L’amarezza per le situazioni critiche cui conduce una professione sfruttata e sottostimata come quella dell’archeologo o dello storico dell'arte non deve portare allo scontro con la cultura partecipativa: il caso della Notte dei Musei
di Caterina Pisu
L’argomento è diventato ancora
più attuale da quando il MiBAC,
dalla propria pagina Facebook, tempo
fa ha lanciato un appello alle organizzazioni di volontariato affinché si
rendessero disponibili durante la Notte dei Musei 2013, che si svolgerà
il prossimo 18 maggio.
La notizia ha provocato l’immediata reazione soprattutto di archeologi e
storici dell’arte che hanno interpretato l’appello come l’ennesimo tentativo di
sfruttare i professionisti della cultura.
In realtà l’apporto dei volontari in
questa circostanza sarà unicamente di supporto al personale che, nei casi di
afflusso di pubblico maggiore rispetto all’ordinario, potrebbe rivelarsi
insufficiente, causando disagi soprattutto ai visitatori.
Si tratta, quindi,
di svolgere una semplice funzione di assistenza al pubblico, fornendo qualche
spiegazione, così come fanno normalmente i custodi di un museo; niente che
abbia a che fare con la professione dell’archeologo o dello storico dell’arte
che, chiaramente, quando hanno la fortuna di lavorare, solitamente svolgono
compiti completamente diversi e altamente specializzati.
Il primo aspetto negativo, dunque, è quello di ingenerare confusione nelle
persone, le quali così accomuneranno la nostra professione ad altre che richiedono
un minor grado di specializzazione. Certamente non tutti potranno capire come
mai se gli operatori dei servizi di custodia non hanno avanzato vigorose
proteste in questa circostanza, essendo i più diretti interessati all’impiego
dei volontari nel loro ambito di lavoro, se ne siano preoccupati, invece, archeologi e
storici dell’arte che normalmente svolgono compiti completamente diversi. Si tratta di una
sorta di autogol, di una auto-dequalificazione del proprio ruolo professionale.
E allora da dove nasce la protesta? Certamente da un’onda emotiva. Il
disagio dei professionisti della cultura è comprensibile: troppo spesso queste
professioni sono sottostimate e sfruttate. Ma per mettere in atto una protesta
che sia giustificata e, soprattutto, che sia chiara anche per il resto della
comunità, non si poteva scegliere occasione peggiore.
Innanzitutto, per quanto
si sia cercato in vari modi di evitare di entrare in aperto contrasto con il
mondo del volontariato, di fatto si vuole impedire che la cittadinanza possa compiere liberamente il proprio impegno civico, che è un diritto sancito dalla nostra Costituzione (Art.
2). Pertanto, in un periodo storico come l’attuale, in cui parole come “condivisione”
e “partecipazione” sono sempre più sentiti come un’esigenza irrinunciabile, andare
contro corrente è rischioso e attirerà antipatie verso la protesta di
archeologi e storici dell’arte.
In secondo luogo, si è criticato perfino il modo con cui il MiBAC ha
lanciato l’appello, cioè attraverso i social network. Questa affermazione
sbalordisce ancora di più, soprattutto perché è pronunciata da chi, in genere,
appartiene al “popolo del Web”, cioè da quelle generazioni che ormai sanno
vivere con disinvoltura la comunicazione virtuale e ne conoscono i vantaggi in
termini di veicolazione di contenuti e di notizie. Quali strumenti sono migliori
e più democratici dei social network?
Il volontariato: in alcuni Paesi, come il Regno Unito, è uno "stile di vita" non in contrasto con il mondo professionale. |
La sensazione è che questi professionisti, eterne vittime di una politica
che ha sempre penalizzato le professioni culturali, vogliano trascinare nella “rovina”
tutto il mondo della cultura. “Muoia
Sansone con tutti i Filistei”, che importa se non ci saranno più eventi
come la Notte dei Musei o altri simili, che hanno il pregio di coinvolgere
tutti e di diffondere l’amore per il nostro patrimonio culturale?
Badate, non sono le motivazioni di base della protesta che sono
sbagliate, ma lo è la circostanza! Su Twitter è stato lanciato l'hashtag #no18maggio
che sarà interpretato come un veto ai volontari e come un tentativo di bloccare
ogni forma di partecipazione attiva da parte della comunità.
Perché #no18maggio, ovvero “No
alla Notte dei Musei”, un evento che si svolge in ogni parte del mondo con l’apporto
prezioso dei volontari? Mi si spieghi che cosa c’entra questo con la causa
degli archeologi e degli storici dell’arte.
Ma attenzione, se non si sgombrerà
il campo dagli equivoci e non si cercherà di essere più che convincenti, eliminando
ogni rischio di confusione tra quelle che sono le reali funzioni di archeologi
e storici dell’arte rispetto ai compiti di un volontario, sarà più difficile
che in futuro i problemi della categoria possano essere compresi e condivisi dal resto
della comunità.