Volontari o stagisti?

MiBAC e Ministero del Lavoro stipulano un protocollo d'intesa per l'impiego di 2.000 "volontari" in servizio civile nazionale nelle attività di tutela, di fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale
Poveri professionisti della cultura!
Sempre meno le prospettive per il futuro...

(immagine tratta da 
http://napoleonlive.info/what-i-think/help-the-homeless/)
 
Il Ministero dei beni e delle attività culturali e il Ministero del Lavoro hanno stipulato un protocollo d'intesa per l'impiego di 2.000 volontari in servizio civile nazionale nelle attività di tutela, di fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale. “Si tratta del primo protocollo interistituzionale" – ha dichiarato il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini - "che inaugura un percorso di sperimentazione di progetti di servizio civile nazionale innovativi, capaci di coniugare lo spirito proprio del servizio civile, esperienza di formazione e arricchimento sia per i giovani che per la società, con la necessità di agevolare l’ingresso di giovani professionalità nel mondo del lavoro”. L'operazione costerà complessivamente circa 11 milioni di euro per il 2014/2015, ed è destinata, nella metà dei casi, a giovani che si trovino in condizioni di disoccupati o inoccupati e nel contempo, non risultino essere inseriti in un percorso di  istruzione  e  di formazione. L'altra metà dei "volontari" che beneficeranno del finanziamento del MiBACT "verranno impegnati in progetti dedicati alla tutela del patrimonio culturale di musei, archivi e biblioteche, con particolare attenzione alla diffusione della cultura tra le giovani generazioni".

C'è qualcosa che non funziona in questo protocollo d'intesa. Il primo dubbio, il più rilevante, riguarda la preparazione di questi giovani che verranno impiegati in tutte le funzioni più importanti svolte dagli enti culturali: si parla di tutela, di fruizione, di valorizzazione! Ma quali sono i requisiti che si richiedono? Quale tipo di preparazione? Sembrerebbe superfluo ribadire che la cura del patrimonio culturale richiede competenze altamente specialistiche in ogni singolo settore di intervento e che i professionisti della cultura sono laureati, specializzati e dottori di ricerca che hanno dedicato anni della loro vita e risorse per raggiungere questa preparazione. Evidentemente questo sembra un aspetto trascurabile per chi ha potere decisionale.

Il secondo dubbio riguarda l'uso del termine "volontari". Chi sono i volontari? C'è una ricca letteratura in proposito, ci sono normative, definizioni universali. Il testo della Legge quadro sul volontariato 266/91 recita all’art. 2:

1. Ai fini della presente legge per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.

2. L’attività del volontariato non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse.

3. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l’organizzazione di cui fa parte.

L’art 2, quindi, già smentisce l’interpretazione del termine da parte dei due Ministeri: si parla di attività svolte a titolo completamente gratuito, invece in questo caso chi svolge il servizio civile riceve una retribuzione, seppur minima. Ma c'è un altro aspetto da non sottovalutare e che riguarda la libertà di partecipazione: tutti dovrebbero poter contribuire con le proprie competenze e capacità alle attività di volontariato, quando questo è correttamente inteso come partecipazione spontanea dei cittadini ad attività di vario tipo, nell’interesse di tutta la collettività. Nel caso in questione, invece, il servizio civile è riservato a giovani di età compresa tra i 18 e i 28 anni, aventi cittadinanza italiana. Quindi una categoria di persone ben definita che ne esclude molte altre. In questo caso, dunque, non si può parlare di partecipazione attiva e spontanea della cittadinanza, ma di risposta di alcuni ad una ricerca di persone con determinati requisiti di età e di condizione occupazionale.

Quali sono le conclusioni? Il dato di fatto è che si tratta dell’ennesimo affronto al mondo dei professionisti culturali italiani. Dopo l’operazione “The Hidden Treasure of Rome” - l’accordo tra Enel, Comune di Roma e Musei Capitolini che prevede la cessione temporanea all’estero, per fini di studio e di ricerca, di centinaia di reperti archeologici, scavalcando, di fatto, a piè pari, tutto il mondo della ricerca, degli accademici e dell’archeologia italiana in generale - ecco che ora, evidentemente nella convinzione che il patrimonio culturale possa essere gestito da chiunque, senza bisogno di preparazione specifica, si ricorre al servizio civile per supplire alla necessità di personale, ormai cronica, nell’ambito dei beni culturali. I giovani che saranno impiegati in questa circostanza non sono volontari, forse possono essere definiti “stagisti”, ma in ogni caso il loro impiego, con le modalità che sono state descritte, appare improprio e, soprattutto, ingiusto. Infatti, in questo caso, non si tratta di tenere aperti i musei durante una giornata speciale come avvenuto lo scorso anno, quando difesi le decisioni del MiBAC. Ora la circostanza è completamente diversa e si danneggiano non solo i professionisti culturali ma anche i volontari veri che, ancora una volta, si trovano al centro di discussioni che rischiano di creare fraintendimenti riguardo la natura effettiva del volontariato, il quale, mi piace sempre sottolinearlo, consente a tutti i cittadini di partecipare alle attività della comunità di appartenenza, senza mai sostituirsi ai lavoratori retribuiti.


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