#smallmuseumtour: meeting the museum on Twitter









by Caterina Pisu


Virtual Visits and Access


A museum may be visited in various ways, either alone or together with a party of others or virtually. Technology today makes this possible and visitors have the opportunity to visit museums from their own home.

Visiting museums on the web may be very useful in preparing for the real visit, but the spirit of a work of art as described in a museum may be lacking in spite of HD technology resembling closely reality as we know it. 

Yet sometimes this is the only way for some of us to be able to visit a museum ! Having “access” to a museum means efficient technology to overcome barriers which may prevent access to visitors who are unable to reach a museum physically. This would greatly reduce differences and is sometimes the only possible solution for some art lovers and museum visitors.



Virtual visits: creating interaction


The inevitable limit of virtual tours is the lack of a certain atmosphere and emotion created by being there, and the personal and social interaction. The great difference between visiting a museum really and visiting it virtually, is the lack of human interaction.

The human element cannot be reproduced by virtual reality, unless the idea of virtual is adapted to new kinds of communication used by the social media. This is the idea at the root of the #smallmuseumtour project which simulates a museum visit throughTwitter. Its main feature is not high definition images, but the emphasis on dialogue within a virtual community interacting exactly as if each member virtually visiting the museum on site in different locations were all one party. The social aspect is perhaps the most important feature when it comes to overcome obstacles and inequalities. Bearing this in mind, we also considered institutions for the disabled, prisons and the like, while we worked on this project. 



Museums staff and Visitors : two worlds meet


Overcoming barriers was not the only target of #smallmuseumtour. The formality between the public and staff attracted our attention. Excepting certain special occasions, in some museums the only staff in touch with visitors was Security staff. Thus, the “behind the scenes” was hidden or left to the imagination.

Yet whoever has visited a museum and conversed with the museum curator or other qualified staff would agree that they gained deeper knowledge and made new discoveries that otherwise would not have been made in an ordinary visit. Only rarely does close contact occur, and this is where we step in to offer precisely that kind of interaction through the medium of the social network on the web. We aim to create a close and exciting relationship with museums and the marvelous treasures they contain.



The #smallmuseumtour project


#smallmuseumtour has devised to this effect a plan to promote museums through dialogue and social interaction. The first of its cyclical virtual visits which took place May 12th to July 28th 2014on a weekly basis ; we involved twelve museums of various kinds and different forms of ownership. We avoided ‘tweet’ counts and other web statistics which usually determine the "success" of a hashtag, because our aim in fact, was to perfect virtual museum visits rather than create a web trend. We aimed at creating as closely as possible the reality of a visit to a museum, especially for those who were physically unable to admire real life collections and at creating a dialogue with museum curators, staff and followers.

Other opportunities have been introduced on the Web in various forms, as for example #AskACurator day, but #smallmuseumtour offers exclusively and for the first time, a virtual visit to one single museum at a time. Thus, closer attention is given to a further dialogue between curators and followers. 



#smallmuseumtour  step by step


In order to achieve the best results in terms of a virtual museum tour using Twitter as a social network, certain rules had to be applied: virtual visit duration is 60 minutes; eight pictures are chosen by the curators for each visit, and under special circumstances according to advice from the museum curators themselves, the number may be more. During visits, the Twitter accounts of National Association of Small Museums act as curators “assistants”, tweeting pictures at regular intervals. Museum curators commented each picture and answered questions put by the followers at that very moment. In some cases the tour takes on a livelier turn by adding quizzes and video.


Future Prospects

A second cycle of virtual tours is planned at November 2014.


@piccolimusei @piccolimusei2

#SMALLMUSEUMTOUR, SECONDO CICLO: 3 NOVEMBRE 2014 - 23 GENNAIO 2015

Ci stiamo preparando al secondo ciclo di #smallmuseumtour e abbiamo bisogno della collaborazione di altri 9 musei che desiderano mettersi a disposizione del pubblico di Twitter per far conoscere le collezioni, le attività, la vita e la missione del museo. Chi desidera può prenotarsi e richiedere informazioni anche via e-mail a piccolimusei@hotmail.com. Ricordo che #smallmuseumtour è una sorta di visita virtuale dei musei che si svolge in otto "tappe": ogni tappa è costituita da una immagine o da un video: può trattarsi di un oggetto del museo o di un ambiente o di una attività in svolgimento. #smallmuseumtour è soprattutto uno strumento per mettere in contatto i curatori (o altre figure professionali del museo) con il pubblico, in modo speciale con coloro che, per vari motivi, non hanno la possibilità di raggiungere fisicamente il museo, ma con tutti, in generale, anche in preparazione di una visita futura. Le "visite" si svolgeranno, come si è detto, su Twitter, e avranno la durata di un'ora, un'ora e un quarto al massimo, con cadenza settimanale; un museo diverso ogni settimana. Sono disponibili le settimane del 3-7 novembre, 10-14 novembre, 17-21 novembre , 24-28 novembre, 1-5 dicembre, 8-12 dicembre, 5-9 gennaio, 12-16 gennaio , 19-23 gennaio. E' possibile scegliere un giorno a piacimento, dal lunedì al venerdì. L'orario previsto per ciascun "tour" è dalle 15.00 alle 16.00, salvo altre specifiche richieste.
Per rivedere quanto è stato fatto durante il primo ciclo di #smallmuseumtour e quanto se ne sia parlato anche dopo: https://tagboard.com/smallmuseumtour/search

 

Standards sì o no?

L'interessante punto di vista di Giovanni Pinna che alcuni anni fa commentava l'utilità dell'imposizione di norme o della standardizzazione anche delle professioni museali, soprattutto in relazione alle caratteristiche specifiche dei musei del nostro Paese.

Nel primo articolo di questo numero di Nuova Museologia, Maurizio Maggi contrappone due approcci al museo mutuati dalla biologia, un approccio riduzionista, che considera il museo immutabile e tende a identificare le regole che stanno alla base della sua natura e quindi del suo funzionamento, e un approccio che interpreta invece il museo come un sistema complesso, in equilibrio instabile poiché in continua interazione con l’ambiente. Il favore di Maggi va al museo inteso come struttura complessa, ed egli ne deriva da un lato la convinzione che sia più utile chiedersi “non cosa sia un museo ma cosa faccia un museo”, dall’altro l’inutilità di predeterminare meccanicisticamente il suo futuro con l’imposizione di norme, quali standard museali e codificazioni delle professioni.
Io ho più volte espresso l’idea che i rapporti complessi esistenti fra il museo, il territorio sociale, la pluralità di forze intellettuali interne all’istituzione fanno sì che ogni museo sia strutturalmente e culturalmente diverso da ogni altro museo e che non possa dunque esistere un modello standard di museo. Inoltre ho sempre sostenuto che anche la professione museale non è standardizzabile, non può cioè essere insegnata a priori, e che la professionalità viene acquisita all’interno del museo, nei rapporti quotidiani con le collezioni, con i colleghi e con il pubblico. È dunque naturale che io condivida l’approccio non riduzionista al museo di Maggi e che sia portato a minimizzare l’importanza di documenti, quali le norme di indirizzo e la recente carta delle professioni prodotta dalle associazioni museologiche nazionali, il cui pericolo consiste nella loro applicazione acritica, cosa che ho già visto apparire qua e là nel mondo delle amministrazioni pubbliche.
La carta delle professioni in particolare mi induce ad alcune riflessioni. L’ICOM Italia e alcune altre associazioni professionali hanno prodotto una proposta indubbiamente completa, costata fatica e applicazione, ma non priva di alcune debolezze di fondo, prima fra tutte il fatto che essa non è il risultato di una riflessione sulla specificità della realtà museale italiana, ma il tentativo di applicare ai nostri musei il modello anglosassone. Ciò porta all’inapplicabilità quantitativa e qualitativa: in Italia non esistono infatti strutture museali complesse che necessitino di una estrema separazione dei compiti come quella ipotizzata dalla proposta; la nostra realtà è invece fatta di musei di medie dimensioni – inoltre tradizionalmente carenti di personale – nei quali le diverse professionalità museali devono assumere in se stesse una pluralità di compiti. L’analisi dei compiti previsti per le 20 diverse figure professionali proposte rende evidente che la carta non è la summa di esperienze dirette nella gestione di musei complessi pluridisciplinari ma il prodotto di una compilazione teorica, e che non ha alla sua base una verifica sperimentale. Non si spiegherebbe altrimenti l’esistenza di figure professionali le cui responsabilità si accavallano e possono generare così conflitti di competenza.
Il lavoro museale è un lavoro articolato che prevede azioni importanti, quali tutela delle collezioni, creazione del patrimonio culturale e comunicazione dei suoi significati, azioni che non possono essere suddivise fra personalità professionali diverse senza andare incontro al rischio di una frammentazione dell’azione complessiva del museo: la grandezza culturale del modello italiano e di altri Paesi dell’Europa continentale risiedeva proprio nella riunione di tutte le funzioni principali del museo nell’unica figura del conservatore, cui si vuole ora sostituire la frammentazione del modello anglosassone. Se il fine è l’abdicazione dei nostri modelli, allora si vada fino in fondo: nella carta nazionale delle professioni museali manca l’ethics adviser, che nel museo è colui che veglia affinché la manipolazione dei resti umani e degli oggetti di culto sia conforme alle regole morali delle diverse confessioni ed etnie.
G. Pinna, "Il dio della museologia genera mostri" in Nuova Museologia, n°14, giugno 2006

Musée-Oh!

Claire Casedas, autrice del seguitissimo blog francese Musée-Oh! ha pubblicato il mio articolo "Libre de photographier mais pas de "participer", dandomi l'opportunità di continuare il confronto tra la situazione italiana e quella francese su questo tema.
"Questa è la prima volta" - scrive Claire -  "che il blog pubblica un contributo esterno. L'opportunità non si era ancora presentata! Grazie a Caterina Pisu per questa bella iniziativa e per questo articolo molto istruttivo sull'annoso dibattito: le foto al museo, in questo caso con riferimento soprattutto all'Italia".
In fondo al mio scritto, Claire ha inserito il link a un articolo di Marlèn Duretz, "Clics et déclic photographiques", pubblicato su Le Monde lo scorso 10 luglio.
Si tratta di un tema che inizia a diventare "caldo": lo scorso luglio Salvatore Settis scrive a questo proposito il suo articolo "Se troppo successo fa male al museo", Nina Simon lo ha fatto dal suo blog, Museum 2.0. Il dibattito è ancora aperto e sicuramente si avrà l'opportunità di tornare ancora sull'argomento.
Foto Le Monde

Musées (em)portables: musei nel cellulare.

Anche nel 2015 si svolgerà il concorso Musées (em)portables organizzato dalla società francese museumexperts sas .
Come ricordato già in occasione delle due edizioni precedenti che hanno avuto come partner l'Associazione Nazionale Piccoli Musei, si tratta di un concorso creativo rivolto sia a chi opera nell'ambito dei musei sia ai visitatori, in forma individuale o in gruppo (classi scolastiche, ecc.). La particolarità di questo concorso è che i filmati devono essere realizzati con un cellulare o con altri dispositivi di ripresa non professionali. La durata non deve essere maggiore di tre minuti. I soggetti possono essere vari purché riguardino i musei oppure le attività che si svolgono all'interno dei musei, i "dietro le quinte" etc.; inoltre possono essere "seri" o "divertenti", senza limitazioni alla fantasia o al senso dell'arte di ciascuno.



L'aspetto che più mi piace di questo concorso è che invita a "pensare", non è la solita foto davanti all'opera d'arte ma è un lavoro in cui è necessario esprimere creatività e senso artistico. Può essere un modo per lanciare un messaggio oppure per mostrare il proprio modo di vedere i musei.
C'è chi ha realizzato perfino dei veri film per il cinema con un cellulare, perciò si vuole anche dimostrare che non sono le tecnologie sofisticate quelle che fanno un bel film, ma è l'idea che c'è dietro. In tre minuti si possono dire tante cose. Chi vuole cimentarsi in questa prova, ha l'occasione per farlo!
I premi, che consisteranno in piccole somme in denaro ma soprattutto nella soddisfazione di aver presentato una bella creazione, saranno assegnati alle opere selezionate da una giuria di vari esperti che operano nell'ambito della cultura, in particolare dei musei, e della comunicazione. La premiazione è prevista a Parigi, presso il Carrousel du Louvre, mercoledì 4 febbraio 2015, alle 12.00.
Per altre informazioni è possibile visionare il regolamento del concorso. Ricordo che il termine ultimo per l'invio dei filmati è il 12 dicembre. Spero che la partecipazione italiana sia notevole anche quest'anno e che possa portare all'assegnazione di un premio a un concorrente italiano come l'anno scorso, con il premio come "miglior film straniero" (ricorda tanto gli Oscar!) a Raffaele Gentiluomo per il suo bellissimo video sul Museo Archeologico Virtuale di Ercolano, Vesuvius Making of.
I filmati devono essere inviati su CD o DVD o chiavetta USB in formato .avi al seguente indirizzo:
Museumexperts / musei (em) Portable
18 rue de la Michodière - 75002 Parigi
unitamente ai moduli che è possibile scaricare a questo link .

Grazie per i piccoli musei!


In questi giorni mi sono soffermata su una breve nota di Frederick A. Johnsen, già direttore dell'Air Force Flight Test Museum, pubblicato sul sito Museumerica, che mi ha molto colpito per il suo pensiero così vicino a noi che studiamo i piccoli musei e che ne mettiamo in evidenza i punti di forza oltre, ovviamente, alle problematicità.
E' chiaro che chi lavora con passione ed entusiasmo trasmette gli stessi sentimenti alle altre persone con cui entra in contatto; succede in qualsiasi altro mestiere o professione. Talmente logico che, fa notare Johnsen, non c'è niente di più semplice di questo.
Senza nulla togliere ai musei che utilizzano tecnologie avanzatissime o altri effetti spettacolari, non posso non essere d'accordo sul fatto che un piccolo museo può trasmetterci altrettanta bellezza e può farci meravigliare allo stesso modo, se non per un dinosauro che improvvisamente prende vita, per la gioia contagiosa di chi ci sta raccontando la propria storia per pura passione.
Vi riporto, di seguito, uno stralcio dello scritto di Frederick A. Johnsen, dal titolo " Grazie per i piccoli musei come il Baker Heritage Museum".


Durante un recente viaggio, tra un museo e l'altro, mi sono fermato presso il Baker Heritage Museum a Baker City, nell’Oregon. Situato all’interno dell’ex piscina comunale del 1921, il museo è il risultato di un restauro veloce effettuato nel 1970 dalla Baker County Historical Society per salvare la struttura, destinata alla demolizione.

Spesso l'utilizzo di un impianto già esistente è una necessità finanziaria, più che una scelta, per un museo. La città ha affittato l’ex piscina alla società storica senza alcun costo, in cambio dell’impegno della società a fondarvi e a gestirvi essi stessi un museo. Il progetto museale cui hanno dato vita è una serie di collezioni che spaziano dai minerali alle diligenze d'epoca locali, diorami della fauna selvatica, e reperti archeologici della zona.

Due cose mi hanno colpito durante la mia visita: il piccolo staff che gestisce il museo e la squadra di volontari che con passione ed entusiasmo raccontano ai visitatori la storia della regione, e che, soprattutto, lo fanno senza utilizzare nessun tipo di tecnologia o costosi apparati espositivi.

Il Baker Heritage Museum esemplifica la gioia dei musei, puri e semplici. Le sua esposizioni e i diorami sono la prova che apprendimento e divertimento si possono trovare anche nei piccoli musei delle più piccole comunità. La mia visita mi ha ricordato di non trascurare musei come questo durante i miei viaggi attraverso il Paese.

Il Baker Heritage Museum è sostenuto da una fondazione senza scopo di lucro. In una brochure del museo si legge: «La creazione, il sostegno e il continuo sforzo dei volontari a favore di questo museo dimostra la dedizione e la determinazione dal popolo di Baker City affinché la propria storia sia condivisa per sempre con i visitatori». Un concetto profondamente semplice e semplicemente profondo: l’obiettivo apertamente dichiarato del museo è “per sempre” e si lavora per questo.

(…)
Foto tratta da http://www.woodallscm.com/wp-content/uploads/2012/02/Wally_Byam_Display_Baker_Heritage_Museum_Baker_City_OR_r-2-copy-copy-300x199.png
Foto tratta da
http://sierranevadaairstreams.org/destinations/oregon/eastern-oregon/2011jul02-sat-p1000374-museumdisplay.jpg



Un mio contributo al blog francese Option Culture

http://www.option-culture.com/?p=6864

Option Culture, il blog di Jean Michel Tobelem, docente dell'École du Louvre, ha accolto un mio contributo che tenta di analizzare la contraddizione del momento attuale in materia di fruizione dei musei: da un lato si aboliscono finalmente alcuni divieti, come quello di fotografare, e si cerca di attrarre il maggior numero di visitatori in poche occasioni speciali; dall'altra, molti musei continuano ad essere luoghi isolati, lontani dalla comunità, capaci di ravvivarsi solo per un giorno, per una Notte al Museo o per una Invasione Digitali, in qualche modo "imposta" dall'esterno o dettata dalle "mode". Come fare affinché i musei possano diventare davvero "democratici", propositivi e aperti alla società, per usare un'espressione di David Fleming?

Il caso dell’Art Institute of Chicago: fuori tutti i volontari bianchi dal museo

Fonte dell'immagine: The Federalist Negli Stati Uniti, presso l’Art Institute of Chicago (AIC) si è aperto un caso che potrebbe essere d...