Crisi economica: un’opportunità di rinnovamento per la cultura italiana?



La crisi economica e finanziaria che stiamo vivendo ha portato a consistenti tagli di bilancio in tutti i settori dell’economia. Nel mondo, negli ultimi due/tre anni, si è assistito a una considerevole riduzione delle risorse destinate alla cultura, a drammatici tagli dell’organico e al blocco delle assunzioni. In Francia, la Corte dei conti, il cui ruolo è quello di monitorare l'utilizzo dei fondi pubblici, ha affermato che i musei sono troppo costosi e non sufficientemente redditizi, soprattutto in questi tempi di crisi economica. Intanto, lo scorso ottobre - e in precedenza anche a giugno - il Musée d'Orsay è rimasto chiuso diversi giorni a causa di uno sciopero indetto per protestare contro la riduzione dell’organico. In Gran Bretagna, il British Museum ha disposto una diminuzione del 15% delle spese nei prossimi cinque anni. In Grecia, dove la situazione è ancora più tragica e molti musei sono stati costretti a chiudere, gli scioperi si stanno susseguendo a ripetizione. In Portogallo, già dal 2010 sono state ridotte del 9% le risorse statali destinate alla cultura, mentre in Spagna, in alcune regioni si è arrivati a ridurre i fondi di un terzo. Oltre Oceano i tagli sono stati ugualmente notevoli: in Canada le associazioni museali denunciano che il 60% dei musei è in difficoltà finanziarie e negli Stati Uniti, secondo un’indagine statistica dell’American Association of Museums - finalizzata a individuare l’entità delle misure di risparmio economico adottate da un campione di musei americani - è emerso che il 35% di essi ha bloccato le assunzioni, il 34% si è affidato soprattutto ai volontari, il 30% ha rinviato la manutenzione degli edifici, il 29% ha sfruttato maggiormente le proprie collezioni per l’organizzazione di mostre; il 12% ha aumentato il prezzo di ingresso; il 40% ha ridotto ulteriormente il budget del 2011 rispetto a quello del 2010, mentre il 29% è stato in grado di aumentare il proprio bilancio. Per contrastare la crisi si cercano anche nuove fonti di finanziamento per i musei: il Guggenheim Museum di New York ha organizzato un’asta di beneficienza grazie alla disponibilità di alcuni artisti contemporanei. Il sistema delle aste non riguarda solo i musei americani, ma anche musei sparsi in altre zone del mondo che, in alcuni casi, sono arrivati a vendere parte delle loro collezioni, come il Museo d’Israele che venderà alcune opere da Sotheby's, a New York. In Italia la situazione è, in generale, difficile ma non omogenea: a casi di musei che versano in condizioni drammatiche, rischiando anche la chiusura, si affiancano istituti museali molto attivi come, per esempio, il Museo Egizio di Torino che si è recentemente rinnovato ed è sempre più all’avanguardia anche dal punto di vista tecnologico (è il primo museo italiano a utilizzare MuseumPlus, il piu' avanzato e sofisticato software attualmente in commercio per la digitalizzazione dei reperti archeologici). Altrove la situazione non è altrettanto felice: in Abruzzo, i musei archeologici Villa Frigerj di Chieti e della Civitella rischiano la chiusura durante i giorni festivi per carenza di personale di custodia; così pure il MAV, il Museo Archeologico Virtuale, in Campania; in Veneto è stato vietato il superamento del 50% dei festivi del personale di vigilanza del Museo di Portogruaro e dei siti archeologici di Concordia Sagittaria. Tale situazione determinerà la chiusura del sito di Concordia per sei domeniche negli ultimi due mesi dell’anno e l’affidamento a ditte esterne del servizio di vigilanza notturno. «Non possiamo che denunciare ancora una volta” – ha dichiarato Edoardo Radolovich – della UIL Cultura – “come la carenza di personale stia, a poco a poco, facendo chiudere molti siti museali. E tutto ciò avviene soprattutto nei giorni festivi quando in maniera indubitabile vi è la maggiore richiesta da parte dell’utenza». Non si può evitare di ritornare sulla questione degli investimenti nella cultura, che varie volte è stata trattata da queste pagine. Se nell’ambito della Sesta Conferenza Nazionale degli Assessori alla Cultura “Le Città della Cultura”, svoltasi a Roma dal 22 al 23 settembre scorso, il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, ha puntato il dito contro la mancanza di investimenti pubblici e privati nel settore culturale, lo scorso 19 ottobre, a conclusione della riunione del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, il Presidente di Commissione, Andrea Carandini, ha parlato della necessità di aprire ai finanziamenti privati: “ (…) il mondo imprenditoriale ha delle idee molto innovative ed interessanti ed è mia intenzione mettere il mondo delle imprese in rapporto con il Consiglio Superiore dei Beni Culturali per cercare di elaborare strategie di politica culturale”. Si spera che questo sia il segnale di un vero cambiamento positivo. Gli sprechi di risorse finanziarie, causati da cattive amministrazioni e da erogazioni a pioggia, sono stati troppi negli ultimi vent’anni e c’è chi vede in questo frangente di crisi un’occasione per rivoluzionare tutto il sistema che fin qui ha retto le sorti del nostro patrimonio culturale, spingendo verso una migliore gestione. Abbiamo già citato il caso di eccellenza del Museo Egizio di Torino, ma si possono menzionare anche altri casi, come la Fondazione dei Musei Senesi che quest’anno ha vinto il Premio Cultura di Gestione organizzato da Federculture per il progetto intitolato “Dal museo diffuso al museo partecipato. Il piano di distrettualizzazione del Sistema museale senese”, elaborato dal direttore generale della Fondazione, Luigi De Corato. Si tratta di un nuovo modello di gestione che punta alla creazione di distretti culturali territoriali, definiti nel rispetto degli ambiti geografici tipici della Provincia di Siena, con l’obiettivo di utilizzare concreti strumenti di sviluppo strategico per l’economia del territorio, utilizzando come leva proprio i beni culturali. Il progetto, attualmente in corso, prevede la messa a sistema del patrimonio museale senese (43 musei) e dei monumenti, delle dimore storiche ed anche delle manifestazioni popolari presenti in ogni area, al fine di creare le condizioni di sinergia con le altre attività economiche e produttive del territorio, a partire dal comparto turistico e agroalimentare per arrivare a quello dell’artigianato e del manifatturiero di qualità, alle nuove tecnologie e alla comunicazione. Il progetto della Fondazione dei Musei Senesi dà un segnale di fiducia a tutto il mondo culturale italiano, segno che l’innovazione e la ricerca potranno portare il nostro Paese fuori da questa crisi senza precedenti. Si potrebbe ricreare, in qualche modo, il cosiddetto “effetto Guggenheim”, termine usato dagli specialisti di economia della cultura per indicare la rinascita di una città o di un territorio grazie ad un investimento intelligente nelle proprie risorse culturali. Bilbao, infatti, capitale dei Paesi Baschi spagnoli, per uscire da una crisi derivata dalla perdita di importanza delle industrie manifatturiere locali, nel 1997 puntò tutto su un museo, investendo 150 milioni di euro nella realizzazione del Museo Guggenheim. Il museo attira ora milioni di turisti ogni anno e contribuisce all'economia del Paese Basco spagnolo con un gettito di 1,57 milioni di euro, generando 45.000 posti di lavoro diretti e indiretti! E tuttora, in piena, crisi economica e finanziaria globale, il museo non ha patito contraccolpi ma, anzi, ha avuto una crescita di quasi il 6%.
Caterina Pisu (ArcheoNews, novembre 2011)     

Musei costretti a chiudere, mostre a dieta

Causa i tagli pubblici e privati, è sempre più difficile tenere aperto, soprattutto nella realtà «minori». E la crisi allontana i giovani e i turisti stranieri

Il Museo della Città di Rimini
Roma. Rischio collasso per i musei italiani. L’esodo dei custodi accelera ed entro quattro anni non basteranno a garantirne l’apertura. Del resto il personale del Mibac (età media 56 anni) va in pensione e diminuisce al ritmo di 800-900 unità all’anno. Gli esodi aumentano mentre le assunzioni, tra tagli e crisi, sono bloccate. Anche i musei comunali soffrono. Per tenere aperte le porte dei musei con i rari custodi per ora si adottano soluzioni «caso per caso»: si chiudono le sale a scacchiera o si rinuncia all’apertura domenicale (lo straordinario festivo costa il 30 per cento in più). Un bollettino che non dà tregua ai turisti da tempo rassegnati a visitare musei a sale dimezzate, spesso senza preavviso. Intanto, dall’inizio di settembre la situazione è parecchio peggiorata. Bloccato domenica e festivi l’Archeologico Nazionale di Chieti, premio «Museo dell’Anno 1985» del Consiglio d’Europa; porte chiuse nei festivi al Museo Nazionale di Sassari e all’Antiquarium di Porto Torres. A Cagliari invece mancano gli addetti alla biglietteria: da settembre si entra gratis alla Pinacoteca e al Museo Archeologico. Decine di  musei e istituti statali culturali sono chiusi in provincia di Brescia, e così il Museo del Papiro a Siracusa, unico nel suo genere con la più ricca collezione di barche di papiro degli antichi laghi africani, oggi inghiottiti dalla sabbia. Gravissima la situazione delle aree archeologiche del Sud, ma il disagio è fortissimo anche in Lombardia: anche il Parco rupestre della Valcamonica (Brescia), un percorso tra boschi e 104 rocce incise tra le più note della Preistoria, sito Unesco, dall’inizio di settembre chiude sabato e domenica: «Un danno alla cultura e all’economia della zona. Abbiamo le mani legate, non possiamo pagare i turni festivi ai custodi. Le nostre risorse sono ridotte a un quinto rispetto a sei anni fa», ha detto la soprintendente Raffaella Poggiani Keller.
Chiusure e orari che mutano senza preavviso, visitatori in balia di siti internet ormai inaffidabili, che indicano aperture fantasma, uffici del Turismo subissati di proteste, anche loro vittime di mancata informazione dai musei.
Altri esempi: è una scommessa visitare i due musei statali di Lucca, Palazzo Mansi e Villa Guinigi, aperti a sorpresa; anche le chiese famose e ricche d’arte sono aperte poche ore al giorno. Conseguenza: un salasso per l’economia turistica locale. Disagi e chiusure a macchia di leopardo anche nei musei veneziani. Le «grandi» Gallerie dell’Accademia (i lavori di ristrutturazione avrebbero dovuto terminare nel 2007 ma sono in ritardo per problemi di fondi) e la Ca’ d’Oro sono diventati «musei a rischio chiusura perché non c’è nessuno che possa garantirne la sorveglianza»: quindi orari ridotti e chiusure improvvise nei festivi. Lo segnala la Uil del Veneto che teme (nel 1997 gli addetti alla sorveglianza per tutto il Paese erano 8.334. oggi sono 7.385) la chiusura di un intero piano o addirittura di tutta la Galleria Franchetti alla Ca’ d’Oro. Non va meglio a Capri: Villa Jovis, mitica residenza di Tiberio, da alcune settimane è chiusa martedì e mercoledì e sono «probabili altri giorni: meglio telefonare», avvertono. La ricca sezione numismatica del Museo Archeologico Nazionale di Siracusa è aperta quattro ore la mattina, un po’ più a lungo il mercoledì, ma non sempre: l’unica depositaria delle chiavi è la direttrice del museo Beatrice Basile, la sola autorizzata ad accompagnare i visitatori. Record di proteste di studiosi e turisti sui quotidiani siciliani: sotto accusa l’accesso negato (spesso senza preavviso) ai parchi archeologici di Catania, Piazza Armerina, Agrigento, Siracusa e alla mitica città di Centuripe, vicino ad Enna. Molti siti sono talmente nascosti da erbacce e cespugli da risultare introvabili. È successo al pullman di olandesi che a settembre, dopo aver vagato nelle campagne siciliane armati di mappe, sono ripartiti senza trovare, nella «prateria di sterpaglie» che lo ricopre, il Parco archeologico di Leontinoi (Siracusa). Proprio in quei giorni la stampa locale pubblicava l’annuncio provocatorio: «Cercansi capre per pulitura siti archeologici». Nei fine settimana in Campania e Puglia i visitatori trovano porte sbarrate con cartelli spesso scritti a mano: «Chiuso». È successo a fine agosto, e non è la prima volta, alla Galleria regionale di Palazzo Abatellis di Palermo. Chiusure improvvise, anche se i custodi siciliani in organico sono un record: 1.300.
In questa situazione drammatica per i musei e per il turismo culturale, è in crisi anche la funzione delle mostre che hanno sorretto, e spesso creato, nuovi flussi turistici soprattutto nelle città «minori»; per anni sono state il vero traino del turismo culturale e degli ingressi nei musei. Un’epoca al tramonto: vengono meno i finanziamenti privati (in particolare delle Fondazioni ex bancarie), Stato ed enti locali sono a secco. A Milano il budget per mostre comunali è sceso da 4 milioni a 800mila euro. Vale per tutti i Comuni, costretti per legge a tagliare i fondi per mostre dell’80%. A Brescia, per esempio, quella di Matisse ai Musei di Santa Giulia (chiusa il 26 giugno, ha avuto  248.862 visitatori, Ndr) sarà l’ultima di una serie che ha trasformato la città in polo del turismo d’arte. A Treviso la Fondazione Cassamarca ha sospeso ogni erogazione alla cultura per il 2012, e non finanzierà altre mostre dopo quella in corso sulla Cina dei Manciù.
In Italia, dunque, le mostre evento da più di un milione di euro saranno sempre più rare, mentre resistono quelle meno costose: se si spendevano 500-600mila euro ora i costi vanno dimezzati, con risparmi drastici su allestimenti, comunicazione e prestiti importanti. Ormai le Soprintendenze si affidano a forme di volontariato interno: c’è il caso di Sabina Ferrari, soprintendente ai Beni architettonici di Venezia, Padova, Belluno e Treviso, che ha fatto ricorso alle sue doti di provetta rammendatrice. Con ago e filo ha restaurato le bandiere storiche del Risorgimento in mostra a Villa Pisani di Stra (Ve) nelle nuove sale Savoia appena inaugurate. Dalla drastica dieta anoressica si salva ancora una parte del Sud, là dove, come a Catanzaro, ancora esistono fondi europei da spendere per lo sviluppo turistico. La Ue ha appena annunciato che finiranno per tutti nel 2013.
Alcune Soprintendenze cercano di reagire al declino con iniziative poco costose: la Galleria Estense di Modena, per esempio, invece di mostre che non si può permettere, organizza concerti, conferenze, piccole esposizioni di opere restaurate ecc. L’iniziativa ha un certo successo, i visitatori sono aumentati, ma anche qui la Galleria deve chiudere la domenica pomeriggio; in cambio apre qualche ora il lunedì. Soprattutto nelle realtà «minori» si tende a puntare sempre più sulla città, a coinvolgere le persone del posto, a farle sentire protagonistedella cultura locale. E questa è anche una risposta parziale alla pesante situazione del turismo. Dati di ottobre del Ministero per i Beni culturali rivelano un crollo delle presenze straniere in tutti i musei e una drastica trasformazione del pubblico, sempre più anziano. La crisi allontana i giovani.

News from Uganda National Museum


On 8th November, 2011, the Uganda National Museum court case heard in the High Court of Uganda for the second hearing. I was out of the country (in Burundi) by the time but my team and our lawyer were present. They briefed me as follows:
The hearing started at 2:30pm in the private chambers of Justice Eldad Mwangusya.
Dr. Ephraim Kamuhangire (the former Commissioner, Department of Museums and antiquities, Government of Uganda and currently, the senior presidential advisor on cultural affairs) was the first expert witness to be examined and cross-examined. His testimony was on the history and importance of the Uganda National Museum. He boldly told court that the EA Trade Centre should not be mentioned alongside the Museum as it will deny the people of Uganda their right not only to preserve and enjoy their cultural heritage which is within the museum building but it will also be irresponsible of those advocating for the destruction of the home of that heritage to pave way for the construction of the trade centre.
Dr Kamuhangire also said that denial of a people of their cultural heritage for the 30 years, a period that construction will take, is a denial of their human rights. He further argued that objects in the Uganda Museum since 1954, acquired a new environment which is scientifically managed, whereby, if removed from that environment; the objects will break or get damaged.
He said that the museum as an institution is not transferable though some of its functions can be transferred. According to Dr. Kamuhangire, the current museum space is indeed its befitting home unlike its previous locations at Lugard’s Fort and Makerere College School of Fine Art which were smaller and borrowed facilities respectively.
Dr. Kamuhangire concluded by saying that the museum building itself is in an excellent state-it only needs regular maintenance and repairs and not condemnation.  He also said that EA Trade Centre can be built somewhere else and leave the museum to serve it purpose.
The second expert witness was Robert Baganda (from the environmental perspective). Robert was examined and cross-examined on the environmental dangers of the proposed EA Trade Centre.
Robert argued that the proposed building will affect the land use around the area and that it will also affect the persons enjoying and utilizing the green environment at and around the national museum.
Robert went ahead to argue that the proposed building will change the road network-(the judge was however, not convinced whether Robert, an environmentalist was the most competent person to talk about roads!!)

Robert suggested that: The EIA and the Heritage Impact assessment should be carried out before a project of the EA trade centre magnitude is undertaken. Thorough consultations with relevant stakeholders should be conducted.

After being briefed by my team, I realized the following errors which were committed in court.
·         Robert was partly inside while Dr. Kamuhangire was giving his testimony and this annoyed the Judge.
·         Robert’s testimony could imply that the project will be fine if an EIA or a Heritage Impact Assessment is done. Government might turn around and say that they will do all this since the project is still at proposal level.
·         Some peoples’ mobile telephones were not in silence
·         Very few journalists attended the hearing.
I therefore advised my team as follows;
·         We should follow the court rules while in court-if one is going to be a witness, please stay out when someone else is giving testimony.
·         We should also put our cell phones on silence!!
·         We have to prepare ourselves well before giving our testimonies. We also need to focus on key issues especially those we have all agreed on.
·          The right advice Robert should have given government is to relocate the E.A. Trade Centre since it will be unfit for the local environment around Uganda Museum. He should not have emphasized the need to carry out the EIA.
·         We need proper briefing and preparation by our lawyer so that we do not contravene court procedures or give responses that might weaken our case.
·         We need to involve as many journalists as possible.
What next?
Because the Judge is interested in disposing of the case before the year ends, the next hearing is scheduled for 1st December 2011. The next expert witness will be Kenneth Amunsimire, an architect from the Uganda Society of Architects. However, we should prepare an additional witness from the cultural dimension. We will try to work out this issue with Emily Drani from CCFU and see whether she will be available by the time of the hearing. We will also do whatever it takes to bring journalists on board. This requires some financing as well.
Impending challenge
The Lawyer is demanding his legal fees from us. Any suggestions on how we can move forward on this is highly welcome.


Ellady Muyambi
Executive Director,
Historic Resources Conservation Initiatives (HRCI)

Musei “nell’occhio del ciclone”

La sicurezza dei musei in primo piano dopo il terremoto e l’uragano “Irene” che hanno colpito la costa orientale degli Stati Uniti



di Caterina Pisu e Antony Wakefield (British Museum Deputy Head of Security Operations)



Le calamità naturali che recentemente hanno colpito la costa orientale degli Stati Uniti, il terremoto del 23 agosto scorso in Virginia e, soprattutto, l’uragano Irene che alla fine di agosto ha devastato vaste zone del Paese, facendo temere anche per la città di New York, hanno posto in primo piano la questione della salvaguardia del patrimonio culturale mondiale anche da questo tipo di avvenimenti, spesso imprevedibili. La sicurezza dei musei, nello specifico, è uno degli aspetti che si sono maggiormente evidenziati. Il Codice etico dell’ICOM per i musei, al punto 2.21 afferma che “particolare attenzione va dedicata allo sviluppo di politiche di protezione delle collezioni durante i conflitti armati e le altre calamità naturali o provocate dall’uomo”. Lo stesso ICOM nel 2002 ha messo a punto il programma MEP - Museums Emergency Programme - finalizzato alla formazione di professionisti museali in caso di emergenza. Sono stati elaborati, inoltre, alcuni manuali incentrati specificatamente sulla sicurezza nei musei, in particolare il capitolo “Museum Security, including Disaster Preparedness” di Pavel Jirásek in “Running a Museum”  e “Guidelines for Disaster Preparedness in Museums”, che forniscono una serie di linee guida da seguire per progettare un valido piano di emergenza e per formare il personale che lo attuerà. Per poter realizzare efficienti piani di sicurezza è importante che le esperienze siano condivise ed è per questo motivo che abbiamo rivolto alcune domande al Presidente della Museum Association of New York, John Haworth che dirige lo Smithsonian National Museum of the American Indian’s e il George Gustav Heye Center, e alla Direttrice della Museum Association of New York, Anne W. Ackerson.  

Dott. Haworth, questa è la prima volta che New York ha dovuto affrontare due calamità naturali, il terremoto della Virginia e l’uragano Irene, in un così breve lasso di tempo. E’ stato elaborato un piano di sicurezza comune per tutti i musei dello Stato? In particolare, che cosa ha comportato il susseguirsi di questi due eventi nella gestione del vostro museo? 
Il National Museum of the American Indian’s di New York e il George Gustav Heye Center, da me diretti, fanno parte dell’istituzione Smithsoniana, il museo nazionale degli Stati Uniti. All’interno della gestione condotta dall’Istituto Smithsoniano, il museo ha sempre avuto concreti piani di emergenza finalizzati alla salvaguardia dei visitatori e delle collezioni. Il nostro staff è rimasto in contatto con le varie agenzie di New York che si occupavano di dare informazioni sull’arrivo dell’uragano. Il terremoto, invece, per noi non ha avuto un impatto rilevante. Il personale in molti casi non lo ha neppure avvertito ed è venuto a conoscenza del fatto solo dopo. In ogni caso, i responsabili delle collezioni hanno immediatamente esaminato gli oggetti con attenzione per assicurarsi che effettivamente non fossero rimasti danneggiati.  
Qual è stata l’entità dei danni causati dall’uragano?  
Sono lieto di riferire che non c’è stato alcun danno né al museo né alle sue collezioni. Il nostro personale ha lavorato diligentemente sulla base dei piani di sicurezza usuali e degli aggiornamenti che pervenivano riguardo l’avvicinarsi dell’uragano, curandosi anche di spostare un’intera esposizione fuori da un’area potenzialmente a rischio. Abbiamo chiuso il museo Domenica, in previsione dell’arrivo dell’uragano. Parte del personale è rimasto nel museo per garantire la sicurezza delle collezioni. I nostri visitatori sono stati avvisati della chiusura attraverso il sito web e le nostre pagine Facebook e Twitter, ma siamo stati felici di aver potuto riaprire già il giorno dopo.  
Sulla base della recente esperienza, in che modo potranno eventualmente essere rivisti e aggiornati i piani di sicurezza per affrontare questo tipo di evento?  
Il museo ha un accurato piano di emergenza e il personale specializzato per la sua attuazione. In ogni caso non è sempre possibile prevedere una calamità naturale. Sono felice di aver constatato che tutto il nostro staff ha saputo lavorare per realizzare perfettamente il piano di sicurezza a salvaguardia del museo, operando anche in collaborazione con le agenzie locali.  

Dott.ssa Ackerson, in che modo la Museum Association of New York, da lei diretta, ha dato supporto ai musei dello Stato di New York durante l'arrivo dell'uragano Irene? 
In un caso, la nostra Associazione ha messo in contatto una casa-museo con il personale degli Archivi di Stato di New York che ha poi provveduto a fornire assistenza. Nel nostro sito ufficiale, abbiamo postato una serie di risorse che sono state diffuse anche sulle nostre pagine Facebook e Twitter. Tramite posta elettronica abbiamo contattato i musei affinché documentassero eventuali danni, quindi abbiamo postato le loro risposte su Facebook insieme alle fotografie, relazionando, nel contempo, la nostra associazione nazionale sulle comunicazioni ricevute. 
Prima e dopo l'arrivo dell'uragano Irene, il Governo ha sostenuto la vostra azione sia dal punto di vista economico che da quello tecnico? 
In previsione dell'uragano, noi ed altre organizzazioni di New York abbiamo postato sul nostro sito web e sulla nostra pagina Facebook le informazioni fornite dall'Archivio di Stato di New York. Noi abbiamo un ottimo rapporto di collaborazione con l'Archivio di Stato di New York, che fa parte del Dipartimento dell'Educazione dello Stato di New York. L'Archivio è in grado di mobilitare il suo personale e di fornire informazioni tecniche alle istituzioni culturali che si trovano in situazioni di emergenza (alluvioni, incendi, furti, etc.). Esso è collegato allo State Emergency Management Office (SEMO), che a sua volta è collegato al Federal Emergency Management Agency (FEMA). Non abbiamo ricevuto alcun supporto economico dal Governo per essere stati una fonte di informazioni durante le emergenze. Questo è il nostro lavoro. 
 In riferimento al recente terremoto della Virginia, secondo le vostre informazioni, quanti musei di New York sono stati costruiti con le più avanzate tecniche antisismiche e quanti, invece, sarebbero a rischio nell'eventualità di altri terremoti?  
Non sono in grado di rispondere a questa domanda. Le regioni americane del Medio-Atlantico normalmente non sono zone a rischio sismico, ma non credo che molti musei potrebbero resistere a terremoti di forte entità.

(Tratto da ArcheoNews, ottobre 2011)

I musei più cliccati su Facebook? Non italiani. Il preferito è il MoMa di New York

di Giuseppe Baselice

 

La classifica dei luoghi d'arte più apprezzati sul social network vede al primo posto il Museum of modern art di New York, davanti al Metropolitan e al Louvre. Primo italiano il MAXXI di Roma, solo 70esimo. semplice classifica da social networking o nuova frontiera per veicolare la cultura e l'arte sul web?

I musei più cliccati su Facebook? Non sono italiani. Il Bel Paese sarà anche, come spesso si ricorda, un "museo a cielo aperto", e custode di buona parte del patrimonio artistico e culturale a livello mondiale, ma questo non viene rilevato e apprezzato dal mondo del web, attraverso il social network più diffuso del pianeta.

Su Facebook infatti le centinaia di milioni di utenti giornalieri preferiscono di gran lunga il MoMa di New York, che raggiunge quasi i 900mila fans. A seguire, sempre nella Grande Mela, il Metropolitan Museum of Art, con 562mila sostenitori. Al terzo posto il Louvre (403mila), quinto il Tate di Londra (310mila) davanti al Museo dell'Acropoli di Atene (301mila). A chiudere la top ten c'è il Centre Pompidou (176mila), mentre il British Museum è quattordicesimo (145mila).

Per trovare i primi siti italiani bisogna arrivare alla 70esima posizione con il MAXXI - Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, a Roma, con quasi 30mila fans, seguito dal MACRO - Museo d'arte contemporanea, sempre nella Capitale, con 24mila all'86esimo posto appena davanti alla Triennale di Milano con 23.900.

Ma non è il solo caso strano: la stessa Tour Eiffel, che pure conta ogni anno 6,6 milioni di visitatori reali, ha soltanto 25mila fan. E' proprio un quotidiano francese, Le Figaro, ad analizzare la questione, spiegando: il Louvre ha una pagina attiva sin dal 2009, agli albori del boom facebookiano, e ad oggi almeno 240mila fans sono utilizzatori attivi. Come dire: potenzialmente, 240mila visitatori in più.

Un bel veicolo pubblicitario, insomma, soprattutto se si pensa che al primo posto degli utenti iscritti non ci sono i francesi bensì gli americani. "Non contano solo i numeri, ma la qualità e l'utilità del contatto". spiega Sebastien Magros, consulente culturale.

La ricetta è semplice: creare appuntamenti da veicolare sulla rete, come fa ad esempio il Beaubourg, animando la piattaforma con foto, eventi e informazioni. Un modo per essere non solo cliccati, ma anche seguiti e conosciuti da un pubblico sempre più vasto. Ovvio, esiste anche il sito ufficiale, ma l'aggiornamento via Facebook consente un contatto più diretto con l'utente.

Tutto ciò potrebbe sembrare banale, visto che poi quello che conta sono i visitatori "fisici" di un museo. Ma nell'era di internet, in cui tutto, anche la cultura, viene veicolata attraverso il social networking, un pensierino i nostri musei dovrebbero farlo. Come numeri, non sarebbero secondi a nessuno. 

Tratto da First online

Il Museo diffuso a Ronciglione



Una nuovissima iniziativa è stata realizzata da molti giovani a Ronciglione: l’avvio di un Museo diffuso del territorio che non potrà non avere ampia eco e riconoscimento per le implicazioni culturali e sociali che potrà comportare.
Tanto per iniziare, l’assessore al turismo del Comune di Ronciglione, Giuseppe Duranti, è stato tra i primi a favorire e riconoscere l’alto valore dell’ iniziativa di questo Museo diffuso, realizzato da tanti giovani di Ronciglione che, a titolo gratuito, hanno voluto dimostrare come sia possibile offrire ad una città momenti di aggregazione culturalmente validi e creativi in cui si riconoscono e si sentono coinvolti. In particolare, il Museo diffuso di Ronciglione vede come punto di forza l’utilizzo delle più moderne tecnologie, come i QRCode e lo smartphone, strumenti ormai di uso comune, almeno tra i giovani. I QRCode permettono una rapida decodifica di contenuti che, nel nostro caso, rimandano a pagine web, dotate di audio; tali codici, collocati su apposite segnaletiche accanto ai principali monumenti cittadini, permettono l’ulteriore informazione dettagliata relativa a quel monumento, costituita da un audio, alcune foto e un testo, tutti correlati tra loro. Lo smartphone è in grado di scannerizzare il QRCode e di “raccontare” il monumento al turista. Tutto questo per riferire dell’uso strettamente tecnico dei dispositivi messi in atto per la descrizione dei luoghi salienti della città. Ma un Museo diffuso non si limita a questo, non è solo la presentazione di informazioni storiche, architettoniche, artistiche di un sito, va oltre: amplia il concetto di “museo” che non viene più visto come luogo delimitato e, forse, anche poco frequentato… Un Museo diffuso comunica, per definizione, un’idea di più ampio respiro relativa alla valorizzazione dei luoghi, ma anche delle persone che quei luoghi vivono, delle loro stesse capacità creative che hanno contribuito a rendere quel territorio così particolarmente unico.

E’ questa la forza di un Museo diffuso: l’integrazione naturale, vivace, in continuo progredire dei luoghi e delle comunità che li vivono; così, accanto alle segnalazioni di importanti monumenti si potranno avere QRCode accanto ad uffici o negozi o laboratori, per indicarne orari o le caratteristiche professionali o artigianali di chi li gestisce, riportando la storia e lo sviluppo che una specifica attività può avere avuto negli anni. E’ il modo con cui la stessa comunità cittadina “si racconta”, armoniosamente con i monumenti e i beni culturali che la circonda, divenendo protagonista essenziale del territorio che abita.

A Ronciglione i tanti ragazzi che avevano dato vita alla Notte Giovani, hanno saputo individuare un ambito di collaborazione e concreta operatività realizzando questo Museo diffuso che vede così essi stessi primi protagonisti di quanto hanno inteso proporre alla città.  E, d’altra parte, l’accoglienza e il sostegno dell’assessore Duranti all’idea del Museo diffuso di Ronciglione, testimonia quel carattere fondamentale che una iniziativa come questa deve avere: il coinvolgimento tra popolazione e istituzioni, insieme per proporsi come strumenti di valorizzazione e promozione del patrimonio culturale dei luoghi e delle persone che li vivono. 
(tratto da OnTuscia)

National museums and the negotiation of difficult pasts

Call for papers

26-27 January 2012

Université Libre de Bruxelles




Organised by Eunamus and Pr. Dominique Poulot, Université de Paris I Panthéon-Sorbonne.

This conference aims to take a transnational and comparative perspective on the conflicts that national museums have dealt with as holders of contested objects and as places where disputed or difficult pasts are displayed.


Objects of contested possession
How have European discourses of ownership developed in national museums over the last century in relation to the possession of artefacts that are subject to restitution claims? Cases of contested objects in Europe can be related to contexts of colonial appropriations of material culture and post-colonial claims, to processes of secularisation of church property, to situations of war and plunder, to archaeological finds in territories where national frontiers have changed or are disputed. From a methodological point of view case studies will be privileged that go beyond legal aspects to examine the historical significance of using objects from the past as expressions of national identity.


Difficult pasts
What role do national museums play in handling historical issues that are socially and politically sensitive and liable to give rise to contestation? Particular attention will be given to individual or comparative cases related to the construction of national territories and to conflicting representations of “natural” and ethnic communities, which have become the subject of specific revisions in light of political and intellectual developments.
Furthermore, national museums are increasingly being called upon to provide forums for dealing with highly sensitive issues of traumatic past events – particularly those related to situations of political criminality. In light of the increasing importance of memory studies, this conference will examine how museums attempt to represent the “unspeakable” elements of the past.
Please send proposals of no more than 500 words, for 20 minute presentations to eunamus@gmail.com or Felicity.Bodenstein@univ-Paris1.fr by 14 November.




Il caso dell’Art Institute of Chicago: fuori tutti i volontari bianchi dal museo

Fonte dell'immagine: The Federalist Negli Stati Uniti, presso l’Art Institute of Chicago (AIC) si è aperto un caso che potrebbe essere d...