"I musei" di Vittorio Falletti e Maurizio Maggi

Recensione di Caterina Pisu





Un testo che non può mancare nella biblioteca del museologo è "I musei" di Vittorio Falletti e Maurizio Maggi, edito nel maggio 2012 da Il Mulino nella collana Universale Paperbacks.
Il volume offre una vasta e completa panoramica dei dibattiti, delle problematiche e delle contraddizioni che hanno animato la scena museologica negli ultimi anni. I sette capitoli spaziano dalla definizione di museo (tratteggiata mediante un’analisi storica, etica e funzionale che lascia aperte varie possibilità) alla storia del museo (in un percorso cronologico che incominciando dal primo museo moderno giunge ai musei contemporanei), dalla descrizione delle funzioni, dei ruoli e della natura giuridica dei musei, fino ai temi più scottanti che riguardano le politiche e le sfide del futuro.
Il libro di Falletti e Maggi è il frutto di una ricerca sull’innovazione museale, svolta a partire dal 1998, per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, e che ha portato i due autori a girare il mondo per cercare verifiche e confronti con i professionisti museali di altri Paesi. I risultati di tale ricerca ci permettono, quindi, attraverso le comparazioni che ci vengono offerte di volta in volta, di uscire da una visione a volte troppo localistica delle problematiche museali per proiettarci in un ambito europeo ed extra-europeo.
Ciò che emerge da queste pagine con molta chiarezza è la convinzione che il museo sia un organismo ancora vitale e che sia in grado di cogliere le metamorfosi delle società, adattandosi ad esse ma riuscendo anche a non snaturarsi: questo è il problema di fondo che i museologi si sono posti e che continuano a porsi, cercando di rispondere alle sfide attuali, economiche ma anche etiche che stanno coinvolgendo il mondo museale. Il momento attuale rappresenta il punto di svolta forse più importante nella storia dei musei: la crisi economica mondiale ha fatto crollare molte certezze e nello stesso tempo ha aperto la strada all'innovazione. In questo volume ha uno spazio importante di approfondimento la questione del marketing le cui regole sono state spesso accettate con molta riluttanza dai museologi ma che ha cominciato a trovare maggiori consensi quando al centro dell’attenzione è stato posto non il prodotto, ma l’utilizzatore, cioè il visitatore, nel caso dei musei. Il museo si muove lungo una linea che ha come traguardo il raggiungimento dei propri obiettivi e che cerca di mantenersi in equilibrio tra quadratura dei conti, conservazione, esposizione, studio e richiamo dell’interesse del pubblico. Come affermano i due autori nell’introduzione al libro, “sotto i cambiamenti superficiali che interessano i musei si muovono correnti profonde. Sono lente e forti e non si curano dell’interesse contingente dei media, non si fanno condizionare dalle liste di priorità della politica, sembrano segnate dalle singole specificità nazionali ma hanno invece molto in comune tra loro, ovunque avvengano”. Nel futuro potremo fare assegnamento, quindi, nelle radici forti e sane su cui poggia il concetto stesso di museo moderno, il quale potrà continuare ad evolversi restando sempre al servizio della comunità e rispondendo alle sue esigenze. 

Gli autori

Vittorio Falletti insegna Economia dell’Arte all’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino. È socio fondatore dell’Associazione Italiana di Studi Museologici e membro dell’Icom Italia. Tra le sue pubblicazioni si ricorda: «Ecomusei: cosa sono e cosa possono diventare», scrito con M. Maggi ed edito da Allemandi nel 2001.

Maurizio Maggi è dirigente di ricerca all’Ires, ente di ricerca della Regione Piemonte, e membro dell’Icom Italia. Una delle sue pubblicazioni è «Musei alla frontiera» edito nel 2009 da Jaca Book.

Aggiornamento sul progetto di ricerca "Musei e social networks"

di Caterina Pisu




A meno di un mese dall'inizio del progetto di ricerca "Musei e social networks", promosso dall'Associazione Nazionale Piccoli Musei (Vedi http://museumsnewspaper.blogspot.it/2012/07/di-caterina-pisu-cari-amici-e-colleghi.html, su questo blog), ci sono già pervenuti i primi 50 questionari da parte dei musei contattati. E' iniziata anche l'elaborazione dei dati e, nel contempo, si proseguirà con l'invio dei questionari da compilare ai musei di ogni categoria, stato giuridico e dimensione. 
Ricordo che l'obiettivo della ricerca è avere un quadro il più possibile preciso della presenza dei musei nei social networks, cercando di evidenziare anche le caratteristiche dei musei che sentono l'esigenza di comunicare con il proprio pubblico attraverso i nuovi strumenti del web 2.0. 
I musei che desiderano partecipare al progetto di ricerca possono reperire il questionario in questo sito: http://www.scribd.com/doc/99580974/Questionario-musei.
Il questionario, compilato in tutte le sue parti, potrà essere inviato all'indirizzo di posta elettronica caterinapisu@alice.it.

Nella culla dell’Europa



Intervista a David Lordkipanidze, direttore del Museo Nazionale della Georgia e scopritore dell’Homo georgicus

di Caterina Pisu e Konstantin Vekua




La Georgia, culla della civiltà occidentale, nel cui remoto passato sono radicati alcuni dei più affascinanti miti e leggende del mondo antico - Prometeo, gli Argonauti, le Amazzoni, per citarne alcuni – è, ora, una terra quasi completamente da riscoprire anche se in questi ultimi anni l’interesse generale per le preziose testimonianze storiche di questo paese si è notevolmente accresciuto. L’archeologia georgiana è una miniera di scoperte e numerose missioni internazionali, anche italiane, sono impegnate da anni in scavi e ricerche in varie parti del Paese: l’Università Ca’ Foscari di Venezia conduce scavi dal 2009 nella provincia georgiana di Shida-Kartli, nell’ambito di un progetto di ricerca su siti del IV e del III millennio a. C., in collaborazione con il Museo Nazionale della Georgia, il quale partecipa anche alla missione archeologica coordinata dall’Università di Firenze che ha in corso lo scavo del sito paleoantropologico di Dmanisi. La recente esposizione Il vello d’oro. Antichi tesori della Georgia, a Roma, nel Museo dei Fori Imperiali ai Mercati di Traiano, ha contribuito notevolmente a far conoscere al più vasto pubblico il patrimonio archeologico georgiano. I reperti in mostra provenivano dal Museo Nazionale della Georgia. A questo museo, il più importante del Paese, e al suo direttore, il Prof. David Lordkipanidze, si deve il notevole impulso dato in questi anni alla conoscenza della storia e della cultura georgiana. Lordkipanidze, antropologo e archeologo di fama internazionale, é l’autore delle ricerche che hanno condotto alla scoperta dell’Homo georgicus, precursore dell’Homo erectus; dal 2007 è membro della United States National Academy of Sciences e Fellow della World Academy of Art and Science. Il Prof. David Lordkipanidze ha gentilmente concesso ad ArcheoNews una breve intervista che riportiamo qui di seguito.

Prof. Lordkipanidze, lei dirige il Museo Nazionale della Georgia dal 2004. In  questi otto anni di gestione, a quali obiettivi, tra i vari che si è posto, ha voluto dare maggiore priorità?
I cambiamenti si stanno muovendo in tutte le direzioni. Prima di tutto ci siamo preoccupati di migliorare le condizioni di conservazione delle collezioni museali; inoltre abbiamo dato ampio impulso alla realizzazione di mostre; sono stati completamente rinnovati il Museo Storico, la Galleria nazionale ed il museo di Signaghi (città nella regione di Kakheti, Georgia orientale). E’ stato aperto il museo dell’area archeologica di Dmanisi (città al sud della Georgia con i suoi scavi paleontologici e non solo). In questo momento si stanno ristrutturando anche i musei di Svaneti (la regione più alta dell’Europa al nord della Georgia) e di Akhaltsikhe (città al sud della Georgia). Nel contempo si stanno progettando e realizzando alcuni progetti scientifici sia a livello nazionale che mondiale.

In campo educativo, quali strategie ha adottato il museo per avvicinare e coinvolgere il pubblico più giovane?
E’ stato creato un polo didattico che sta collaborando intensamente con le scuole. Sono stati elaborati progetti per le scuole superiori anche in collaborazione con le università di Firenze e di Ferrara. Vorrei evidenziare che nel museo dell’area archeologica di Dmanisi funziona la scuola estiva internazionale, i cui crediti sono riconosciuti nelle università degli Stati Uniti.

A suo parere, quali aspetti del sistema museale del suo Paese potrebbero essere migliorati?
Probabilmente sarebbe necessaria più partecipazione da parte della società.

Il Museo Nazionale della Georgia collabora con l’Italia e con altri Paesi esteri alla conduzione di varie missioni archeologiche. E’ previsto un proseguimento e un incremento di queste attività di scavo e di ricerca?
Ad alcuni progetti parteciperanno ancora sia studiosi italiani che di altri paesi; una missione archeologica georgiana è al momento attiva con successo in Kuwait.

Prof. Lordkipanidze, la ringraziamo per la disponibilità con cui ha accettato di rispondere alle nostre domande e le auguriamo un buon lavoro.

(ArcheoNews, marzo 2012)

IL PRINCIPE E IL MUSEO


Il progetto del Museo di Totò nel Rione Sanità di Napoli: un esempio di museo al servizio della gente del quartiere.

di Caterina Pisu 


E’ nuovamente slittata l’apertura del Museo di Totò, il museo che i napoletani aspettano da ben 15 anni e la cui ultima promessa di inaugurazione risale allo scorso dicembre. Il museo dovrebbe sorgere in uno dei quartieri più tipici di Napoli dove nacque lo stesso Totò: il Rione Sanità, una luogo ricchissimo di storia dove sono ubicate le antiche necropoli di Neapolis e le Catacombe di San Gennaro, di San Severo e di San Gaudioso. La sede del museo sarà il Palazzo dello Spagnolo, splendido esempio di barocco napoletano, concesso dalla Regione Campania e già sistemato grazie ai Fondi Europei destinati al progetto Urban. In questa dimora il museo disporrà di una superficie di ben quattromila metri quadrati, distribuiti su tre livelli. L’importanza di questo progetto non si limita alla creazione di un museo tradizionale o alla celebrazione di un personaggio famoso, ma avrà anche una rilevante utilità sociale che si collega alla nota filantropia del grande attore. Il museo nasce soprattutto per dare una speranza ai giovani e per allontanarli dai pericoli della strada, coinvolgendoli in attività e in laboratori. Si tratta di un modello museale che - sebbene nel caso specifico provenga, probabilmente, soprattutto da un’esigenza endemica - trova il suo antecedente e il suo presupposto teorico nei cosiddetti “musei di quartiere” (neighborhood museums) o “musei intermediari”, la cui missione è offrire un servizio alla popolazione che vive nella zona in cui essi hanno sede. Il primo esempio nasce negli Stati Uniti nel 1967, l’Anacostia Neighborhood Museum, a Washington, un museo di storia e cultura afro-americana, estensione della Smithsonian Institution. La filosofia di base di questi musei è la mediazione tra il messaggio di cui è portatore il museo e la comunità. Il museo, conformemente al pensiero fondante, si fa portavoce della gente del quartiere, se ne assume problematiche e aspettative future, si identifica con la stessa collettività. La storia dei neri americani, raccontata nel museo, diventa un’opportunità per proiettare nel futuro la società locale. Si tratta di un tipo di relazione museo/pubblico (ma l’espressione “pubblico” diventa inadeguata in questa situazione) che ovviamente assume forme e gradi diversi a seconda del tipo di museo, in quanto non interesserà solamente i musei etnografici, antropologici o storici. In linea di principio è sempre possibile creare un sistema di relazioni dirette con la comunità nel contesto in cui opera qualunque museo; anzi, ciò é auspicabile al fine di superare definitivamente il modello di “museo-tempio” che è destinato a dissolversi. Il Museo di Totò sarà innanzitutto il museo del Rione Sanità, i cui residenti potranno avere accesso libero e gratuito, ma non sarà oneroso neppure per gli altri visitatori che giungeranno da altre regioni italiane e, indubitabilmente, anche da tutto il mondo, data la notorietà del personaggio: due euro che serviranno per garantire un minimo di introiti destinati al suo funzionamento. Sarà il primo autentico esempio di “museo di quartiere” italiano e quindi un modello anche per altri progetti che seguiranno, ma bisogna fare presto perché i lavori di ristrutturazione già eseguiti ormai rischiano di subire i danni del tempo. Ci uniamo, allora, ai continui appelli che i napoletani rivolgono alle Autorità competenti (l’ultimo incontro tra alcuni assessori della giunta De Magistris e i rappresentanti del rione Sanità si è svolto lo scorso 24 febbraio), confidando che finalmente - “oh, perbacco!” - come avrebbe detto il Principe, il Museo di Totò possa essere aperto e che non sia ulteriormente prolungata quest’attesa ormai ultradecennale. 

(ArcheoNews, aprile 2012)

 Cari amici, in questi anni in cui ho svolto l’incarico di direttore scientifico del Museo Civico “Ferrante Rittatore Vonwiller”, dal 2019 a...