Una app per i piccoli musei

Chertsey Museum

Lo scorso anno, dei 48 piccoli musei locali che hanno partecipato al Museums Association’s Mobile Survey 2013, il 48% aveva già un'offerta di applicazioni per smartphone e tablet; il 17% non l’aveva, ma prevedeva di introdurla nei prossimi 12 mesi; infine, il 35% non aveva mai introdotto alcun tipo di applicazione e non prevedeva di crearne alcuna.
Il Chertsey Museum, nel Surrey, sud-est dell’Inghilterra, è un esempio di piccolo museo locale che ha recentemente iniziato ad offrire contenuti mobili ai suoi visitatori. Nel mese di giugno, ha lanciato Right App Your Street, un’applicazione gratuita che permette ai visitatori di accedere a fotografie storiche di negozi della città e a localizzarli su una mappa per smartphone e tablet. L'applicazione utilizza il GPS e una mappa interattiva per consentire agli utenti di visitare e conoscere i luoghi storici e i negozi della città.  Piuttosto che creare una app che ripeteva le informazioni già disponibili sul sito, il museo ha deciso di creare qualcosa che portasse la collezione del museo fuori, nella città, creando una forte correlazione tra il museo e il tessuto urbano. In questo caso, dunque, il piccolo museo assume anche il ruolo di promotore turistico.
Emma Warren, curatore del Chertsey Museum, ritiene che "questo tipo di tecnologia sia perfetta per aiutare i musei a far conoscere le proprie collezioni al pubblico. È anche  un modo divertente per far conoscere la storia della propria città ai residenti". L’applicazione è stata finanziata grazie al contributo di 8.800 sterline della Heritage Lottery Fund. Il Museo di Chertsey ha installato anche una connessione Wi-Fi gratuita nelle proprie gallerie.

Una foto storica di Chertsey del 1900

I contenuti della app possono  essere gestiti attraverso un Content Management System dal sito del museo, il che rende relativamente facile adattarlo e aggiornarlo. 
Io l'ho appena scaricata da Play Store. 

Tratto da Museum Practice, “Case study: small museums and mobile” 14/10/2013

Piccoli Musei: Sistemiamoci! I musei della provincia di Viterbo, ...

Piccoli Musei: Sistemiamoci! I musei della provincia di Viterbo, ...: Riporto qui il link all'articolo di Francesca Ceci, apparso su La Loggetta nel mese di dicembre 2013.

Un grande premio per un piccolo museo irlandese, ma in Italia ci si dimentica dei piccoli musei



The Little Museum of Dublin ha ottenuto, quest'anno, il David Manley Emerging Entrepreneur Award, premio sponsorizzato dalla Camera di Commercio di Dublino. Il museo, fondato da circa tre anni dallo scrittore Trevor White e dal compositore Simon O'Connor, dispone di una collezione di 5.000 oggetti, tutti frutto di donazioni. Lo scorso anno è stato visitato da 45.000 visitatori e si sta affermando anche a livello internazionale grazie ad una politica particolarmente lungimirante e razionale dei propri fondatori e amministratori, la quale prevede visite guidate ogni ora, lezioni di educazione civica "I love Dublino" per gli scolari delle scuole primarie e post-primarie, una serie di conferenze mensili e l'ingresso gratuito, previsto in alcuni giorni. Il museo, inoltre, incoraggia attivamente i visitatori a raccontare le loro storie, cercando di allacciare uno stretto rapporto con la comunità. Il quotidiano australiano The Sidney Morning Herald ha scritto a proposito di questo museo: "La cosa migliore da fare nel tempo libero, in Europa".
Devo dire che il mio pensiero è corso subito ad alcuni nostri eccellenti piccoli musei, e vorrei qui citare, in rappresentanza di tutti, il Museo del Bottone di Santarcangelo di Romagna, fondato e diretto da Giorgio Gallavotti. Lo abbiamo già scritto varie volte su queste pagine: il piccolo Museo del Bottone, conosciuto anche a livello internazionale, ormai un punto di riferimento per gli studiosi e i collezionisti di questo accessorio così comune, ha avuto, nel 2013, oltre 25.000 visitatori, ma il problema è che qui in Italia questi risultati sembrano passare inosservati. Sarebbe bello se ci si accorgesse che la realtà dei piccoli musei è un motore importante per il Paese, prima di tutto perché il 90% dei musei italiani è di piccola e piccolissima dimensione, come ci ripete Giancarlo Dall'Ara, fondatore e presidente dell'Associazione Nazionale Piccoli Musei, e quindi salvaguardare, promuovere e valorizzare i piccoli musei significa amare la nostra cultura e conservarla nella sua interezza per le generazioni future. Ma vorrei anche aggiungere che i riconoscimenti, i premi, le targhe, hanno la loro utilità: servono a incentivare le buone pratiche, a incoraggiare coloro che, spesso senza alcun riscontro economico ma solo per pura passione e per uno straordinario spirito di dedizione, si impegnano quotidianamente per salvare questo patrimonio comune. Ogni tanto non sarebbe sbagliato ricordarsi di loro.

Sime Sitem: un premio all'Italia

Dal blog dell'Associazione Nazionale Piccoli Musei



Piccoli Musei: Sime Sitem: Un premio all'Italia: Un museo italiano vince il premio al Sime Sitem di Parigi. Nell'ambito della importante manifestazione Sime Sitem la nostra Associazi...

Tutti insieme appassionatamente…un giorno dedicato ai musei su Twitter: Follow a Museum Day

Torna il Follow a Museum Day, domani 1 febbraio tutti sintonizzati su twitter con l’hashtag #followamuseum




Basta esserci, usare l’hashtag e tutti possiamo promuovere il nostro museo preferito, oppure i musei possono auto-promuoversi, dire qualcosa sulle loro iniziative o sulle loro collezioni.  Domani 1 febbraio sarà l’occasione giusta per essere tutti insieme su Twitter, non mancate! Soprattutto voi, piccoli musei, o voi che amate i piccoli musei!

Che cos’è il Follow a Museum Day 


L’idea è di Jim Richardson e lo scopo è quello di favorire la comunicazione dei musei attraverso i social network, in particolare Twitter. Pensiamo, afferma Richardson, che oltre un milione di persone seguono i musei su Twitter. Ognuna di queste persone può, a sua volta, attrarre altri seguaci per il museo solo con il passaparola. Che cosa potrebbe succedere se qualcuno che non visita i musei da anni, si sentisse improvvisamente ispirato da Twitter a scrivere qualcosa sui musei? E che cosa potrebbe succedere se più persone usassero Twitter per raccontare che cosa ne pensano dei musei che visitano e delle loro mostre? Dati i numeri di Twitter, non è difficile immaginare che il contagio sarebbe imponente! Con questo stratagemma, dunque, una iniziativa sociale di grande impatto mediatico, Richardson si propone di dimostrare che l’utilizzo di Twitter può fare molto bene al mondo dei musei. Provare per credere! 

Musei in video



In attesa di conoscere i vincitori del concorso Musées (em)portables che quest'anno vede una cospicua presenza italiana (lasciamo un po' di suspense fino al 29 gennaio), vorrei sottolineare quanto in questi giorni a livello internazionale il mezzo visivo sia diventato un argomento di grande interesse. Oltre alla Francia e al suo Musées (em)portables, anche la rivista specialistica inglese Museum Practice ha dedicato un intero speciale a questo tema. Il mezzo cinematografico viene usato spesso in ambito museale e per differenti motivi: per esempio per offrire una interpretazione di una mostra o di una collezione museale; per creare esperienze immersive; come esperienza di apprendimento; infine, soprattutto nei paesi anglosassoni, ciò avviene anche per scopi di marketing o di raccolta fondi. Grazie al mezzo cinematografico in connubio con l'impiego delle realtà virtuali e delle realtà aumentate, poi, è possibile riportare alla vita le antiche civiltà, ricreando esperienze sensoriali che non potrebbero essere ottenute senza l'impiego di queste tecniche. Il cinema può essere anche un mezzo ideale per far vivere esperienze di apprendimento soprattutto se si coinvolgono direttamente i ragazzi (o anche gli adulti) nella realizzazione di video all’interno del museo. Non sono necessari grandi investimenti: bastano una piccola telecamera, un cavalletto e un microfono; ma, in ogni caso, i costi di produzione molto bassi, sostenibili dalla maggior parte delle scuole, sono ricompensati dal valore di un’esperienza molto costruttiva basata sull'impegno e sulla creatività. Non è difficile ed è a costo zero creare un canale You Tube del museo in cui si possono caricare anche i video creati dai propri visitatori: può essere semplicemente il racconto della propria visita oppure il museo può suggerire dei temi, per esempio in determinate occasioni che riguardano o il museo stesso o altri avvenimenti culturali di portata nazionale o locale, invitando a contribuire, usando liberamente la propria creatività.
Diverso è il caso in cui i musei decidano di investire in produzioni video create da professionisti per promuovere il museo o una specifica mostra. Questo può creare timori nei responsabili dei musei perché si teme che i costi necessari possano non produrre i benefici sperati. Uno dei problemi è cercare di creare dei video che possano durare nel tempo, ovvero fare in modo che l’investimento sia anche a lungo termine. Secondo gli esperti, come regola generale i film creati per il web o proiettati lungo il percorso espositivo dovrebbero avere una durata ottimale di tre minuti. Apparentemente si tratta di un tempo molto ridotto in cui può sembrare difficile raccontare molte cose (ma all'occorrenza si possono creare vari film ciascuno di tre minuti). In realtà in tre minuti si possono ottenere dei veri e propri mini-fim (basta andare a visionare i filmati dei musei che hanno partecipato in questi anni a Musées (em)portables); in secondo luogo, è una buona strategia fare in modo che il pubblico abbia voglia di saperne di pù; terzo, se è vero che in tre minuti non si possono raccontare storie complicate, è possibile, però, riuscire a suscitare emozioni e a stimolare il pensiero degli spettatori in modo efficace. E questo, forse, è l'aspetto più importante e che rende utile un investimento di questo tipo.



Dans le yeux de Mona Lisa, 
il film vincitore della edizione 2013 di Musées (em)portables.



La nuova caffetteria del Museo Correr

La scorsa primavera il Museo Correr ha inaugurato la sua nuova caffetteria, uno spazio ampio e accogliente che è aperto a tutti, visitatori del museo e clienti esterni. La caffetteria vuole essere il "salotto" di Venezia anche grazie alla sua esclusiva vista sulla Basilica di San Marco, ma, soprattutto, intende diventare un nuovo punto di incontro e di socializzazione per i veneziani e non solo per i numerosi turisti che ogni giorno visitano la meravigliosa città lagunare che tutto il mondo ci invidia.




Aggiungi un senso all'arte: doniamo la gioia di "vedere" un capolavoro!

Particolare de La Fornarina di Raffaello


In vista della Giornata Internazionale dei diritti delle persone con disabilità (3 dicembre) vorrei invitarvi a contribuire alla campagna di raccolta fondi “Aggiungi un senso all’Arte”,  promossa dalla Fondazione CittàItalia per realizzare il bassorilievo tattile del dipinto La Fornarina di Raffaello, che permetterà ai non vedenti e ipovedenti di ammirare questo capolavoro.

Il bassorilievo sarà collocato accanto all'opera originale nella Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma. Un’idea meravigliosa e un gesto di grande generosità e civiltà da parte di chi vorrà contribuire. Il miglior dono che si possa fare a chi non ha la gioia di godere dell’arte con il bene della vista. Ma possiamo fare qualcosa per permettere loro di “vedere” con il tatto. E non è poco. E' importante fare in modo che i musei possano dotarsi di modelli tattili dei grandi capolavori affinché una parte del pubblico non ne sia esclusa dalla fruizione. 


L'esperienza tattile aiuta non vedenti e ipovedenti
a "vedere" con l'opera d'arte con le proprie mani.


Per riuscire nell’intento è necessario raccogliere la cifra di 15.000 euro. Finora ne sono stati raccolti 7.467. C’è bisogno, quindi, di altri gesti generosi! “L’Arte è di tutti e deve essere di tutti!" Si legge nella pagina di Retedeldono dedicata al progetto e non si può non essere d'accordo.

Per inviare le vostre donazioni potete utilizzare il conto corrente bancario intestato a Fondazione CittàItalia presso Monte dei Paschi di Siena - codice IBAN IT69C0103003200000015000089 oppure potete collegarvi al sito www.fondazionecittaitalia.it nella sezione dona on line. Per informazioni: Numero verde 800 00 17 22

Grazie!!!

Giornata Internazionale dei diritti delle persone con disabilità: i piccoli musei aderiscono

L'inchiesta di Repubblica è davvero pessima? Una replica a Federico Giannini

Sulla pagina Facebook dell'Associazione Nazionale Piccoli Musei ho pubblicato la nota seguente tentando di replicare con gli argomenti che sono di mia competenza all'articolo di Federico Giannini, "La (pessima) ricerca di Repubblica sui siti web dei musei. E una proposta". Lo "scambio" di vedute è scaturito da un'inchiesta di Repubblica, curata da Giuseppe Borello.



Ho esaminato con attenzione il post di Federico Giannini su Finestre sull'Arte. La critica che è stata rivolta ai giornalisti di Repubblica è stata quella di superficialità, ma leggendo la sua disamina posso dire che quello che ho letto ha un’impostazione troppo tecnica e una visione prevalentemente “accademica”. Giannini, infatti, è laureato in Informatica umanistica ed è specializzato in tecnologie web per i beni culturali. E’ logico che lui abbia preso in considerazione quasi esclusivamente gli aspetti tecnici, addirittura sminuendo altri aspetti della visita museale che per noi museologi non sono affatto marginali. Da parte mia, quindi, io posso esprimere un parere da museologa e da comunicatrice, mentre non entro in ambito tecnico. Dal mio punto di vista, io giudico un sito per la sua capacità di attrarre l’attenzione e di instaurare subito, già attraverso lo stile della comunicazione, un rapporto amichevole con i lettori. Ci sono delle regole per riuscire in questo intento e basta studiare i siti web di musei inglesi e americani per capire quali sono, dato che in Italia gli esempi del genere sono davvero pochi; cerco, qui, di riassumerle, ricordando che si stanno prendendo in considerazione gli aspetti connessi alla comunicazione: evitare lo stile “freddo”, da trattato accademico; evitare la staticità delle immagini nell’intestazione; ovviamente aggiornare in continuazione le news; creare la possibilità di interazione non solo attraverso i social network collegati al sito ma, per esempio, anche creando dei blog nel sito stesso.
Posso fare tre esempi pratici di siti stranieri di musei “importanti” che rispettano queste regole, intendendo con il termine “importanti” musei noti a livello internazionale, e li metterò a confronto con il sito web del Polo museale degli Uffizi, così come ha fatto Giannini.

Primo esempio: Victoria & Albert Museum. Innanzitutto l’intestazione è dinamica e colpisce subito l’attenzione del lettore; il corpo della pagina è occupato interamente dal menù delle varie mostre in corso, cui si accede cliccando sulle immagini che già introducono al tema dell’esibizione corrente. In basso, il “piede” della pagina consente di accedere a tutte le altre informazioni possibili e immaginabili che permettono al visitatore di avere un quadro chiarissimo di tutti i servizi di cui potrà usufruire: dagli orari di apertura alla possibilità di usufruire di fasciatoi per i bambini piccoli, orari del bar in cui è specificata perfino la possibilità di usare i seggioloni, la riduzione a metà prezzo dei pasti per i bambini, la presenza di un distributore d’acqua gratuita, la presenza di una mappa che indica come visitare il museo con passeggino al seguito sapendo già quali sono le sezioni dove non sarà possibile entrare, ecc.; sono indicati anche i servizi per i disabili, in particolare i colloqui per i non vedenti, i servizi per non udenti, ecc. La precisione di queste informazioni è veramente eccellente. Vi sono poi: mappe interattive con possibilità di accedere alle schede di singoli oggetti, fotografie o altro delle varie mostre. Nella sezione Eating & Drinking, il visitatore saprà in anticipo anche quali sono le specialità proposte. Ci sono, poi, tutte le informazioni sulla biblioteca, sui dipartimenti, sulle Study Rooms, ecc.  e si può accedere anche ad ulteriori contenuti in base alle tematiche.
Un’altra caratteristica importante è la presenza dei blog amministrati dai curatori del museo. Questo è un aspetto fondamentale perché il visitatore può entrare in contatto con chi lavora nel museo, il quale non rimane una figura per lo più nascosta, che opera nell’ombra, dietro le quinte, ma una persona riconoscibile che instaura un dialogo con il pubblico. 

Secondo esempio: The Metropolitan Museum of Art. Come si può vedere, anche in questo sito si evita la staticità e si sceglie l’impostazione dei testi e delle figure sullo stile di un magazine. La sidebar di sinistra riunisce tutte le informazioni pratiche e la possibilità di acquistare i biglietti on line. La traduzione è possibile in ben dieci lingue. Nella sezione centrale sono raccolte le informazioni sugli eventi, sulle mostre in corso, sui programmi speciali per disabili, per i sostenitori del museo e per le famiglie; la sidebar di destra permette di accedere ai blogs: ancora una volta si sottolinea la scelta da parte dei curatori di non restare dietro le quinte o di non essere conosciuti solo in un ristretto ambito accademico, ma da tutto il pubblico.
Il footer del sito permette di accedere ad altre risorse: materiale audio e video nella sezione Met Media, una sezione dedicata ai programmi speciali per i bambini e le famiglie, la sezione Community che introduce alle attività del Met sui social media. A proposito, hanno raggiunto un milione di like su Facebook!
E infine la sezione dedicata all’offerta del Museum Shop, che secondo Giannini sarebbe paccottiglia, ma che in realtà ha anch’essa la sua importanza. L’acquisto, lo sappiamo, serve per conservare il ricordo della visita, crea un legame affettivo con quel luogo e con quella esperienza. C’è, ovviamente una differenza tra un museum shop e l’altro per quanto riguarda la qualità, ma è comunque giusto che il sito web del museo metta in evidenza anche la presenza di un museum shop e la possibilità di effettuare gli acquisti anche on line.

Terzo esempio: National Museums Liverpool. Mi è già capitato di citare questo sito web forse perché sono una grande estimatrice del lavoro di David Fleming. Il riferimento mi è molto utile per il confronto con il sito web del Polo museale fiorentino, in quanto anche in questo caso si tratta di un sito unico che riunisce tutti i musei nazionali di Liverpool. Per la terza volta si può notare che l’aspetto della home page è molto simile a quella di un magazine a colori. L’intestazione è, anche in questo caso, dinamica, con immagini che scorrono e attirano l’attenzione del lettore sulle varie mostre in corso. Anche da questo sito si può accedere al materiale video e ai blogs, ma l’aspetto più interessante è che cliccando sui nomi dei vari musei di Liverpool non si accede ad una schermata con le principali informazioni sul singolo museo di nostro interesse, ma si viene introdotti ad un altro sito web completo, in cui si può accedere, poi, ad altre risorse, al blog, a tutte le informazioni necessarie e che, naturalmente, è collegata con i vari social network.

Vediamo ora il sito del Polo museale fiorentino.

L’aspetto che mi colpisce maggiormente di questo sito web è la parte che riguarda le informazioni. Abbiamo appena visto che i musei inglesi e americani cercano di facilitare in ogni modo la visita, informando sui minimi dettagli e predisponendo ogni tipo di servizio per tutte le categorie di pubblico. Guardiamo come il sito web del Polo museale fiorentino accoglie i “potenziali” visitatori. Leggo l’intera sezione inerente la Galleria degli Uffizi, sono 14 righe:

ORARI
Da martedì a domenica, ore 8,15-18,50
Chiusura: tutti i lunedì, Capodanno, 1° maggio, Natale.

La biglietteria chiude alle 18.05
Le operazioni di chiusura iniziano alle 18.35

REGOLAMENTO
Si pregano i visitatori di attenersi ad alcune regole di comportamento (vedi di seguito il pdf scaricabile) e si ricorda alle guide turistiche e agli insegnanti che i gruppi non possono superare le 25 unità.

E qui è data la possibilità di scaricare le regole di comportamento. Un pessimo modo di accogliere i propri visitatori! Per quanto riguarda la conoscenza del personale responsabile, dal sito è possibile scaricare l’intero curriculum del direttore che, per carità, può essere interessante ed è in linea con le norme sulla trasparenza, ma certamente è insufficiente per conoscere una persona e il lavoro che questi svolge all’interno del museo, e non è di certo paragonabile ai blog gestiti dai curatori dei musei stranieri appena esaminati. 
I disabili sono informati che esiste un ascensore, e questo è l’unico servizio che possono permettersi. Ora qualcuno potrà obiettare che questo non è un giudizio sul sito web. E’ vero, però evidentemente se i siti web dei musei stranieri esaminati hanno così tante informazioni, risorse e materiali è perché dietro quel sito web c’è un museo che è attento innanzitutto alla soddisfazione del proprio pubblico. Ciò che salta agli occhi è che in quei siti è il pubblico ad avere una posizione centrale e tutto ruota intorno al suo bisogno di informazioni, che vengono fornite con uno stile amichevole e rassicurante, ma anche di conoscenza, perché quei siti hanno anche un alto valore didattico in quanto sono attenti che i contenuti siano comprensibili per tutti. Non si può pretendere, però, che un sito web esprima ciò che in realtà non c’è! Ed evidentemente la scarsità di informazioni è direttamente proporzionale alla scarsità di servizi. Passiamo, poi, ai singoli musei che fanno parte del Polo museale. Se proviamo a cliccare, non compare un altro sito web come succedeva cliccando sui singoli musei di Liverpool, ma compare una pagina di informazioni, statica, senza altre risorse, se non l’acquisto dei biglietti on line. Gli archivi digitali sono senza dubbio una risorsa importantissima ma riguardano gli studiosi e il pubblico con un grado di specializzazione più avanzato. Linguaggio tecnico, stile accademico, schede descrittive che sono state lasciate così come erano negli archivi della soprintendenza senza alcun tentativo di semplificazione: tutto questo è una barriera posta tra il museo e il grande pubblico. Non mi meraviglia che la pagina Facebook del Polo museale degli Uffizi conti 3055 like e che quello del Met ne conti un milione! La causa sarà il diverso modo di comunicare? Se vogliamo che i siti web dei musei italiani siano più soddisfacenti, dobbiamo fare in modo che prima di tutto i musei stessi siano più accoglienti. Non entro nel merito dello stile di comunicazione utilizzato nei social network, che quasi sempre sono pagine niente affatto “social” ma esattamente come i siti web: istituzionali e distanti, senza possibilità di interazione. Ma questo è un altro argomento e lo si potrà affrontare in una differente occasione.

Caterina Pisu

 Cari amici, in questi anni in cui ho svolto l’incarico di direttore scientifico del Museo Civico “Ferrante Rittatore Vonwiller”, dal 2019 a...