di Caterina Pisu
Il ministro Ornaghi accetta le dimissioni di Pio Baldi
mentre il governo continua la politica dei tagli alla cultura. Per il Ministero
l’unica soluzione è il commissariamento.
Il presidente della Fondazione Maxxi, Pio Baldi, ha
rassegnato le sue dimissioni, tra le polemiche, insieme ai consiglieri di
amministrazione Roberto Grossi e Stefano Zecchi. Alle origini della decisione
di Baldi sarebbe il disavanzo del bilancio 2011 e la mancata approvazione del bilancio
del 2012 da parte dell’Amministrazione; fatto grave che il 12 aprile scorso ha immediatamente
condotto alla decisione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali di
avviare il processo di commissariamento del museo. Ci sarebbe il rischio,
infatti, di un aumento del disavanzo nel 2012 a causa di un «buco» di quasi 11
milioni di euro. Come si è giunti a questo punto? Per alcuni l’errore è da
ricercarsi nella scelta iniziale della forma giuridica, la fondazione, mentre
sarebbe stato più saggio scegliere una struttura autonoma dal punto di vista
tecnico-finanziario, per esempio sul modello dei poli museali già esistenti. Ma
di certo ci sono molte altre motivazioni. L’ex Presidente della Fondazione le
ha individuate nei pesanti tagli operati dal governo. Se nel 2010 si era
riusciti a ripianare i 700.000 euro di passivo causati dai tagli con i ricavi
del bilancio, già l’anno successivo sono cominciate ad arrivare le prime
complicazioni quando il contributo del MiBAC è sceso da 7 a 4 milioni di euro.
Ora è già sicuro che nel 2012 il contributo statale si ridurrà ulteriormente:
solo 2 milioni. In una lettera aperta, inviata ai vertici del Ministero, Baldi
sottolinea che nel 2011 la capacità di autofinanziamento del Maxxi è stata di
circa il 50 % grazie alla buona reputazione acquisita che lo ha portato, nel
giro di due anni, a conquistarsi la fiducia dei finanziatori privati, i quali
hanno contribuito con importi pari ad oltre il 50% del budget annuale del
museo; una percentuale molto alta se si confronta con quella dichiarata dalla
maggior parte dei musei italiani ed europei, che arriva appena al 20-30% di
autofinanziamento. Eppure il Maxxi riceve anche un contributo statale ben
inferiore alla media europea. A questo proposito Baldi cita il Macba di
Barcellona, finanziato dall'ente pubblico per 9 milioni l'anno, il Reina Sofia
di Madrid, che riceve ben 45 milioni, il Kiasma di Helsinki 15 milioni, il
piccolo Pompidou di Metz 8,5 milioni. «Oggi
il Maxxi» - rivendica Pio Baldi - «ha
fortunatamente ancora i conti a posto, ma certo non per molto se il ministero
da lei diretto, socio fondatore e finanziatore, dovesse continuare a sostenerlo
solo con i 2 milioni annuali che costituiscono il minimo attualmente previsto».
I numeri per una buona gestione del Maxxi, dunque ci sarebbero, ma lo Stato
sembra non voler puntare su questo tipo di investimento. Dopo aver preso atto
delle dimissioni di Baldi, Grossi e Zecchi, il ministro ha provveduto a
nominare commissario straordinario della Fondazione l'architetto Antonia Pasqua
Recchia, segretario generale del Ministero «al
fine di garantire al Maxxi il prosieguo della sua regolare attività». Baldi
non ha gradito la decisione del commissariamento perché, con l'avvio
inaspettato di questa procedura straordinaria «è stata resa pubblica un'inspiegabile cattiva valutazione sul Maxxi, di
cui non si vede, nei fatti, alcuna motivazione. Da questa valutazione
decisamente dissento, e non da solo. Un museo è un servizio pubblico, come la
scuola, l'università, la ricerca. Tutti sono costituiti e vivono per conto
dell'articolo 9 della Costituzione e sono, chi più chi meno, sostenuti e
finanziati dallo Stato». La decisione ha fatto sorgere non poche
perplessità anche in ambito politico e culturale. Dissente Matteo Orfini, responsabile Cultura e
informazione del Pd, che ha chiesto al Ministro Ornaghi, in una nota pubblicata
da Libero lo scorso 9 maggio, «un gesto
di umilta': su questa vicenda ha commesso un'evidente leggerezza, forse per una
scarsa conoscenza del tema. Puo' capitare: riconoscerlo e cercare di recuperare
sarebbe un auspicabile gesto di buon senso» - inoltre, continua Orfini - «Il Maxxi non ha bisogno ne' di un
commissario ne' di un nuovo direttore, semmai di un ministero che si impegni a sostenerne
seriamente il lavoro». Sulla questione è intervenuta anche l'ex assessore
regionale, ora responsabile nazionale Cultura dell'Italia dei Valori, Giulia
Rodano: «Al Maxxi è in corso un caso di
spoil system arbitrario e immotivato, che lascia a dir poco sconcertati.
Nella rottura del rapporto di fiducia con Pio Baldi e Roberto Grossi, non ci
sono infatti motivazioni chiare ed identificabili: le loro dimissioni sono
soltanto un'altra conseguenza dello stato di abbandono e disordine in cui versa
la cultura pubblica del nostro Paese, in cui ormai si procede solo per commissariamenti
e ricorso ai privati». Per Umberto Croppi, che analizza la vicenda del
Maxxi dalle pagine de Il Futurista, l’equivoco risiede nell’idea che un museo
sia in grado di camminare con le proprie gambe, mentre «non esiste al mondo un solo museo che si regga sulle proprie economie,
nessuno. Intanto alcuni dei più grandi sono ad ingresso gratuito (per esempio
quelli inglesi) o quasi. Al citato Prado, metà dei tre milioni di visitatori
entrano gratis. In ogni caso i costi per lo Stato variano tra il 70 e il 100%,
con bilanci che vanno dai 50 ai 120 milioni. Perfino nel caso, spesso citato a
vanvera, degli Stati Uniti, dove esistono una tradizione e un sistema fiscale
che favoriscono investimenti privati, il pubblico interviene, eccome se
interviene. Il Metropolitan di New York riceve 14 milioni di dollari l'anno dal
comune. Persino il Moma, interamente privato, ha in corso lavori di
ristrutturazione per i quali ha un contributo pubblico di 60 milioni».
Resta aperto, quindi, l’eterno dilemma: lo Stato deve o no finanziare i musei?
Deve considerarli imprese o servizi pubblici? Si rende necessaria una
riflessione seria sull’argomento, tanto più in un momento storico in cui le
scelte che si faranno ora saranno decisive per il futuro del nostro paese. Certamente
predisporre un piano di crescita economica che metta la cultura ai primi posti
richiederà un atto di coraggio, ma di certo ne varrà la pena. Bisogna,
innanzitutto, misurare gli effetti che l’investimento statale nei musei potrà
produrre sulla crescita economica globale perché il museo è una risorsa, anzi,
come sottolinea Croppi, è la risorsa maggiore di cui si dispone. Solo che lo Stato
italiano finora lo ha ignorato e investe in cultura meno della metà della media
degli altri paesi europei. Nel caso del Maxxi, per esempio, per incrementare
l’apporto privato, abbiamo visto che il governo italiano ha ridotto sensibilmente
gli stanziamenti pubblici, mentre per raggiungere quell’effetto, il governo
francese ha aumentato le erogazioni al Louvre. Una contraddizione? No, secondo
Croppi: «Per avere più soldi privati
bisogna investire più soldi pubblici, non il contrario». Qualcuno avvisi il
ministro Ornaghi, finché siamo in tempo.
(tratto da ArcheoNews, giugno 2012)
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