I mecenati in soccorso della cultura

In Italia il mecenatismo è un fenomeno in crescita da una decina d’anni, ma è diventato un tema di scottante attualità soprattutto in questi ultimi tempi, alla luce dei continui tagli al settore della cultura: a questo punto sembra inevitabile il ricorso sempre più massiccio a queste nuove fonti di sostegno economico privato. Quale potrà essere, allora, lo scenario futuro per la cultura italiana? Innanzi tutto è necessario fare una distinzione tra le elargizioni di mecenati che decidono di finanziare l’arte e la cultura per motivi puramente filantropici, e gli investimenti di privati (soprattutto aziende) allo scopo di ottenere degli utili. E’ quest’ultimo aspetto, soprattutto, che desta qualche perplessità. Da una parte, infatti, c’è chi teme che l’ingerenza dei privati possa snaturare la missione e l’essenza stessa della cultura, dall’altra si arriva all’esatto opposto, ritenendo che in determinate circostanze sia giusto affidare interamente ai privati la gestione del patrimonio culturale per alleggerire lo Stato da un impegno economico troppo oneroso.
La prima posizione è ben rappresentata dal noto studioso e direttore della Scuola Normale di Pisa, Salvatore Settis, il quale, soprattutto nel sul libro “Italia S.p.A. - L’assalto al patrimonio culturale”, ha denunciato le recenti norme che hanno offerto ai privati la gestione di parchi e musei e reso possibile la cessione del patrimonio dello Stato italiano. La seconda posizione è quella espressa, fra gli altri, da Confindustria. Ci soffermeremo in particolare su quest’ultimo punto di vista per valutarne l’eventuale apporto di novità.
Le proposte di Confindustria
Recentemente, Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, ha lanciato alcune proposte in materia di tutela, valorizzazione  e messa a reddito del patrimonio culturale, artistico e museale italiano. In primo luogo ha ribadito, e su questo punto si può senz’altro concordare, che le “le risorse pubbliche non vanno più date a pioggia alle centinaia di soggetti pubblici protagonisti dell’offerta culturale inefficiente. Bisogna spostare l’allocazione delle risorse spostandole su criteri che tengano conto della domanda, e premino la migliore offerta”. In particolare la Marcegaglia si riferisce ai processi di matching grants, cioè a quei co-finanziamenti che sono commisurati ad una percentuale della spesa sostenuta a livello pubblico locale e che intervengono solo quando il contributo pubblico affianca quello privato, purché sia stato possibile reperirlo in maniera ad esso equivalente. Si tratta di un ausilio finanziario intelligente, perché non solo promuove la ricerca di risorse private, ma nello stesso tempo responsabilizza gli enti, conservando la loro partecipazione diretta ai progetti di fund raising. La seconda proposta della Marcegaglia riguarda in modo specifico i musei. Tenendo conto dell’alto numero di musei presenti sul territorio italiano e delle difficoltà che lo Stato incontra nel loro mantenimento, si ritiene che possa essere utile “affidare a privati in totale concessione sperimentale alcuni musei italiani, superando i limiti molto stretti posti dall’attuale ordinamento che affida ai privati solo la gestione di alcuni servizi”. A questo punto, quindi, i privati avrebbero anche la possibilità di gestire l’organizzazione del personale, per esempio, ma anche di intervenire sui progetti di didattica museale e sulla gestione delle collezioni, compresi i prestiti, le mostre, etc., ed è questo il punto dolente che lascia aperti molti interrogativi e su cui si è discusso a lungo in questi ultimi anni. La terza proposta della Marcegaglia si basa sulla possibilità di “estendere alle sponsorship delle imprese private in progetti culturali la disciplina del credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo tecnologico (…) Serve una forte agevolazione fiscale per il rapporto di sponsorizzazione, che viene incredibilmente ristretto dall’articolo 120 del Codice dei Beni Culturali. E’ la sponsorizzazione che consente alle imprese un pieno e legittimo ritorno dell’investimento, a vantaggio del proprio marchio, immagine  e prodotto, e realizza altresì un più pieno coinvolgimento del privato nelle modalità di fruizione del patrimonio culturale”. Infine, sempre in materia fiscale, la quarta proposta della Marcegaglia è relativa alla possibilità di elevare dal 19% attuale ad almeno il 30% l’aliquota da portare in detrazione fiscale quando le erogazioni culturali siano effettuate da persone fisiche”.
Il caso della Francia
Di vantaggi fiscali si è discusso anche nell’ambito di Florens 2010, il Forum sui beni culturali di Firenze, conclusosi lo scorso 20 novembre: sebbene sia stato ancora una volta evidenziato il primato della cultura italiana, sono emersi, però, anche i molti problemi del Paese. E questo, nonostante la cultura sia una potenziale, ottima fonte di reddito che gioverebbe non poco all’economia italiana in generale. Una recente ricerca condotta dallo Studio Ambrosetti, infatti, ha rimarcato che 100 euro di Prodotto interno lordo generati nei comparti creativi si moltiplicano in 249 euro di Pil totale e che 3 occupati attivati nel settore culturale determinano 2 occupati al fuori del settore. Nonostante ciò la nostra cultura non è mai stata in condizioni economiche più difficili: mancano totalmente i fondi, i musei e i teatri chiudono o rischiano la chiusura. Si è portato ad esempio, allora, il caso della Francia, dove la legge sui mecenats introdotta nel 2003 ha sviluppato un sistema di fundraising privato di successo, tanto che il ministro Frédéric Mitterrand molto probabilmente eleverà ulteriormente la soglia di deduzione fiscale delle persone fisiche, nel caso di donazioni alla cultura, alla educazione e alle organizzazioni umanitarie, portandola ben al 60% dell' imposta.
Le attuali agevolazioni fiscali
Attualmente in Italia, come già accennato, è prevista una detrazione Irpef del 19% sulle erogazioni liberali in denaro destinate a enti pubblici, fondazioni, associazioni senza scopo di lucro legalmente riconosciute, etc., che svolgano attività in campo artistico e culturale di studio, ricerca, documentazione, catalogazione, acquisto, manutenzione, protezione e restauro di beni culturali, organizzazione di mostre in Italia e all’estero, pubblicazioni, etc.. Le imprese, invece, posso dedurre integralmente dal proprio reddito i contributi destinati al settore artistico-culturale. In particolare, quando si tratta dei finanziamenti a enti che svolgono attività di studio, ricerca, documentazione finalizzate all’acquisto, la manutenzione, la protezione e il restauro di beni artistici. Sia le persone fisiche sia i soggetti Ires (società ed enti commerciali e non commerciali), inoltre, possono scegliere di dedurre dal reddito dichiarato, nel limite del 10% di quello complessivo e comunque non oltre i 70mila euro annui, l’importo delle erogazioni in denaro o natura erogate dal 15 maggio 2005.
Prospettive future
Alla luce del quadro fin qui delineato, è chiara la necessità di lavorare celermente e bene ad un miglioramento dei vantaggi fiscali in materia di donazioni alla cultura. Bisognerà rilanciare l’Italia anche dal punto di vista degli investimenti esteri, tenendo conto che nel 2007 l’Italia è risultata il ventitreesimo paese al Mondo e il penultimo paese nell’UE per attrazione di investimenti. Anche per quanto riguarda il turismo, le cui risorse sono strettamente legate all’ambito culturale, se nel 1970 eravamo il primo Paese al mondo per numero di turisti stranieri, ora siamo piombati al quinto posto, dietro Francia, Spagna, Stati Uniti e Cina, e probabilmente retrocederemo ancora. Anche questo è un campanello d’allarme che indica lo stato di emergenza in cui versa il nostro patrimonio culturale, sempre meno allettante anche per il mercato estero. Se si dovrà intervenire, pertanto, bisognerà farlo con la massima urgenza ma anche con oculatezza, con l’apporto di tutti i soggetti interessati anche in termini di confronto e di dibattito. 

Caterina Pisu (ArcheoNews, gennaio 2011)

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