Un concorso è il modo più appropriato per scegliere i direttori dei grandi musei?
Il Ministro Dario Franceschini Foto tratta da http://www.quicosenza.it/news/calabria/48385-musei-ecco-i-20-nomi-dei-nuovi-direttori-carmelo-malacrino-a-reggio-calabria |
In Italia la procedura del
concorso per l’accesso ai pubblici incarichi è talmente radicata che si
potrebbe dire che siamo una repubblica fondata sui concorsi. Questi metodi di selezione,
così cari a un sistema altamente burocratizzato, dovrebbero consentire la
selezione dei candidati migliori in base al possesso di requisiti predefiniti,
al superamento di varie prove e al giudizio finale di una commissione. Intorno ai
concorsi, però, si scatenano spesso un’infinità di polemiche: sono sempre
affidabili? Sono facilmente manovrabili?
Resta il fatto che, nonostante
tutto, continua ad essere una procedura largamente diffusa e non si può sempre mettere
in dubbio la sua efficacia come strumento di selezione.
In queste ore si è dato grande
rilievo all’esito del concorso per la selezione dei direttori di venti grandi
musei italiani. Il Ministro Dario Franceschini ha presentato la procedura come
una “innovazione”, uno “svecchiamento” del precedente sistema. In realtà non è
chiaro per quale motivo il fatto di aver scelto i direttori tramite un concorso
pubblico e internazionale possa rivoluzionare i sistemi di gestione dei nostri
musei. Inserire il “nuovo”, cioè i direttori di fresca nomina, in un
sistema “vecchio”, a mio parere non sembra essere un’idea eccellente. Si può costruire una
casa iniziando dal tetto? Impossibile. Eppure questo, in pratica, è ciò che si
sta facendo.
Ma ci sono altre ragioni
per le quali ritengo che un concorso non sia il mezzo più adatto per l’affidamento
della direzione di un grande museo. Questi musei fanno parte del patrimonio
culturale della nazione e per tale ragione la loro gestione deve far capo a
figure istituzionali alle quali dovrebbe spettare anche la responsabilità
diretta della scelta dei direttori.
E’ quanto avviene, per esempio, nei più
grandi musei d’Europa: il direttore del British Museum, sovvenzionato dal
Dipartimento della Cultura britannico, è gestito da un consiglio di
amministrazione formato da 25 membri. In base al British Museum Act del 1963 i
25 fiduciari che gestiscono il museo sono nominati: uno da Sua Maestà, ben quindici
dal Primo Ministro, quattro dal Segretario di Stato e cinque dagli
Amministratori del British Museum. Il Consiglio è responsabile della gestione
generale del museo e della nomina diretta del direttore con l’approvazione del
Primo Ministro.
Analogamente al British Museum,
anche il direttore del Louvre viene scelto dal Consiglio dei Ministri e così
pure il direttore del Prado.
Sono d’accordo con Vittorio
Sgarbi, pertanto, che ha dichiarato che “nomine
di questo tipo e di questa importanza, un ministro dei Beni culturali le fa in
prima persona, assumendosene la responsabilità”. Inoltre - mi permetto di aggiungere - uno studioso di chiara fama non ha bisogno di superare un esame. Il suo prestigio è tale che nessuno può metterlo in discussione. Per questo ritengo che un concorso, in questo caso, sia inappropriato: non stiamo parlando di un impiego qualunque ma di un incarico di alta responsabilità che può essere affidato solo a professionisti la cui carriera sia di per sé garanzia di seria affidabilità.
Non è il curriculum dei direttori, quindi, che deve essere esaminato, dato che su quello non ci dovrebbero essere dubbi, ma il loro operato, quello sì, deve essere sottoposto periodicamente al vaglio di una commissione che analizzi accuratamente i risultati ottenuti, le difficoltà riscontrate e le cause che le hanno determinate. Se un professionista, per quanto valente studioso, non è riuscito a ottenere dei risultati concreti nell'arco di due o tre anni, sembra inutile continuare ad erogargli uno stipendio. Se, invece, si appurerà che le cause dell'insuccesso sono imputabili al sistema in cui è costretto ad operare, si cercherà di apportare le necessarie innovazioni e riorganizzazioni. Nel caso del recente concorso, invece, tutto ruota intorno ai curricula dei prescelti e nulla è stato ancora detto a proposito dei metodi di valutazione del loro futuro operato, anche se il Ministro Franceschini lo scorso anno aveva dichiarato di voler introdurre nuovi e più rigidi criteri di valutazione dell'operato dei musei che tengano conto non solo del numero dei visitatori (finalmente!) ma anche del lavoro e della ricerca svolti.
Intanto, come accade in ogni concorso, fioccano le polemiche non solo sul reale prestigio internazionale dei nuovi incaricati ma, in alcuni casi, perfino sul possesso di
adeguate competenze. Si è fatto notare che al Museo Archeologico Nazionale di
Taranto è stata nominata una medievista, mentre a Reggio Calabria anziché un
archeologo sarebbe stato scelto un architetto. Ci sono dubbi anche sull’esclusione
di figure autorevoli: nel caso del Parco archeologico di Paestum sarebbe stata
esclusa una delle candidate più qualificate, Maria Paola Guidobaldi, con al suo
attivo una lunga esperienza negli scavi di Ercolano; ad essa è stato preferito
il tedesco Gabriel Zuchtriegel, 34 anni, che a detta di alcuni non avrebbe ancora
maturato, invece, un’adeguata esperienza.
Personalmente non posso giudicare
le competenze e il prestigio professionale di questi studiosi, ma non resta che
attenderli al banco di prova. Come ha affermato Philippe Daverio, “La complessità del sistema italiano richiede
esperienza. E il successo di molti musei si basa sulla capacità di attrarre
denaro. Un direttore non ha la facoltà di cambiare le leggi e, parlando dei
dipendenti, deve riuscire a dialogare con il sindacato. Prendiamo Eike Schmidt,
scelto per le Gallerie degli Uffizi: proprio in quella istituzione l'80% del
lavoro di un direttore è di tipo amministrativo-burocratico e soltanto il 20% è
creatività. Il ministero si rende conto di questo elemento?” Un bravo
direttore può fare molto per rendere un museo più efficiente e più attrattivo
nei confronti del pubblico, ma non può farlo da solo; c’è bisogno del supporto
delle Istituzioni. Se il vecchio sistema continuerà ad esistere, difficilmente
il cambiamento potrà realmente avvenire, ma non voglio essere pessimista fin dal principio. Vedremo ciò che avverrà già dai prossimi mesi.
Concludo con l’amaro commento
dell’ex direttore degli Uffizi di Firenze, Antonio Natali, ottimo
professionista e valente studioso stimato a livello internazionale. E’
risultato tra i dieci ammessi agli orali (sì, esattamente come uno studente di
primo pelo) ma è stato scelto, come già accennato, il tedesco Eike Schmidt, proveniente, negli
ultimi anni, dal Dipartimento di sculture e arti decorative del J. Paul Getty
Museum di Los Angeles e dal Sotheby’s di Londra dove ha svolto il ruolo di direttore e capo del
dipartimento scultura e arti applicate europee.
Ha dichiarato Natali: «Un Paese che dice di voler cambiare non poteva permettersi di dire che
restava il vecchio direttore. L’amarezza l’ho avuta quando ho capito quale era
il copione».