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Musei in video



In attesa di conoscere i vincitori del concorso Musées (em)portables che quest'anno vede una cospicua presenza italiana (lasciamo un po' di suspense fino al 29 gennaio), vorrei sottolineare quanto in questi giorni a livello internazionale il mezzo visivo sia diventato un argomento di grande interesse. Oltre alla Francia e al suo Musées (em)portables, anche la rivista specialistica inglese Museum Practice ha dedicato un intero speciale a questo tema. Il mezzo cinematografico viene usato spesso in ambito museale e per differenti motivi: per esempio per offrire una interpretazione di una mostra o di una collezione museale; per creare esperienze immersive; come esperienza di apprendimento; infine, soprattutto nei paesi anglosassoni, ciò avviene anche per scopi di marketing o di raccolta fondi. Grazie al mezzo cinematografico in connubio con l'impiego delle realtà virtuali e delle realtà aumentate, poi, è possibile riportare alla vita le antiche civiltà, ricreando esperienze sensoriali che non potrebbero essere ottenute senza l'impiego di queste tecniche. Il cinema può essere anche un mezzo ideale per far vivere esperienze di apprendimento soprattutto se si coinvolgono direttamente i ragazzi (o anche gli adulti) nella realizzazione di video all’interno del museo. Non sono necessari grandi investimenti: bastano una piccola telecamera, un cavalletto e un microfono; ma, in ogni caso, i costi di produzione molto bassi, sostenibili dalla maggior parte delle scuole, sono ricompensati dal valore di un’esperienza molto costruttiva basata sull'impegno e sulla creatività. Non è difficile ed è a costo zero creare un canale You Tube del museo in cui si possono caricare anche i video creati dai propri visitatori: può essere semplicemente il racconto della propria visita oppure il museo può suggerire dei temi, per esempio in determinate occasioni che riguardano o il museo stesso o altri avvenimenti culturali di portata nazionale o locale, invitando a contribuire, usando liberamente la propria creatività.
Diverso è il caso in cui i musei decidano di investire in produzioni video create da professionisti per promuovere il museo o una specifica mostra. Questo può creare timori nei responsabili dei musei perché si teme che i costi necessari possano non produrre i benefici sperati. Uno dei problemi è cercare di creare dei video che possano durare nel tempo, ovvero fare in modo che l’investimento sia anche a lungo termine. Secondo gli esperti, come regola generale i film creati per il web o proiettati lungo il percorso espositivo dovrebbero avere una durata ottimale di tre minuti. Apparentemente si tratta di un tempo molto ridotto in cui può sembrare difficile raccontare molte cose (ma all'occorrenza si possono creare vari film ciascuno di tre minuti). In realtà in tre minuti si possono ottenere dei veri e propri mini-fim (basta andare a visionare i filmati dei musei che hanno partecipato in questi anni a Musées (em)portables); in secondo luogo, è una buona strategia fare in modo che il pubblico abbia voglia di saperne di pù; terzo, se è vero che in tre minuti non si possono raccontare storie complicate, è possibile, però, riuscire a suscitare emozioni e a stimolare il pensiero degli spettatori in modo efficace. E questo, forse, è l'aspetto più importante e che rende utile un investimento di questo tipo.



Dans le yeux de Mona Lisa, 
il film vincitore della edizione 2013 di Musées (em)portables.



Lavorare con i bambini di età inferiore ai cinque anni




In un articolo pubblicato da Rebecca Atkinson su Museum Practice (15/11/2013), si affronta un tema di grande interesse: i musei possono accogliere i bambini di età inferiore ai cinque anni? Il preconcetto, tuttora duro a morire, è che i musei siano luoghi polverosi dove non si può fare nulla, dice Jo Graham, fondatrice di Learning unlimited, un’organizzazione che aiuta i musei e altre istituzioni culturali a creare servizi visitor-friendly, mostre, programmi ed altre risorse anche per bambini piccoli", in modo da ottenere relazioni più a lungo termine con i visitatori e, in particolare, con le famiglie. Il Museum of London lavora con i bambini al di sotto dei 5 anni, dal 2007. Come molti altri musei, il museo londinese si è reso conto che l'offerta di programmi per bambini al di sotto dei 5 anni, e per i loro genitori, è una buona occasione per affezionare un pubblico, quello delle famiglie, che quando entra in un museo cerca attività che si possano svolgere insieme con i bambini. "E così si anima anche il museo", dice Claire Haywood, responsabili dei servizi educativi per i più piccoli. "Ci siamo allontanati dall'idea che i musei non sono luoghi per i bambini piccoli. Dobbiamo raggiungere e coinvolgere tutti”. La speranza è che i bambini che visitano i musei già in età così giovane, diventino affezionati visitatori dei musei per tutta la vita, e che poi, a loro volta, vi conducano i propri figli o addirittura i nipoti. Molti musei pianificano già programmi di visite regolari per famiglie con bambini. Bisogna far capire che il museo è un luogo che chiunque può visitare, dove si può imparare, impegnarsi e divertirsi.  Purtroppo c’è ancora la convinzione che la presenza di bambini piccoli possa disturbare gli altri visitatori. Secondo Jo Graham, invece, i musei devono essere condivisi da tutti come qualsiasi altro spazio pubblico, e se un museo è uno spazio pubblico, bisogna trovare un modo per consentire che questo spazio sia correttamente condiviso.
I musei usano vari tipi di approccio quando si tratta di lavorare con bambini al di sotto i 5 anni. Alcune istituzioni, come la Whitechapel Gallery di Londra, pianificano visite o programmi di attività per i genitori ed i loro figli al di fuori dei normali orari di visita. Altri, come il Museum of London, fanno in modo che i visitatori siano informati del fatto che sono in corso visite e attività con bambini piccoli. Al Museum of East Anglian Life (Meal), il learning officer Jo Rooks riserva un settore del museo alle attività con i bambini, in modo che gli altri utenti lo possano evitare, se vogliono. "Ma non abbiamo mai avuto una sola lamentela" dice. "Le persone sono felici, invece, di vedere i bambini che si divertono".
E’ chiaro che lo staff cui sono affidati questi programmi di intrattenimento, deve essere adeguatamente preparato anche ad affrontare eventuali imprevisti. Non ci si può aspettare che i bambini abbiano lo stesso auto-controllo degli adulti sul loro comportamento. E’ importante, per esempio, che non vi siano spazi in cui i bambini possono uscire dal controllo a vista degli operatori. Quando i bambini sono stanchi e si dimostrano più inclini a svolgere giochi in libertà, meglio lasciarli fare. E’ importante anche assicurarsi che ci sia abbastanza materiale o giochi per tutti, in quanto i bambini non sanno condividere le cose tra di loro". Una volta capito come funzionano le loro menti, è possibile costruire attività specifiche adatte al loro grado di apprendimento. 
L'attuale clima di crisi e il taglio dei bilanci avrà sicuramente un impatto negativo anche su questo tipo di progetti. Questa è la preoccupazione dei responsabili dei musei inglesi. E infatti si è già notato che sta diminuendo il numero di programmi per i bambini piccoli perché visti non come attività principale dei musei. "Ciò è comprensibile ", dice Joe Graham. Come sempre tutto si basa sulla passione e l'impegno dei singoli ma è importante capire che se i musei saranno più amici dei bambini in tutti gli spazi disponibili - dall'ingresso, al caffè, al museum-shop - ci saranno più possibilità che i genitori tornino a visitare il museo anche individualmente e che così si avvii un rapporto duraturo con l’istituzione.
E in Italia? Da un primo esame sembra che le attività didattiche siano prevalentemente proposte per la fascia d’età dai 5/6 anni fino agli 11/12, quindi già in età scolare, ma ci sono anche molti musei che prevedono programmi per bambini più piccoli (da non confondersi con altri tipi di servizi, come gli spazi nursery), come il Museo Civico di Storia Naturale di Milano, in cui opera l’Associazione Didattica Museale che svolge attività anche per bambini di 2-3 anni; e poi ancora, il Museo Diocesano di Milano (3-5 anni), il Galata-Museo del Mare di Genova (3-5 anni, ma anche 2-3 anni), il Planetario di Torino (3-5 anni), la Pinacoteca di Forlì (3-5 anni) ed altri ancora. 



Il caso dell’Art Institute of Chicago: fuori tutti i volontari bianchi dal museo

Fonte dell'immagine: The Federalist Negli Stati Uniti, presso l’Art Institute of Chicago (AIC) si è aperto un caso che potrebbe essere d...