Madame Culture, il nuovo
ministro francese della Cultura e delle Comunicazioni, porta una ventata di
rinnovamento e nuove energie per superare il difficile momento della cultura in
Francia
di Caterina Pisu
La Francia di Hollande saprà dare nuovo impulso alla cultura nazionale? Non
è ancora possibile saperlo con certezza ma la scelta del nuovo ministro della
cultura, la giovane Aurélie Filippetti, sembra indicare un orientamento
verso lo svecchiamento e l’innovazione, sempre che si riescano a superare le
difficoltà di budget che limiteranno sicuramente i grandi progetti culturali
anche in Francia (sono previsti consistenti tagli al settore cultura). La buona
dose di entusiasmo e di combattività della giovane Filippetti, nipote di un
immigrato italiano di Gualdo Tadino, potrà essere la ricetta giusta. Laureata all’École normale supérieure de Fontenay-Saint-Cloud, la Madame Culture francese è stata insegnante di Lettere classiche prima di
dedicarsi alla politica. Per lei, come ha dichiarato in una recente intervista
a L’Unità, «la cultura è un investimento
e non una spesa» in quanto, continua,
«la cultura, le arti, lo spettacolo possono essere creatori di ricchezza. La
crescita, poi, non può essere misurata solo su parametri economici»; ma non
solo, la cultura deve essere considerata soprattutto per la sua valenza
etico/sociale: «la cultura è libertà
collettiva», afferma.
Stupisce l’età del ministro:
appena 39 anni. Se pensiamo all’età media dei nostri ministri della cultura,
non solo ora che ci siamo affidati ad un governo tecnico, ma anche in
precedenza (fatta eccezione per Giovanna Melandri che però non ha lasciato un
segno indelebile nella politica culturale italiana), è scoraggiante constatare
che la politica culturale del nostro paese è sempre stata guidata da politici
“anziani”, forse non solo in senso anagrafico ma anche per la mancanza di un “fervore”
più tangibile che conducesse a reali e coraggiosi cambiamenti. Certo, a parte
la scelta della Filippetti, non tutte le idee di inizio insediamento di
Hollande sono state eccezionali e per fortuna è stato scongiurato il progetto
di unione dei ministeri dell’istruzione e della cultura che probabilmente
avrebbe rischiato di appesantire tutto il sistema culturale francese. E’ ancora
presto, in ogni caso, sia per poter esprimere un giudizio sul governo Hollande
sia sul ministro della cultura. Alcuni passi fatti finora sembrano non
deludere, specialmente la proposta che la Storia dell’Arte sia insegnata dall’”asilo all’università” perché, secondo la
Filippetti, bisogna superare quella barriera psicologica che separa la gente
dall’arte, soprattutto dall’arte contemporanea. In tal senso anche la sua
politica museale prevederà strategie volte a richiamare l’interesse dei
visitatori verso i musei, in collaborazione con le associazioni culturali e gli enti locali. L’obiettivo
è attirare tutti i pubblici, perché per Aurélie non basta che i musei siano
gratuiti dai 18 ai 25 anni (disposizione in vigore dal 2009), è necessario fare
di più. La nuova ministra è preoccupata anche per il degrado dei beni
culturali, causato dai tagli ai finanziamenti degli ultimi anni. C’è bisogno di
nuovi investimenti ma un ostacolo non facile da superare è già sulla strada
della Filippetti: è proprio dei giorni scorsi la notizia di una sua opposizione
al progetto di ridimensionamento del meccanismo fiscale a favore delle
sponsorizzazioni alla cultura; la
riduzione del beneficio fiscale porterebbe automaticamente, secondo la
Filippetti, a «una
drammatica interruzione del finanziamento di associazioni, musei, ricerca». Sarebbe un passo falso per la cultura francese ma
speriamo che la giovane Aurélie abbia l’energia e l’influenza necessaria per
scongiurarlo.
tratto da ArcheoNews, luglio/agosto 2012