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Piccoli e accoglienti, ecco la strategia vincente dei piccoli musei

"I musei accoglienti: una nuova cultura gestionale per i piccoli musei" è un convegno svoltosi lo scorso anno presso il MUV - Museo della civiltà Villanoviana, promosso dall’Assessorato alla cultura del Comune di Castenaso (BO) in collaborazione con l’Università di Perugia, ed ha avuto il pregio di focalizzare l’attenzione su quella che è una realtà imponente del patrimonio museale italiano: i piccoli musei. Questi, infatti, pur rappresentando la gran parte dei nostri istituti museali, ben il 90%, non hanno mai avuto una specifica cultura gestionale e di marketing che tenesse conto delle loro caratteristiche ed effettive esigenze. Ieri come oggi si continua erroneamente ad applicare a queste realtà le stesse regole messe a punto per i musei di grande dimensione. In realtà, come ha ribadito nel corso del convegno Giancarlo Dall’Ara, docente di marketing nel turismo presso l'Università di Perugia, i piccoli Musei non dovrebbero mai essere visti come “una versione ridotta dei grandi e anzi proprio l’idea che i “piccoli” siano dei “grandi incompiuti” è il peccato originale che ha impedito a molti di loro di riuscire ad avere un legame più forte con il territorio di appartenenza, di sviluppare un maggior numero di visitatori, ed in ultima analisi di poter svolgere la loro funzione”. Ma quale può essere la strategia più indicata affinché un piccolo museo possa mantenere inalterata nel tempo la sua capacità di attrarre visitatori? Ciò che è emerso da questo convegno è che il tema su cui è necessario incentrare l’attenzione è quello dell’accoglienza. E se quest’ultima può essere talvolta l’elemento più critico per i musei di grandi dimensioni, costretti a confrontarsi con un numero molto elevato di visitatori che rende necessario il ricorso a procedure standardizzate che penalizzano un rapporto più diretto ed immediato con le singole persone, essa può essere, invece, la carta vincente dei piccoli musei. Uno studio effettuato da Giampaolo Proni, Responsabile dell'Unità di Ricerca “La semiotica per il design dei beni culturali: i nuovi linguaggi dei media interattivi per il progetto di forme innovative di comunicazione dei beni culturali” (Università di Bologna), e da Davide Gasperi di Alba Pratalia (progetti e sviluppo di sistemi di comunicazione telematica e multimediale), ha dimostrato che in un grande museo, per esempio il Louvre, la visione di una grande opera come la Monna Lisa di Leonardo da Vinci si svolge in condizioni tali che la fruizione da parte del visitatore, per vicinanza, per durata e per intimità della situazione, resta un'esperienza molto parziale, addirittura inutile, tanto che questa visita può essere definita soltanto un “rito sociale”. In un piccolo museo, affermano Proni e Gasperi, avviene esattamente il contrario:  mentre al Louvre “sei uno tra i 25.000 visitatori quotidiani, da noi puoi conoscere gli altri e chiacchierare con loro. Al Louvre puoi vedere la Gioconda da 5 metri di distanza per 5 secondi, da noi puoi sedere di fronte alle opere e ammirarle senza fretta. Al Louvre hai a disposizione 6 caffé, 2 self service e un ristorante, da noi puoi scegliere qualsiasi bar del paese, o una delle tante trattorie. E il caffè lo offriamo noi...”. Parlare di accoglienza, però, è cosa ben diversa che trasformare i musei in parchi di divertimento come vorrebbero fare i sostenitori di un certo tipo di marketing. Lungi da noi questa prospettiva, perché il museo è e deve rimanere un luogo di cultura con la c maiuscola, ma questo non significa che debba essere scomodo, freddo e distante dalla comunità. Si tratta di individuare una giusta, unica strategia, ma anche metodi personalizzati che si adattino alle specifiche caratteristiche e risorse di ciascun museo. Piccoli fino in fondo è stato, in qualche modo, lo “slogan” del convegno, cioè “puntare sulla cura dei dettagli, instaurare relazioni calde con la comunità e con i visitatori”. Anche l’arredo, l’organizzazione degli spazi e dei servizi, ha spiegato Dall’Ara, ha la sua importanza. Per esempio, si dovrebbe cercare di rendere più piacevole il primo impatto con l’ambiente museo, sfuggendo l'effetto "biglietteria". Meglio evitare anche il sovraffollamento di oggetti esposti, preferendo esporne pochi alla volta, mutando periodicamente l’allestimento. Questo è molto più facile proprio in un piccolo museo ma, purtroppo, è una pratica ancora non molto diffusa, nonostante sia uno degli elementi fondamentali per mantenere sempre viva l’attenzione dei visitatori. Un luogo piccolo non deve essere privo, inoltre, di spazi destinati alla sosta e al riposo. Se il museo deve presentarsi come una sorta di “salotto” che accoglie i propri ospiti, non si può immaginare che sia privo di un qualunque tipo di “sedute”, come spesso accade, e non solo nei piccoli musei. Immaginiamo di essere invitati a casa di amici e di essere costretti a rimanere in piedi! Il rapporto con la comunità locale, poi, è quello che ha la maggiore rilevanza strategica; per questo motivo si suggeriscono alcune accortezze che favoriscano il pubblico residente, per esempio l’ingresso gratuito o altre iniziative specificamente rivolte ad esso. Questi sono solo alcuni dei consigli esposti nel corso del convegno, durante il quale sono state presentate anche alcune proposte, come il “manifesto dei musei accoglienti” e la “giornata nazionale del piccolo museo”, un appuntamento nazionale che mantenga sempre viva l’attenzione degli “addetti ai lavori”, dei media e del pubblico su questa importante realtà culturale del nostro Paese.



Caterina Pisu (ArcheoNews, febbraio 2011)

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