Musei costretti a chiudere, mostre a dieta

Causa i tagli pubblici e privati, è sempre più difficile tenere aperto, soprattutto nella realtà «minori». E la crisi allontana i giovani e i turisti stranieri

Il Museo della Città di Rimini
Roma. Rischio collasso per i musei italiani. L’esodo dei custodi accelera ed entro quattro anni non basteranno a garantirne l’apertura. Del resto il personale del Mibac (età media 56 anni) va in pensione e diminuisce al ritmo di 800-900 unità all’anno. Gli esodi aumentano mentre le assunzioni, tra tagli e crisi, sono bloccate. Anche i musei comunali soffrono. Per tenere aperte le porte dei musei con i rari custodi per ora si adottano soluzioni «caso per caso»: si chiudono le sale a scacchiera o si rinuncia all’apertura domenicale (lo straordinario festivo costa il 30 per cento in più). Un bollettino che non dà tregua ai turisti da tempo rassegnati a visitare musei a sale dimezzate, spesso senza preavviso. Intanto, dall’inizio di settembre la situazione è parecchio peggiorata. Bloccato domenica e festivi l’Archeologico Nazionale di Chieti, premio «Museo dell’Anno 1985» del Consiglio d’Europa; porte chiuse nei festivi al Museo Nazionale di Sassari e all’Antiquarium di Porto Torres. A Cagliari invece mancano gli addetti alla biglietteria: da settembre si entra gratis alla Pinacoteca e al Museo Archeologico. Decine di  musei e istituti statali culturali sono chiusi in provincia di Brescia, e così il Museo del Papiro a Siracusa, unico nel suo genere con la più ricca collezione di barche di papiro degli antichi laghi africani, oggi inghiottiti dalla sabbia. Gravissima la situazione delle aree archeologiche del Sud, ma il disagio è fortissimo anche in Lombardia: anche il Parco rupestre della Valcamonica (Brescia), un percorso tra boschi e 104 rocce incise tra le più note della Preistoria, sito Unesco, dall’inizio di settembre chiude sabato e domenica: «Un danno alla cultura e all’economia della zona. Abbiamo le mani legate, non possiamo pagare i turni festivi ai custodi. Le nostre risorse sono ridotte a un quinto rispetto a sei anni fa», ha detto la soprintendente Raffaella Poggiani Keller.
Chiusure e orari che mutano senza preavviso, visitatori in balia di siti internet ormai inaffidabili, che indicano aperture fantasma, uffici del Turismo subissati di proteste, anche loro vittime di mancata informazione dai musei.
Altri esempi: è una scommessa visitare i due musei statali di Lucca, Palazzo Mansi e Villa Guinigi, aperti a sorpresa; anche le chiese famose e ricche d’arte sono aperte poche ore al giorno. Conseguenza: un salasso per l’economia turistica locale. Disagi e chiusure a macchia di leopardo anche nei musei veneziani. Le «grandi» Gallerie dell’Accademia (i lavori di ristrutturazione avrebbero dovuto terminare nel 2007 ma sono in ritardo per problemi di fondi) e la Ca’ d’Oro sono diventati «musei a rischio chiusura perché non c’è nessuno che possa garantirne la sorveglianza»: quindi orari ridotti e chiusure improvvise nei festivi. Lo segnala la Uil del Veneto che teme (nel 1997 gli addetti alla sorveglianza per tutto il Paese erano 8.334. oggi sono 7.385) la chiusura di un intero piano o addirittura di tutta la Galleria Franchetti alla Ca’ d’Oro. Non va meglio a Capri: Villa Jovis, mitica residenza di Tiberio, da alcune settimane è chiusa martedì e mercoledì e sono «probabili altri giorni: meglio telefonare», avvertono. La ricca sezione numismatica del Museo Archeologico Nazionale di Siracusa è aperta quattro ore la mattina, un po’ più a lungo il mercoledì, ma non sempre: l’unica depositaria delle chiavi è la direttrice del museo Beatrice Basile, la sola autorizzata ad accompagnare i visitatori. Record di proteste di studiosi e turisti sui quotidiani siciliani: sotto accusa l’accesso negato (spesso senza preavviso) ai parchi archeologici di Catania, Piazza Armerina, Agrigento, Siracusa e alla mitica città di Centuripe, vicino ad Enna. Molti siti sono talmente nascosti da erbacce e cespugli da risultare introvabili. È successo al pullman di olandesi che a settembre, dopo aver vagato nelle campagne siciliane armati di mappe, sono ripartiti senza trovare, nella «prateria di sterpaglie» che lo ricopre, il Parco archeologico di Leontinoi (Siracusa). Proprio in quei giorni la stampa locale pubblicava l’annuncio provocatorio: «Cercansi capre per pulitura siti archeologici». Nei fine settimana in Campania e Puglia i visitatori trovano porte sbarrate con cartelli spesso scritti a mano: «Chiuso». È successo a fine agosto, e non è la prima volta, alla Galleria regionale di Palazzo Abatellis di Palermo. Chiusure improvvise, anche se i custodi siciliani in organico sono un record: 1.300.
In questa situazione drammatica per i musei e per il turismo culturale, è in crisi anche la funzione delle mostre che hanno sorretto, e spesso creato, nuovi flussi turistici soprattutto nelle città «minori»; per anni sono state il vero traino del turismo culturale e degli ingressi nei musei. Un’epoca al tramonto: vengono meno i finanziamenti privati (in particolare delle Fondazioni ex bancarie), Stato ed enti locali sono a secco. A Milano il budget per mostre comunali è sceso da 4 milioni a 800mila euro. Vale per tutti i Comuni, costretti per legge a tagliare i fondi per mostre dell’80%. A Brescia, per esempio, quella di Matisse ai Musei di Santa Giulia (chiusa il 26 giugno, ha avuto  248.862 visitatori, Ndr) sarà l’ultima di una serie che ha trasformato la città in polo del turismo d’arte. A Treviso la Fondazione Cassamarca ha sospeso ogni erogazione alla cultura per il 2012, e non finanzierà altre mostre dopo quella in corso sulla Cina dei Manciù.
In Italia, dunque, le mostre evento da più di un milione di euro saranno sempre più rare, mentre resistono quelle meno costose: se si spendevano 500-600mila euro ora i costi vanno dimezzati, con risparmi drastici su allestimenti, comunicazione e prestiti importanti. Ormai le Soprintendenze si affidano a forme di volontariato interno: c’è il caso di Sabina Ferrari, soprintendente ai Beni architettonici di Venezia, Padova, Belluno e Treviso, che ha fatto ricorso alle sue doti di provetta rammendatrice. Con ago e filo ha restaurato le bandiere storiche del Risorgimento in mostra a Villa Pisani di Stra (Ve) nelle nuove sale Savoia appena inaugurate. Dalla drastica dieta anoressica si salva ancora una parte del Sud, là dove, come a Catanzaro, ancora esistono fondi europei da spendere per lo sviluppo turistico. La Ue ha appena annunciato che finiranno per tutti nel 2013.
Alcune Soprintendenze cercano di reagire al declino con iniziative poco costose: la Galleria Estense di Modena, per esempio, invece di mostre che non si può permettere, organizza concerti, conferenze, piccole esposizioni di opere restaurate ecc. L’iniziativa ha un certo successo, i visitatori sono aumentati, ma anche qui la Galleria deve chiudere la domenica pomeriggio; in cambio apre qualche ora il lunedì. Soprattutto nelle realtà «minori» si tende a puntare sempre più sulla città, a coinvolgere le persone del posto, a farle sentire protagonistedella cultura locale. E questa è anche una risposta parziale alla pesante situazione del turismo. Dati di ottobre del Ministero per i Beni culturali rivelano un crollo delle presenze straniere in tutti i musei e una drastica trasformazione del pubblico, sempre più anziano. La crisi allontana i giovani.

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