#followasmallmuseum: i piccoli musei su Twitter



L'Associazione Nazionale Piccoli Musei lancia una campagna per la presenza dei piccoli musei su Twitter
Durante la settimana di #MuseumWeek, i dati hanno indicato l'Associazione Nazionale Piccoli Musei tra i protagonisti di questo evento in Europa. Ma questo non basta. L'APM rappresenta i piccoli musei ma c'è bisogno che anche ogni piccolo museo faccia sentire la propria voce su Twitter e c'è da dire che non sono molti quelli che approfittano di questa opportunità. 

E' lecito chiedersi per quale motivo un piccolo museo dovrebbe decidere di creare un proprio account Twitter. I motivi sono molteplici: Twitter è uno strumento straordinario che, limitando i messaggi a soli 140 caratteri, obbliga a dare subito un senso compiuto al testo che si intende postare. Uno dei vantaggi più importanti è che si può comunicare ed essere seguiti o seguire chiunque anche se non fa parte della propria reti di contatti. Ciò permette di ottenere molti nuovi followers ogni volta che un tweet risulta essere di interesse generale per molti. Un beneficio non trascurabile che permette ad un piccolo museo di ottenere molta visibilità. Gi hashtag, inoltre, permettono di individuare gli argomenti di proprio interesse e di contrassegnare anche i propri tweets con hashtag che danno la possibilità a chi ricerca le stesse tematiche di rintracciarli immediatamente. 

Molto più di Facebook, Twitter permette di creare delle vere e proprie reti tra account che condividono gli stessi interessi e questo è un notevole vantaggio per i piccoli musei che possono confrontarsi con le altre realtà museali, dialogare e trovare nuove ispirazioni per la propria progettazione culturale. Invitiamo, dunque, i piccoli musei a creare subito il proprio account Twitter e a contrassegnare il primo tweet con il seguente hashtag: #followasmallmuseum

Da domani e per un tempo indeterminato, l’Asssociazione Nazionale Piccoli Musei cercherà i musei che avranno utilizzato questo hashtag e li aiuterà a conoscere le altre realtà museali che sono già attive su Twitter. Vi aspettiamo!

#MuseumWeek: l'analisi de La Magnética

Dopo l'intensa settimana di #MuseumWeek, dal 24 al 30 marzo, la società spagnola di marketing e comunicazione La Magnética ha condotto un’analisi molto approfondita sui numeri che hanno caratterizzato questa manifestazione. Più di 180,000 i tweets, più di 40,000 gli utenti e 600 i musei che hanno preso parte al grande evento.
La Magnética ha preso in considerazione tutti quei profili che hanno twittato con l’hashtag #museumweek e le varie interrelazioni che si sono create tra gli utenti. La rete risultante è la seguente e prende in considerazione i quattro paesi europei che hanno aderito all’iniziativa: Regno Unito, Francia, Spagna e Italia.



Gli utenti più attivi sono al centro delle varie reti. I colori rappresentano la struttura della comunità, cioè quei gruppi che hanno mostrato una forte interazione fra i propri membri e si vede che questi gruppi coincidono quasi perfettamente con le quattro nazioni partecipanti.

La grandezza dei cerchi è proporzionale alle menzioni inviate e ricevute. I musei con maggiore rilevanza tra i quattro paesi europei già citati sono dunque: Palazzo Madama da Torino (@palazzomadamato), l’Associazione Nazionale Piccoli Musei (@PiccoliMusei) da Roma e il Centre Pompidou da Parigi (@centrepompidou).


Qui sotto un dettaglio della comunità italiana che vede Palazzo Madama e l’Associazione Nazionale Piccoli Musei come i due centri più attivi della rete italiana. 



Qui il report completo de La Magnética.

Volontari e social media

I consigli di Mar Dixon anche per i piccoli musei




In un articolo del 16 settembre 2013 di Museum Practice, Mar Dixon, social media manager di Kids in Museums, ci spiega come i volontari possono essere una risorsa importante per una organizzazione no profit. 
In Kids in Museums (associazione che cerca di dare voce alle famiglie che visitano musei e gallerie della Gran Bretagna) i volontari operano in ogni settore. Mar Dixon ha iniziato a collaborare come social media manager circa tre anni fa. Quando ha iniziato, il principale account era Twitter, che allora contava circa 3.000 followers (ora ne ha 17.400). Il primo obiettivo che Dixon si è prefisso è stato quello di fare in modo che Kids in Museum diventasse più reattivo e aperto. Per costruire una strategia di social media che funzionasse e che si fondasse sulla collaborazione di volontari era necessario innanzitutto consolidare sia la fiducia nei confronti dei volontari che quella nei confronti dei followers. Dopo che gli altri canali (Facebook e Linkedin) furono attivati, Dixon cercò altri volontari affinché a loro volta promuovessero Kids in Museums attraverso quei social networks.
Il concetto era semplice: più voci che sostenevano i loro canali e più i followers avrebbero saputo che Kids in Museums era lì pronto a interagire con loro. Ma utilizzare dei volontari può comportare dei rischi per l'organizzazione?
Secondo Dixon la risposta è semplice: non sarebbero stati invitati a far parte di Kids in Museums se ci fossero state preoccupazioni al riguardo. "I volontari sono collaboratori favolosi ed essi stessi hanno un grande rispetto per il loro ruolo. Possono accadere errori? Si possono commettere degli sbagli? Naturalmente. Tutti noi siamo caduti vittime del senso dell'umorismo scatenato dalle “correzioni automatiche”. Ma invece di eliminarli, questi errori si tengono intenzionalmente. Almeno ciò dimostra che Kids in Museums è gestito da esseri umani e che i followers hanno a cuore la loro presenza online nonostante qualche piccola svista. Se un nuovo volontario commette un errore, gli viene fatto capire che è tutto ok e che non è solo. Viene messo al corrente degli sbagli più divertenti che sono stati commessi da altri in modo che superi il senso di inadeguatezza o il timore. Dixon ricorda quella volta che sbagliò l'indicazione del giorno, martedì al posto di venerdì, o quella volta che gli capitò di menzionare per errore un museo al posto di un altro. Dopo quelli errori il mondo non è finito e questo ha dato modo ai followers di uscire allo scoperto e di farsi sentire per correggerlo in modo ironico. La parte difficile, invece, è infondere fiducia nei volontari affinché capiscano che la loro voce merita di essere ascoltata. I corsi di formazione sono utili, ma non sono sempre i volontari hanno la possibilità di partecipare.
In certi casi si cerca di comunicare a distanza con loro per aiutare a costruire la fiducia in loro stessi e affinché comprendano che quell'account Twitter o Facebook appartiene anche a loro. E' importante che i volontari abbiano una certa autonomia perché Kids in Museums deve seguire molti differenti progetti, workshop ed eventi, e quindi non può seguire anche una pianificazione per quanto riguarda i tweets. 
Dixon è anche convinto che i social media debbano essere innanzitutto sociali prima che strumenti di promozione. Quando diversi progetti sono in lavorazione simultaneamente si cerca di coordinare e di equilibrare il volume delle condivisioni online. Per questo è stata studiata una strategia molto semplice da seguire che include i seguenti punti:

- Utilizzare sempre le proprie iniziali. Questo aiuta i followers a capire chi dei due o più utilizzatori principali sta usando l'account.  

- Verificare prima i tempi prima di condivisione per assicurarsi che non sia già in atto un'altra conversazione. Inserire un aggiornamento su uno workshop e subito dopo su un evento diverso confonde i followers.

- E’ giusto che i responsabili dei progetti di Kids in Museums desiderino promuovere il loro lavoro e farlo conoscere ai followers, ma dobbiamo anche ricordare che  i social media non devono essere utilizzati solo come strumento di pubblicità ispirato al marketing. 

  • Incoraggiare i followers a partecipare attivamente.

  • Ascoltare i volontari e fare in modo che le loro esigenze sia no ascoltate. Ad esempio, alcuni volontari preferiscono usare Facebook più di Twitter, allora si è fatto in modo che gli account Facebook e Twitter siano collegati in modo che tutto ciò che viene condiviso su Facebook sia postato automaticamente anche in Twitter


Altre linee guida fondamentali della strategia di Kids in Museum sui social media sono:  


  • Niente parolacce.
  • Controllare sempre i collegamenti prima della condivisione.
  • Non avviare una conversazione e lasciarla a metà.


La maggior parte di queste indicazioni è dettata dal comune buon senso e sembra quasi ovvia, ma all'atto pratico, in giro sui social media è più difficile vederle attuate di quanto si pensi. Affidare il proprio social media ai volontari dovrebbe essere, in ogni caso, una meravigliosa esperienza. In due anni Kids in Museums è riuscito a costruire la propria rete sui social media con Twitter che ha visto un aumento di oltre il 366% e Linkedin e Facebook ugualmente cresciuti in maniera esponenziale. E tutto questo grazie ai volontari. Penso, allora, ai piccoli musei, per esempio, che spesso lamentano che la mancanza di personale impedisce loro di essere sui social media. Ecco, questa può essere una soluzione. I consigli di Mar Dixon valgono quanto per le organizzazioni no profit quanto per quelle strutture museali che non hanno le risorse finanziarie per avere del personale destinato esclusivamente alla comunicazione sul web. In questo caso i volontari possono svolgere un ruolo importantissimo per dare visibilità e voce a quei musei.


#MuseumWeek: terminata anche la seconda giornata



#MuseumWeek, che si si sta svolgendo questa settimana dal 24 al 30 marzo, sta riunendo su Twitter innumerevoli musei e gallerie del Regno Unito, di Francia, Italia e Spagna: un evento senza precedenti che sta evidenziando chiaramente la posizione sempre più importante che i social media hanno assunto nel mondo della cultura e dei musei in particolare.
Oggi i musei e le gallerie si sono cimentati con i loro followers in una simpatica gara di quiz e indovinelli, #MuseumMastermind. E' stata una vera e propria maratona, durata per ore e, in qualche caso, ancora in corso.

E' incredibile quanto entusiasmo sta suscitando questa iniziativa: musei grandi e piccoli, insieme, sono ormai entrati in amicizia tra loro e con i followers e tutto lascia supporre che si creeranno dei legami duraturi che ci porteranno ad interagire con maggior frequenza anche nel futuro. Mi sono contata anch'io con gli altri perché da ieri sto seguendo tutta l'iniziativa sia a titolo personale sia come rappresentante dell'Associazione Nazionale Piccoli Musei. E spero che questa esperienza possa servire anche a mettere in luce la grande capacità di comunicare e di essere culturalmente molto attivi e propositivi dei tanti piccoli musei che sono attualmente su Twitter. Come amo dire: piccoli musei dalle grandi vedute!

Thank you, Museum Bloggers!

In un post del 18 marzo scorso, Jamie Glavic, curatrice del blog Museum Minute ha ringraziato tutti i blogger che hanno partecipato al #MuseumBlogs Day. Jamie ha anche ricordato le interviste ai 44 museum blogger americani, inglesi, italiani e di altri Paesi intervistati per la rubrica Meet a Museum Blogger. E tra questi ho avuto il piacere di esserci anch'io. Tutti i Museum Blogger insieme possono fare molto per far conoscere il mondo dei musei, i problemi come le cose buone, ma anche, semplicemente, le proprie passioni, gli studi, le storie. Semplicemente noi stessi, come afferma Jamie.
Thank you, Museum Minute!




Un articolo di Vittorio Emiliani sui musei e il "tafazzismo"


Un articolo di Vittorio Emiliani (L'Unità, 24/12/2013)

Il doping delle tesi preconcette, o precotte, più sbagliate ci è ormai entrato in vena. Domanda Fabio Fazio al ministro Massimo Bray perché al Metropolitan Museum vadano molti più visitatori che ai nostri Uffizi. Domanda che non sta in piedi, anzitutto per ragioni fisiche: il milione e 700 mila visitatori degli Uffizi, se raddoppiati o triplicati, non ci «starebbero» (in attesa del raddoppio del Museo) e però il Polo museale fiorentino – che brilla di tante stelle – ha registrato nel 2012 oltre 5 milioni di visitatori, cifra vicina a quella del Met. Che peraltro pratica il prezzo «consigliato», cioè i visitatori danno quanto gli aggrada: circa 10 dollari a testa. Meno di quanto costa, in media, il biglietto in Italia. Agli Uffizi 15 euro, i ridotti 11,75.

Quindi, domanda mal posta. Che ne presuppone in genere un’altra (errata). Perché all’estero i grandi musei «sono macchine da soldi» e in Italia no? Una balla sonora. Allo stesso Metropolitan biglietti e altri proventi coprono soltanto ad una metà dei costi, il resto lo si colma con denaro federale, dello Stato, donazioni. Ugualmente il Louvre che, coi suoi tanto vantati 9 milioni di visitatori e con un apparato di servizi commerciali aggiuntivi da paura ha un 40-45 % di disavanzo annuale. Coperto dal denaro dei contribuenti. Gli inglesi hanno scelto nei musei nazionali la via della gratuità e, secondo i dati del Department for Culture, i visitatori, dal 2001 al 2012, sono cresciuti del 51 %. Quando i musei impongono un biglietto per le mostre, gli ingressi calano subito. Quindi la gratuità dei musei fa aumentare l’indotto turistico. Ed è qui che noi siamo e restiamo deboli, molto deboli. (segue sul blog dei Piccoli Musei)

#MuseumWeek. Tutti i musei su Twitter dal 24 al 30 marzo: istruzioni per l'uso



Dal 24 al 30 marzo si svolgerà la "Settimana dei Musei" su Twitter. Seguendo l’hashtag #MuseumWeek tutti avranno la possibilità di connettersi direttamente con le strutture museali e con chi ne ha la responsabilità, postando tweet, immagini e video. Parteciperanno i più grandi musei d’Europa, come la Tate Modern Gallery, il Museo della Scienza di Londra, Musei e Gallerie di Leeds, il Museo del Louvre, il Museo d’Orsay, il Chateau de Verasailles, il Museo del Prado, la Fundación Dalí, il Museo Picasso e il Reina Sofía.
Ma di che cosa si tratta esattamente?
Partiamo dal dato di fatto che ogni giorno migliaia di istituzioni culturali e di musei di tutto il mondo utilizzano regolarmente Twitter per comunicare.
#MuseumWeek è l’occasione per evidenziare l’importanza di questo strumento e per “convincere” altri utenti ad utilizzarlo. Twitter ci permette di abbattere le barriere che dividono, solitamente, i professionisti dei musei dal pubblico; può aiutare a far capire in che cosa consiste il lavoro di un curatore e che cosa si vuole comunicare attraverso le collezioni del museo. Regno Unito, Francia, Spagna e Italia si sono uniti per incoraggiare i musei ad aprirsi a questa forma di dialogo con il pubblico. Oltre ai grandi musei già citati, ci piacerebbe se qualche “piccolo” museo aderisse all’iniziativa. 
Ecco alcune delle motivazioni, tratte dal blog Museum Librarians and ArchivistsGroup, che potrebbero convincervi a partecipare:
Perché dovremmo essere coinvolti?
  • Tu sei la persona che ha la posizione migliore per promuovere le collezioni del tuo museo e il tuo lavoro
  • Se twitterai sotto la bandiera di un evento come #MuseumWeek sarai certo di avere un enorme ampliamento del tuo pubblico virtuale  
  • Si tratta di un evento divertente
  • Avrai l’opportunità di aggiungere qualcosa di nuovo al tuo CV
  • Se questa sarà la tua prima esperienza di utilizzo di Twitter per promuovere le tue collezioni e il tuo lavoro, lo farai attraverso un grande evento!
Come si svolgerà?
Ogni giorno, dal 24al 30 marzo, #MuseumWeek avrà un tema e quindi un hashtag diverso. Ciò renderà l'evento più gestibile e vi aiuterà a concentrare i vostri sforzi. Ecco i temi cui dovrete dedicare i vostri tweets:
24 Marzo: Un giorno nella vita (#DayInTheLife) Per esempio, raccontate che cosa fate nella vostra giornata al museo…
25 Marzo  Metti alla prova la tua conoscenza (#MuseumMastermind) Qualche quiz sui contenuti del vostro museo?
26 marzo La tua storia (#MuseumMemories) La storia del vostro museo e la vostra (ovviamente in relazione al museo), aneddoti, ecc.
27 marzo  Edifici dietro l'arte (#BehindTheArt) 
28 marzo  Chiedi all'esperto (#AskTheCurator) Facciamo domande al curatore
29 marzo  MuseumSelfies (#MuseumSelfies) Avanti con le vostre foto!
30 marzo I vincoli portano alla creatività (#GetCreative) Si può essere creativi anche in 140 caratteri!

Per partecipare basta compilare questo modulo
Per saperne di più:
  • @MarDixon è uno dei migliori esperti nell’uso di Twitter e nelle migliori strategie da utilizzare per fare in modo che i musei utilizzino al meglio questo strumento per promuovere il museo e farlo amare dal pubblico.  Ha scritto la guida 'Tutto quello che dovete sapere' sull'evento. #MuseumWeek - Perché (e come) tutti dovrebbero essere coinvolti
  • Cercate l’hashtag #MuseumWeek e seguite le persone che ne stanno già parlando.
Buon lavoro e buona Settimana dei Musei!

Red Location Museum: un museo tra passato e futuro



Il Red Location Museum, a New Brighton, Port Elizabeth, in Sudafrica - è stato progettato dall’architetto Joe Noero per essere sia un monumento alla battaglia del Sudafrica contro l'apartheid sia una parte integrante della vita comunitaria in un quartiere di periferia che è stato protagonista di questa lotta.
Il museo si trova nella baraccopoli della Red Location, il quartiere più antico di New Brighton, teatro di uno dei primi atti pubblici di sfida contro l'apartheid quando, nel 1952, i lavoratori neri delle ferrovie sfidarono le leggi che impedivano l’accesso dei neri nelle zone riservate ai bianchi.
In questa zona vivono circa 40.000 persone, con un tasso di disoccupazione che arriva all’80% e circa il 30% della popolazione sieropositivo. E proprio nel bel mezzo di questa baraccopoli è stato creato un museo-simbolo, con il sostegno del governo sudafricano.

Il museo, aperto al pubblico nel novembre 2006, ha vinto tre importanti premi internazionali. Nel giugno 2006 è stato insignito del Royal Institute of British Architects inaugural Lubetkin Prize "per l'opera architettonica più straordinaria che sia stata costruita al di fuori del Regno Unito e dell’Europa da un membro del Royal Institute" - battendo la concorrenza agguerrita da parte del Canadian War Museum di Ottawa e del The Terrence Donnelly Centre di Toronto. Nel 2005 Il Red Location Museum ha ottenuto anche il World Leadership Award per l'architettura e l'ingegneria civile, il Nelson Mandela Bay Municipality e il Dedalo Minosse International Prize.
"Costruire un museo sull’era dell'apartheid nel bel mezzo di una periferia che è stata un focolaio della ribellione è un risultato straordinario" - hanno dichiarato i giudici del Premio Lubetkin - "Il Red Location Museum ha superato brillantemente la sfida, utilizzando la perizia architettonica per produrre un'esperienza indimenticabile, visceralmente e intellettualmente in movimento."

Il museo come parte della comunità circostante



Il complesso museale, concepito non solo come attrazione turistica, ma anche come parte integrante della comunità circostante, comprende una galleria d'arte specializzata nel lavoro di artisti dell’Eastern Cape e ospiterà anche un mercato, un laboratorio artistico, una biblioteca e un centro di alfabetizzazione degli adulti, e un centro conferenze.

Nella zona intorno al museo sono state costruite centinaia di nuove case a basso costo grazie ad una sovvenzione dello Stato.
Il museo si integra nel quartiere preesistente di ex vittime dell'apartheid come una parte senza soluzione di continuità della loro vita quotidiana. "In questo modo, l'orrore dell'apartheid diventa più evidente semplicemente con la sua presenza perché il lato monumentale del museo è associato ad una comunità viva e attiva", afferma l'architetto Jo Noero.

"Scatole della memoria"

Il design del museo è progettato intorno al concetto di memoria per mostrare gli orrori del razzismo istituzionalizzato e per mettere in forte evidenza gli sforzi eroici del movimento anti-apartheid.




Le "scatole della memoria" - che i lavoratori migranti delle miniere del Sudafrica realizzavano per ricordare le loro case originarie - costituiscono la base dell’edificio del museo che è di per sé una enorme “scatola della memoria”. Si tratta, in pratica, di un contenitore di contenitori. Anche i materiali con i quali è stato costruito il museo sono familiari perché evocano i vicini capannoni delle fabbriche, il metallo ondulato e arrugginito delle case, le palificazioni in legno, i massetti in calcestruzzo e le casse di imballaggio del porto. Il portico d'ingresso, che crea un filtro tra l’interno e l’esterno del museo, permette di ospitare eventi informali di arte pubblica che fungono da collegamento tra il museo e la comunità. 

Una app per i piccoli musei

Chertsey Museum

Lo scorso anno, dei 48 piccoli musei locali che hanno partecipato al Museums Association’s Mobile Survey 2013, il 48% aveva già un'offerta di applicazioni per smartphone e tablet; il 17% non l’aveva, ma prevedeva di introdurla nei prossimi 12 mesi; infine, il 35% non aveva mai introdotto alcun tipo di applicazione e non prevedeva di crearne alcuna.
Il Chertsey Museum, nel Surrey, sud-est dell’Inghilterra, è un esempio di piccolo museo locale che ha recentemente iniziato ad offrire contenuti mobili ai suoi visitatori. Nel mese di giugno, ha lanciato Right App Your Street, un’applicazione gratuita che permette ai visitatori di accedere a fotografie storiche di negozi della città e a localizzarli su una mappa per smartphone e tablet. L'applicazione utilizza il GPS e una mappa interattiva per consentire agli utenti di visitare e conoscere i luoghi storici e i negozi della città.  Piuttosto che creare una app che ripeteva le informazioni già disponibili sul sito, il museo ha deciso di creare qualcosa che portasse la collezione del museo fuori, nella città, creando una forte correlazione tra il museo e il tessuto urbano. In questo caso, dunque, il piccolo museo assume anche il ruolo di promotore turistico.
Emma Warren, curatore del Chertsey Museum, ritiene che "questo tipo di tecnologia sia perfetta per aiutare i musei a far conoscere le proprie collezioni al pubblico. È anche  un modo divertente per far conoscere la storia della propria città ai residenti". L’applicazione è stata finanziata grazie al contributo di 8.800 sterline della Heritage Lottery Fund. Il Museo di Chertsey ha installato anche una connessione Wi-Fi gratuita nelle proprie gallerie.

Una foto storica di Chertsey del 1900

I contenuti della app possono  essere gestiti attraverso un Content Management System dal sito del museo, il che rende relativamente facile adattarlo e aggiornarlo. 
Io l'ho appena scaricata da Play Store. 

Tratto da Museum Practice, “Case study: small museums and mobile” 14/10/2013

Piccoli Musei: Sistemiamoci! I musei della provincia di Viterbo, ...

Piccoli Musei: Sistemiamoci! I musei della provincia di Viterbo, ...: Riporto qui il link all'articolo di Francesca Ceci, apparso su La Loggetta nel mese di dicembre 2013.

Un grande premio per un piccolo museo irlandese, ma in Italia ci si dimentica dei piccoli musei



The Little Museum of Dublin ha ottenuto, quest'anno, il David Manley Emerging Entrepreneur Award, premio sponsorizzato dalla Camera di Commercio di Dublino. Il museo, fondato da circa tre anni dallo scrittore Trevor White e dal compositore Simon O'Connor, dispone di una collezione di 5.000 oggetti, tutti frutto di donazioni. Lo scorso anno è stato visitato da 45.000 visitatori e si sta affermando anche a livello internazionale grazie ad una politica particolarmente lungimirante e razionale dei propri fondatori e amministratori, la quale prevede visite guidate ogni ora, lezioni di educazione civica "I love Dublino" per gli scolari delle scuole primarie e post-primarie, una serie di conferenze mensili e l'ingresso gratuito, previsto in alcuni giorni. Il museo, inoltre, incoraggia attivamente i visitatori a raccontare le loro storie, cercando di allacciare uno stretto rapporto con la comunità. Il quotidiano australiano The Sidney Morning Herald ha scritto a proposito di questo museo: "La cosa migliore da fare nel tempo libero, in Europa".
Devo dire che il mio pensiero è corso subito ad alcuni nostri eccellenti piccoli musei, e vorrei qui citare, in rappresentanza di tutti, il Museo del Bottone di Santarcangelo di Romagna, fondato e diretto da Giorgio Gallavotti. Lo abbiamo già scritto varie volte su queste pagine: il piccolo Museo del Bottone, conosciuto anche a livello internazionale, ormai un punto di riferimento per gli studiosi e i collezionisti di questo accessorio così comune, ha avuto, nel 2013, oltre 25.000 visitatori, ma il problema è che qui in Italia questi risultati sembrano passare inosservati. Sarebbe bello se ci si accorgesse che la realtà dei piccoli musei è un motore importante per il Paese, prima di tutto perché il 90% dei musei italiani è di piccola e piccolissima dimensione, come ci ripete Giancarlo Dall'Ara, fondatore e presidente dell'Associazione Nazionale Piccoli Musei, e quindi salvaguardare, promuovere e valorizzare i piccoli musei significa amare la nostra cultura e conservarla nella sua interezza per le generazioni future. Ma vorrei anche aggiungere che i riconoscimenti, i premi, le targhe, hanno la loro utilità: servono a incentivare le buone pratiche, a incoraggiare coloro che, spesso senza alcun riscontro economico ma solo per pura passione e per uno straordinario spirito di dedizione, si impegnano quotidianamente per salvare questo patrimonio comune. Ogni tanto non sarebbe sbagliato ricordarsi di loro.

 Cari amici, in questi anni in cui ho svolto l’incarico di direttore scientifico del Museo Civico “Ferrante Rittatore Vonwiller”, dal 2019 a...