La fondamentale azione di un “team
comunitario” nella progettazione dei musei
Un articolo di evemuseografia.com
suggerisce con quali modalità e quali professionalità necessitano quando si allestisce
un nuovo museo o si rinnova un allestimento: le fasi fondamentali non sono solo
quelle che riguardano la progettazione e, successivamente, la campagna pubblicitaria
o di marketing che servirà a promuoverlo; chi partecipa alla sua realizzazione,
dovrebbe mettere in atto determinate strategie molto tempo prima dell’apertura
o della riapertura del museo. E’ fondamentale che in questo procedimento sia
coinvolta la comunità dal momento stesso in cui il progetto museale viene
concepito. Al momento della creazione di un progetto di costruzione o di
ristrutturazione di un museo, infatti, parallelamente al lavoro svolto da
tecnici, designer, scrittori, ed altri specialisti (team scientifico), bisognerebbe
anche formare un team di mediatori incaricato di fare da collegamento tra i
professionisti museali e la comunità. Ovviamente questo team dovrà agire in stretto
coordinamento con il primo.
Questo gruppo di specialisti, che
chiameremo team comunitario, avrà la funzione principale di trasferire i bisogni,
le preoccupazioni e i valori importanti per la comunità al team scientifico che
dovrà poi elaborarli e cercare di darne riscontro nell’esposizione museale. Il
metodo di lavoro dovrebbe essere basato sulla creazione di vari gruppi di
discussione formati per esempio da storici oppure, a seconda dei musei, da
scienziati, insegnanti, esperti di turismo, imprenditori, organizzazioni
culturali, associazioni di quartiere, associazioni giovanili, eccetera. In
altre parole, nel dibattito bisognerà includere voci complementari che potranno
fare proposte al team tecnico e quindi aiutarli a recepire gli aspetti
fondamentali o le questioni legate alla tradizione, al costume e alle
aspirazioni fondamentali della gente.
Dobbiamo anche tenere conto di
quelle minoranze che sono più distanti rispetto alle peculiarità del museo in
questione, come nel caso di altre realtà culturali e religiose di gruppi di immigrati,
di fasce sociali emarginate e con accesso limitato alla cultura, di gruppi con
bisogni educativi speciali e così via.
L’approccio collaborativo può
essere utilizzato sia per i nuovi musei che per quelli che hanno bisogno di
rinnovarsi e quindi di riformulare la propria missione perché quando sono stati
creati questi aspetti sociali non erano stati presi in considerazione.
Bisogna partire dal presupposto
che la nostra rete di visitatori è concentrica e inizia dal pubblico più vicino
a noi: il quartiere, per primo, poi la città e la regione, sono le prime realtà
da coinvolgere. L’attrazione che si saprà esercitare nei confronti del pubblico
più vicino sarà fondamentale per attrarre, poi, tutti gli altri.