di Caterina Pisu
In questo post non si parla
espressamente di musei, ma di innovazione culturale e valorizzazione dei
territori, un tema che non può non interessare da vicino anche chi si occupa di
musei.
Ieri, infatti, grazie all’amica Laura Patara, ho avuto la fortuna di partecipare ad un esperimento
molto interessante, l’Experience Lab, un brainstorming
(letteralmente “tempesta di cervelli”, tecnica molto usata nel settore
pubblicitario) rivolto alle imprese culturali che a luglio troveranno sede nel
nuovo Incubatore ICult di Viterbo, e organizzato da Urban Experience e BIC
Lazio.
L’attività laboratoriale proposta
è stato il walk show di esplorazione urbana, una passeggiata
multimediale nel centro storico viterbese, in cui ci siamo avvalsi dell’uso di twitter
(#urbexp #biclazio) per raccogliere gli spunti che sono emersi nel corso del “brainstorming”
itinerante.
“Anima” dell’esperienza è stato Carlo Infante, presidente di
un’associazione di promozione sociale che ha attivato il social network urbanexperience. Infante, oltre ad
essere giornalista, esperto di teatro, nuovi media e di tecnologie per
l’apprendimento, è stato anche l’ideatore del concetto di Performing
Media, creato per definire l’interazione sociale e culturale con i nuovi
media interattivi. L’idea è promuovere l’uso creativo della città, “per reinventare lo spazio pubblico tra web e
territorio”.
Hanno preso parte all’Experience
Lab tutti soggetti attivi, in varie forme, nell’ambito imprenditoriale,
turistico, culturale, insieme alla sottoscritta che ha rappresentato
l’Associazione Nazionale Piccoli Musei.
L’Experience Lab ha anticipato ciò
che ci si proporrà di fare con la prossima inaugurazione dell’Incubatore ICult, auspicando che questa
nuova realtà possa essere anche l’”acceleratore” di un processo teso ad
aggregare gli imprenditori che vogliono investire nel territorio viterbese. E
non si tratta solo di business, «perché
vale la pena investire intelligenze ed energie nel territorio e trovare il modo
di far “giocare” i turisti, anzi, i “viaggiatori”» - per usare le parole di
Carlo Infante.
L’incubatore sarà ospitato nell’ex
mattatoio di Viterbo e - fa notare Infante” -
«i mattatoi posti in area urbana sono i luoghi che, non solo in Italia, ma in tutta Europa, per primi
sono stati dismessi e riadattati per altri usi, soprattutto culturali. Hanno
sempre fatto parte, cioè, di progetti di rigenerazione urbana associata alla
progettazione culturale».
Durante il walk show ci siamo avvalsi di un sistema radio che ci ha permesso
di rimanere connessi tra noi, muovendoci
in modo più libero rispetto alle visite guidate tradizionali che costringono a
rimanere sempre uniti gli uni agli altri, ascoltando l’unica voce della guida.
In questo caso, invece, era anche possibile allontanarsi, continuando, però, ad
ascoltare le conversazioni tra Infante e i vari partecipanti, osservando le peculiarità di uno dei borghi
più belli d’Italia, ma così poco valorizzato. Attraverso il collegamento radio abbiamo
ascoltato anche alcuni repertori audio, trasmessi mediante un tablet, che hanno
arricchito l’esperienza sensoriale.
Il percorso si è snodato per le
vie della Viterbo medievale, a cominciare dal Duomo per poi raggiungere il
quartiere medievale con una breve visita al piccolo Museo del Sodalizio dei
Facchini di S. Rosa. Si è cercato di andare oltre la classica visita che
illustra le radici storiche di una città, entrando in un’ottica diversa, cogliendo
spunti che potranno contribuire alla futura rigenerazione urbana.
Il metodo usato, quello di “camminare, osservare e dialogare”,
cambia l’approccio del brainstorming propriamente detto: in questo caso non eravamo seduti intorno a un tavolo a discutere e a confrontarci. «Siamo
come uno sciame di api che raccolgono informazioni e poi le diffondono sui
social networks» - è l’interpretazione proposta da Carlo Infante.
Nel pomeriggio, al termine dell’experience lab abbiamo accolto il pubblico per
il walk show finale dal titolo: “La terra che dice. Ascoltando il genius loci
etrusco lungo la via Francigena”, evento inserito nel programma del FestivalCollective
Project Via Francigena 2013 promosso dall’Associazione Europea delle Vie
Francigene e Civita. In pratica, abbiamo ripetuto lo stesso percorso della
mattina, ma questa volta coinvolgendo anche i nuovi partecipanti.
Che cosa è emerso da questa
esperienza? Innanzitutto che dobbiamo imparare qualcosa dal territorio. Si è
detto che Viterbo è una città poco valorizzata, così come lo è tutto il
territorio della Tuscia. Ma il “caso Viterbo” può essere esteso a tutta
l’Italia perché sono tante le situazioni simili. Si può parlare, piuttosto, di
un “caso Italia”. E’ importante, allora, riuscire a coniugare la progettazione
culturale con l’innovazione. La cultura, infatti, non è più circoscritta solo
alle “belle arti”; per cultura oggi si intende tutto ciò che caratterizza un
territorio e lo rende unico, comprendendo nel concetto la sua capacità di
produrre innovazione e creatività, ma anche quella di saper trasmettere la
propria “eredità” alle generazioni future. Cultural
heritage vuol dire letteralmente “eredità culturale”, anche se noi traduciamo
questo termine come “patrimonio culturale”, perdendo, forse, il senso più
esatto dell’espressione inglese.
Alla luce di quanto è emerso
dalla nostra riflessione, abbiamo concluso, o meglio ancora, abbiamo rafforzato
la convinzione che una delle vie di salvezza dell’Italia - forse “la via di
salvezza” - è la valorizzazione del territorio.
Tutta l’energia spesa per trasformare le città in smart-cities, cioè in ambienti urbani che impiegano tecnologie capaci
di migliorare la qualità della vita, non può non essere indirizzata principalmente verso questo
obiettivo.
Non a caso, accanto al PIL, che indica il valore totale
dei beni e servizi prodotti in un Paese e che quindi può
esprimere il benessere di una nazione, ora è considerato ugualmente importante
anche il BES (benessere eco-sostenibile), un indicatore che è in grado di
andare oltre il PIL. Che c’entra con il territorio? Moltissimo, dato che la
valutazione del BES considera
ben 12 campi che comprendono, tra gli altri, oltre al benessere
economico, all’istruzione, alla formazione, al benessere soggettivo, alla
salute e ai tempi di vita, anche l’ambiente, la qualità dei servizi, il lavoro,
le relazioni sociali, la ricerca e l’innovazione, il paesaggio e il patrimonio
culturale.
Questa esperienza ci ha anche
aiutato a capire che l’Italia è un luogo “da attraversare" e che bisognerebbe “combinare” i
percorsi in modo coerente (per esempio la via francigena con il corridoio
bizantino che collegava Roma con Ravenna). Ma non solo, abbiamo potuto
focalizzare che uno dei maggiori vantaggi che ha l’Italia è la biodiversità,
che ha reso estremamente diverso un territorio dall’altro. Dunque, bisogna cogliere
le peculiarità e saperle narrare.
Gli incontri della nostra Urban Experience viterbese
Durante la nostra esperienza, abbiamo
avuto occasione di conoscerci tra noi durante il briefing che ha preceduto l'Urban Experience e nel corso del walk show. Personalmente sono stata colpita in modo
particolare da tre di loro, senza nulla togliere a tutti gli altri, e che descriverò, di
seguito, nell’ordine in cui li ho conosciuti:
Alessandro Pichardo: alla ricerca
della tomba perduta
Il primo di cui voglio raccontare
è Alberto Pichardo, archeologo
spagnolo che si sta occupando di un progetto di internazionale che include, tra
gli altri obiettivi, la ricerca della sepoltura di Papa Alessandro IV (1199-1261),
il pontefice che trasferì da Roma a Viterbo la curia pontificia. La tomba fu
nascosta per impedire che le spoglie del Pontefice fossero depredate; dai documenti
risulta sepolto sotto il duomo di Viterbo, ma nessuno ha mai ritrovato il luogo
esatto, per cui per secoli è rimasto il “mistero” irrisolto di Viterbo.
La tecnica usata nella ricerca
condotta da Pichardo si basa sulla generazione di onde soniche, registrate da
una serie di sensori disposti seguendo un tracciato geometrico, i quali permettono
di misurare il tempo impiegato dalle onde durante il loro passaggio all’interno
dei materiali. Poiché la velocità di propagazione delle onde elastiche è in
relazione alle proprietà elastiche del materiale stesso, questo consente di
scoprire la presenza di cavità o di strutture particolari che si differenziano
dai materiali circostanti. Oltre a questa tecnologia saranno usati anche altri
strumenti, come potenti metal detector e sistemi di esplorazione robotizzati e
telecamere a fibre ottiche per le ricognizioni endoscopiche da utilizzare negli
spazi di difficile accesso.
Alberto Pichardo davanti all'effigie di Papa Alessandro IV, posta all'interno del Duomo di Viterbo |
Alberto Pichardo e un geofisico collocano gli elettrodi ai piedi della scalinata del Duomo |
Ma la ricerca della sepoltura di
Papa Alessandro IV non è, come abbiamo già accennato, l’unico obiettivo. Il
progetto si propone anche di studiare le strutture archeologiche sottostanti il
Colle del Duomo, dove dovrebbero trovarsi i resti dell’originario sito etrusco;
individuare altre cavità antropiche come cunicoli, cisterne, gallerie, cripte,
sepolture, ecc. ecc.; studiare la geologia e la stratigrafia del Colle del
Duomo; studiare e mappare le condizioni di potenziale instabilità degli edifici
situati sul Colle del Duomo, su cui per anni fu operativo l’Ospedale di
Viterbo, e dove attualmente sono ubicati il Seminario e la sede vescovile.
Intanto è notizia di pochi giorni fa che Alberto Angela realizzerà un
documentario sulle ricerche condotte da Pichardo nell’ambito del progetto
internazionale “Alessandro IV”.
La Viterbo sotterranea di Sergio Cesarini:
Il secondo personaggio di Viterbo
che ho incontrato durante la nostra Urban Experience è Sergio Cesarini, giornalista e direttore
di “Viterbo sotterranea”, un percorso di origine etrusca che si snoda
nelle viscere del quartiere medievale di San Pellegrino. Si tratta di un
patrimonio storico della città di Viterbo che Cesarini ha valorizzato
rendendolo fruibile al pubblico. Per ora sono percorribili un centinaio di
metri disposti su due livelli, a tre e ad otto metri di profondità, dove sono
visibili anche i resti di alcuni “butti” medievali, ma presto (probabilmente in
concomitanza con la Festa di S. Rosa, a settembre) si aprirà un altro tratto che
includerà alcuni spazi adibiti a laboratori didattici, soprattutto a beneficio
delle scuole. Altri progetti stanno per essere realizzati da Cesarini anche
nella provincia viterbese – e di cui spero di poter raccontare a breve - a
dimostrazione che con le buone idee, la capacità e l’entusiasmo, si possono
raggiungere obiettivi importanti che portano benefici alla comunità in termini
di sviluppo e di occupazione.
Renato Petroselli: l’imprenditore
filosofo
Tra le persone che ho conosciuto durante l’Urban
Experience, mi ha particolarmente colpito Renato
Petroselli, un viterbese che ha saputo “reinventarsi” imprenditore
turistico/culturale dopo aver lasciato la professione che, negli anni Settanta,
lo portò ad essere il primo operatore
televisivo di Televiterbo e tra i primi ad utilizzare la tecnica dello storyboard nella pubblicità.
Nel suo racconto, sollecitato dalle domande
di Carlo Infante che gli chiedeva quale fosse il rapporto dei viterbesi con la
propria città, mi ha colpita la sua frase “prima
di promuovere, bisogna conoscere”, cioè bisogna essere consapevoli del
valore di ciò che cerchiamo di promuovere. E questo è un concetto che
appartiene anche alle teorie promosse dall’Associazione Nazionale Piccoli Musei. Se i residenti non sono i primi ad essere coscienti della ricchezza del proprio
territorio, che cosa potranno trasmettere ai turisti di passaggio?
E’
fondamentale, allora, lavorare prima all’interno della comunità e poi dare
impulso al territorio, perché solo così si riuscirà a mettere in relazione chi
è depositario della conoscenza, o meglio, chi “possiede la memoria storica del luogo” con chi vuole apprendere, a
cominciare dalle nuove generazioni che a loro volta dovranno diventare
testimoni e divulgatori della propria eredità culturale.
Leggi anche: http://museumsnewspaper.blogspot.it/2015/04/libere-riflessioni-sulle-invasioni.html
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