Quando il museo chiude per restauri: i tanti vantaggi del buon uso dei social media
Foto tratta da http://seamsandstitches.files.wordpress.com |
Quando si dice che i social media
possono essere molto utili alla comunicazione museale, si pensa, solitamente, a
situazioni di routine. Ma è proprio nei momenti non usuali che i nuovi mezzi di
comunicazione possono essere un’ancora di salvezza. Ecco che cosa è successo al
Museo di Storia Naturale di Oxford quando lo scorso anno è stato chiuso per restauri.
Poco prima della chiusura, lo
staff ha cominciato a preoccuparsi che la gente si dimenticasse dell'esistenza del museo. I social media sono sembrati l’unica soluzione per “restare vivi”.
Si poteva continuare a mantenere il contatto con la gente e contemporaneamente
mostrare il lato più giocoso del museo? Valeva la pena tentare.
Per prima cosa è stato creato un apposito blog per il periodo di chiusura, Darkened not Dormant,
che dimostrava che stavano accadendo tante cose anche se il museo era chiuso:
per esempio rivelando il mistero dei graffiti in stile vittoriano ritrovati
durante i lavori di restauro del tetto; oppure seguendo i programmi outreach
dello staff educativo.
Dopo il blog, il secondo
obiettivo è stato Twitter: è stato scelto l’account @morethanadodo che ha riscosso
subito successo assicurando un buon numero di followers. Quando, il 15
febbraio, è stato riaperto il museo dopo 14 mesi di restauri, si è avuto un
incremento di followers su Twitter ed è stato lanciato anche un account
Instagram. Il blog è stato archiviato ed è iniziato il lavoro per il nuovo
blog, More than a Dodo, che non servirà soltanto per promuovere programmi ed eventi, ma soprattutto per raccontare nuove storie e per spiegare
come funziona il museo.
Che cosa sarebbe successo senza l’aiuto
dei social media? Sicuramente il museo avrebbe dovuto interrompere o ridurre
notevolmente il suo dialogo con la comunità e, una volta riaperto, ci sarebbe
voluto del tempo per tornare alla condizione precedente la chiusura. Il periodo
occorso per i restauri, invece, non solo non ha inibito la comunicazione del
museo, ma l’ha addirittura incrementata, procurando molti altri followers su Twitter.
Ci sono abbastanza spunti per
riflettere e per convincere i responsabili di musei ancora reticenti ad aprirsi
finalmente ai nuovi mezzi di comunicazione facendone un uso intelligente e
vantaggioso.
Il
caso studio è tratto da un articolo di Rachel Parle, interpretation and education officer presso l’Oxford
University’s Museum of Natural History, Museum Practice, 15.04.2014
#followasmallmuseum: i piccoli musei su Twitter
L'Associazione Nazionale Piccoli Musei lancia una campagna per la presenza dei piccoli musei
su Twitter.
Durante la settimana di #MuseumWeek, i dati hanno indicato l'Associazione Nazionale Piccoli Musei tra i protagonisti di questo evento in Europa. Ma questo non basta. L'APM rappresenta i piccoli musei ma c'è bisogno che anche ogni piccolo museo faccia sentire la propria voce su Twitter e c'è da dire che non sono molti quelli che approfittano di questa opportunità.
Durante la settimana di #MuseumWeek, i dati hanno indicato l'Associazione Nazionale Piccoli Musei tra i protagonisti di questo evento in Europa. Ma questo non basta. L'APM rappresenta i piccoli musei ma c'è bisogno che anche ogni piccolo museo faccia sentire la propria voce su Twitter e c'è da dire che non sono molti quelli che approfittano di questa opportunità.
E' lecito chiedersi per quale motivo un piccolo museo dovrebbe decidere di creare un proprio account Twitter. I motivi sono molteplici: Twitter è uno strumento straordinario che, limitando i messaggi a soli 140 caratteri, obbliga a dare subito un senso compiuto al testo che si intende postare. Uno dei vantaggi più importanti è che si può comunicare ed essere seguiti o seguire chiunque anche se non fa parte della propria reti di contatti. Ciò permette di ottenere molti nuovi followers ogni volta che un tweet risulta essere di interesse generale per molti. Un beneficio non trascurabile che permette ad un piccolo museo di ottenere molta visibilità. Gi hashtag, inoltre, permettono di individuare gli argomenti di proprio interesse e di contrassegnare anche i propri tweets con hashtag che danno la possibilità a chi ricerca le stesse tematiche di rintracciarli immediatamente.
Molto più di Facebook, Twitter permette di creare delle vere e proprie reti tra account che condividono gli stessi interessi e questo è un notevole vantaggio per i piccoli musei che possono confrontarsi con le altre realtà museali, dialogare e trovare nuove ispirazioni per la propria progettazione culturale. Invitiamo, dunque, i piccoli musei a creare subito il proprio account Twitter e a contrassegnare il primo tweet con il seguente hashtag: #followasmallmuseum
Da domani e per un tempo indeterminato, l’Asssociazione Nazionale Piccoli Musei cercherà i musei che avranno utilizzato questo hashtag e li aiuterà a conoscere le altre realtà museali che sono già attive su Twitter. Vi aspettiamo!
#MuseumWeek: l'analisi de La Magnética
Dopo l'intensa settimana di #MuseumWeek, dal 24 al 30 marzo, la società spagnola di marketing e comunicazione La Magnética ha condotto un’analisi molto approfondita sui numeri che hanno
caratterizzato questa manifestazione. Più
di 180,000 i tweets, più di 40,000 gli utenti e 600 i musei che hanno preso parte al grande evento.
La Magnética ha preso in considerazione tutti quei profili che hanno twittato con l’hashtag
#museumweek e le varie interrelazioni che si sono create tra gli utenti. La rete risultante è la
seguente e prende in considerazione i quattro paesi europei che hanno aderito
all’iniziativa: Regno Unito, Francia, Spagna e Italia.
Gli utenti più attivi sono al
centro delle varie reti. I colori rappresentano la struttura della comunità, cioè
quei gruppi che hanno mostrato una forte interazione fra i propri membri e si
vede che questi gruppi coincidono quasi perfettamente con le quattro nazioni partecipanti.
La grandezza dei cerchi è proporzionale alle menzioni inviate e
ricevute. I musei con maggiore rilevanza tra i quattro paesi europei già citati
sono dunque: Palazzo Madama da Torino (@palazzomadamato), l’Associazione Nazionale Piccoli Musei (@PiccoliMusei) da Roma e il Centre Pompidou da Parigi (@centrepompidou).
Qui sotto un dettaglio della
comunità italiana che vede Palazzo Madama e l’Associazione Nazionale Piccoli
Musei come i due centri più attivi della rete italiana.
Qui il report completo de La Magnética.
Volontari e social media
I consigli di Mar Dixon anche per i piccoli musei
In un articolo del 16 settembre 2013 di Museum Practice, Mar Dixon, social media manager di Kids in Museums, ci spiega come i volontari possono essere una risorsa importante per una organizzazione no profit.
In Kids in Museums (associazione che cerca di dare voce alle famiglie che visitano musei e gallerie della Gran Bretagna) i volontari operano in ogni settore. Mar Dixon ha iniziato a collaborare come social media manager circa tre anni fa. Quando ha iniziato, il principale account era Twitter, che allora contava circa 3.000 followers (ora ne ha 17.400). Il primo obiettivo che Dixon si è prefisso è stato quello di fare in modo che Kids in Museum diventasse più reattivo e aperto. Per costruire una strategia di social media che funzionasse e che si fondasse sulla collaborazione di volontari era necessario innanzitutto consolidare sia la fiducia nei confronti dei volontari che quella nei confronti dei followers. Dopo che gli altri canali (Facebook e Linkedin) furono attivati, Dixon cercò altri volontari affinché a loro volta promuovessero Kids in Museums attraverso quei social networks.
In un articolo del 16 settembre 2013 di Museum Practice, Mar Dixon, social media manager di Kids in Museums, ci spiega come i volontari possono essere una risorsa importante per una organizzazione no profit.
In Kids in Museums (associazione che cerca di dare voce alle famiglie che visitano musei e gallerie della Gran Bretagna) i volontari operano in ogni settore. Mar Dixon ha iniziato a collaborare come social media manager circa tre anni fa. Quando ha iniziato, il principale account era Twitter, che allora contava circa 3.000 followers (ora ne ha 17.400). Il primo obiettivo che Dixon si è prefisso è stato quello di fare in modo che Kids in Museum diventasse più reattivo e aperto. Per costruire una strategia di social media che funzionasse e che si fondasse sulla collaborazione di volontari era necessario innanzitutto consolidare sia la fiducia nei confronti dei volontari che quella nei confronti dei followers. Dopo che gli altri canali (Facebook e Linkedin) furono attivati, Dixon cercò altri volontari affinché a loro volta promuovessero Kids in Museums attraverso quei social networks.
Il concetto
era semplice: più voci che sostenevano i loro canali e più i followers avrebbero saputo che Kids in Museums era lì pronto a interagire con loro. Ma utilizzare dei volontari può comportare dei rischi per l'organizzazione?
Secondo Dixon la risposta è semplice: non sarebbero stati invitati a far parte di Kids
in Museums se ci fossero state preoccupazioni al riguardo. "I volontari sono collaboratori
favolosi ed essi stessi hanno un grande rispetto per il loro ruolo. Possono
accadere errori? Si possono commettere degli sbagli? Naturalmente. Tutti
noi siamo caduti vittime del senso dell'umorismo scatenato dalle “correzioni
automatiche”. Ma invece di eliminarli, questi errori si tengono intenzionalmente. Almeno ciò dimostra che Kids in Museums è gestito da esseri umani e che i
followers hanno a cuore la loro presenza online nonostante qualche piccola svista. Se
un nuovo volontario commette un errore, gli viene fatto capire che è tutto ok e che
non è solo. Viene messo al corrente degli sbagli più divertenti che sono stati
commessi da altri in modo che superi il senso di inadeguatezza o il timore. Dixon ricorda quella volta che sbagliò l'indicazione del giorno, martedì al posto di venerdì, o
quella volta che gli capitò di menzionare per errore un museo al posto di un altro. Dopo
quelli errori il mondo non è finito e questo ha dato modo ai followers di
uscire allo scoperto e di farsi sentire per correggerlo in modo ironico. La
parte difficile, invece, è infondere fiducia nei volontari affinché capiscano
che la loro voce merita di essere ascoltata. I corsi di formazione sono
utili, ma non sono sempre i volontari hanno la possibilità di
partecipare.
In certi casi si cerca di comunicare a distanza con loro per aiutare a costruire la fiducia in loro stessi e affinché comprendano che quell'account Twitter o Facebook appartiene anche a loro. E' importante che i volontari abbiano una certa autonomia perché Kids in Museums deve seguire molti differenti progetti, workshop ed eventi, e quindi non può seguire anche una pianificazione per quanto riguarda i tweets.
Dixon è anche convinto che i social media debbano essere innanzitutto sociali prima che strumenti di promozione. Quando diversi progetti sono in lavorazione simultaneamente si cerca di coordinare e di equilibrare il volume delle condivisioni online. Per questo è stata studiata una strategia molto semplice da seguire che include i seguenti punti:
In certi casi si cerca di comunicare a distanza con loro per aiutare a costruire la fiducia in loro stessi e affinché comprendano che quell'account Twitter o Facebook appartiene anche a loro. E' importante che i volontari abbiano una certa autonomia perché Kids in Museums deve seguire molti differenti progetti, workshop ed eventi, e quindi non può seguire anche una pianificazione per quanto riguarda i tweets.
Dixon è anche convinto che i social media debbano essere innanzitutto sociali prima che strumenti di promozione. Quando diversi progetti sono in lavorazione simultaneamente si cerca di coordinare e di equilibrare il volume delle condivisioni online. Per questo è stata studiata una strategia molto semplice da seguire che include i seguenti punti:
- Utilizzare
sempre le proprie iniziali. Questo aiuta i followers a capire chi dei
due o più utilizzatori principali sta usando l'account.
- Verificare prima i tempi prima di condivisione per assicurarsi
che non sia già in atto un'altra conversazione. Inserire un aggiornamento su
uno workshop e subito dopo su un evento diverso confonde i followers.
- E’ giusto che i responsabili
dei progetti di Kids in Museums desiderino promuovere il loro lavoro e farlo conoscere ai followers, ma dobbiamo anche ricordare che i social
media non devono essere utilizzati solo come strumento di pubblicità ispirato al marketing.
- Incoraggiare i followers a partecipare attivamente.
- Ascoltare i volontari e fare in modo che le loro esigenze sia no ascoltate. Ad esempio, alcuni volontari preferiscono usare Facebook più di Twitter, allora si è fatto in modo che gli account Facebook e Twitter siano collegati in modo che tutto ciò che viene condiviso su Facebook sia postato automaticamente anche in Twitter.
Altre linee guida fondamentali della strategia di Kids in Museum sui social media sono:
- Niente parolacce.
- Controllare sempre i collegamenti prima della condivisione.
- Non avviare una conversazione e lasciarla a metà.
La maggior parte di queste indicazioni è dettata dal comune buon senso e sembra quasi ovvia, ma all'atto pratico, in giro sui social media è più difficile vederle attuate di quanto si pensi. Affidare il proprio social media ai volontari dovrebbe essere, in ogni caso, una
meravigliosa esperienza. In due anni Kids in Museums è riuscito a costruire la propria rete sui social media con Twitter che ha visto un aumento di oltre il 366% e Linkedin e
Facebook ugualmente cresciuti in maniera esponenziale. E tutto questo grazie ai
volontari. Penso, allora, ai piccoli musei, per esempio, che spesso lamentano che la mancanza di personale impedisce loro di essere sui social media. Ecco, questa può essere una soluzione. I consigli di Mar Dixon valgono quanto per le organizzazioni no profit quanto per quelle strutture museali che non hanno le risorse finanziarie per avere del personale destinato esclusivamente alla comunicazione sul web. In questo caso i volontari possono svolgere un ruolo importantissimo per dare visibilità e voce a quei musei.
#MuseumWeek: terminata anche la seconda giornata
#MuseumWeek,
che si si sta svolgendo questa settimana dal 24 al 30 marzo, sta riunendo su
Twitter innumerevoli musei e gallerie del Regno Unito, di Francia, Italia e
Spagna: un evento senza precedenti che sta evidenziando chiaramente la
posizione sempre più importante che i social media hanno assunto nel mondo
della cultura e dei musei in particolare.
Oggi
i musei e le gallerie si sono cimentati con i loro followers in una simpatica
gara di quiz e indovinelli, #MuseumMastermind. E' stata una vera e propria maratona, durata per
ore e, in qualche caso, ancora in corso.
E'
incredibile quanto entusiasmo sta suscitando questa iniziativa: musei grandi e
piccoli, insieme, sono ormai entrati in amicizia tra loro e con i followers e
tutto lascia supporre che si creeranno dei legami duraturi che ci porteranno ad
interagire con maggior frequenza anche nel futuro. Mi sono contata anch'io con
gli altri perché da ieri sto seguendo tutta l'iniziativa sia a titolo personale
sia come rappresentante dell'Associazione Nazionale Piccoli Musei. E spero che
questa esperienza possa servire anche a mettere in luce la grande capacità di
comunicare e di essere culturalmente molto attivi e propositivi dei tanti
piccoli musei che sono attualmente su Twitter. Come amo dire: piccoli musei
dalle grandi vedute!
Thank you, Museum Bloggers!
In un post del 18 marzo scorso, Jamie Glavic, curatrice del blog Museum Minute ha ringraziato tutti i blogger che hanno partecipato al #MuseumBlogs Day. Jamie ha anche ricordato le interviste ai 44 museum blogger americani, inglesi, italiani e di altri Paesi intervistati per la rubrica Meet a Museum Blogger. E tra questi ho avuto il piacere di esserci anch'io. Tutti i Museum Blogger insieme possono fare molto per far conoscere il mondo dei musei, i problemi come le cose buone, ma anche, semplicemente, le proprie passioni, gli studi, le storie. Semplicemente noi stessi, come afferma Jamie.
Thank you, Museum Minute!
Un articolo di Vittorio Emiliani sui musei e il "tafazzismo"
Un articolo di Vittorio Emiliani (L'Unità, 24/12/2013)
Il doping delle tesi preconcette, o precotte, più sbagliate ci è ormai entrato in vena. Domanda Fabio Fazio al ministro Massimo Bray perché al Metropolitan Museum vadano molti più visitatori che ai nostri Uffizi. Domanda che non sta in piedi, anzitutto per ragioni fisiche: il milione e 700 mila visitatori degli Uffizi, se raddoppiati o triplicati, non ci «starebbero» (in attesa del raddoppio del Museo) e però il Polo museale fiorentino – che brilla di tante stelle – ha registrato nel 2012 oltre 5 milioni di visitatori, cifra vicina a quella del Met. Che peraltro pratica il prezzo «consigliato», cioè i visitatori danno quanto gli aggrada: circa 10 dollari a testa. Meno di quanto costa, in media, il biglietto in Italia. Agli Uffizi 15 euro, i ridotti 11,75.
Quindi, domanda mal posta. Che ne presuppone in genere un’altra (errata). Perché all’estero i grandi musei «sono macchine da soldi» e in Italia no? Una balla sonora. Allo stesso Metropolitan biglietti e altri proventi coprono soltanto ad una metà dei costi, il resto lo si colma con denaro federale, dello Stato, donazioni. Ugualmente il Louvre che, coi suoi tanto vantati 9 milioni di visitatori e con un apparato di servizi commerciali aggiuntivi da paura ha un 40-45 % di disavanzo annuale. Coperto dal denaro dei contribuenti. Gli inglesi hanno scelto nei musei nazionali la via della gratuità e, secondo i dati del Department for Culture, i visitatori, dal 2001 al 2012, sono cresciuti del 51 %. Quando i musei impongono un biglietto per le mostre, gli ingressi calano subito. Quindi la gratuità dei musei fa aumentare l’indotto turistico. Ed è qui che noi siamo e restiamo deboli, molto deboli. (segue sul blog dei Piccoli Musei)
#MuseumWeek. Tutti i musei su Twitter dal 24 al 30 marzo: istruzioni per l'uso
Dal 24 al 30 marzo si svolgerà la "Settimana dei Musei" su
Twitter. Seguendo l’hashtag #MuseumWeek
tutti avranno la possibilità di connettersi direttamente con le strutture
museali e con chi ne ha la responsabilità, postando tweet, immagini e video.
Parteciperanno i più grandi musei d’Europa, come la Tate Modern Gallery, il
Museo della Scienza di Londra, Musei e Gallerie di Leeds, il Museo del Louvre, il Museo d’Orsay, il Chateau de
Verasailles, il Museo del Prado, la Fundación Dalí, il Museo Picasso e il Reina
Sofía.
Ma di che cosa si tratta esattamente?
Partiamo dal dato di fatto che ogni
giorno migliaia di istituzioni culturali e di musei di tutto il mondo
utilizzano regolarmente Twitter per
comunicare.
#MuseumWeek è l’occasione per evidenziare l’importanza
di questo strumento e per “convincere” altri utenti ad utilizzarlo. Twitter ci
permette di abbattere le barriere che dividono, solitamente, i professionisti
dei musei dal pubblico; può aiutare a far capire in che cosa consiste il lavoro
di un curatore e che cosa si vuole comunicare attraverso le collezioni del
museo. Regno Unito, Francia, Spagna e Italia si sono uniti per incoraggiare i
musei ad aprirsi a questa forma di dialogo con il pubblico. Oltre ai grandi
musei già citati, ci piacerebbe se qualche “piccolo” museo aderisse all’iniziativa.
Ecco alcune delle motivazioni, tratte dal blog Museum Librarians and ArchivistsGroup,
che potrebbero convincervi a partecipare:
Perché dovremmo essere coinvolti?
- Tu sei
la persona che ha la posizione migliore per promuovere le collezioni del
tuo museo e il tuo lavoro
- Se
twitterai sotto la bandiera di un evento come #MuseumWeek sarai certo di
avere un enorme ampliamento del tuo pubblico virtuale
- Si
tratta di un evento divertente
- Avrai l’opportunità
di aggiungere qualcosa di nuovo al tuo CV
- Se
questa sarà la tua prima esperienza di utilizzo di Twitter per promuovere
le tue collezioni e il tuo lavoro, lo farai attraverso un grande evento!
Come si svolgerà?
Ogni giorno, dal 24al 30 marzo, #MuseumWeek avrà un tema e quindi un
hashtag diverso. Ciò renderà l'evento più gestibile e vi aiuterà a concentrare
i vostri sforzi. Ecco i temi cui dovrete dedicare i vostri tweets:
24 Marzo: Un giorno nella vita (#DayInTheLife)
Per esempio, raccontate che cosa fate nella vostra giornata al museo…
25 Marzo Metti alla prova la tua conoscenza (#MuseumMastermind) Qualche
quiz sui contenuti del vostro museo?
26 marzo La tua storia (#MuseumMemories) La
storia del vostro museo e la vostra (ovviamente in relazione al museo),
aneddoti, ecc.
27 marzo Edifici dietro l'arte (#BehindTheArt)
28 marzo Chiedi all'esperto (#AskTheCurator) Facciamo
domande al curatore
29 marzo MuseumSelfies (#MuseumSelfies) Avanti
con le vostre foto!
30 marzo I vincoli portano alla creatività (#GetCreative)
Si può essere creativi anche in 140 caratteri!
Per partecipare basta compilare questo modulo.
Per saperne di più:
- @MarDixon è uno dei
migliori esperti nell’uso di Twitter e nelle migliori strategie da
utilizzare per fare in modo che i musei utilizzino al meglio questo
strumento per promuovere il museo e farlo amare dal pubblico. Ha
scritto la guida 'Tutto quello che dovete sapere' sull'evento. #MuseumWeek - Perché (e come) tutti dovrebbero essere coinvolti
- Cercate
l’hashtag #MuseumWeek e
seguite le persone che ne stanno già parlando.
Buon lavoro e buona Settimana dei Musei!
Red Location Museum: un museo tra passato e futuro
Il Red Location Museum, a New Brighton, Port Elizabeth, in Sudafrica - è stato progettato dall’architetto
Joe Noero per essere sia un monumento alla battaglia del Sudafrica contro
l'apartheid sia una parte integrante della vita comunitaria in un quartiere di
periferia che è stato protagonista di questa lotta.
Il museo si trova nella baraccopoli
della Red Location, il quartiere più antico di New Brighton, teatro di uno dei
primi atti pubblici di sfida contro l'apartheid quando, nel 1952, i lavoratori neri
delle ferrovie sfidarono le leggi che impedivano l’accesso dei neri nelle zone
riservate ai bianchi.
In questa zona vivono circa 40.000
persone, con un tasso di disoccupazione che arriva all’80% e circa il 30% della
popolazione sieropositivo. E proprio nel bel mezzo di questa baraccopoli è
stato creato un museo-simbolo, con il sostegno del governo sudafricano.
Il museo, aperto al pubblico nel
novembre 2006, ha vinto tre importanti premi internazionali. Nel giugno 2006 è
stato insignito del Royal Institute of British Architects inaugural Lubetkin
Prize "per l'opera architettonica più straordinaria che sia stata
costruita al di fuori del Regno Unito e dell’Europa da un membro del Royal
Institute" - battendo la concorrenza agguerrita da parte del Canadian War Museum
di Ottawa e del The Terrence Donnelly Centre di Toronto. Nel
2005 Il Red Location Museum ha ottenuto anche il World Leadership Award per l'architettura e
l'ingegneria civile, il Nelson Mandela Bay Municipality e il Dedalo Minosse
International Prize.
"Costruire un museo sull’era
dell'apartheid nel bel mezzo di una periferia che è stata un focolaio della
ribellione è un risultato straordinario" - hanno dichiarato i giudici del
Premio Lubetkin - "Il Red Location Museum ha superato brillantemente la
sfida, utilizzando la perizia architettonica per produrre un'esperienza
indimenticabile, visceralmente e intellettualmente in movimento."
Il museo come parte della
comunità circostante
Il complesso museale, concepito
non solo come attrazione turistica, ma anche come parte integrante della
comunità circostante, comprende una galleria d'arte specializzata nel lavoro di
artisti dell’Eastern Cape e ospiterà anche un mercato, un laboratorio artistico,
una biblioteca e un centro di alfabetizzazione degli adulti, e un centro
conferenze.
Nella zona intorno al museo sono
state costruite centinaia di nuove case a basso costo grazie ad una sovvenzione
dello Stato.
Il museo si integra nel quartiere
preesistente di ex vittime dell'apartheid come una parte senza soluzione di
continuità della loro vita quotidiana. "In questo modo, l'orrore
dell'apartheid diventa più evidente semplicemente con la sua presenza perché il
lato monumentale del museo è associato ad una comunità viva e attiva", afferma
l'architetto Jo Noero.
"Scatole della
memoria"
Il design del museo è progettato
intorno al concetto di memoria per mostrare gli orrori del razzismo
istituzionalizzato e per mettere in forte evidenza gli sforzi eroici del
movimento anti-apartheid.
Le "scatole della
memoria" - che i lavoratori migranti delle miniere del Sudafrica realizzavano
per ricordare le loro case originarie - costituiscono la base dell’edificio del
museo che è di per sé una enorme “scatola della memoria”. Si tratta, in
pratica, di un contenitore di contenitori. Anche i materiali con i quali è stato costruito il museo sono familiari perché
evocano i vicini capannoni delle fabbriche, il metallo ondulato e arrugginito
delle case, le palificazioni in legno, i massetti in calcestruzzo e le casse di
imballaggio del porto. Il portico d'ingresso, che crea un filtro tra l’interno
e l’esterno del museo, permette di ospitare eventi informali di arte pubblica che
fungono da collegamento tra il museo e la comunità.
Una app per i piccoli musei
Chertsey Museum |
Lo scorso anno, dei 48 piccoli musei
locali che hanno partecipato al Museums
Association’s Mobile Survey 2013, il 48% aveva già un'offerta di applicazioni
per smartphone e tablet; il 17% non l’aveva, ma prevedeva di introdurla nei
prossimi 12 mesi; infine, il 35% non aveva mai introdotto alcun tipo di
applicazione e non prevedeva di crearne alcuna.
Il Chertsey Museum, nel
Surrey, sud-est dell’Inghilterra, è un esempio di piccolo museo locale che ha
recentemente iniziato ad offrire contenuti mobili ai suoi visitatori. Nel
mese di giugno, ha lanciato Right App Your Street, un’applicazione gratuita che
permette ai visitatori di accedere a fotografie storiche di negozi della città
e a localizzarli su una mappa per smartphone e tablet. L'applicazione
utilizza il GPS e una mappa interattiva per consentire agli utenti di visitare
e conoscere i luoghi storici e i negozi della città. Piuttosto che creare
una app che ripeteva le informazioni già disponibili sul sito, il museo ha
deciso di creare qualcosa che portasse la collezione del museo fuori, nella
città, creando una forte correlazione tra il museo e il tessuto urbano. In
questo caso, dunque, il piccolo museo assume anche il ruolo di promotore
turistico.
Emma Warren, curatore del Chertsey
Museum, ritiene che "questo tipo di tecnologia sia perfetta per aiutare i
musei a far conoscere le proprie collezioni al pubblico. È anche un modo divertente per far conoscere la
storia della propria città ai residenti". L’applicazione è stata
finanziata grazie al contributo di 8.800 sterline della Heritage Lottery Fund. Il
Museo di Chertsey ha installato anche una connessione Wi-Fi gratuita nelle
proprie gallerie.
Una foto storica di Chertsey del 1900 |
I contenuti della app possono essere gestiti attraverso un Content Management
System dal sito del museo, il che rende relativamente facile adattarlo e
aggiornarlo.
Io l'ho appena scaricata da Play Store.
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Cari amici, in questi anni in cui ho svolto l’incarico di direttore scientifico del Museo Civico “Ferrante Rittatore Vonwiller”, dal 2019 a...
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From: http://chasingaphrodite.com/2012/02/08/robert-e-hecht-jr-leading-antiquities-dealer-over-five-decades-dead-at-92/ Robert ...
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Attualmente non esiste in Italia un documento che ripartisca tutti i tipi di musei, anche se una classificazione può essere desunta da un...