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L'attualità del metodo Bruno Munari nella didattica museale

Bruno Munari non fu soltanto un grande artista e designer italiano del XX secolo, formatosi nell’ambito del futurismo milanese e romano; a lui si deve anche l’ideazione di un metodo tuttora utilizzato nell’ambito della didattica museale, in particolare nei musei d’arte, e che da lui prende il nome. Munari, infatti, oltre che artista, è stato anche uno studioso, docente di psicologia dell’educazione presso l’università di Ginevra. Il suo primo laboratorio per i bambini fu creato nel 1977 nella Pinacoteca di Brera. La finalità che si proponeva era insegnare ai giovanissimi visitatori come guardare l’opera d’arte, vivendo questo momento come un’esperienza irripetibile.  Può sembrare un’impresa apparentemente ardua per un bambino, ma in realtà non è così perché il linguaggio usato è proprio il più simile a quello dei bambini. Essi esplorano per natura ogni cosa e così non è difficile aiutarli a scoprire materiali, caratteristiche e tecniche delle opere. In pratica è l’esperienza che porta il fanciullo alla comprensione e al discernimento. Il principio didattico su cui si basa il metodo Munari è dunque: "non dire cosa fare ma come". Esso, inoltre, trae ispirazione dalla pedagogia attiva di Maria Montessori ed anche dello psicologo e pedagogista svizzero Jean Piaget. Le «azioni didattiche» di Munari coinvolgono il bambino attivamente e globalmente soprattutto attraverso il principio dell’educazione al tatto. Gli operatori, pertanto, non suggeriscono alcun metodo perché sono gli stessi fanciulli che si costruiscono autonomamente il loro modo di osservare, capire, costruire, riprodurre, ispirandosi alle opere d’arte di ogni epoca. Il metodo Munari si basa su tre azioni successive: “osservare”, “fare” e “riflessioni sul fare”. Dopo aver osservato le opere, quindi, i bambini sperimentano essi stessi l’uso dei materiali e delle tecniche e infine, terzo e ultimo passaggio, creano delle storie ispirandosi ai loro stessi lavori. Basandosi su tale metodo, Munari creò numerosi altri laboratori dopo quello di Brera. Si ricordano i Laboratori Tattili realizzati in occasione della mostra Le mani guardano, nel 1979, e Giocare con l’arte, durante una mostra antologica dello stesso Munari, nel 1986/87, entrambe presso il Palazzo Reale di Milano; Giocare con la natura, al Museo di Storia Naturale di Milano, nel 1988; il Lab-Lib, ovvero il “laboratorio liberatorio”, presso il Museo Pecci di Prato, nel 1992. Le attività inizialmente proposte nel laboratorio di Brera ai bambini delle scuole elementari furono estese, in seguito, anche ai bambini delle materne, agli studenti delle medie e in alcuni casi a quelli delle superiori. Attualmente l’Associazione Bruno Munari, fondata nel 2001, tre anni dopo la scomparsa del Maestro, e che si propone di promuovere e di sviluppare ancora oggi il metodo Munari, rivolge i propri laboratori anche agli adulti. La principale attività resta quella di diffondere i principi ispiratori e le tecniche di questo metodo pedagogico nelle scuole, nei musei e nelle biblioteche. Poiché l’applicazione del metodo necessita di operatori specializzati, l’Associazione Bruno Munari svolge anche attività formative rivolte in primo luogo a insegnanti, educatori, formatori ed operatori culturali. A Milano è stato recentemente creato il “MunLab”, uno spazio permanente per conoscere e sperimentare il Metodo Bruno Munari, che collabora anche con la rivista Focus Junior. Un MunLab è stato istituito anche presso l’Ecomuseo dell’argilla, a Cambiano, in provincia di Torino. Ulteriori informazioni sono reperibili sul sito dell’Associazione Bruno Munari, www.brunomunari.it,  dove è possibile reperire anche una bibliografia completa, e in quello del MunLab, www.munlab.it.

Caterina Pisu (ArcheoNews, rubrica Musei e Biblioteche, febbraio 2011)

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