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Nella culla dell’Europa



Intervista a David Lordkipanidze, direttore del Museo Nazionale della Georgia e scopritore dell’Homo georgicus

di Caterina Pisu e Konstantin Vekua




La Georgia, culla della civiltà occidentale, nel cui remoto passato sono radicati alcuni dei più affascinanti miti e leggende del mondo antico - Prometeo, gli Argonauti, le Amazzoni, per citarne alcuni – è, ora, una terra quasi completamente da riscoprire anche se in questi ultimi anni l’interesse generale per le preziose testimonianze storiche di questo paese si è notevolmente accresciuto. L’archeologia georgiana è una miniera di scoperte e numerose missioni internazionali, anche italiane, sono impegnate da anni in scavi e ricerche in varie parti del Paese: l’Università Ca’ Foscari di Venezia conduce scavi dal 2009 nella provincia georgiana di Shida-Kartli, nell’ambito di un progetto di ricerca su siti del IV e del III millennio a. C., in collaborazione con il Museo Nazionale della Georgia, il quale partecipa anche alla missione archeologica coordinata dall’Università di Firenze che ha in corso lo scavo del sito paleoantropologico di Dmanisi. La recente esposizione Il vello d’oro. Antichi tesori della Georgia, a Roma, nel Museo dei Fori Imperiali ai Mercati di Traiano, ha contribuito notevolmente a far conoscere al più vasto pubblico il patrimonio archeologico georgiano. I reperti in mostra provenivano dal Museo Nazionale della Georgia. A questo museo, il più importante del Paese, e al suo direttore, il Prof. David Lordkipanidze, si deve il notevole impulso dato in questi anni alla conoscenza della storia e della cultura georgiana. Lordkipanidze, antropologo e archeologo di fama internazionale, é l’autore delle ricerche che hanno condotto alla scoperta dell’Homo georgicus, precursore dell’Homo erectus; dal 2007 è membro della United States National Academy of Sciences e Fellow della World Academy of Art and Science. Il Prof. David Lordkipanidze ha gentilmente concesso ad ArcheoNews una breve intervista che riportiamo qui di seguito.

Prof. Lordkipanidze, lei dirige il Museo Nazionale della Georgia dal 2004. In  questi otto anni di gestione, a quali obiettivi, tra i vari che si è posto, ha voluto dare maggiore priorità?
I cambiamenti si stanno muovendo in tutte le direzioni. Prima di tutto ci siamo preoccupati di migliorare le condizioni di conservazione delle collezioni museali; inoltre abbiamo dato ampio impulso alla realizzazione di mostre; sono stati completamente rinnovati il Museo Storico, la Galleria nazionale ed il museo di Signaghi (città nella regione di Kakheti, Georgia orientale). E’ stato aperto il museo dell’area archeologica di Dmanisi (città al sud della Georgia con i suoi scavi paleontologici e non solo). In questo momento si stanno ristrutturando anche i musei di Svaneti (la regione più alta dell’Europa al nord della Georgia) e di Akhaltsikhe (città al sud della Georgia). Nel contempo si stanno progettando e realizzando alcuni progetti scientifici sia a livello nazionale che mondiale.

In campo educativo, quali strategie ha adottato il museo per avvicinare e coinvolgere il pubblico più giovane?
E’ stato creato un polo didattico che sta collaborando intensamente con le scuole. Sono stati elaborati progetti per le scuole superiori anche in collaborazione con le università di Firenze e di Ferrara. Vorrei evidenziare che nel museo dell’area archeologica di Dmanisi funziona la scuola estiva internazionale, i cui crediti sono riconosciuti nelle università degli Stati Uniti.

A suo parere, quali aspetti del sistema museale del suo Paese potrebbero essere migliorati?
Probabilmente sarebbe necessaria più partecipazione da parte della società.

Il Museo Nazionale della Georgia collabora con l’Italia e con altri Paesi esteri alla conduzione di varie missioni archeologiche. E’ previsto un proseguimento e un incremento di queste attività di scavo e di ricerca?
Ad alcuni progetti parteciperanno ancora sia studiosi italiani che di altri paesi; una missione archeologica georgiana è al momento attiva con successo in Kuwait.

Prof. Lordkipanidze, la ringraziamo per la disponibilità con cui ha accettato di rispondere alle nostre domande e le auguriamo un buon lavoro.

(ArcheoNews, marzo 2012)

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