giappone un Netsuké in avorio dei primi del '900, regalato da Marta Leoni di Faenza; la mia amica giornalista cinese Tian Pingsha mi ha portato i bottoni con fregi da divise di generale dell’esercito cinese. Aspetto la fotografia del generale per farne un quadro ed esporlo al Museo.
Si è arricchita anche la biblioteca con un catalogo di bottoni dalla Danimarca e due dalla Polonia.
Ad Assisi, l'11-12 novembre 2013, parteciperò al 4° convegno nazionale dei Piccoli Musei. Io relazionerò alle 9,30 del 12 novembre ed ho a disposizione circa 30  minuti per presentare i piccoli musei ed il Museo del Bottone.
Sullo schermo, dopo l’immagine di Santarcangelo  si vedranno i bottoni con la figura di Maria Antonietta, Mozart, Giapponesi del 1600, il bottone disegnato da Pablo Picasso negli anni 1920 per Coco Chanel, i bottoni dei Papi, quello di Maria Luisa D’Austria, la seconda moglie di Napoleone, e quello del loro figlio l’Aiglon e tanti altri.
Dopo Castenaso, Battaglia Terme ed Amalfi, questa di Assisi è un’altra vetrina nazionale per questo piccolo oggetto che incanta i visitatori.
Non è finita qui, perché nel 2014 vi sono in programma altri avvenimenti.
A Vicenza al Museo dell’oro, nel 2014-2015 saranno in mostra bottoni gioiello del Museo del Bottone, e un video. Nell’ambito delle "Attività Didattiche della Università per la terza età" di Rimini nella sezione "Percorsi del pensiero e razionalità" il 31-01-2014 presenterò una relazione dal titolo "Cosa può mai dire un bottone".
E' abbastanza per essere soddisfatto, unitamente ai collaboratori, che ringrazio e che quest'estate si sono impegnati tantissimo. Siamo stati al servizio dei turisti mattino, pomeriggio e sera per oltre quattro mesi e credo che i santarcangiolesi, che quando hanno ospiti non mancano di portarli al Museo, ne siano orgogliosi.

Cordiali saluti

Giorgio Gallavotti
Direttore e fondatore del Museo del Bottone, il primo ed unico in Italia

Santarcangelo 03-10-2013





Dall'alto:

Netsukè giapponese dei primi del 1900 in avorio per kimono dono di Marta Leoni

Bottoni giapponesi del 1600:  il primo in ebano, avorio e strati di madreperla, con corniola lavorata a buccia d'arancia per il drago

Bottone di Maria Antonietta, del 1800. Miniatura sotto vetro con 8 zaffiri bianchi

MARIO CHAGAS: IL PIÙ GRANDE PATRIMONIO DI UN MUSEO È IL SUO PUBBLICO

Riporto qui un articolo uscito il 27 settembre sul giornale colombiano El Tiempo.com, a seguito dell’incontro organizzato da Icom Colombia, “Musei e patrimonio”, lo scorso 18 settembre.
In quella occasione, l’antropologo brasiliano Mario Chagas, asesor museológico del Museo della Repubblica di Río de Janeiro, ha evidenziato la funzione sociale dei musei (soprattutto dei piccoli musei, quando riescono ad instaurare uno stretto legame con le loro comunità), e l’importanza di favorire l’accesso democratico alla cultura.



Nel 1972, a Santiago de Chile, in occasione di una tavola rotonda di esperti in museologia, si discusse della funzione sociale dei musei. Quarant’anni dopo, si contano numerosi esempi di musei che esprimono la propria vocazione sociale in vari modi. E’ questo il caso del Ponto de Memória de Terra Firme, Belén (Brasile), dove un gruppo di donne ha deciso di impegnarsi per recuperare la gastronomia locale. Iniziando da questo progetto, oggi si può dire che la comunità locale è cosciente dei propri diritti culturali e che lotta per questi.
Così afferma Mario Chagasasesor museológico  del Museu da Repùblica di Río de Janeiro,  intervenuto ad una conferenza tenutasi a Bogotá per discutere di come questi spazi culturali possono produrre un cambiamento sociale.
Un altro caso è il Museu de Favela (Pavão, Pavãozinho e Cantagalo), a Río de Janeiro. Lì la comunità stessa gestisce il museo e riesce anche a sopravvivere dignitosamente grazie alle visite e alla vendita di prodotti dell’artigianato locale.
Per Chagas «il museo non può essere visto come un qualcosa di statico e distante dalle comunità. È importante democratizzare l’accesso ai musei esistenti, e usare la democratizzazione del museo come uno strumento»,  commenta.
Tuttavia, il fatto che ci siano comunità che creano i propri musei e che li fanno vivere, non esonera i governi dalle proprie responsabilità e dal dovere di sviluppare politiche che promuovono l’accesso alla cultura e che garantiscano la sopravvivenza dei piccoli musei.


Memoria e creatività


Un altro argomento che è stato affrontato durante l’incontro organizzato da Icom Colombia, riguarda una formula proposta da Chagas che include le variabili museo, patrimonio, memoria e creatività. Per lo studioso brasiliano, i musei sono una forma di appropriazione del passato e di proiezione nel futuro, però richiedono un esercizio costante della memoria.
Chagas ribadisce che chi non conosce la sua storia è destinato a ripeterla. Per l’antropologo, dunque, tutta la creazione necessita di memoria. «Nello stesso tempo, chi ha memoria, ma non riesce ad essere creativo, ricorda solo il passato, cioè un altro tempo rispetto a quello in cui vive. E’ necessario, invece, che memoria e creatività siano presenti insieme», conclude.



Traduzione dallo spagnolo di Caterina Pisu

Musées (em)portable: ancora tre mesi per partecipare



Il 13 dicembre è il termine ultimo per partecipare alla terza edizione del concorso Musées (em)portable, il concorso francese cui tutti possono partecipare con un filmato della durata di non più di tre minuti, realizzato in un museo o che, in ogni caso, abbia come oggetto un argomento che si riferisce ai musei, alle mostre o ad eventi culturali che si sono svolti nei musei, anche un "dietro le quinte" realizzato da chi in un museo ci lavora.

L'importante è che i filmati siano stati realizzati con un telefono cellulare, uno smartphone, con telecamere e macchine fotografiche portatili oppure con un tablet, e che non superino la durata di tre minuti.
Il concorso è organizzato da Museumexperts. L’evento si svolgerà presso il SIMESITEM,  il Salone Internazionale dei Musei e dei luoghi di cultura, il 28, 29 e 30 gennaio 2014, presso il Carrousel du Louvre, a Parigi. 


La partecipazione è gratuita ed è aperta a tutti, anche ai ragazzi di età inferiore ai 18 anni.

L’idea di questo concorso è nata dall'osservazione che esiste uno stretto collegamento tra la diffusione dei cellulari e di altri dispositivi mobili e la sempre più estesa modalità "globale" della comunicazione. Sono un miliardo i dispositivi mobili in circolazione in tutto il mondo: perché non utilizzarli per qualcosa di creativo? La proposta, allora, è quella di realizzare un filmato in un museo, perché se è vero, come affermano gli organizzatori, che la sicurezza impone le sue regole e spesso non è concesso filmare o fare fotografie nei musei, si possono rompere schemi troppo rigidi a vantaggio della libertà e di una maggiore soddisfazione dei visitatori, tenendo conto di poche, semplici regole. Sono principi che l'Associazione Nazionale Piccoli Musei riconosce come propri, ed è per questo che abbiamo deciso di dare il nostro supporto per il secondo anno consecutivo al concorso francese Musèes (em)portables, su invito del Presidente di Museumsexpert, Jean François Grunfeld.

Il concorso prevede la selezione dei migliori filmati da parte di una giuria, la quale assegnerà i seguenti premi: 


- il Gran Premio della Giuria: € 2000 

- Secondo e terzo posto: € 1.000 ognuno

- per gli autori di età inferiore ai 18 anni che parteciperanno individualmente o in gruppo (le scuole, per esempio), il Ministero della Cultura francese assegnerà il premio di € 2500 che si articolerà come segue: € 1500 al film primo classificato, € 500 ciascuno al secondo e terzo classificato.


MODALITÁ DI PARTECIPAZIONE:

L’iscrizione al concorso deve essere effettuata compilando il modulo di registrazione (1), l'autorizzazione all'utilizzo del filmato da parte dell'organizzazione (2) e la dichiarazione di titolarità del copyright della colonna sonora utilizzata nel filmato (3).

Questi sono i moduli da scaricare (tutti in lingua francese):


I tre moduli dovranno essere inviati, unitamente alla copia del filmato, in formato .avi, registrato su CD, DVD o su USB, al seguente indirizzo:



Musées (em)portables /Museumexperts

18 rue de la Michodière
Paris 75002
France


L'assegnazione dei premi si svolgerà tra il 29 e il 30 gennaio 2014, a Parigi, presso il Carrousel du Louvre.


Altri documenti da scaricare:

Regolamento in lingua italiana
Regolamento in lingua francese
Locandina ufficiale del concorso





Pranzare al museo: la classifica dei dieci migliori ristoranti

Dal Blog di Maria Alessandra Tioli, La Cucina Economica, pubblico il link a questo interessante articolo:  La Cucina Economica: Pranzare al museo, i dieci migliori ristoranti, pe...: Una veloce carrellata sui musei che meritano una visita anche solo per il loro ristorante. 

E' chiaro che un museo deve offrire qualcosa di più che un buon ristorante, ma se un visitatore ha la possibilità di godersi una visita rilassante e di concluderla anche con un ottimo pranzo in un un ambiente gradevole, ben venga! Anche questo rientra nelle buone prassi dell'accoglienza e in questo blog abbiamo affrontato l'argomento in varie occasioni. Buona lettura!

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Musée d'Orsay Restaurant, Parigi

La nuova Newsletter dei Piccoli Musei

Dal blog dell'Associazione Nazionale Piccoli Musei 


di Giancarlo Dall'Ara

  
E' appena uscito il primo numero della newsletter dei Piccoli Musei curata da Caterina Pisu. Si parla del prossimo convegno di Assisi, e dei progetti in cantiere. Ecco uno stralcio:
"L'APM, in collaborazione con il quotidiano Il Messaggero, sta preparando un nuovo progetto che avrà inizio il prossimo autunno. Si tratta di un concorso che si ispira al britannico Telegraph Family Friendly Museum Award, ideato da Kids in Museums. L'obiettivo non è solo premiare i musei preferiti dalle famiglie attraverso un concorso che si svolgerà online dalle pagine de Il Messaggero, ma soprattutto mettere in evidenza il rapporto tra i musei e questa categoria di visitatori. Abbiamo già ottenuto l'adesione di soprintendenze, sistemi e reti museali, singoli musei. Per quest'anno il concorso interesserà le regioni in cui è diffuso Il Messaggero, ovvero Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo. I responsabili dei musei ubicati in queste regioni, che sono interessati al concorso e che sono disponibili a concedere l'ingresso gratuito oppure una riduzione sul biglietto d'ingresso ai lettori de Il Messaggero, possono contattare via e-mail Caterina Pisu (caterinapisu@alice.it) per avere ulteriori informazioni."

La trovate anche sulla nostra pagina Facebook:


The spirit of sharing: le nuove strategie di comunicazione dei musei nell'epoca di Twitter


Dal New York Times del 16 marzo 2011, è tratto questo articolo di Carol Vogel, intitolato “The Spirit of Sharing” che descrive in che modo alcuni musei statunitensi si sono preparati ad affrontare i cambiamenti imposti dalle nuove tecnologie alla comunicazione museale. L’articolo mette in evidenza il lavoro svolto dai singoli professionisti che operano nel settore della comunicazione digitale di alcuni grandi musei. Persone che, talvolta, vivono quasi ininterrottamente “on-line” e che hanno il compito di monitorare le propensioni e gli interessi dei visitatori internauti e il loro modo di comunicare con l’istituzione museale. Un lavoro non facile che deve essere affrontato tenendo sempre presente gli obiettivi primari del museo senza farsi condizionare dalle “mode” che inevitabilmente le folle contribuiscono a diffondere e cercando di svolgere il proprio ruolo di mediatori nei confronti della società. Siamo, però, ancora all’inizio di questa trasformazione della comunicazione tra i musei e il pubblico. I progetti che implicano partecipazione e condivisione di contenuti sono ancora relativamente pochi e per ora la maggior parte dei curatori continua a svolgere il proprio lavoro in modo tradizionale.





Shelley Bernstein vive con il suo computer. Quasi tutti i giorni si rintana nel suo ufficio spartano presso il Brooklyn Museum, dove lavora come Chief Technology Officer, inventando modi per far venire le persone in visita al museo e al suo sito Web, brooklynmuseum.org.


Ogni sera torna a casa in bicicletta, a Red Hook, Brooklyn, per stare con Teddy, il suo amato pit bull, e anche da casa continua a monitorare la presenza dell'istituzione su Facebook, Flickr, YouTube, Four Square e Twitter, dove ha quasi 183.000 seguaci.
Alcuni dei suoi progetti – per esempio mostrare ai suoi followers un tepee di 28 metri in costruzione nel museo o invitarli a partecipare ad una mostra proponendo un quiz sulle arti visive – le hanno portato a una marea di inviti a tenere conferenze in tutto il mondo.
Un decennio fa, i siti web museali erano poco più che una pagina di pubblicità on-line e si limitavano alla visualizzazione degli orari del museo, dei prezzi del biglietto d’ingresso e delle mostre in corso. Ora, invece, la tecnologia in continua evoluzione ha creato nuove opportunità, e persone come Shelley Bernstein stanno diventando elementi fondamentali per aiutare i musei a svilupparsi.
Se avrete occasione di parlare con qualunque professionista che si occupi di nuove tecnologie museali, vedrete che inevitabilmente la conversazione si focalizzerà soprattutto su una parola: fidelizzazione.
«Puntiamo più sul visitatore che sulla tecnologia» - conferma la trentasettenne, dinamica Shelley, rispondendo prontamente a ogni domanda del suo intervistatore. «Alla fine, quello che vogliamo è che le persone sentano di appartenere a questo museo. Chiediamo loro di dirci quello che pensano. Anche le recensioni negative, in caso di un nostro errore, ci possono essere d’aiuto. Vogliamo entrare in contatto con la nostra comunità.»
I musei hanno cercato a lungo di essere luoghi accoglienti e paradisi dell’apprendimento, ma ora i social media li stanno trasformando in luoghi di creazione di comunità virtuali. Su Facebook o su Twitter o su qualsiasi sito web museale, ognuno può esprimere il suo parere. Perciò i curatori e i visitatori on-line possono comunicare, imparando gli uni dagli altri. E quando i visitatori portano al museo i propri dispositivi palmari, la potenziale interattività si intensifica.
Tuttavia, c'è un avvertimento. La nuova tecnologia è «stimolante, e riusciamo a dare una grande quantità di informazioni» - afferma Thomas P. Campbell, direttore del Metropolitan Museum of Art - «ma dobbiamo ricordare alla gente che il loro obiettivo è la scoperta dell’arte.»
La tecnologia e tutti i suoi strumenti rappresentano anche le nuove sfide dei musei. Tra queste: come installare un accesso internet wireless in vecchi edifici, così che i visitatori possano utilizzare i propri dispositivi; come tenere il passo con le continue richieste dei social media e, ancora più importante, come calibrare l’influenza del pubblico sulle attività del museo.
E’ anche importante non farsi coinvolgere troppo dalle mode. Non dimentichiamo che una volta «tutti avevano un pogo stick (saltarello) e uno scooter», ha continuato il direttore - «e che ora, invece, tutti twittano.»
Il Met ha creato la sua pagina web sull’evoluzione della storia dell'arte nel 2000, riuscendo ad attirare, lo scorso anno, più di sei milioni di visitatori. Ora(2011) il sito Web sta avendo un restyling che sarà concluso  a fine estate.
Definendo quello che la tecnologia sta producendo per il museo "un delirio di creatività", il direttore ha aggiunto: «Ogni generazione deve trovare le giuste modalità di comunicazione, e se ciò aiuta a tenere le porte aperte, allora è una buona cosa.»
Gli sviluppatori di queste tecnologie dicono che non esiste un limite alla portata del flusso di informazioni. Quando il San Francisco Museum of Modern Art dovette portare al laboratorio di restauro uno dei suoi quadri più famosi, la "Donna con un cappello" di Matisse, fu postata su Facebook una fotografia delle operazioni di rimozione del quadro. «In questo modo la gente poteva dare una sbirciatina dietro le quinte in tempo reale» - ricorda Ian Padgham, membro dello staff che cura la comunicazione digitale del museo - «È tutta una questione di trasparenza e spontaneità.»
In occasione di un viaggio a Parigi, racconta Padgham, ha pensato di cercare i luoghi dove avevano lavorato gli artisti rappresentati nella collezione del museo: «Sono stato in grado di trovare il punto esatto in cui Man Ray ha fotografato St. Sulpice». Così ha realizzato una fotografia dalla stessa angolazione e l’ha postata su Facebook con un link che rimandava all'opera originale. Il post di Facebook è stato "apprezzato" da 189 persone ed ha suscitato commenti entusiastici.
Al Museo d'Arte di Indianapolis , invece, gli utenti web possono esplorare le sue collezioni, i suoi membri, il numero di visitatori che ha avuto in un giorno specifico, e anche quanto impegno viene messo in tutte le attività. «Ci piace condividere le informazioni con il pubblico, con la stampa e con il nostro personale» - ha detto Robert Stein, vice direttore per la ricerca, la tecnologia e l'engagement al museo di Indianapolis -«Questa è una delle nostre missioni più importanti.»
Il sito web del Metropolitan Museum of Art, invece, ha dato vita ad una nuova iniziativa denominata "Connections", dove, dietro le quinte, lo staff del museo – in particolare un educatore e un produttore di media - parlano delle loro opere preferite, appartenenti alla collezione del museo. «Abbiamo creato un equilibrio tra le opinioni personali e quelle degli accademici» - afferma Erin Coburn, il chief officer of digital media del Met.
Il museo ha anche creato una sezione del sito web denominata Date Night per il giorno di San Valentino , con un assistente editoriale che descrive le opere d’arte più romantiche del Met. L’iniziativa è stata postata su Facebook, ed è stato chiesto agli utenti di condividere ciò che pensavano di queste opere. «Volevamo riproporla in ambiti differenti», ha spiegato Erin Coburn, e così il post ha ricevuto centinaia di “like”.
La differenza è che mentre i social media hanno ricevuto sempre così tanta attenzione – continua Erin Coburn - «sul sito web non ci sono state richieste di avere un maggior numero di informazioni o di avere più immagini ingrandite, più testi descrittivi, video e audio, tutti riuniti in un medesimo spazio.»
Per coloro che vogliono conoscere nei dettagli i "singoli pezzi", il museo ha introdotto anche delle applicazioni per i dispositivi mobili. Il primo è stato quello per l’esposizione, Guitar Heroes: Legendary Craftsmen from Italy to New York. Da quando è stato introdotto, il 5 febbraio 2011, più di 40.000 persone lo hanno scaricato.
Per alcuni musei, i siti Web funzionano come se fossero il loro ingresso principale. Il numero di visitatori presso l’Indianapolis Museum of Art, nel 2010, era di 430.000 visitatori, ma il suo sito web ha avuto quasi un milione di utenti che hanno potuto vedere le collezioni del museo, guardare i video e contribuire ai blog.
«Dobbiamo essere rilevanti sul Web, rendendo costantemente interessanti le nostre informazioni» - afferma Maxwell L. Anderson , direttore del Museo d'Arte di Indianapolis. Un modo, ha detto, è  quello che lui definisce il potere del "pensiero collettivo." E così nel 2009, il museo, ha creato artbabble.org, un sito Web che offre video di istituzioni museali di tutto il mondo. «Abbiamo iniziato con sei partner e ora ne abbiamo 30 in tutto il mondo», ha detto Stein.


Il network internazionale del Solomon R. Guggenheim Museum ha dato un nuovo significato alla democratizzazione dell'arte quando ha creato il progetto YouTube Play, grazie al quale chiunque, con una videocamera e un computer, aveva la possibilità di inserire filmati nella sua biennale di video creativi che ha avuto luogo nel mese di ottobre in tutti i musei Guggenheim sparsi nel mondo. 
La biennale è stato un tale successo - 23.358 proposte provenienti da 91 paesi e più di 24 milioni di spettatori su YouTube – tanto che il Guggenheim è già in trattative con YouTube per l’organizzazione della prossima. «Ci ha dato la possibilità di comunicare in modo più diretto con le persone» - ha detto Nancy Spector, curatore capo del Guggenheim di New York - «Ed è stato l’inizio dell’utilizzo di un mezzo di comunicazione e di condivisione che si pensava che fosse di bassa cultura, ma che invece sta emergendo come una forma d'arte.»
La partecipazione pubblica sta prendendo forme diverse in vari musei. Il sito web del Brooklyn Museum, per esempio, ha organizzato un quiz  che aiuterà alla creazione della mostra Split Second: Indian Paintings.

Bisogna dire, in conclusione, che progetti come quelli del Brooklyn Museum e del Guggenheim sono eccezioni. La maggior parte di ciò che accade dentro i musei è ancora a cura dagli studiosi. L'obiettivo di tutta questa tecnologia resta ancora quella di portare la gente al museo.

Il più piccolo museo del mondo? E' a New York e misura sei metri quadrati

"Museum", questo il suo semplicissimo nome, ha le dimensioni di un ascensore di sei metri quadrati e infatti è stato ricavato in un ex montacarichi, a Cortlandt Alley, a New York. 

Inaugurato nel maggio del 2012, non espone opere d’arte o reperti antichi, ma mette in mostra oggetti del quotidiano, quasi uno specchio della società: uno scalda-acqua, l’incarto di una confezione di patatine, un’antenna, ecc. 



Il “pezzo forte” della collezione è la scarpa lanciata contro George W. Bush, a Baghdad, nel 2008. 



I visitatori non mancano: ogni fine settimana è visitato da circa 200 persone, ma possono entrare solo tre alla volta, dato lo spazio angusto.

L’idea di creare un museo così originale, sia per il contenuto che per il contesto, è di Alex Kalman, Benny e Josh Safdie, mentre la sponsorizzazione è dei magnati della moda Kate, Andy Spade e Bea Spade. La finalità è quella di trasformare la nostra visione di oggetti apparentemente banali, esponendoli in un nuovo contesto. Grazie ad un audio guida, i visitatori possono ascoltare la descrizione di ogni singolo oggetto.
Il Museo è aperto 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, solo su appuntamento. Ulteriori informazioni sul sito http://www.mmuseumm.com/

Museum
Cortlandt Alley
Btwn Franklin St & White St

New York City, NY 10013

Re-imagining museums for a changing world

L'immagine è tratta dal sito arthistorynews.com


I musei possono svolgere e sempre più speso svolgono un ruolo significativo nella lotta contro l'esclusione sociale. In collaborazione con le istituzioni o con altri agenti sociali, le “outreach activities” hanno aperto la strada per l’utilizzo della cultura come strumento di mediazione nell’ambito delle proprie comunità di riferimento. Alcuni obietteranno: “perché i musei dovrebbero svolgere un compito che storicamente è sempre spettato a soggetti istituzionali o religiosi?”. Questa osservazione nasce da una concezione del ruolo dei professionisti museali influenzata da una visione tradizionalista. L’immagine del curatore resta per molti, infatti, unicamente quella dello studioso e del custode delle collezioni. Solo da poco, anche all'interno della stessa comunità professionale, si sta affermando la consapevolezza che la funzione dei curatore sia molto più ampia di quanto non lo sia stata in passato e che debba uscire dai suoi confini tradizionali creando opportunità di attività esterne, anche extra-muros, a favore società.

I problemi nascono soprattutto quando bisogna cercare i finanziamenti per queste iniziative che certamente non producono benefici economici ma ne producono innumerevoli dal punto di vista sociale. Purtroppo, però, i finanziatori raramente valutano le attività sociali dei musei e il loro rapporto con le fasce emarginate delle comunità così necessarie e  vitali per i musei stessi.
Eppure, riuscire a costruire  relazioni a lungo termine con gli immigrati, i senzatetto o con le altre fasce deboli della cittadinanza non è certamente meno essenziale della creazione di un evento di successo.
Un esempio è il lavoro che alcuni musei britannici stanno facendo per i senzatetto in varie località del Paese. Tra questi, il Museo Holbourne di Bath, che svolge corsi d'arte settimanali per uomini e donne senza fissa dimora da almeno sei anni; il Museum of London, che organizza programmi mensili rivolti alle fasce vulnerabili della cittadinanza, compresi i senzatetto. E poi il progetto “Out in the Open” del  Colchester & Ipswich Museums, quello denominato “Outside In” della Pallant House Gallery, a Chichester oppure l’”Happy Museum project” del London Transport Museum.
La sostenibilità, intesa in senso sociale, cioè la creazione di relazioni di comunicazione, è al centro di tutte queste iniziative. Le relazioni richiedono tempo per svilupparsi e la fiducia non può essere acquisita nello spazio di poche ore, ma è anche molto facile che i risultati raggiunti svaniscano se i progetti non fanno parte dell’impostazione mentale di un'organizzazione museale e, quindi, se non trovano terreno fertile, dedizione costante e impegno da parte dei responsabili dei musei. 
I vantaggi, però, sono molto evidenti. Le attività outreach e le opportunità di volontariato possono aiutare i senzatetto ad acquisire nuove competenze e più fiducia in se stessi e nel prossimo, e trovare, così, un modo per tornare ad integrarsi nella società. Si è sperimentato con successo che gli individui che sono così spesso ignorati nella cultura dominante, a cui è negato l'accesso alla cultura, l’uso della creatività e anche il lavoro, ottengono da queste attività enormi vantaggi e la possibilità di avviarsi concretamente verso un cambiamento positivo della loro vita. 
Forse i musei che hanno instaurato questo rapporto con gli emarginati non sono diventati economicamente più ricchi, ma lo sono diventati sicuramente molto di più in senso professionale ed etico.

Il caso dell’Art Institute of Chicago: fuori tutti i volontari bianchi dal museo

Fonte dell'immagine: The Federalist Negli Stati Uniti, presso l’Art Institute of Chicago (AIC) si è aperto un caso che potrebbe essere d...