Musei “nell’occhio del ciclone”

La sicurezza dei musei in primo piano dopo il terremoto e l’uragano “Irene” che hanno colpito la costa orientale degli Stati Uniti



di Caterina Pisu e Antony Wakefield (British Museum Deputy Head of Security Operations)



Le calamità naturali che recentemente hanno colpito la costa orientale degli Stati Uniti, il terremoto del 23 agosto scorso in Virginia e, soprattutto, l’uragano Irene che alla fine di agosto ha devastato vaste zone del Paese, facendo temere anche per la città di New York, hanno posto in primo piano la questione della salvaguardia del patrimonio culturale mondiale anche da questo tipo di avvenimenti, spesso imprevedibili. La sicurezza dei musei, nello specifico, è uno degli aspetti che si sono maggiormente evidenziati. Il Codice etico dell’ICOM per i musei, al punto 2.21 afferma che “particolare attenzione va dedicata allo sviluppo di politiche di protezione delle collezioni durante i conflitti armati e le altre calamità naturali o provocate dall’uomo”. Lo stesso ICOM nel 2002 ha messo a punto il programma MEP - Museums Emergency Programme - finalizzato alla formazione di professionisti museali in caso di emergenza. Sono stati elaborati, inoltre, alcuni manuali incentrati specificatamente sulla sicurezza nei musei, in particolare il capitolo “Museum Security, including Disaster Preparedness” di Pavel Jirásek in “Running a Museum”  e “Guidelines for Disaster Preparedness in Museums”, che forniscono una serie di linee guida da seguire per progettare un valido piano di emergenza e per formare il personale che lo attuerà. Per poter realizzare efficienti piani di sicurezza è importante che le esperienze siano condivise ed è per questo motivo che abbiamo rivolto alcune domande al Presidente della Museum Association of New York, John Haworth che dirige lo Smithsonian National Museum of the American Indian’s e il George Gustav Heye Center, e alla Direttrice della Museum Association of New York, Anne W. Ackerson.  

Dott. Haworth, questa è la prima volta che New York ha dovuto affrontare due calamità naturali, il terremoto della Virginia e l’uragano Irene, in un così breve lasso di tempo. E’ stato elaborato un piano di sicurezza comune per tutti i musei dello Stato? In particolare, che cosa ha comportato il susseguirsi di questi due eventi nella gestione del vostro museo? 
Il National Museum of the American Indian’s di New York e il George Gustav Heye Center, da me diretti, fanno parte dell’istituzione Smithsoniana, il museo nazionale degli Stati Uniti. All’interno della gestione condotta dall’Istituto Smithsoniano, il museo ha sempre avuto concreti piani di emergenza finalizzati alla salvaguardia dei visitatori e delle collezioni. Il nostro staff è rimasto in contatto con le varie agenzie di New York che si occupavano di dare informazioni sull’arrivo dell’uragano. Il terremoto, invece, per noi non ha avuto un impatto rilevante. Il personale in molti casi non lo ha neppure avvertito ed è venuto a conoscenza del fatto solo dopo. In ogni caso, i responsabili delle collezioni hanno immediatamente esaminato gli oggetti con attenzione per assicurarsi che effettivamente non fossero rimasti danneggiati.  
Qual è stata l’entità dei danni causati dall’uragano?  
Sono lieto di riferire che non c’è stato alcun danno né al museo né alle sue collezioni. Il nostro personale ha lavorato diligentemente sulla base dei piani di sicurezza usuali e degli aggiornamenti che pervenivano riguardo l’avvicinarsi dell’uragano, curandosi anche di spostare un’intera esposizione fuori da un’area potenzialmente a rischio. Abbiamo chiuso il museo Domenica, in previsione dell’arrivo dell’uragano. Parte del personale è rimasto nel museo per garantire la sicurezza delle collezioni. I nostri visitatori sono stati avvisati della chiusura attraverso il sito web e le nostre pagine Facebook e Twitter, ma siamo stati felici di aver potuto riaprire già il giorno dopo.  
Sulla base della recente esperienza, in che modo potranno eventualmente essere rivisti e aggiornati i piani di sicurezza per affrontare questo tipo di evento?  
Il museo ha un accurato piano di emergenza e il personale specializzato per la sua attuazione. In ogni caso non è sempre possibile prevedere una calamità naturale. Sono felice di aver constatato che tutto il nostro staff ha saputo lavorare per realizzare perfettamente il piano di sicurezza a salvaguardia del museo, operando anche in collaborazione con le agenzie locali.  

Dott.ssa Ackerson, in che modo la Museum Association of New York, da lei diretta, ha dato supporto ai musei dello Stato di New York durante l'arrivo dell'uragano Irene? 
In un caso, la nostra Associazione ha messo in contatto una casa-museo con il personale degli Archivi di Stato di New York che ha poi provveduto a fornire assistenza. Nel nostro sito ufficiale, abbiamo postato una serie di risorse che sono state diffuse anche sulle nostre pagine Facebook e Twitter. Tramite posta elettronica abbiamo contattato i musei affinché documentassero eventuali danni, quindi abbiamo postato le loro risposte su Facebook insieme alle fotografie, relazionando, nel contempo, la nostra associazione nazionale sulle comunicazioni ricevute. 
Prima e dopo l'arrivo dell'uragano Irene, il Governo ha sostenuto la vostra azione sia dal punto di vista economico che da quello tecnico? 
In previsione dell'uragano, noi ed altre organizzazioni di New York abbiamo postato sul nostro sito web e sulla nostra pagina Facebook le informazioni fornite dall'Archivio di Stato di New York. Noi abbiamo un ottimo rapporto di collaborazione con l'Archivio di Stato di New York, che fa parte del Dipartimento dell'Educazione dello Stato di New York. L'Archivio è in grado di mobilitare il suo personale e di fornire informazioni tecniche alle istituzioni culturali che si trovano in situazioni di emergenza (alluvioni, incendi, furti, etc.). Esso è collegato allo State Emergency Management Office (SEMO), che a sua volta è collegato al Federal Emergency Management Agency (FEMA). Non abbiamo ricevuto alcun supporto economico dal Governo per essere stati una fonte di informazioni durante le emergenze. Questo è il nostro lavoro. 
 In riferimento al recente terremoto della Virginia, secondo le vostre informazioni, quanti musei di New York sono stati costruiti con le più avanzate tecniche antisismiche e quanti, invece, sarebbero a rischio nell'eventualità di altri terremoti?  
Non sono in grado di rispondere a questa domanda. Le regioni americane del Medio-Atlantico normalmente non sono zone a rischio sismico, ma non credo che molti musei potrebbero resistere a terremoti di forte entità.

(Tratto da ArcheoNews, ottobre 2011)

I musei più cliccati su Facebook? Non italiani. Il preferito è il MoMa di New York

di Giuseppe Baselice

 

La classifica dei luoghi d'arte più apprezzati sul social network vede al primo posto il Museum of modern art di New York, davanti al Metropolitan e al Louvre. Primo italiano il MAXXI di Roma, solo 70esimo. semplice classifica da social networking o nuova frontiera per veicolare la cultura e l'arte sul web?

I musei più cliccati su Facebook? Non sono italiani. Il Bel Paese sarà anche, come spesso si ricorda, un "museo a cielo aperto", e custode di buona parte del patrimonio artistico e culturale a livello mondiale, ma questo non viene rilevato e apprezzato dal mondo del web, attraverso il social network più diffuso del pianeta.

Su Facebook infatti le centinaia di milioni di utenti giornalieri preferiscono di gran lunga il MoMa di New York, che raggiunge quasi i 900mila fans. A seguire, sempre nella Grande Mela, il Metropolitan Museum of Art, con 562mila sostenitori. Al terzo posto il Louvre (403mila), quinto il Tate di Londra (310mila) davanti al Museo dell'Acropoli di Atene (301mila). A chiudere la top ten c'è il Centre Pompidou (176mila), mentre il British Museum è quattordicesimo (145mila).

Per trovare i primi siti italiani bisogna arrivare alla 70esima posizione con il MAXXI - Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, a Roma, con quasi 30mila fans, seguito dal MACRO - Museo d'arte contemporanea, sempre nella Capitale, con 24mila all'86esimo posto appena davanti alla Triennale di Milano con 23.900.

Ma non è il solo caso strano: la stessa Tour Eiffel, che pure conta ogni anno 6,6 milioni di visitatori reali, ha soltanto 25mila fan. E' proprio un quotidiano francese, Le Figaro, ad analizzare la questione, spiegando: il Louvre ha una pagina attiva sin dal 2009, agli albori del boom facebookiano, e ad oggi almeno 240mila fans sono utilizzatori attivi. Come dire: potenzialmente, 240mila visitatori in più.

Un bel veicolo pubblicitario, insomma, soprattutto se si pensa che al primo posto degli utenti iscritti non ci sono i francesi bensì gli americani. "Non contano solo i numeri, ma la qualità e l'utilità del contatto". spiega Sebastien Magros, consulente culturale.

La ricetta è semplice: creare appuntamenti da veicolare sulla rete, come fa ad esempio il Beaubourg, animando la piattaforma con foto, eventi e informazioni. Un modo per essere non solo cliccati, ma anche seguiti e conosciuti da un pubblico sempre più vasto. Ovvio, esiste anche il sito ufficiale, ma l'aggiornamento via Facebook consente un contatto più diretto con l'utente.

Tutto ciò potrebbe sembrare banale, visto che poi quello che conta sono i visitatori "fisici" di un museo. Ma nell'era di internet, in cui tutto, anche la cultura, viene veicolata attraverso il social networking, un pensierino i nostri musei dovrebbero farlo. Come numeri, non sarebbero secondi a nessuno. 

Tratto da First online

Il Museo diffuso a Ronciglione



Una nuovissima iniziativa è stata realizzata da molti giovani a Ronciglione: l’avvio di un Museo diffuso del territorio che non potrà non avere ampia eco e riconoscimento per le implicazioni culturali e sociali che potrà comportare.
Tanto per iniziare, l’assessore al turismo del Comune di Ronciglione, Giuseppe Duranti, è stato tra i primi a favorire e riconoscere l’alto valore dell’ iniziativa di questo Museo diffuso, realizzato da tanti giovani di Ronciglione che, a titolo gratuito, hanno voluto dimostrare come sia possibile offrire ad una città momenti di aggregazione culturalmente validi e creativi in cui si riconoscono e si sentono coinvolti. In particolare, il Museo diffuso di Ronciglione vede come punto di forza l’utilizzo delle più moderne tecnologie, come i QRCode e lo smartphone, strumenti ormai di uso comune, almeno tra i giovani. I QRCode permettono una rapida decodifica di contenuti che, nel nostro caso, rimandano a pagine web, dotate di audio; tali codici, collocati su apposite segnaletiche accanto ai principali monumenti cittadini, permettono l’ulteriore informazione dettagliata relativa a quel monumento, costituita da un audio, alcune foto e un testo, tutti correlati tra loro. Lo smartphone è in grado di scannerizzare il QRCode e di “raccontare” il monumento al turista. Tutto questo per riferire dell’uso strettamente tecnico dei dispositivi messi in atto per la descrizione dei luoghi salienti della città. Ma un Museo diffuso non si limita a questo, non è solo la presentazione di informazioni storiche, architettoniche, artistiche di un sito, va oltre: amplia il concetto di “museo” che non viene più visto come luogo delimitato e, forse, anche poco frequentato… Un Museo diffuso comunica, per definizione, un’idea di più ampio respiro relativa alla valorizzazione dei luoghi, ma anche delle persone che quei luoghi vivono, delle loro stesse capacità creative che hanno contribuito a rendere quel territorio così particolarmente unico.

E’ questa la forza di un Museo diffuso: l’integrazione naturale, vivace, in continuo progredire dei luoghi e delle comunità che li vivono; così, accanto alle segnalazioni di importanti monumenti si potranno avere QRCode accanto ad uffici o negozi o laboratori, per indicarne orari o le caratteristiche professionali o artigianali di chi li gestisce, riportando la storia e lo sviluppo che una specifica attività può avere avuto negli anni. E’ il modo con cui la stessa comunità cittadina “si racconta”, armoniosamente con i monumenti e i beni culturali che la circonda, divenendo protagonista essenziale del territorio che abita.

A Ronciglione i tanti ragazzi che avevano dato vita alla Notte Giovani, hanno saputo individuare un ambito di collaborazione e concreta operatività realizzando questo Museo diffuso che vede così essi stessi primi protagonisti di quanto hanno inteso proporre alla città.  E, d’altra parte, l’accoglienza e il sostegno dell’assessore Duranti all’idea del Museo diffuso di Ronciglione, testimonia quel carattere fondamentale che una iniziativa come questa deve avere: il coinvolgimento tra popolazione e istituzioni, insieme per proporsi come strumenti di valorizzazione e promozione del patrimonio culturale dei luoghi e delle persone che li vivono. 
(tratto da OnTuscia)

National museums and the negotiation of difficult pasts

Call for papers

26-27 January 2012

Université Libre de Bruxelles




Organised by Eunamus and Pr. Dominique Poulot, Université de Paris I Panthéon-Sorbonne.

This conference aims to take a transnational and comparative perspective on the conflicts that national museums have dealt with as holders of contested objects and as places where disputed or difficult pasts are displayed.


Objects of contested possession
How have European discourses of ownership developed in national museums over the last century in relation to the possession of artefacts that are subject to restitution claims? Cases of contested objects in Europe can be related to contexts of colonial appropriations of material culture and post-colonial claims, to processes of secularisation of church property, to situations of war and plunder, to archaeological finds in territories where national frontiers have changed or are disputed. From a methodological point of view case studies will be privileged that go beyond legal aspects to examine the historical significance of using objects from the past as expressions of national identity.


Difficult pasts
What role do national museums play in handling historical issues that are socially and politically sensitive and liable to give rise to contestation? Particular attention will be given to individual or comparative cases related to the construction of national territories and to conflicting representations of “natural” and ethnic communities, which have become the subject of specific revisions in light of political and intellectual developments.
Furthermore, national museums are increasingly being called upon to provide forums for dealing with highly sensitive issues of traumatic past events – particularly those related to situations of political criminality. In light of the increasing importance of memory studies, this conference will examine how museums attempt to represent the “unspeakable” elements of the past.
Please send proposals of no more than 500 words, for 20 minute presentations to eunamus@gmail.com or Felicity.Bodenstein@univ-Paris1.fr by 14 November.




Erogazioni liberali ai musei: l’urgenza di una riforma fiscale

 di Caterina Pisu

Mentre nel mondo anglosassone le risorse private costituiscono una voce importante nel budget delle istituzioni culturali, in Italia l’apporto dei privati stenta ancora a crescere, se si esclude il caso del Colosseo che sarà restaurato dall’imprenditore Diego Della Valle con un finanziamento di 25 milioni di Euro. Secondo i dati delle più recenti statistiche, nel 2010 il British Museum, per esempio, ha ricevuto 14,7 milioni di sterline da donatori privati, sponsor, trust e fondazioni; il MoMa di New York nello stesso anno è stato sostenuto da ben 135.000 donatori, e così molti altri musei, soprattutto negli Stati Uniti, dove si favoriscono le donazioni grazie alla detassazione. Altrove si ricorre ad espedienti pubblicitari, come in Francia, in cui la situazione è abbastanza simile a quella italiana, con la differenza che non sono stati effettuati gli stessi drastici tagli alle sovvenzioni dello Stato, come purtroppo invece è avvenuto in Italia; inoltre, in Francia le donazioni sono deducibili fino al 66 %. Nonostante ciò, gli introiti non sono ugualmente sufficienti per cui il Musée d’Orsay, per esempio, ha affittato a Chanel la facciata del museo, su cui è stato apposto un gigantesco flacone di Chanel numero 5. In Italia la maggior parte delle erogazioni liberali delle imprese, pari a circa 31 milioni di euro annui, sono destinati per lo più al settore dello spettacolo, ma l’iter burocratico resta, comunque, eccessivamente intricato. Ai donatori, inoltre, spesso non viene dato il giusto risalto, e non sempre essi possono scegliere direttamente a quali istituzioni culturali indirizzare le proprie erogazioni, tranne nel caso in cui queste siano in possesso di personalità giuridica (per esempio le fondazioni); perciò solitamente le risorse vengono incamerate dal Ministero delle Finanze che poi le trasferisce al Mibac, il quale destina i fondi soltanto agli istituti culturali che non hanno autonomia amministrativa. Il meccanismo complicato, la scarsa visibilità dei donatori, unitamente alla normativa fiscale poco vantaggiosa (con una detrazione pari al 19%) hanno quindi l’effetto di scoraggiare l’investimento dei nostri imprenditori nel settore della cultura (argomento trattato anche in ArcheoNews gennaio 2011, “Mecenati in soccorso alla cultura”). La riforma delle normative che riguardano le erogazioni liberali deve essere attuata urgentemente perché ormai l’impoverimento delle risorse statali non è più sufficiente a mantenere in vita le migliaia di musei italiani e il ricorso ai finanziamenti privati non è più soltanto un’opzione. E’ necessario arrivare alla deduzione individuale al 100%, come nei paesi anglosassoni, ed anche all’autonomia amministrativa dei musei. Per ora, infatti, ci sono solo alcune iniziative, come in Toscana, per esempio, dove è stata avanzata una proposta di legge che dovrà essere approvata dalla Giunta regionale della Toscana prima della fine dell’estate e che prevede sgravi fiscali per privati e imprese che decideranno di investire in cultura. Si potrà detrarre il 20% di ciascuna donazione e, inoltre, sono previsti sconti sull’addizionale Irpef e, nel caso di aziende, sull’imposta per le attività produttive (Irap). Le riforme, tuttavia, dovranno essere ben più radicali e risolutive se si vorrà salvare veramente il patrimonio culturale nazionale.

Tratto da ArcheoNews, anno VIII, n. XCI, agosto 2011

Smithsonian Inspector General finds substandard storage conditions at American History museum

The storage conditions at the 44-year-old National Museum of American History (NMAH) and its offsite facilities are outdated, crowded and generally substandard, leaving some collections in jeopardy, according to a new report by the Smithsonian Inspector General.
“NMAH storage equipment as well as object housing and housing practices need improvement,” concluded an audit by A. Sprightley Ryan, the museum’s Inspector General. “For example, nearly all storage rooms at the museum had exposed pipes and conduits, resulting in frequent leaks that threaten collection items.”
The report, released this week, looked at the physical aspects of preservation and collections care primarily at the museum where there are 70 permanent and temporary locations for storage. The auditors found that some collections were at risk and suggested urgent improvements and a priority plan.
These problems of inadequate storage and leaks dripping into rubber buckets and general poor conditions have been uncovered in the past by the Inspector General and others. The Smithsonian has admitted replacing and repairing the storage is a major concern. Since 2006 a care and preservation fund has dedicated more than $10 million of federal funds for these projects. In 2010 the Smithsonian established an institution wide advisory committee on collections. “We do have substandard conditions,” said David Allison, associate director for curatorial affairs at American History and a member of the committee. “We are making some progress. Certainly there’s more to do.” The report listed a number of conditions that it said put collections at risk. It cited the deterioration of a delicate silk World War I flag and damage to fur coats and other clothing items in the Cold Storage Room.The report cited poor housing of whaling harpoons in one area, stating the risk to staff as well as the object if they were bumped into and fell. It described lead dust in one basement storage room at the museum and the museum itself removed asbestos during the museum’s renovation. The report contained some eye-opening graphics, depicting mercury leaking from a barometer into a beaker, enclosed by the staff in a plastic bag. Buckets catching water were photographed, as well as plastic protecting cabinets from leaks from the heathing and air conditioning systems.
The report also examined the poor conditions of outside storage at the Garber Facility, where large items from military history, transportation and agriculture are stored. Some of the 7 buildings NMAH uses at Garber contain asbestos or lead-containing dust, a well-known fact about the 1950s-era facilities. Those buildings are slated to be torn down once the funding is secured. The museum, one of the largest on the National Mall, has 3.2 million objects in its collections, with only about 5,000 regularly on view. One of the challenges is preserving the old artifacts and properly storing new donations that come in almost on a daily basis, David Allison said. He said the goal at the Smithsonian is to assess the long-term storage needs of all the museums. Eventually new facilities will be constructed at Garber in Maryland and The Steven Udvar-Hazy Center in Virginia for these purposes. Some funding has helped start projects, he said, including new storage cabinets, rehousing the military collections and designing a way to install electric heating and cooling systems that will replace the antiquated pipes and methods that leak. American History will be a prototype for retooling and replacing existing storage space. This is the second Inspector General report this year to focus on conditions at American History. Examining inventory management, the February audit found lax or nonexistent inventory controls. This led, the report said, to inaccurate counts of the collections.
In the new report the office called for a “comprehensive preservation program to mitigate the deterioration of objects.”  
In general, according to the report, security is adequate at the museum proper. Yet it found not all storage areas had the required security devices, a circumstance it had pointed out before. It also said security rules in the collections storage area were a problem, pointing out keys are often given to staff and volunteers who are not authorized to be in the storage areas or the keys are not securely stored. “These conditions increase the risk of theft and diminish control over collections,” said the report.
Vigorous and accelerated planning and work are needed, said the auditors. “We believe that as stewards of the nation’s most valued and treasured collections, the Smithsonian should lead the museum community in collections care,”said the report.
Fonte: The Washington Post

Premio ICOM Italia – Musei dell’anno 2011: ecco i finalisti della II edizione

I tre musei vincitori saranno decisi da una giuria internazionale e presentati al pubblico a Siena il 29 ottobre prossimo

Dopo una lunga seduta di lavori, la giuria tecnica del “Premio ICOM Italia – Musei dell’anno 2011”, presieduta da Alberto Garlandini, Presidente di ICOM Italia, e composta da membri del Consiglio direttivo e del Collegio dei Probiviri di ICOM Italia, ha annunciato le terne dei finalisti per le categorie premiate.
  • I finalisti per il premio al miglior progetto di mediazione culturale, destinato a valorizzare le realizzazioni più innovative ed originali nell’ambito dei servizi educativi, sono: il Museo MAXXI di Roma; il Museo delle Trame Mediterranee - Fondazione Orestiadi di Gibellina (Trapani); il Museo di Storia Naturale di Venezia.
  • Sono in corsa per aggiudicarsi il premio Information Comunication Tecnology: il Museo delle Scienze di Trento; i Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi di Macerata; il MuseoTorino. In questo caso, il riconoscimento intende dare evidenza alle migliori soluzioni in materia di ICT, sia in ambiente web che on-site, volte a promuovere ed agevolare il rapporto tra pubblico e museo.
  • Infine, altri tre musei si contenderanno il premio per il miglior progetto di partnership pubblico-privato, riconoscimento attribuito al migliore esempio di collaborazione tra istituzioni pubbliche e privati (mondo del terzo settore, società civile e aziende). Nello specifico si tratta di: Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia ‘Leonardo da Vinci’ di Milano; Museo Benozzo Gozzoli di Castelfiorentino; Museo MAN di Nuoro.

La giuria di primo livello, su indicazione dei Probi Viri, ha escluso dalla votazione quei membri degli organi direttivi di icom italia a qualsiasi titolo interessati direttamente o indirettamente nei progetti presentati.
Le candidature dei finalisti saranno valutate da una giuria internazionale, sempre presieduta dal Presidente di ICOM Italia, Alberto Garlandini, e composta da:

  • Alessandra Mottola Molfino, Presidente del Collegio dei Probiviri di ICOM Italia;
  • Emma Nardi, Presidente ICOM-CECA (International Committee for Education and Cultural Action);
  • Manon Blanchette, Presidente di ICOM-AVICOM (International Committee for the Audiovisual and Image and Sound New Technologies);
  • Carol Ann Scott, Segretario Generale di ICOM-MPR (International Committee for Marketing and Public Relation).

    Fonte: Icom-Italia

Il caso dell’Art Institute of Chicago: fuori tutti i volontari bianchi dal museo

Fonte dell'immagine: The Federalist Negli Stati Uniti, presso l’Art Institute of Chicago (AIC) si è aperto un caso che potrebbe essere d...