Intervista a Daniela Rizzo e Maurizio Pellegrini, Ufficio sequestri della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria meridionale
L’Ufficio sequestri della
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria meridionale, diretto da Daniela Rizzo, coadiuvata da Maurizio Pellegrini, è stato istituito
nel 1985 allo scopo di monitorare e arginare il fenomeno degli scavi
clandestini e il traffico illecito di reperti archeologici, in stretta
collaborazione con l’Autorità Giudiziaria e con le Forze dell’Ordine. E’ grazie
a questa sinergia che, a partire dal 1995, si è dato inizio ad un piano di
rintracciamento di molte antichità esportate illegalmente, grazie al quale, in
particolare negli ultimi dieci anni, sono stati raggiunti risultati
straordinari tra i quali si evidenzia il rientro in Italia di molti importanti
reperti archeologici, come il cratere di
Euphronios e la Venere di Morgantina.
La “battaglia etica” condotta dall’Ufficio sequestri della Soprintendenza ha
interessato anche l’ambito giudiziario, conseguendo, ugualmente, esiti
importanti: si ricorda, fra tutti, il procedimento penale contro Marion True, ex
curatrice delle antichità del Paul Getty Museum, che si è poi concluso con la
prescrizione. Sono ancora molte le antichità da recuperare e a questa attività
è necessario associare un’altrettanto indispensabile opera di mediazione e di
collaborazione con i musei stranieri e con i Paesi in cui sono stati trasferiti
illegalmente i reperti. Ho incontrato Daniela Rizzo e Maurizio Pellegrini per
porre loro alcune domande riguardo questi temi.
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Possiamo affermare che il nostro Paese, più di altri, con un’azione forte di
recupero delle proprie antichità, ha indotto i musei americani a riesaminare
comportamenti che probabilmente, fino a qualche decennio fa, erano tacitamente permessi?
Certamente
l’attività di contrasto del traffico illecito di materiale archeologico
condotta a partire dalla metà degli anni ’90 dalla Procura della Repubblica di
Roma in collaborazione con gli archeologi della Soprintendenza e le Forze
dell’Ordine ha riscosso un insperato successo: infatti, molti direttori di
musei stranieri, anche famosissimi, hanno finalmente cominciato a porsi il
problema della “provenienza” dei reperti archeologici che ancora oggi vengono
posti in vendita sul mercato internazionale. E’ un piccolo passo, ma se si
pensa che fino a qualche anno fa centinaia di reperti, anche veri e propri
capolavori, venivano acquistati dai musei senza alcun problema, se non
addirittura “ordinati” direttamente ai più noti trafficanti italiani o
stranieri, crediamo di poter ben sperare per il futuro del nostro Patrimonio
Archeologico
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I curatori americani stanno vivendo un momento particolarmente critico e di
profondi cambiamenti dopo il procedimento penale contro Marion True; alcuni
ritengono che il ricorso agli strumenti giudiziari non sia il più adatto, ma
che si debba percorrere, piuttosto, la via del dialogo al fine di giungere ad
accordi ragionevoli per entrambe le parti. Che cosa ne pensate al riguardo?
Indubbiamente
il ricorso all’Autorità Giudiziaria in questo campo dovrebbe essere limitato
solo ai casi più gravi di “incomunicabilità” con le Istituzioni straniere che
rifiutano ogni contatto con l’Italia: il dialogo tra gli archeologi di tutto il
mondo dovrebbe essere diretto, rapido e non soggetto a iter burocratici lunghi,
estenuanti e ben poco produttivi. Come abbiamo avuto modo di dire più volte,
gli studiosi di archeologia parlano un linguaggio comune, tendono tutti a
“salvare” e a valorizzare i reperti, anche se con modalità e punti di vista
diversi. Forse un dialogo più stretto e informale tra gli studiosi potrebbe
portare risultati migliori e in tempi più rapidi.
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Il problema della depredazione e del traffico illecito di reperti non riguarda
soltanto i rapporti tra Italia e USA. E’ possibile avere un quadro della misura
di tale fenomeno? Quanti sono i reperti che devono ancora rientrare in Italia e
quali sono gli altri Paesi, oltre gli USA, con i quali l’Italia sta avviando
azioni di recupero?
Fino
ad ora l’Italia ha concluso accordi di restituzione di reperti archeologici
solo con alcuni musei americani, mentre con alcuni musei europei che detengono
reperti illecitamente usciti dall’Italia il dialogo non sembra sia giunto a
conclusioni positive, almeno per ora. Eppure nel corso del nostro lavoro,
durato ben 13 anni, abbiamo individuato in molti musei europei reperti di
provenienza italiana certamente acquistati attraverso il mercato illecito e gli
esiti delle nostre ricerche sono stati segnalati alla Procura di Roma e al
Ministero per i Beni e le Attività culturali, ma al momento non sappiamo se e
con quali paesi siano in corso trattative di restituzione.
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A vostro parere si potrebbe pensare, nell’ambito della formazione universitaria,
a preparare archeologi che, unendo le competenze della disciplina archeologica
a nozioni giuridiche e del diritto internazionale, siano in grado di portare
avanti, in futuro, il lavoro da voi iniziato?
Sarebbe
indubbiamente importantissimo avere nei ruoli del Ministero giovani archeologi
che possano vantare una formazione specifica in un settore tanto delicato e
complesso come questo.
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Quale sarà il futuro dell’Ufficio sequestri? Si prevede un potenziamento, visti
i notevoli risultati conseguiti fino ad oggi?
In
un momento così difficile per il Paese e per il futuro del nostro Ministero non
vediamo assolutamente la possibilità di un potenziamento del Servizio
Circolazione Beni che, purtroppo, sembra destinato a chiudere i battenti nel
momento in cui noi andremo in pensione. Non si prevedono a breve assunzioni di
giovani, le cosiddette “nuove leve” a cui passare il “testimone” e tramandare i
“trucchi del mestiere”: se non ci sarà a breve un incremento di personale,
l’esperienza fatta fino ad ora rimarrà solo un bel ricordo da rintracciare
negli archivi della Soprintendenza.
Intervista realizzata da Caterina Pisu per ArcheoNews (Gennaio 2012)