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Musei, i nuovi mecenati sono le banche

tratto da Il Giornale.it

Nel Rinascimento erano i prìncipi e i duchi, come Ludovico il Moro e Lorenzo il Magnifico, a sostenere il peso della cultura e delle nuove arti. Oggi i mecenati sono soprattutto loro, banchieri e «post-banchieri», i presidenti delle grandi fondazioni che recano ancora il nome degli istituti di credito, ma la cui mission è tutta nell’investimento per la tutela e la promozione del patrimonio artistico. Oggi come allora. Ma con una differenza fondamentale rispetto al passato: i nuovi mecenati non si limitano a ospitare e finanziare grandi opere: preferiscono operare in prima persona.
Un’importante conferma è arrivata ieri alla cerimonia di presentazione del «Progetto Cultura» di Intesa Sanpaolo. Una giornata straordinaria, l’ha definita Giovanni Bazoli, presidente consiglio di sorveglianza, e il ministro della Cultura Giancarlo Galan è stato lieto di sottoscrivere. «Un dono alla città di Milano» lo ha definito il neosindaco Pisapia. E che dono. Ad autunno un complesso museale sorgerà nei palazzi storici tra via Manzoni e piazza Scala che fino a oggi hanno ospitato gli uffici dell’istituto di credito. All’interno degli 8300 metri quadrati in fase restauro e allestiti dall’architetto Michele De Lucchi sarà aperta al pubblico una parte dell’immensa collezione d’arte di proprietà di Banca Intesa a cui si aggiunge un importante nucleo di opere offerte in comodato da Fondazione Cariplo. Le «gallerie di Milano», questo il nome del polo che collega il settecentesco Palazzo Anguissola, l’ottocentesco palazzo Canonica, palazzo Brentani e il monumentale palazzo Beltrami, sono in realtà solo il cuore di un progetto che comprende le gallerie di Palazzo Leoni Montanari a Vicenza, la galleria di Palazzo Zevallos Stigliano a Napoli e, in futuro, la sede di Torino.
I palazzi milanesi, eleganti e prestigiosi, ospiteranno due musei: il primo, che verrà inaugurato a settembre, è dedicato all’Ottocento e vedrà esposte 200 opere della stagione romantica che ebbe come capitale proprio Milano: Francesco Hayez, Gerolamo Induno, Sebastiano De Albertis, Mosè Bianchi, Giovanni Segantini, per fare qualche nome. Nei saloni di palazzo Beltrami, entro il 2012 nascerà un «museo del Novecento» che raccoglie capolavori del periodo tra le due guerre (Balla, Carrà, Depero, De Pisis, Rosai e altri) fino all’ultima fase del secolo, dall’Informale di Burri al Movimento d’Arte Concreta di Munari. In totale, saranno oltre un migliaio le opere esposte per la prima volta al pubblico, a cui si aggiunge un progetto di riqualificazione della Casa del Manzoni. Infine, il piano triennale del Progetto Cultura ha messo in cantiere anche un’«Officina delle idee», ovvero spazi espositivi dedicati ai giovani artisti. Non da meno, le Gallerie del seicentesco Palazzo Montanari di Vicenza mettono già a disposizione del pubblico la splendida collezione di 130 icone russe di proprietà della Banca, oltre a una preziosa raccolta di vedute venete, dal Canaletto al Guardi al Carlevarijs. Nel museo napoletano invece, oltre al celebre Martirio di Sant’Orsola del Caravaggio, sono esposte opere del Sei e Settecento (da Van Vittel a Luca Giordano) oltre a una collezione di 522 ceramiche e reperti magnogreci.
Un grande progetto, dunque, quasi una svolta che mette i banchieri italiani sulla scia dei grandi progetti museali internazionali che vedono in prima linea la svizzera Ubs, Deutsche Bank, la spagnola Caixa, il Banco do Brasil. Da anni anche in Italia abbiamo assistito a segnali importanti che hanno visto operare istituti di sportello o banche d’affari: da Unicredit, che proprio a Milano offre la propria sede a progetti espositivi nell’arte contemporanea, a Banca Generali, che da anni organizza serate esclusive nei maggiori musei italiani e durante le mostre più importanti; alla milanese Banca Akros diretta da Francesco Cosmelli che dedica un intero piano dell’istituto di private banking a mostre contemporanee, alla svizzera Vontobel che recentemente ha promosso una provocatoria operazione artistica «contro» piazza Affari firmata dall’austriaco Eudard Winklhofer.

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