Alcune riflessioni sulla #MuseumWeek di Ilenia Atzori, coordinatrice regionale Sardegna dell'Associazione Nazionale Piccoli Musei, che durante la manifestazione internazionale ha twittato per l'APM con l'account @piccolimusei2, risultando essere uno tra i più attivi e menzionati.
Alcune considerazioni a margine della manifestazione internazionale che ha riunito su Twitter 2800 musei di tutto il mondo
di Caterina Pisu
1- Analisi grafica de La Magneticainerente l'attività dei musei italiani durante la #MuseumWeek 2015
A circa dieci giorni dalla conclusione
di #MuseumWeek 2015 mi sembra opportuno tirare le somme di questo importante
avvenimento social che, come è stato ampiamente divulgato da molti specialisti
e da vari organi di informazione, è molto cresciuta rispetto alla prima
edizione del 2014, coinvolgendo più di 2800 musei di 77 Paesi. Ben 259 delle
adesioni sono arrivate dall’Italia, numero quadruplicato rispetto al 2014. Già
dopo la prima edizione di #MuseumWeek si era avvertito un aumento di interesse
da parte dei musei italiani per la comunicazione 2.0 e i dati di quest’anno ne
sono stati la conferma. Si è trattato di una presenza non solo numericamente
rilevante ma, in molti casi, anche molto incisiva. I dati diffusi dagli
organizzatori di #MuseumWeek nel corso della manifestazione hanno evidenziato i
dieci musei che hanno twittato, ritwittato e replicato di più (fig. 2); tra questi sono
presenti quattro musei italiani: al primo posto l’Area archeologica di
Massaciuccoli Romana, al secondo l’Antiquarium di Porto Torres, all’ottavo il
Museo dell’Orologio di Bergallo, al decimo il Museo Archeologico del Distretto
Minerario di Rio nell’Elba. L’Associazione Nazionale Piccoli Musei / APM – che
lo scorso anno era tra le prime tre istituzioni culturali più attive della
manifestazione – quest’anno, con lo sdoppiamento dell’account in @piccolimusei
e @piccolimusei2, ha svolto ugualmente un ruolo rilevante, soprattutto di impulso
al dialogo, risultando essere anche tra gli account più menzionati (http://www.socialmeteranalysis.it/museum-week-2015-twitter-contagia-i-musei/)
In occasione di #MuseumWeek,
dunque, non è stato necessario concordare alcuna strategia comune. Il dialogo
tra i musei si è attivato spontaneamente grazie all’esistenza di questa “rete”
virtuale già consolidata. L’APM si è posta come obiettivo quello di essere
parte attiva del dialogo utilizzando da un lato l’immissione di contenuti propri,
dall’altro il rilancio di quelli prodotti dai musei. In una manifestazione come
#MuseumWeek, di lunga durata e che ha visto coinvolti più di 76.000 utenti con
un flusso di circa 270.000 tweet, ottenere visibilità era importante. Sui
social network è necessario non solo postare contenuti ma anche interagire. Questa
forma di comunicazione ha un senso se è bidirezionale/multidirezionale o si
rischia di trasferire sui social lo stesso “modello
gestionale autoritario” che impediscela “comunicazione e l’interazione
culturale e sociale” e soprattutto la “partecipazione
collettiva alla produzione di valore culturale” (Elisa Bonacini, v. http://piccolimusei.blogspot.it/2013/11/il-museo-partecipativo-sintesi-della.html).
Pertanto, a mio parere e alla
luce di queste considerazioni, il tipo di comunicazione adottato dai piccoli
musei italiani è stato ben concepito in quanto ha favorito il dialogo
museo/museo e museo/followers, ha rafforzato la comunità virtuale preesistente
e l’ha ampliata includendo nuovi musei, quali il Sistema museale di Ugento, il
Museo Civico del Setificio Monti e il Museo della Vita contadina Cjase Cocèl. Intensa,
come si è detto, anche la partecipazione di molti followers, per la gran parte
specialisti/cultori della materia o comunque persone attive in ambito culturale
e in particolare nel settore dei musei, come Valerio Deidda (@ArT9it), Massimiliano Zane (@mz_arte), Luisa Moser (@MoserLluisa),
Leontina Sorrentino (@LeontinaDAB), Daniele Cei (@danielecei),Rossella
Luciano (@Rossella_l2014), Veronica Ramos (@ramosveronica86), Concetta
Lapomarda (@conclapo), Valentina Caffieri (@ValenCaffieri), Anna Marras (@annamao), Marta Coccoluto (@MartaCoccoluto), Maria Stella Bottai
(@Stellissa), Marzia Dentone (@MarziaDentone), Silvia Andreozzi e Monica Palmeri (fondatrice e caporedattore di
Zebrart.it: @silviaandreozz1, @MonicaPalmeri, @zebrartit).
Si è detto che tantissimi sono
stati i tweet e le repliche, numerosissimi anche i retweet, una funzione
affatto banale di Twitter e quanto mai necessaria in una manifestazione come
#MuseumWeek in cui si voleva da una parte “amplificare” la portata di un tweet
e dall’altra mantenere tutta la propria rete unita e partecipe del dialogo in
corso. La visibilità ottenuta è stata ricambiata dall’attenzione di nuovi
followers che si sono aggiunti alla rete già esistente. E’ stato importante anche
mantenere costante il flusso di tweet e retweet; ciò ha comportato un impegno
notevole, dovendo coprire fino a 14 ore giornaliere. Contenuti, dialoghi
informali, immagini e attività varie sono stati distribuiti in questo lungo
arco di tempo, mantenendo sempre alto il livello di interesse generale, piacevole
e mai noiosa la conversazione, a tratti divertente come è giusto che sia in un
evento con le caratteristiche di #MuseumWeek e come dimostra, in effetti, il
gradimento manifestato più volte dai followers. I musei hanno dato di sé una
nuova immagine, più vicina alle persone, più dialogante e quindi meno
“ingessata” nel ruolo istituzionale.
E’ importante rilevare che il
vantaggio dei piccoli musei rispetto alle grandi istituzioni museali (le quali
spesso affidano la comunicazione alle società in house), è che la gestione dei
social media in molti casi è operata direttamente dallo staff dei musei senza
alcun tipo di mediazione esterna. Ciò determina una comunicazione più libera,
colloquiale e più immediata nell’interazione. Quest’anno si può affermare che
sia stato raggiunto un risultato eccezionale, quindi, non solo in termini di
partecipazione ma soprattutto per il grande cambiamento che in particolare i
piccoli musei stanno operando per aprirsi all’esterno e per essere luoghi di
produzione culturale e di fruizione attiva e interattiva.
L’aspetto che si cercherà di
migliorare riguarda la partecipazione del pubblico più lontano dal mondo dei
musei: si tratta di una sfida non facile ma che i piccoli musei sono in grado
di affrontare con le giuste strategie, iniziando, per esempio, da un maggior
uso dei social nei rapporti con le scuole. Le prime sperimentazioni di questo
tipo sono già state fatte per esempio dal Museo Civico di Maglie nel corso di
#MuseumSchool.
Tenendo conto della grande apertura dei musei nei
confronti della comunicazione social, come ha dimostrato l’edizione 2015 di
#MuseumWeek, le prospettive per il futuro sono senza dubbio molto promettenti.
Di seguito, una selezione di tweet postati durante la #MuseumWeek appena conclusa:
Continua la "maratona" internazionale dei musei su Twitter con la manifestazione #MuseumWeek. Finora ben 153,597 i tweets e 336,090 i retweets, molto più dell'edizione dello scorso anno, ma la novità è data soprattutto dalla presenza italiana nella top ten di questi primi cinque giorni della settimana, piccoli musei che si sono affiancati alle grandi istituzioni museali del mondo:
I numeri dimostrano il grande cambiamento del mondo dei piccoli musei italiani in questi ultimi due anni: sempre più comunicativi e presenti sui social con tematiche interessanti, molto impegnati nella didattica e in molte attività che implicano uno stretto rapporto con il pubblico sia reale che virtuale.
Ieri Twitter, in occasione della giornata dedicata a #familyMW è stato invaso da migliaia di tweet sulle attività didattiche dei musei e sulle manifestazioni speciali da questi organizzate a favore delle famiglie.
Domani e dopodomani le ultime due giornate della #MuseumWeek, da non perdere per chi non avesse ancora seguito la manifestazione.
Ancora pochissimi giorni e avrà inizio MuseumWeek 2015. Da lunedì 23 fino al 29 marzo 2015, avremo sette giorni da vivere in total immersion in uno spazio virtuale, quello di Twitter, in cui confrontarci, discutere, dialogare e anche giocare e divertirci con i professionisti museali, gli specialisti, i comunicatori e gli appassionati.
L'Associazione Nazionale Piccoli Musei sarà presente con i suoi due account: @piccolimusei (Caterina Pisu) e @piccolimusei2 (Ilenia Atzori). Il nostro compito sarà quello di dare sostegno ai piccoli musei che parteciperanno a #MuseumWeek, rilanciare i loro tweet e cercare di animare le giornate della #MuseumWeek dei piccoli musei italiani!
I musei che non si fossero ancora iscritti possono farlo da qui.
Ricordo che nei giorni feriali i vari temi incoraggeranno la comunicazione online, mentre nel week-end si darà maggiore risalto alla partecipazione attiva dei visitatori. Ogni giorno i cinguettii si scateneranno su temi differenti, ecco l'elenco completo:
Lunedì 23 marzo
#secretsMW
Lunedì fate scoprire al pubblico la vita quotidiana delle vostre istituzioni, il “dietro le quinte” e magari anche qualche segreto ben custodito.
Martedì 24 marzo
#souvenirsMW
Martedì invitate il vostro pubblico a condividere i ricordi che hanno di una loro visita al museo, ad esempio attraverso un oggetto (foto, magnete, mug, libro, cartolina) o un incontro o un momento che ha lasciato il segno. Per i bookshop interni sarà l’occasione ideale per presentare i propri prodotti di punta.
Mercoledì 25 marzo
#architectureMW
Mercoledì raccontate la storia del vostro edificio, dei suoi giardini, del suo quartiere e dei suoi luoghi emblematici. Un modo per presentare la vostra istituzione da un’altra prospettiva.
Giovedì 26 marzo
#inspirationMW
Giovedì invitate il pubblico a catturare, intorno a sé, dei contenuti correlati alle specializzazioni delle vostre istituzioni! L'arte, la scienza, la storia, l’etnografia... sono dappertutto intorno a noi. E con gli smartphone ormai tutti noi possiamo inventare e creare.
Venerdì 27 marzo
#familyMW
Venerdì presentate al pubblico tutto ci che offre la vostra istituzione per rendere una visita in famiglia o con la scuola un’esperienza indimenticabile: in loco (contenuti online, aree dedicate, audioguide, laboratori, visite guidate…) o online (materiale didattico, opuscoli, giochi). E incoraggiate il pubblico a condividere la sua esperienza.
Sabato 28 marzo
#favMW
Sabato sarà il giorno dei colpi di fulmine! Incoraggiate i visitatori a condividere - con una foto, un video o un Vine - ci che hanno amato di più del museo. Approfittatene per mettere in evidenza i fiori all’occhiello delle vostre istituzioni (opere, dispositivi, spazi…) e utilizzate Twitter come strumento per orientare la visita!
Domenica 29 marzo
#poseMW
Domenica invitate i vostri visitatori a considerare il museo come un set e a mettersi al centro della scena. Pose, memi, selfie, … lasciate che il pubblico occupi lo spazio a modo suo. Stimolate la partecipazione con l’aiuto del personale dell’istituzione!
Uno sguardo oltreoceano: dal Met ai piccoli musei del North Carolina e della Florida
Di seguito riporto la traduzione di un articolo pubblicato nell'ottobre del 2013 sul New York Times. E' interessante scoprire che l'attenzione per i visitatori disabili per alcuni musei americani è una tradizione che dura ormai da un secolo. Inoltre non solo i grandi musei, ma anche i piccoli musei sono attenti a rivolgersi a tutto il pubblico, sia ai disabili che possono recarsi in visita al museo ma anche a coloro che non possono farlo, raggiungendoli con attività di outreach.
In un recente venerdì sera, il
Metropolitan Museum of Art di New York ha organizzato la sua prima mostra
pubblica di opere originali create nell’ambito del progetto «Seeing ThroughDrawing». I partecipanti, tutti ciechi o ipovedenti, hanno creato le opere
ispirandosi agli oggetti della collezione del museo che sono stati descritti
loro da istruttori vedenti e che sono anche stati autorizzati a toccare.
Annie Leist, left, a volunteer at Boston’s Museum of Fine Arts, guides Mercedes Austin, 17.
(Photo Bryce Vickmark for The New York Times)
In un’altra galleria, un tour nel
linguaggio dei segni è stato seguito da un gruppo di visitatori non udenti. E
in certi venerdì, le nuove “installazioni multisensoriali” accolgono tutti i
visitatori, compresi quelli con vari tipi di disabilità – per sperimentare le
mostre attraverso l’olfatto, il tatto, la musica, le immagini verbali o la
descrizione degli oggetti da parte di persone con disabilità visiva.
Il Met ha una lunga storia di
attenzione e cura verso le persone con disabilità ", ha detto Rebecca
McGinnis, che supervisiona i programmi di accesso e di comunità. Già nel 1908,
il museo forniva una "sedia a rotelle" alle persone con problemi di
mobilità, e nel 1913 teneva lezioni per i bambini non vedenti delle scuole
pubbliche.
Students at the Metropolitan Museum in New York in 1922.
(Photo Metropolitan Museum of Art).
Oggi il Met organizza programmi per persone con disabilità quasi
ogni giorno.
Non solo il Met, ma in generale
sono in notevole aumento i musei che si sforzano di orientare i propri
programmi culturali verso questa direzione. Nel 2010, circa 56,7 milioni di
persone, ovvero il 18,7 per cento della popolazione, è stata colpita da
disabilità di gravità variabile, secondo il Census Bureau. E il numero di
disabili americani dovrebbe aumentare nei prossimi anni a causa dell'invecchiamento
della popolazione e quindi della maggiore longevità, cui si deve aggiungere un
certo numero di casi con difficoltà nell’apprendimento – è stato specificato
dall'organizzazione di Open Doors, un gruppo no-profit di Chicago al servizio
delle persone disabili.
"Anche i progettisti dei
musei usano grande fantasia, molto più di quanto richiesto dalla normativa, e realizzano
cose notevoli", ha detto Lex Frieden, professore presso l'Università del
Texas Health Science Center di Houston e direttore di uno dei centri regionali che
favorisce la conformità dei progetti con l'Americans with Disabilities Act del
1990.
Frieden, che nel 1967 ha subito
una lesione al midollo spinale dopo un incidente stradale che lo ha reso
tetraplegico, ha detto che i musei si sono assunti l’impegno a favorire
l'accessibilità dei disabili ancora prima della legge americana del 1990 e della
legislazione federale. “La Smithsonian Institution è da tempo leader nel
settore; le sue linee guida per l’accessibilità degli allestimenti museali sono
utilizzate a livello globale” - ha affermato Frieden.
“I primi espedienti per far superare
le barriere della disabilità agli ipovedenti sono stati gli specchi sul
soffitto, gli schermi video a varie altezze e l’abbassamento dei piedistalli per
favorire una migliore visione per tutti gli utenti, compresi gli utenti su
sedia a rotelle” - ha detto Beth Ziebarth, direttore dei programmi di
accessibilità dello Smithsonian. Ma l’innovazione continua. Un nuovo programma
permette alle famiglie con bambini autistici e altre disabilità cognitive di
arrivare prima degli orari di apertura e di ricevere i materiali in anticipo
per prendere confidenza con l'edificio e le mostre.
Lo scorso anno, grazie ad una
iniziativa di crowdsourcing, la Smithsonian ha invitato i visitatori a fornire
descrizioni audio su dispositivi mobili dei circa 137 milioni di oggetti della
sua collezione - un esempio di come le misure adottate in primo luogo per
aiutare le persone con disabilità spesso permettono a tutto il pubblico di
ottenere dei benefici.
Il Museum of Fine Arts di Boston,
per esempio, quando pochi anni fa ha aperto l’ala “Art of Americas”, ha adottato
un approccio universale, per disabili e non disabili, nella sua guida
multimediale mobile. Hannah Goodwin, il manager per l’accessibilità, ha spiegato
che, in tal modo, se una persona con disabilità della vista o dell'udito è in
visita al museo con un amico non disabile "entrambi utilizzano gli stessi
dispositivi e accedono agli stessi contenuti".
A Manhattan, il Whitney Museum of American Art ha
recentemente introdotto il Vlog Project (Whitney Video Blogs), i cui video sono
registrati da collaboratori sordi nella lingua dei segni americana. Ma dal
momento che sono anche sottotitolati in inglese, i Vlogs sono diventati
popolari anche tra le persone senza disabilità uditive.
"C’è un nuovo mondo
coraggioso là fuori", ha affermato Larry Goldberg, direttore del National Center for Accessible Media, un dipartimento di ricerca e sviluppo del
Public Broadcasting di Boston. "Ora ci sono molte nuove tecnologie e anche
i musei ne stanno approfittando."
Per esempio, l'Art Institute diChicago prevede di sperimentare con la stampa 3-D la riproduzione di opere
d'arte e di permettere ai visitatori, come quelli affetti da Alzheimer, di
esplorare la consistenza, le dimensioni e altri elementi sensoriali degli
oggetti con strumenti che prima non sarebbero stati possibili.
Le applicazioni mobili del Guggenheim
include sottotitoli per i video; possibilità di ingrandire il testo, descrizioni
sonore del tour e tecnologie avanzate di screen-reader che consentono la
navigazione completa attraverso il tatto e la descrizione vocale in ogni parte
dello schermo.
Nei musei stanno arrivando anche
servizi di navigazione interna – ha spiegato Goldberg - che sono l'ideale per
le persone con disabilità visive. Ad esempio, il software ByteLight traduce i
segnali di localizzazione dalle luci a LED modificate alle smartphone apps per
aiutare i visitatori a interpretare le mostre o navigare all'interno del museo.
Il Museo della Scienza di Boston
prevede di ampliare la sua sperimentazione nell’ambito della tecnologia
ByteLight nei prossimi mesi. "Come tecnologia di localizzazione interna è
la più promettente", ha detto Marc Check, il direttore del museo di
informazioni e tecnologia interattiva. "Le tecnologie come il GPS, invece,
sono efficaci al di fuori, ma molto meno precise all’interno."
Il museo sta anche sperimentando
la tecnologia touch-screen interattiva. Ha costruito un grande tavolo touch
screen, come un iPad gigante, che permetterà alle persone con disabilità visive
e motorie di accedere ai contenuti con movimenti di scorrimenti o semplici
gesti. Un prototipo, ha spiegato Marc Check, dovrebbe essere collocato in una
mostra nei prossimi mesi.
Anche i musei più piccoli offrono
servizi per i disabili. In estate il Norton Museum of Art di West Palm Beach,
in Florida, in accordo con le strutture locali per la cura delle malattie
mentali, ha dato vita ad un programma per adulti con problemi per l’abuso di sostanze
o per deficit mentali. Il North Carolina Museum of Art di Raleigh ha
recentemente acquisito nove sculture in bronzo di Rodin per le visite
sensoriali. Il Samuel P. Harn Museum of Art presso l'Università della Florida
conduce programmi off-site per i residenti delle case di cura e per gli ospiti
dei centri anziai che non possono muoversi per visitare il museo.
La direzione per lo scambio tra Arte e Disabilità presso il John F. Kennedy Center for Performing Arts di
Washington, DC, assiste nell’allestimento di mostre o varie performances nei
musei o in altri luoghi di cultura, consigliando, per esempio, sistemi di
ascolto assistito o rappresentazioni sensoriali. Quando, diversi anni fa, Eric
Lipp, direttore esecutivo di Open Doors, ha deciso di migliorare
l'accessibilità alle istituzioni culturali di Chicago attraverso il suo
"Inclusive Art and Culture Program" diversi anni fa, si è rivolto al
John F. Kennedy Center.
Da allora, la compagnia teatrale Steppenwolf di Chicago ha migliorato i suoi servizi e i programmi di outreach.
Le descrizioni audio dal vivo e le traduzioni nel linguaggio dei segni durante
le rappresentazioni sono migliorate in qualità e sono state offerte durante un
maggior numero di performances. Sono stati introdotti nuovi servizi, come
visite guidate tattili che consentono agli ospiti non vedenti e ipovedenti di
salire sul palco, prima dello spettacolo per familiarizzare con l’ambiente.
"Lo Steppenwolf e tutti gli altri intendono
continuare così e andare anche oltre” - ha dichiarato Eric Lipp, che è parzialmente
paralizzato. "E lo fanno con nessun altra finalità se non quella di
produrre dei benefici per la società".
Tanya Mohn
The New York Times,
Ringrazio l'amica e collega Ilenia Atzori che mi suggerito la lettura di questo articolo.
I video vincitori della quarta
edizione del festival Musèes (em)portables
di Caterina Pisu
Lo scorso 4 febbraio presso lo
spazio espositivo del Carrousel du Louvre, a Parigi, è avvenuta la premiazione
degli short film che hanno partecipato alla quarta edizione di Musées(em)portables, il festival ideato dalla società Museumexperts, presieduta da Jean-François
Grunfeld. L’idea di base è quella di trasmettere un’emozione, un messaggio, una
semplice riflessione, nello spazio di tre minuti di un video realizzato in un
museo o avente come filo conduttore un tema legato ai musei. Bisogna riconoscere che in questi tre anni sono stati presentati anche dei veri e propri mini-film, con
delle belle immagini e sceneggiature, anche quando erano realizzati da non
professionisti o dagli studenti delle scuole (per i quali è previsto un apposito
premio).
Quest’anno, purtroppo, non ho
avuto questo piacere perché non sono pervenuti video dall’Italia, ma posso dire
che la qualità generale dei film è stata davvero molto alta. Insieme agli altri
membri della giuria di Musées (em)portables,
abbiamo selezionato tre film, ma sarebbe stato giusto assegnare qualche altro
premio perché altri si sono dimostrati meritevoli.
Il film che ha ottenuto il Grand
Prix è “heART” di Marine Dupe, realizzato nel Bristish Museum. Un bel
connubio di immagini e parole in cui la visitatrice ci comunica le sue riflessioni,
le sue domande, le sue curiosità. Il video inizia con la ragazza che dice che le
piace togliere gli occhiali quando è nel museo, "così la bellezza si raddoppia" (problemi di vista, a quanto pare!).
Poi si chiede come è possibile passare delle ore nel museo quando non si può
stare fermi in un posto per più di venti minuti: "senz'altro per avere l'aria di
essere intelligenti". Prova a leggere tutti i pannelli che nessuno legge mai. È
sicura che per solidarietà gli autori di questi pannelli leggono quelli scritti
dai loro colleghi in altri musei. “La gente preferisce le audio-guide.” –
afferma la ragazza – “E’ come se gli stessero raccontando una storia
all'orecchio”. La ragazza si preoccupa anche degli aspetti pratici legati al
museo, soprattutto quando passa di fronte alla vetrina di libri antichi; forse
le stesse domande che tutti noi ci poniamo quando visitiamo un museo: - “Chi fa
le pulizie? Ci vuole un diploma speciale per spolverare le opere?”. "I musei sono
meglio dei siti d’incontro", pensa tra sé e sé. Il British Museum è uno dei più
grandi musei del mondo, è enorme, come trovare qualcosa che non si sa cosa sia?
"Sì, trovare un'opera è facile, basta utilizzare una piantina, come una caccia
al tesoro, ma il British ha sei milioni di oggetti. Tutti vanno a vedere le
stesse cose, soprattutto le cose già viste in foto. La maggior parte della gente
viene al museo non per scoprire ma per riconoscere. La gente intellettualizza
troppo l'arte, cerca di comprendere e non capisce che l'essenziale è la
bellezza. Come nell'amore". “È incredibile quante cose hanno in comune l'arte e
l'amore”, conclude la ragazza.
Il premio speciale della Giuria è
stato assegnato al film “Êtrange Musée”
di Benoit Batard, ambientato nel Musée
Robert Tatin. Anche in questo caso nel video si uniscono le immagini a un
commento vocale che esprime delle impressioni interiori, uno stato d’animo. Inizia
descrivendo il luogo, uno spazio espositivo che esiste solo dal XIX secolo e
che prima era un luogo di studio consacrato ai libri. “Quando si parla di
artisti” – “afferma la voce narrante - si parla di ispirazione, ma si dovrebbe
anche parlare di respirazione. Respirare è vita”.
Qui, di seguito, le immagini della premiazione di Benoit Batard, effettuata dalla sottoscritta:
Quest’anno, a seguito dei tragici
fatti relativi alla strage nella redazione parigina del giornale satirico Charlie Hebdo, Museumexperts
ha deciso di intitolare un premio a Charlie. Il Prix Charlie è stato assegnato al
video di Laurence Vauthier “Video13”, realizzato
presso gli Champs libres di Rennes (un progetto culturale molto interessante
della città di Rennes, in Bretagna, formato da una biblioteca dallo Spazio
delle Scienze e dal Museo di Bretagna). Il video lascia piuttosto sconcertati perché
è composto da una sola scena: una ragazza entra nella sala di un museo, prende
il vaso collocato su un sostegno e lo scaglia a terra, riducendolo in mille
pezzi. Un gesto liberatorio e provocatorio, qualcosa che rompe le consuetudini
e l’ordine prestabilito. Quale filmato poteva adattarsi meglio al ricordo di
Charlie?
Infine la sezione giovani con due
video premiati: “Le secret de l’Apothicairerie”,
Musées de Troyes, realizzato dal Lycée Saint François de Salles, e il video
delle giovani Zoe Cassaveti, Johanna Salazar, Camille Lubin e Barbara Tamayo
dedicato alla mostra di Niki de Saint
Phalle al Grand Palais.
Concludo con qualche
considerazione sul SimeSitem, la manifestazione all’interno della quale si
svolge ogni anno la premiazione dei filmati partecipanti a Museés
(em)portables. Si tratta di una delle maggiori esposizioni d’Europa dedicate alle
nuove tecnologie, ai servizi, alla conservazione e a molte altre tematiche
relative al settore dei musei, degli archivi, delle biblioteche e degli altri
luoghi di cultura. Circa 140 gli espositori (http://www.museumexperts.com/exposants/2014/)
e tra questi anche un paio di aziende italiane. Ho avuto l’opportunità di
scambiare qualche parola con i rappresentanti di Asteria, azienda specializzata
in progetti multimediali per musei, imprese e istituzioni internazionali che da
circa due anni si sta affermando anche in Francia. E’ stato interessante
parlare con loro delle differenze tra il panorama italiano e quello francese in
questo settore: in Francia le aziende solitamente sono specializzate nella
fornitura di singole prestazioni, mentre in Italia si tende ad offrire servizi
completi che, nel caso dei musei di nuovo allestimento, per esempio, accompagnano
il committente dal brainstorming all'apertura del museo. Questo, secondo
Asteria, è un punto di forza delle aziende italiane.
Nel complesso, ho constatato un notevole aumento delle aziende che si occupano di applicazioni per smartphone e tablet,
di interattività ed anche di gestione informatizzata delle collezioni. I musei
si stanno orientando sempre di più verso le nuove tecnologie o, almeno, si
cerca di portare i musei verso questa direzione. Vedremo quali saranno gli
sviluppi futuri. Rivolgo un ringraziamento particolare al Presidente di Museumexperts, Jean-François Grunfeld, che ha voluto instaurare questa collaborazione tra l'Associazione Nazionale Piccoli Musei e la società da lui presieduta, e Antonio Ca' Zorzi, fondatore di Blue Lion, che mi ha generosamente assistito nei colloqui in francese durante la premiazione.
Chi ancora non conosce #smallmuseumtour potrà leggere la bella intervista che Ilenia Atzori, coordinatrice regionale Sardegna dell'Associazione Nazionale Piccoli Musei, ha rilasciato a Zebrart.it. Il secondo ciclo di incontri virtuali con i musei presenti su Twitter terminerà il 27 febbraio, ma siamo già al lavoro per preparare il terzo ciclo, durante l'estate. I musei che sono interessati possono contattarci via mail a piccolimusei@hotmail.com.
Dal 23 al 29 marzo 2015, le istituzioni culturali e i musei di tutto il mondo sono invitati a celebrare la cultura su Twitter. Professionisti della cultura, scoprite come funziona la #MuseumWeek 2015, iscrivetevi e preparatevi a partecipare!
Storia e obiettivi
Promossa da una dozzina di community manager di musei e istituzioni culturali francesi in collaborazione con i team di Twitter, la #MuseumWeek 2014 ha conquistato 630 musei di tutta Europa. Per il 2015 ci si è prefissato un duplice obiettivo: dare un’eco mondiale a questo evento dedicato alla celebrazione dei musei e attirare un numero di visitatori ancora più ampio, in modo ludico e partecipativo.
Principi della seconda edizione
Ecco di seguito alcuni dei punti che struttureranno l’agenda della #MuseumWeek 2015: ● 7 giorni, 7 temi da condividere con tutti i partecipanti di ogni parte del mondo; ● Ogni tema pu essere esteso a tutti i campi in cui sono specializzate le vostre istituzioni (arte, scienza, storia, etnografia...) ed è sufficientemente ampio per raggiungere qualsiasi tipo di pubblico; ● Nei giorni feriali i vari temi incoraggeranno la comunicazione online, mentre nel week-end si darà maggiore risalto alla partecipazione attiva dei visitatori in loco; ● Saranno promosse le interazioni fra istituzioni, comprese quelle all’estero, e quelle con il pubblico in visita al museo.
Lunedì 23 marzo
#secretsMW
Lunedì fate scoprire al pubblico la vita quotidiana delle vostre istituzioni, il “dietro le quinte” e magari anche qualche segreto ben custodito.
Martedì 24 marzo
#souvenirsMW
Martedì invitate il vostro pubblico a condividere i ricordi che hanno di una loro visita al museo, ad esempio attraverso un oggetto (foto, magnete, mug, libro, cartolina) o un incontro o un momento che ha lasciato il segno. Per i bookshop interni sarà l’occasione ideale per presentare i propri prodotti di punta.
Mercoledì 25 marzo
#architectureMW
Mercoledì raccontate la storia del vostro edificio, dei suoi giardini, del suo quartiere e dei suoi luoghi emblematici. Un modo per presentare la vostra istituzione da un’altra prospettiva.
Giovedì 26 marzo
#inspirationMW
Giovedì invitate il pubblico a catturare, intorno a sé, dei contenuti correlati alle specializzazioni delle vostre istituzioni! L'arte, la scienza, la storia, l’etnografia... sono dappertutto intorno a noi. E con gli smartphone ormai tutti noi possiamo inventare e creare.
Venerdì 27 marzo
#familyMW
Venerdì presentate al pubblico tutto ci che offre la vostra istituzione per rendere una visita in famiglia o con la scuola un’esperienza indimenticabile: in loco (contenuti online, aree dedicate, audioguide, laboratori, visite guidate…) o online (materiale didattico, opuscoli, giochi). E incoraggiate il pubblico a condividere la sua esperienza.
Sabato 28 marzo
#favMW
Sabato sarà il giorno dei colpi di fulmine! Incoraggiate i visitatori a condividere - con una foto, un video o un Vine - ci che hanno amato di più del museo. Approfittatene per mettere in evidenza i fiori all’occhiello delle vostre istituzioni (opere, dispositivi, spazi…) e utilizzate Twitter come strumento per orientare la visita!
Domenica 29 marzo
#poseMW
Domenica invitate i vostri visitatori a considerare il museo come un set e a mettersi al centro della scena. Pose, memi, selfie, … lasciate che il pubblico occupi lo spazio a modo suo. Stimolate la partecipazione con l’aiuto del personale dell’istituzione!
Consigli generali
● Preparate fin d’ora l’evento affinando le vostre competenze di utenti di Twitter. Non avete ancora un account Twitter ? Non è mai troppo tardi per aprirne uno! ● La partecipazione all’evento è indipendente dalle dimensioni di un’istituzione o dalle risorse che si possiedono. Per partecipare è sufficiente 1 tweet al giorno. Ma vi accorgerete presto che i tweet sono come le ciliegie : uno tira l’altro... ● Mobilitate le vostre forze attive: personale, visitatori, artisti… Durante l’evento, tutti possono cogliere l’occasione per dimostrare il loro entusiasmo nei confronti della vostra istituzione e della cultura in generale. ● Invitate a partecipare attori del vostro ecosistema (scuole specializzate, appassionati, blogger influenti) e/o celebrità locali o nazionali. ● Individuate le istituzioni francesi e internazionali su Twitter, e riflettete su attività comuni o interdisciplinari da realizzare durante l’evento.
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Ilenia Atzori, in questo articolo tratto dal suo blog Wunderkammerci descrive l'esperienza vissuta a Bruges, in Belgio, dove ha visitato un museo molto particolare: l'Historium.
Definire l’Historium un Museo è riduttivo: ciò che si vive al suo interno è un’esperienza multisensoriale; aperto al pubblico dall’autunno 2012, dopo sette anni di lavoro ed un investimento di circa dieci milioni di Euro, è il risultato di una fusione tra moderne tecnologie e pannelli classici, storytelling e rievocazione storica.
L’esperienza di visita si divide in due parti: nella prima, facciamo la conoscenza di Jacob, giovane apprendista del Maestro Jan Van Eyck, che visse e lavorò a Bruges nel XV secolo. Assistiamo al racconto di una storia che ruota intorno al dipinto Madonna con Bambino e il Canonico van der Paele, realizzato a Bruges da Van Eyck intorno al 1434-1436. Si parte con l’arrivo della modella Anna e del pappagallo Frederico, che Jacob dovrà accogliere ed accompagnare all’atelier del Maestro; tuttavia, entrambi spariranno, costringendo il ragazzo a girare l’intera città per ritrovarli. Con questo stratagemma, attraversiamo la città insieme a lui.
Il viaggio è “reale” anche per noi: ci spostiamo fisicamente tra le varie stanze, sentiamo i profumi che sente Jacob, avvertiamo il vento, ed il rumore dell’acqua. Alla fine del film, e del percorso, inizia la parte interattiva del museo, quella, cioè, in cui possiamo mettere alla prova le nostre conoscenze (con quiz e giochi, non solo digitali), curiosare tra le notizie storiche, vedere com’è cambiata nei secoli la città, attraverso pannelli basculanti.
Se vi state chiedendo come sia possibile seguire il film, la risposta è molto semplice: all’ingresso, comprese nel prezzo del biglietto (11 €), vi verranno consegnate delle audioguidein 9 lingue, tra cui italiano, cinese e giapponese. Vi dirò di più: almeno uno dei ragazzi all’accoglienza parla italiano; quando gli abbiamo detto da quale Paese provenissimo, ci ha subito informati, nella nostra lingua, sul fatto che l’audioguida fosse disponibile anche in italiano. Per quanto riguarda le didascalie nella seconda parte del museo, anch’esse sono tradotte nelle lingue dell’audioguida: inglese, francese, nederlandese, tedesco, spagnolo, portoghese, giapponese, italiano, cinese. Si tratta di testi brevi, ma efficaci, oppure inviti a sentire i profumi, toccare i tessuti ecc.
Dovendo esprimere un’opinione, in generale, sul concept dell’Historium, il mio sarebbe un giudizio estremamente positivo: grazie alla narrazione del film, agli accurati studi sulla ricostruzione degli ambienti, gli studi sui personaggi e la storia, il visitatore impara molto sulla Bruges del XV secolo. E può misurare quanto appreso direttamente nella seconda parte della visita, attraverso i quiz. Prevale, in sostanza, il concetto di imparare divertendosi e mettersi alla prova attraverso il gioco: storytelling e gamification inseme, per dirla con termini più moderni. Entrambi i concetti, però, vengono portati ad un livello superiore, coinvolgendo tutti i sensi, e trasformando la visita in una vera e propria esperienza. Di fatto, ciò che il claim dell’Historium promette è di riportare in vita il Medioevo, e di condurci in un viaggio indietro nel tempo.
Se volessimo anche analizzare le scelte relative al marketing del museo, troveremmo anche qui idee particolarmente efficaci ma, soprattutto, una linea coerente.
La prima cosa che noteremo sarà il logo: un personaggio femminile vestito di rosso, che compare nelle brochure, nelle mappe che indicano l’ubicazione dell’Historium, sul biglietto, sullo shopper, sugli scontrini… E persino in forma tridimensionale (e gigantesca) all’interno dell’edificio, nella hall. Dopo aver vissuto l’esperienza di visita, capiremo la stretta relazione tra quell’immagine ed il film realizzato per l’Historium. Il merchandising comprende portachiavi, matite, cartoline, segnalibro ed altro materiale con l’immagine del logo, ma non solo: si trovano anche “piume” di Frederico, portachiavi di Frederico, cartoline con la sua immagine, ed altri personaggi o scene tratte dal film. E poi, magneti, cartoline, cartelle ed altro materiale con l’immagine della Madonna con Bambino e il Canonico van der Paele, oppure con singoli personaggi del dipinto. Persino lo shopper riporta al film!
Cosa ne penso dell’esperienza di visita? Personalmente, ritengo che la tecnologia debba essere uno strumento a supporto della fruizione di un museo, ma non debba rappresentare LA visita. Credo debba esserci un equilibrio, tra l’uso delle tecnologie e l’esperienza personale, che deve restare un qualcosa di intimo, e debba riuscire ad emozionarti a prescindere dalle tecnologie utilizzate. Nel caso dell’Historium, forse, il confine è molto labile. Tuttavia, di ciò che viene raccontato, il visitatore ricorda molto (tranne il video del making of, esclusivamente in nederlandese, sottotitolato in inglese e francese; il difetto maggiore, tuttavia, sta’ nella lunghezza…), ed impara molto sulla città, la sua storia e la sua arte. Credo che in questo caso si tratti di una struttura che abbia volutamente scelto di “confezionare” un’esperienza ad hoc, perché mancava qualcosa che introducesse i visitatori alla città nel suo complesso: c’è il museo d’arte (in realtà, i musei d’arte, in città, sono almeno 4), ci sono le mappe che agevolano la visita del centro storico, ci sono i musei etnografico e del merletto per raccontarne le tradizioni, ma non c’era qualcosa che desse una visione d’insieme sull’importanza della città, e di tutti i suoi elementi costitutivi, nel periodo del suo massimo splendore. Perciò, a mio avviso, investire nell’Historium è stata una buona scelta, ai fini della promozione e della presentazione della città. Se, oltre allo sconto offerto presso un locale convenzionato, fossero stati creati anche menù a tema, nei vari ristoranti della Markt Platz, sulla quale si affaccia l’Historium, probabilmente l’avrei inserito in un’ideale top 5 tra i migliori esempi di promozione/esperienza turistica cui abbia assistito quest’anno. Ecco, forse possiamo giudicarlo un’esperienza turistica, più che un museo. Un’esperienza che vale davvero la pena fare…
Se volete saperne di più sull’Historium, e su come nasca, ho trovato un interessantissimo articolo a questo link: